25 – Il vento inizia a cambiare
Leggere quella lettera indirizzata a Nanny era
stato penoso più di quanto credesse, ma più male le aveva fatto quella breve
frase rivolta a lei, buttata lì quasi con indifferenza, all’apparenza svuotata
di ogni sentimento.
Si domandava se fosse davvero così.
Possibile che fosse riuscito a placare così bene
tutti i sentimenti che da sempre lo univano a lei? Oscar si chiedeva che amore
fosse quello che l’amara lontananza riusciva a spegnere nel cuore di un uomo.
Anche di un uomo come lui, posseduto da potenti passioni.
Davvero hai smesso di amarmi, André?
Sei riuscito, dunque, a cancellarmi dal tuo cuore?
Io non voglio crederlo.
E altro la tormentava.
L’ idea che il cognato corresse in Normandia per
sorprendere la sorella con André la gettava nel panico più totale. Non gli
erano chiare le sue intenzioni, né sapeva quali fossero, ma il sospetto che
volesse raggiungere la moglie, per smascherare la sua tresca clandestina e
scoprire il suo possibile amante non l’abbandonava, né la faceva sentire
tranquilla.
Lui aveva fatto la sua scelta, l’aveva lasciata
per seguire Danielle in quella follia; perché lei ora doveva sentirsi così
spaventata?
Perché non riusciva ad abbandonarlo al suo
destino, come lui aveva fatto con lei senza esitare? Perché il suo cuore
continuava a tremare per lui?
Maledizione, André!
Se non intervengo in qualche modo, non so cosa
accadrà.
Oscar era come un leone in gabbia, camminava
avanti e indietro nella sua stanza, mordendosi le mani, chiedendosi cosa
dovesse fare, combattendo contro sé stessa e i suoi sentimenti che le
graffiavano l’anima. Prese la sua spada e come se dovesse esercitarsi, tirò
qualche fendente contro un nemico invisibile, nella speranza di allentare la
tensione che la opprimeva, ma senza costrutto.
Il fatto che Leopold fosse andato a interrogare la
sua governante non lasciava presagire nulla di positivo; benché lo ritenesse un
inetto poco previdente, forse aveva già maturato qualche sospetto sul ruolo del
suo attendente in tutta quella faccenda.
Devo andare in Normandia, pensò, senza riuscire ad allontanare quel
pensiero, che a tratti le pareva molesto e contraddittorio. Ma non riusciva a
pensare ad altro, e quell’idea la assillava da ore, non le aveva fatto chiudere
occhio neppure durante quella notte appena trascorsa, passata a rigirarsi nel
suo letto troppo grande, in cui si sentiva sola e dove mancava il calore e la
forza del suo abbraccio, il profumo eccitante della sua pelle che la faceva
tremare di desiderio.
Insieme alla paura, c’erano altre immagini che
l’assalivano, quelle dei loro incontri bollenti, dei loro corpi nudi che si
univano trascinati da una passione che era incontenibile. Bastava il ricordo a
bruciare il sangue nelle sue vene come fosse polvere da sparo. Inutile fare
finta che non fosse così.
La sua assenza le faceva male in senso fisico. Ma
era amore quello? Era amore quell’urgenza che sentiva di congiungersi a lui?
Quella bramosia del cuore e dei sensi che la dominava tutta? Che cancellava
tutto quanto il resto, facendo apparire ogni altra cosa, a parte lui, senza
importanza? Si accorse che non le interessava.
Non le importava cosa fosse, importava solo che
fosse reale.
Più reale di tutte le sue remore, le sue paure, il
senso del dovere o del rispetto verso il casato e suo padre, e tutti quelli che
non avrebbero approvato una passione tanto forte che le accendeva l’animo, che
l’aveva fatta riscoprire donna.
Sì, donna.
Per la prima volta si soffermò su quel pensiero che
aveva costantemente scacciato con cieca ostinazione.
Lei era una donna che voleva un uomo.
Lo voleva nella sua vita, accanto a sé. Lo voleva
perché era giusto e naturale. Perché dava un senso a tutto. E quell’ uomo era
André. Lui solo.
Così decise che quel pomeriggio stesso sarebbe
andata a Versailles per chiedere alla regina un congedo di qualche giorno.
Maria Antonietta non le avrebbe mai negato nulla, e quella era la prima vera
richiesta che faceva per sé, da quando era
stata promossa Colonnello.
Doveva raggiungere Danielle e André, e doveva
farlo prima di suo cognato.
*******
“Non sapete neppure dove sia! Potrebbe essere in
qualsiasi luogo, in Provenza o in Borgogna, perfino nel Sud della Francia. Come
pensate di trovarla? Poi non capisco la necessità che avete di scoprire cosa?
Che vostra moglie potrebbe essere innamorata di un altro uomo?”
“L’attendente di madamigella Oscar è andato
laggiù, e questo lo so da fonte certa. Mia moglie è scomparsa e quell’uomo ha
lasciato il suo servizio a palazzo in marniera imprevista e improvvisa. Mi
sembra più di una coincidenza… è un indizio.”
“Seriamente state pensando che vostra moglie sia
scappata in Normandia con un servo? Che addirittura vi chieda il divorzio per
questo? Non lo trovate un pensiero risibile?”
“Sono io quello che rischia il risibile, madame.”
“Ridicole sono solo le vostre idee, Leopold.
Vostra moglie sarà una donna spregiudicata e controcorrente, ma non fino a
questo punto.”
Lisette era nervosa, contrariamente a quella che
era la sua indole il più delle volte. Sapeva molto più di Leopold che il vero
atto di ribellione di una donna come Danielle era la richiesta di divorzio in
sé, fra l’altro sollecitata da lei, ma non sarebbe stato un bene spiegarlo
all’uomo, né fargli scoprire una tresca amorosa della moglie tanto ardita.
Si accostò a Leopold, afferrandolo per le braccia, come se volesse placarlo, e
al contempo placare sè stessa.
“Abbiamo ottenuto molto. Danielle accetta il
riconoscimento, in cambio del divorzio. Perché non accettate semplicemente? Se
anche ci fosse un uomo nella sua vita, che differenza farebbe a questo punto?
Leopold, così rischiate di rovinare tutto! E per cosa? Per il vostro stupido
orgoglio personale!”
“Madame, io sto cercando di trovare dei possibili
vantaggi per noi, per non dover essere costretto a cedere a eccessive
richieste. Non intendo fare troppe concessioni a mia moglie. Devo pur difendere
il mio nome dalla vergogna.”
“Ma di quali richieste stiamo parlando? Vostra
moglie chiede un divorzio senza l’onta dello scandalo. Basterebbe fare tutto in
segretezza. La vostra è una banale scusa, perché non accettate di essere
lasciato col rischio dell’ oltraggio per la vostra persona.”
Le accuse della donna erano precise e serie e
Leopold si rese conto che, per la prima volta, poteva averla contro.
“Madame, ascoltate…”
“No, ascoltate voi, invece, uomo ottuso ed
egoista! – la donna si staccò da lui, volgendogli bruscamente le spalle, in un
moto di orgoglio e rivalsa. – Io ho accettato il ridicolo, la vergogna di
passare per la vostra amante. Sono passata sopra il biasimo, il disprezzo della
buona società che mi ha bollata subito come una donna di facili costumi, che si
insinua nel letto di uomini sposati, per meri scopi personali, e ho accettato
tutto, con il sorriso sulle labbra, per amor vostro e della piccola Margot. Non
vi siete mai preoccupato di cosa volesse dire per me. Non avete proprio capito
nulla del mio sacrificio, allora? Ho messo la mia persona ai vostri piedi. Non
lo tenete in nessun conto, vi interessa solo salvare la vostra reputazione, il
vostro nome altisonante!”
“Cosa dite? Le vostre accuse sono ingiuste…
dubitate di me?”
“Sì, dubito di voi, e dei vostri sentimenti. Non
capisco il vostro accanimento nell’ostacolare qualcosa che potrebbe risolversi
con facilità. A questo punto credo che vi interessi più di tutto preservare
quei privilegi, e sono tanti, che vengono dal vostro legame col nome dei
Jarhayes.”
“Madame, vi prego…”
“No, smettetela di blandirmi. Non lo accetto. – Si
voltò di nuovo, decisa verso di lui, e lo fissò negli occhi. – Leopold,
ascoltatemi: se ci tenete tanto, siete libero di andare laggiù a cercare vostra
moglie e la prova del suo tradimento, ma sappiate che se per un qualsiasi
motivo, non accetterete le condizioni del divorzio a beneficio esclusivo di
vostra figlia, io non mi riterrò più legata a voi. Mi perderete, Leopold.”
“Lisette, non parlate sul serio…” l’uomo era
veramente allarmato, adesso. Lo sguardo della donna era fermo. Non stava
bluffando, e lui lo capì.
“Sono molto seria, invece. Pensateci.” Il tono era
basso e quieto, ma sicuro.
“Oh… Se non vi conoscessi, direi che… siete più
interessata a questo divorzio, che al riconoscimento di vostra nipote. Mi sto
sbagliando, mia cara?”
“Ebbene, volete la verità? E sia! Sono interessata
al nome per mia nipote, è vero questo, ma per garantire un futuro a Margot,
intendo riabilitare anche il mio nome: l’unico modo per ottenere questo è
diventare la futura contessa di Recamier.”
Leopold non poté nascondere un moto di sorpresa
sincera.
“Ah! Non avevo scorto l’ambizione in voi. Credevo
che non foste interessata a un nostro matrimonio, madame…”
“Non lo ero infatti, ma ho riflettuto molto, e
sono giunta alla conclusione che possa essere la soluzione più saggia per me e
la piccola; così diventerei a tutti gli effetti sua madre. Quale altra
prospettiva può avere una donna nella mia posizione? Sono una vedova senza
onore e mezzi con una nipote senza nome da allevare. Per questo dovete
accettare la proposta di vostra moglie. Se voi foste contrario, non avrebbe
senso continuare in questa direzione.”
“Se io vi sposo madame, il divorzio non resterebbe
segreto; non è ciò che vuole mia moglie.”
“È ovvio che la cosa salterebbe fuori, ma a quel
punto sarebbe facile gestire l’impatto e minimizzare lo scandalo, che non
partirebbe da vostra moglie, che sarà vista come la parte offesa. Alla contessa
neppure più importerebbe, credetemi.”
Leopold sentì un misto di ammirazione e paura per
la sua compagna; quella donna pareva aver pensato a tutto.
**********
Stava cenando con lei, come accadeva tutte le
sere, da quando erano arrivati a Etretat. La luce soffusa del crepuscolo
entrava dalla finestra, posandosi sugli oggetti attorno a loro, ammantando
tutto di una strana inconsueta dolcezza e malinconia, e formava uno strano
gioco di ombre incerte con la luce tremolante delle fiammelle del candelabro
posto sulla tavola apparecchiata per due.
Si sentiva strano, inquieto più di altre volte.
Doveva essere la nostalgia che negli ultimi giorni
era diventata più acuta, e al calare delle ombre serali si faceva più densa,
come quando la nebbia sale dalla terra, si infittisce e avvolge il paesaggio
come una coperta umida.
Il suo stato d’animo non era molto dissimile da
quella sensazione, provata tante volte in passato, e che al passato lo
riportava con il suo retaggio di sofferenza. Aveva cercato di dominarla, ma più
passava il tempo, più diventava difficile mantenere il controllo sulla volontà.
Il suo tormento era un bagaglio di cui non
riusciva a disfarsi, e non ci sarebbe riuscito finché non avesse deciso di
darsi una possibilità per essere di nuovo felice.
No, non di nuovo.
Per esserlo per davvero, per la prima volta.
Non era sicuro di sapere cosa fosse la felicità;
non era neppure sicuro di averla mai vissuta. Fino ad ora, lui non aveva
vissuto altro che un simulacro, un’ astrazione coltivata attraverso una vana
speranza. Andrè voleva qualcosa di più, qualcosa che fosse reale, e che potesse
toccare con mano. Voleva la felicità che diventa vitale, necessaria.
Voleva qualcosa che ne avesse almeno la parvenza,
nella speranza che tutto si sarebbe sistemato, come un puzzle che si completa
con tutti i pezzi al loro posto. Per ottenerlo, doveva imparare a essere felice
di quello che riceveva in dono dalla sorte. La vita mette davanti agli uomini
delle possibilità, dei percorsi tra cui scegliere; senza dubbio, alcuni sono
più tortuosi di altri. Il suo era di certo, un percorso difficoltoso, che
passava attraverso sentimenti sofferti e contrastanti. Quella che stava
cercando di vivere con Danielle, non era forse una di queste possibilità,
magari la più importante, l’ultima che gli venisse concessa, prima di soffocare
nell’estrema solitudine?
Avrebbe tanto voluto poter assistere a quell’
evoluzione delle cose.
Ma dipendeva anche da lui farle accadere.
Ignorare gli sguardi di Danielle, le sue
gentilezze, i sorrisi, le sue attenzioni costanti e tenere diventava penoso e
difficile.
Si era sinceramente attaccata a lui e non faceva
nulla per nasconderlo, senza per questo diventare invadente, possessiva o
insistente all’ eccesso.
Era invero, molto equilibrata nelle sue
manifestazioni di affetto, gentile e discreta, femminile senza essere
provocatoria, ma comunque affascinante oltre che seducente in maniera
spontanea.
All’inizio, André si era chiesto se non fosse
tutta una tattica per indurlo a cedere, ma col passare dei giorni, aveva
accantonato l’idea; Danielle era troppo naturale nelle sue esternazioni, non
c’era mai nulla di forzato nei suoi atteggiamenti.
Era una donna innamorata che viveva i suoi
sentimenti e li accettava per ciò che erano, con maggior serenità possibile.
Per assurdo, la vedeva più matura e consapevole di quanto non gli fosse mai
apparsa, anche se non aveva nessuna idea di come avesse vissuto gli amori del
passato. Non era più la donna che ricordava solo alcuni mesi prima, quella che
si burlava del conte di Fersen civettando con lui, o si dilettava per capriccio
in strani scambi di persone. André coglieva in lei una velata pena, ma la
sopportava senza farla pesare, e di questo le era riconoscente.
Ed era bella. In modo uguale e diverso da Oscar.
Questo, suo malgrado, non lo lasciava
indifferente, per ovvie ragioni.
Sempre più spesso gli capitava di sentire l’impulso
di rispondere con uguale dolcezza a quelle manifestazioni; nel suo cuore, che
per quanto lui facesse, non riusciva a spegnere ai palpiti della vita, iniziava
a germogliare qualcosa, un affetto delicato e leggero, una strana tenerezza che
lo placava, in qualche modo, e sopiva gli accesi tormenti dell’animo che a
intervalli tornavano a pungerlo.
Era un’ inclinazione naturale, una bontà del cuore
che non poteva soffocare, ed era per quella bontà innata che Danielle lo amava,
con profonda tenerezza, e con poco si sarebbe trasformata in autentica
bruciante passione.
Era consapevole che fosse una miccia pericolosa
che André si sforzò di non accendere, e il rischio di bruciare quella scintilla
era concreto e solido, fortemente presente fra loro.
La stava guardando negli occhi.
Erano stranamente lucenti quella sera, brillavano
di qualche misteriosa aspettativa, che eccitava anche lui.
Gli aveva parlato della lettera scritta a suo
marito, della richiesta di divorzio e un poco si sentiva allarmato, ma Danielle
aveva allungato una mano posandola sulla sua, appoggiata sul tavolo.
“Mi sembri preoccupato André… perché non provi a
dirmi cosa ti turba?” Gli sorrise tranquilla, forse per rassicurarlo.
“Ecco, non hai ancora ricevuto risposta da tuo
marito, vero?”
“No, non ancora…”
“E non immagini quale potrebbe essere la sua
reazione… non ne hai neppure una vaga idea… la cosa sembra non preoccuparti
affatto…”
“Vedo che preoccupa molto te, però. Che cosa temi
André? Confidati con me, non aver paura.”
Lo incoraggiò di nuovo, stringendo di più la sua
mano grande e calda; André si portò la mano di Danielle alle labbra e posò un
bacio leggero sulle dita alla base delle nocche.
“Capisco che tu non voglia restare legata a tuo
marito, ma il motivo del divorzio mi mette in ansia, forse mi fa anche sentire
un po’ in colpa: se lo fai per me, Danielle, forse stai commettendo uno
sbaglio. Vedi, io nutro sincero affetto per te… - Alzò la mano verso il suo
viso e col dorso piegato dell’indice le accarezzò una guancia in un gesto tenero.
– Non so se il mio sentimento diventerà mai amore, quello che tu meriteresti… a
volte, lo credo possibile… Ma non so se questo basta a correre il rischio. Se
invece, lo fai per te stessa, per essere una donna libera, allora potrebbe
avere un senso.”
“Ti preoccupi per me, André. Sei tanto caro…”
“Devi pensare a quello che stai mettendo in gioco,
il tuo onore, la tua reputazione… tutta la tua vita, per cosa? Che cosa
insegui, Danielle? Devo saperlo. Se Leopold tentasse di ostacolarti, se si
dimostrasse ostile alle tue richieste, cosa faresti? Se volesse toglierti i
tuoi figli… non puoi non averci pensato…”
“Ci ho pensato André, e molto a lungo. Con
sofferenza, anche… - confessò inquieta. – Ho pensato a tutto, anche alla
possibilità che tu possa un giorno abbandonarmi e tornare da Oscar…” proseguì,
dando voce al pensiero che lui non aveva avuto il coraggio di esporre.
“E allora? Sei davvero disposta a tanto? Non mi
mettere questo peso addosso, ti prego… non sono sicuro di poterlo sostenere…
non sono sicuro di riuscire a mantenermi saldo nel mio proposito…”
Restare con te e non correre da Oscar…
Lei parlò serenamente e con sicurezza, in una
maniera tale che sorprese l’uomo seduto al tavolo. Forse per la prima volta da
quando erano arrivati in Normandia, André colse una luce insolita nei suoi
occhi celesti.
“Voglio la libertà, André. Voglio l’amore, la
passione nella mia vita, ma senza libertà non raggiungerò mai nessuna di queste
cose… sono consapevole del prezzo e so che non otteniamo nulla, senza rinunciare
a qualcosa… L’ho capito con fatica, e comunque vada non posso tornare alla
vecchia vita. Non saprei più viverla… non saprei più sostenere le ipocrisie del
mio mondo, mi capisci, André?”
“Credo di sì…”
Lui non era fuggito per la stessa, identica ragione?
Neppure lui era riuscito più a fingere.
“Quello che sento per te, è reale. Non è un’
illusione. È amore autentico e profondo, e mi sento viva per questo, e sono
felice come non lo sono mai stata in passato. – Danielle con slancio si alzò
per avvicinarsi a lui, abbracciarlo e stringere la sua testa sul suo seno.
Andrè rispose a quell’abbraccio e la strinse forte, chiudendo gli occhi a quel
contatto, sospirando forte. - Sono disposta a viverlo fino in fondo, a bere
anche il dolore che potresti darmi, rifiutandomi, non amandomi mai… o amandomi
semplicemente come stai facendo adesso… sento che non ha importanza.
L’importante è che io viva questi sentimenti. Non l’ho mai fatto prima… mai
veramente. Non impedirmelo ti prego, io non ti chiedo nulla. Lascia solo che io
possa vivere questo momento, accanto a te.”
La sua voce aveva una serenità sconosciuta, che lo
incantava, lo faceva sentire bene, in un modo misterioso che ancora non capiva.
“Davvero sei felice, Danielle? Ti basta questo? È
un amore così pallido e tiepido quello che posso offrirti…”
La sentì ridere, una risata che sgorgava dal
cuore, e sollevò il viso a incontrare i suoi occhi. Erano luminosi come non li
aveva mai visti. Ne fu impressionato. Pensò che gli occhi di Oscar avrebbero
potuto essere così, se si fosse lasciata andare all’amore. Se lo avesse
accettato con la stessa naturale volontà di Danielle.
“Sì. È incredibile, ma mi sento felice, qui e ora,
mentre ceno con te, e ti abbraccio così, e ti stringo al seno. – Rise di nuovo.
- Cosa potrei volere di più? Ho mai avuto qualcosa che avesse più valore di
questa intimità?”
Si staccò dal suo abbraccio solo per alzarsi di
fronte a lei. Turbato, affondò lo sguardo verde ombroso nel suo, prima di
parlare e stringerla di nuovo, con più forza di prima, e posarle infine un
bacio sulla fronte.
“Ti prego, insegnami Danielle… Insegnami a essere
felice… dimmi come si fa…”
Lei gli prese le mani, girò attorno alla tavola, e
lo accompagnò sulla grande terrazza spalancata sul mare scuro a guardare il
cielo che imbruniva sull’orizzonte. La luna pallida sorgeva anticipando le
stelle. André le cinse la vita col braccio destro, mentre Danielle posava la
guancia sulla sua spalla, osservando il cielo troppo vasto sopra di loro.
Un cielo che prometteva altro.
******
Non sapeva esattamente dove poteva essere la
moglie. Non si era sbilanciata su questo. La Normandia era vasta e la famiglia
Recamier aveva diversi possedimenti in quella regione, ma anche altrove. Nella
lettera lei specificava soltanto che sarebbe tornata a Parigi solo per parlare
dell’eventuale divorzio o separazione, e per le firme necessarie all’ atto
finale. Avrebbe delegato ogni cosa a un suo uomo di fiducia per ogni questione
formale, e per tutte le pratiche burocratiche necessarie al caso.
Non voleva rivederlo e lo pregava di non cercarla;
non sarebbe servito.
Leopold, naturalmente non era dello stesso avviso.
Il tarlo del sospetto lo tormentava.
Che l’amante fosse per pura ipotesi un volgare plebeo,
lo irritava, ma non per una mera questione di orgoglio. No.
C’era un elemento meschino che lo teneva legato
alla consorte, un tacito accordo che avevano sempre condiviso, senza troppi
drammi.
Gli pareva inammissibile che a lei quell’accordo
non andasse più bene, che volesse rinunciarvi solo per inseguire l’ultimo degli
uomini. Quali sentimenti si erano scatenati in lei, per indurla a una simile
scelta estrema, sennonché avventata? Lontana da ogni logica e buon senso?
Lontana dall’ interesse comune della casta a cui apparteneva anche lei?
Che bisogno c’era di divorziare? Non avevano
sempre fatto la vita che volevano? Sì, qualche incomprensione, qualche screzio
c’era stato nel loro passato coniugale, ma lo avevano sempre risolto con
intelligenza e senso pratico.
Perché cambiare tutto, così, sconvolgere un’
esistenza preordinata e condivisa, accettata da chiunque come la normalità?
Che bisogno c’era di andare controcorrente?
Era questo che Leopold non riusciva a comprendere,
meno che mai accettare. Erano comode le consuetudini, da uomo tradizionalista
qual’era vi si era sempre adagiato dentro, come in una bolla di protezione. Il
mondo dell’aristocrazia francese, e non solo, era fatto così, e funzionava come
un meccanismo perfetto e ben oliato. Stravolgere certe regole non scritte, ma
condivise da tutti lo avrebbe inceppato in maniera rischiosa.
E Anche Lisette, ora lo sorprendeva.
Lisette voleva sposarlo.
Per il bene di Margot, questo lo comprendeva, ma
non proprio del tutto.
Infondo, lui l’avrebbe riconosciuta con buona pace
di sua moglie. Lei non aveva mai manifestato questo desiderio in passato, o
forse era lui a non averlo mai compreso. Non che lui non gradisse, che non
volesse, sarebbe stato felice di dividere la sua vita con lei, sarebbe stata una
compagna dolce e amorevole; si trovò a immaginare, forse un poco imprevedibile
come tutte le donne, ma sposarla era un’ eventualità a cui non aveva mai
pensato seriamente, come una faccenda troppo remota e inattuabile. Si sentiva
messo alle strette, e gli sembrava di non avere molto margine di movimento.
Alla fine avrebbe ceduto, perché non era mai stato un uomo particolarmente
ostinato, né battagliero; quando le situazioni si evolvevano come lui non si
aspettava, e non riusciva a volgerle a suo interesse, diventava una persona
accomodante. Il timore di perdere Lisette lo inquietava più della necessità di
tutelare il buon nome dei Recamier, ma un tentativo per scoprire la verità era
per lui quasi un obbligo morale.
L’uomo, il mantello sulle spalle e il tricorno in
mano, attendeva di fronte a lui.
“Dovete trovarla; voglio sapere dove si trova e
chi è con lei. I Recamier hanno delle case padronali laggiù: le località più
probabili dove potrebbe essere sono vicino a Honfleur e Caen. Mia moglie
possiede anche una piccola villa a Etretat, avuta in dote in occasione del
nostro matrimonio. Provate anche lì, ma la valuterei come ultima possibilità.”
“Come volete signor conte. Avete altre
disposizioni?”
“Un uomo potrebbe essere insieme a lei; è
l’attendente di Madamigella Oscar, il suo nome è André Grandier. Con
discrezione, dovete scoprire se l’ha seguita fin là, e in che rapporti è quell’
uomo con mia moglie. Appena avrò vostre notizie vi raggiungerò.”
“Benissimo, signor conte.”
L’uomo col mantello scivolò in una riverenza, si
calò il tricorno in testa e si allontanò rapido, lasciando il conte al turbinio
incontrollato dei suoi pensieri.
******
Etretat le sembrava la località più probabile;
sapeva quanto Danielle fosse legata a quel luogo e a quella villa che si ergeva
su un promontorio della costa normanna, quella casa che fu un dono di sua
madre.
Sarebbe andata laggiù a cercarli.
La regina le avrebbe concesso un mese di tempo, ma
lei aveva giurato che le sarebbero bastate due settimane, una pausa dai suoi
impegni di militare più che sufficiente per capire come si erano evolute le
cose tra André e Danielle, sufficiente a lei per scoprire se lui l’avesse
dimenticata.
Che effetto le avrebbe fatto rivederlo? Se lo stava
chiedendo con sgomento. Lasciò affiorare alle labbra un sorriso cinico mentre
osservava la sera scendere dietro i vetri della sua stanza. Come si sarebbe
sentita? Disorientata e persa, oppure indifferente?
No. Indifferente non lo sarebbe stata.
C’era una voce nel suo animo che gridava, e lei
tentava di non ascoltare. Temeva e bramava risentire il fuoco del desiderio
riaccendersi in lei, infiammarle i sensi e i ricordi troppo intimi della loro
vita, della passione che li aveva travolti, lasciandoli sfiniti e feriti.
Voleva ritrovare André per mettere a tacere quella voce tenace e ostinata, che chiamava
i sentimenti con il loro nome. Lei voleva André, perché apparteneva a lei.
Perché lui era suo.
Nella carne e nel sangue lui era suo.
Bianco e nero.
Vita e morte.
Amore e odio.
Notte e giorno.
Oscar e André.
Semplici dualismi.
Non poteva essere amore quello. Non per lei, che
avvertiva la sua presenza come una naturale estensione di sé, ma andava laggiù
per proteggerlo dalla possibili ire del cognato. Oppure doveva credere che il
suo fosse un amore egoista?
Egoista quanto quello della gemella che, incurante
del suo solitario, confuso cuore di donna, glielo aveva portato via? Lei doveva
liberarsi, vincere, dimostrare a sé stessa che aveva sempre avuto ragione su
loro due. Non si può possedere qualcuno.
Sentiva di avere un pezzo di ghiaccio al posto del
cuore, lo aveva lasciato lui. Quello che non sapeva era che il ghiaccio a
volte, brucia e arde molto più del fuoco, si scioglie in fretta, impotente, si
arrende senza forze alle fiamme che prima lo lambiscono come carezze leggere, e
alla fine implacabili lo travolgono come alte onde di una burrasca.
Oscar, il cuore è una barchetta gonfia e fradicia
d’acqua che non regge allo schianto.
Continua…
Eccomi
qui, e prima di quanto credessi.
Sì,
lo so, è passato molto tempo, ma temevo che avrei lasciato passare altri mesi
prima di pubblicare di nuovo. Ho scritto questo capitolo in un tempo
relativamente breve, (circa una settimana) cosa molto insolita per me; credo mi
abbia fatto bene migrare per un po’ su altri lidi; dopo aver scritto un paio di
storie (incredibile!!) per un altro fandom, ho ripreso in mano questa storia e
la scrittura è stata quasi spontanea.
Mi
ritengo addirittura abbastanza soddisfatta, e spero che la lettura soddisfi anche
voi, ma non esitate ad esprimere eventuali perplessità. Credo che si cominci a
sentire qualche cambiamento che porterà alla conclusione di questa storia, non
so dire ancora quanti capitoli manchino, ma la direzione è tracciata. Come
sempre grazie a tutte quelle persone che leggono e recensiscono, i vostri
pareri e commenti sono sempre importanti per me, mi aiutano e mi incoraggiano.
Un saluto a tutti. Ninfea.