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Autore: LimoneMenta    28/03/2015    10 recensioni
Federico sa cos’è l’Amore, quello con la A maiuscola: per lui ha un nome, e si chiama Edoardo. Il loro amore è fatto di menzogne, costruito sulle bugie dette ai genitori. Sì, perché oltre ad essere due ragazzi (che in realtà non è un problema) i due sono anche fratelli. Gemelli.
***
Mi piacerebbe intitolare almeno un capitolo (ma magari anche più di uno) per ogni lettera dell'alfabeto, perciò questa storia avrà (spero!) parecchi capitoli. E spero anche che vi piaccia.
P.S. Non sono solita inserire commenti o note per ogni capitolo, perciò per qualsiasi dubbio non esitate a chiedere (magari con una recensioncina :3 )
Se qualcuno avesse una richiesta particolare (magari un capitolo specifico che vorrebbe leggere) sono disponibilissima per qualsiasi proposta, anzi!
P.P.S. storia ispirata a persone realmente esistenti, (consapevoli dell'esistenza di questa storia) e con nomi e riferimenti completamente diversi dalla realtà :)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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15. PIANOFORTE

Federico guarda suo fratello che dorme disteso accanto a lui. Ci mette sempre poco ad addormentarsi, soprattutto se hanno appena finito di fare l’amore. Gli piace coccolarlo, accompagnarlo tra le braccia di Morfeo e bearsi del suo respiro rilassato. È mentre gli sta accarezzando i fianchi che una lieve melodia di pianoforte si diffonde nell’aria. È la signora che abita al piano superiore: ogni sera, prima di andare a dormire, si siede sullo sgabello di legno laccato e suona qualcosa con quel magnifico strumento. Ogni volta che si incontrano, la donna raccomanda loro (ripetutamente) di avvisarla nel caso in cui la musica diventi un problema, ma tutte le volte loro rispondono con un sorriso  assicurano che non c’è nulla di rilassante prima di andare a dormire. Quella vecchina è di una tale dolcezza: dopo la morte della figlia, uccisa troppo presto da una malattia senza cura, neppure suo marito ha avuto la forza di continuare a vivere. Così, quel pianoforte è tutto ciò che le rimasto, e se anche non li lasciasse dormire, loro non se la sentirebbero mai di privarla di quell’unico attimo di serenità.                                             
Fede si volta a guardare suo fratello, suo marito, che come al solito sta sbavando su di lui. Anche Edo suonava, una volta, ed era piuttosto bravo, ad essere sinceri. Aveva iniziato grazie al proprietario della fattoria accanto alla loro e se ne era appassionato sempre di più. Ogni tanto andavano a giocare con la figlia del vicino e Edo finiva sempre per appiccicarsi a quello strumento: aveva cinque anni e si divertiva ad improvvisarsi pianista di salotto. Poi, a nove anni, iniziò a fare sul serio. Quasi tutti i giorni si recavano (sempre insieme, ovviamente) alla fattoria per le lezioni. La loro mamma aveva insisto perché smettesse, pensando di dare troppo fastidio all’uomo, ma quando aveva compreso la passione di Edoardo aveva desistito. Aveva anche tentato di pagare il vicino, ma lui non aveva mai voluto nulla in cambio, se non che Federico assistesse ai progressi di suo fratello. Lui l’aveva trovato strano, ma aveva accettato di buon grado, per la gioia di Edo. Avevano tredici anni, quando il più piccolo gli dedicò per la prima volta un brano, e lui si commosse così tanto che corse a nascondersi nella stalla insieme alle mucche e pianse come un bambino. Edo ci restò talmente male che non gli parlò per tutta la sera, convinto che lui non avesse apprezzato. Quando Fede invece gli spiegò ciò che era successo, ne fu così felice che dal quel giorno gli suonò quel brano ad ogni lezione. Era il Nocturne op.9 n.2 di Chopin. Continuò a suonare fino all’ultimo anno di liceo, quando poi decise di dedicarsi completamente allo studio. Federico ripensò a lungo ai pomeriggi trascorsi in quella fattoria, lui sdraiato sul divano ad ascoltare suo fratello che suonava per lui. Poi arrivò il momento di iscriversi all’università e se dimenticò anche lui. Fede sospira. Come gli piacerebbe poter ascoltare Edo suonare ancora una volta, anche solo più una. Se solo avessero un pianoforte...               
All’improvviso, l’idea arriva così forte da farlo quasi saltare a sedere e lui si tira una manata sulla fronte per non averci pensato prima. Suo fratello borbotta un po’ nel sonno per il suo repentino cambio di posizione, ma lui gli chiude la bocca con un bacio e lo stringe un po’ di più. Edo sospira con soddisfazione.

* * *

Quando Federico rientra in casa, suo fratello è seduto in cucina con una fetta biscottata fra i denti. Ha i capelli spettinati, gli occhi ancora gonfi di sonno e i pantaloni del pigiama (che in realtà non usano) al contrario. Con un tiro da giocatore professionista, lancia  “La Stampa”, fresca fresca d’edicola, esattamente al centro del tavolo.                            
«Pfao» bofonchia Edo cercando di non far cadere la fetta biscottata dalla bocca. Fede gli dà un bacio sulla fronte, rubandogli poi metà della colazione direttamente dalle labbra. 
«Pfehi!» protesta l’altro con la bocca piena.                                                                                 
Lui gli strizza l’occhio. «Uhm, marmellata d’arance... la mia preferita».                                    
Edo deglutisce rumorosamente, quasi strozzandosi con il boccone. «E secondo te perché ho messo quella?» chiede con gli occhi che lacrimano per lo sforzo. Lui resta per un attimo immobile, sorpreso dalla domanda, poi gli si getta addosso e lo bacio a lungo, spettinandogli i capelli (già spettinati). Infine, si stacca dal fratello e scoppia a ridere. L’altro lo guarda come se fosse impazzito, sorridendo stupito. «Ma che ti prende? Perché sei così allegro?»                                                                                            
«È una bella giornata, ieri mi sono sposato con l’uomo migliore del mondo, amo mio marito e mio marito ama me... cosa potrei volere di più?» risponde con tono semplice, prendendo posto di fronte a lui. Edo aggrotta la fronte, sempre più confuso, poi decide di lasciar perdere (aiutato anche dall’esser stato chiamato marito... non ci è ancora abituato).                                                                                                                                    
«A proposito, dov’è Lope?» domanda il più grande guardandosi intorno.                                                         
«Sui miei piedi. Me li sta scaldando». 
Lui si abbassa sotto il tavolo, trovandoci una piccola palletta di pelo che scodinzola vivace.                         
«Ciao nana malefica!»                                                                                                            
«Non è malefica!» lo sgrida suo fratello, indignato.                                                                   
Fede alza le spalle con indifferenza. «Potrei scaldarteli io, i piedi» propone sollevando allusivamente le sopracciglia. Edo scatta a sedere, per afflosciarsi subito dopo con una smorfia di dolore. «No, grazie. Devo ancora smaltire ieri sera».                                             
«Sono stato bravo, eh?»                                                                                                               
Suo fratello diventa rapidamente viola per l’imbarazzo. Afferra un plumcake (con tanto di involucro) e glielo infila in bocca, rischiando di soffocarlo. «Tieni, mangia e taci».                 
«Ti fa male?» chiede Fede con un sorrisino soddisfatto, dopo aver ingoiato metà brioche per volta.                                                                                                                            
L’altro non risponde subito, ma abbassa lo sguardo e borbotta. «Brucia... un po’».      
Lui ridacchia, poi, alla sua occhiata offesa, alza le mani in segno di resa. «Va bene, va bene! Mi dispiace, uhm? Però adesso vai a vestirti, forza» dice alzandosi da tavola e cominciando a sparecchiare.                                                                                            
Edo guarda con malinconia il suo caffelatte. «Perché? Dove andiamo?» domanda alzandosi e spostando delicatamente Lope con un piede.                                                           
«Dalla signora Parisi» risponde Fede dirigendosi in camera da letto.                                   
«A fare cosa?»                                                                                                                           
Lui gli lancia un paio di jeans dritto in faccia. «Lo vedrai».

* * *

«Ragazzi!»                                                                                                                                          
«Buongiorno, Signora Parisi. Come sta?» chiede Edoardo con un sorriso educato. 
«Benissimo, grazie. Ma prego, entrate, entrate!» Per poco non li afferra per le braccia e non li trascina nel salotto. Fede si guarda intorno incuriosito: è stato una volta sola in quell’appartamento, quando lui e suo fratello si sono trasferiti in quel palazzo. A proposito di suo fratello... lo osserva con la coda dell’occhio, un ghigno mal nascosto sul volto. Lo sguardo di Edo scorre fra i mobili dallo stile classico fino a soffermarsi sul sovrano del salotto: un maestoso pianoforte a coda firmato Yamaha. Grazie al cielo la casa è composta da due appartamenti, o non ci sarebbe mai entrato. Entrambi conoscono la triste storia che lo accompagna: quello strumento apparteneva alla figlia della Signora Parisi, prima che la ragazza morisse per un grave tumore al pancreas.              
«È tutto vostro, ragazzi. Vi lascio soli, ho qualche commissione da fare. Se aveste bisogno di me, il mio numero è sulla lavagnetta» spiega indicando l’oggetto appeso a fianco al citofono. Poi si infila un cappello ed esce di casa, regalando loro un rapido sorriso in segno di saluto.                                                                                    
Edo spalanca la bocca. «È tutto nostro cosa                                                                            
«Il piano, tesoro» bisbiglia Fede fissandolo intensamente negli occhi. 
L’altro assottiglia lo sguardo, stringendo le palpebre in due fessure. «Stamattina sei venuto qui, vero?»           
Lui annuisce lentamente.                                                                                                                     «Perché?»                                                                                                                                                
«Perché voglio sentirti suonare ancora – risponde semplicemente – Sarò egoista, ma voglio sentirti suonare ancora una volta, fosse anche l’ultima. Voglio vederti seduto su quel fottuto divanetto, voglio sdraiarmi su quel divano e chiudere gli occhi, mentre tu suoni quel benedetto pianoforte. Voglio vedere quelle tue meravigliose dita scivolare su quei tasti e suonare quella fottutissima melodia». È solo alla fine del discorso che si accorge di aver alzato un po’ troppo la voce. Edo gli si avvicina con aria grave, così tanto che i loro nasi si sfiorano e i respiri accelerati di entrambi si mescolano fra di loro. Una sua mano va a posarsi sulla pancia di Fede. Lui resta immobile e in silenzio, poi ,finalmente, lo vede posto sul divanetto e sfiorare i tasti con i polpastrelli, quasi avesse paura di scottarsi.  Sta già pregustando la prima nota, quando suo fratello si volta verso di lui e «Siediti. Dietro di me» aggiunge agitato. Lui non se lo fa ripetere due volte, lo raggiunge velocemente e si sistema alla bell’e meglio, affiancando le gambe alla sue. Poggia le mani sul suo petto, massaggiandoglielo piano, e nasconde la nuca fra le sue scapole, prendendo lunghi e lenti respiri.                                
«Solo per te». La voce di Edo arriva cupa e un po’ tremante, ma Fede riesce a percepire la nota di sollievo che fino ad un minuto prima non c’era. D’istinto, la presa delle sue mani si fa un po’ più stretta. E finalmente, leggera e potente come solo un battito d’ali può essere, la prima nota si libera nell’aria. E Federico ricorda.

“ «Fa’ sentire a tuo fratello come sei diventato bravo». La voce dell’uomo è calda e gentile, l’affetto che prova per i due gemelli chiaro e palpabile. Un ragazzino allampanato, con i capelli sparati in ogni direzione, sorride e si dondola sul posto, incerto s seguire il consiglio o meno. Un altro ragazzo quasi identico a lui gli si avvicina, spingendolo poi verso un maestoso pianoforte a coda. Si scrutano a lungo, come se si stessero parlando immersi nel silenzio, poi il secondo va a sdraiarsi sul divano del salotto e chiude gli occhi. Una musica lenta e trascinante si diffonde nell’ambiente. Edoardo, il ragazzo seduto al piano, volta la testa verso il gemello, lasciando che l’aria soddisfatta del suo volto lo ispiri. Federico se ne accorge, perché apre gli occhi e punta le iridi castane nelle sue. Le note ormai escono da sole e si tingono d’amore, così potenti da distruggere qualsiasi cosa e ricostruirla più solida di prima. Così potenti da renderla indistruttibile. E non c’è più nulla intorno a loro, non c’è più nessuno, soltanto lui e suo fratello che suona come se fosse al cospetto del re e non di fronte ad un comunissimo tredicenne.”

Senza neppure accorgersene, Federico allunga la mano e suona l’ultima nota, che vibra nell’aria e li abbandona poco a poco al silenzio. Edo gli prende entrambe le mani e le guida appena sotto l’orlo della maglietta, per poi posare le proprie sulle cosce del fratello. Fede non aspetta un secondo di più e inizia ad accarezzargli la pancia con i polpastrelli, sfiorando di tanto in tanto l’ombelico. Non appena l’altro posa la testa sulla sua spalla, lui attacca le labbra al suo collo e lo bacia ripetutamente, tracciando una lunga scia dal mento alla guancia, passando per la mascella. Edo respira pesantemente, dei silenziosi singhiozzi che gli scuotono il petto. Prima che uno dei due possa accorgersene, entrambi cominciano a piangere, e le loro lacrime scorrono via come piccole stille di malinconia. Fede raccoglie quelle di suo fratello con le labbra, ricoprendo il loro percorso di infiniti baci bagnati.                                                                                                             
«Ti amo» gli mormora lento all’orecchio, respirando forte il profumo dei suoi capelli. È solo un bisbiglio, un veloce sussurro d’amore celato ad occhi indiscreti. Ma Edo capisce, lui capisce sempre; gli afferra una mano e ne bacia ogni nocca. Perché il vero amore è fatto di piccoli gesti, piccole note di quotidiano affetto che lo rendono la melodia più vera e antica del mondo.

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice:

Ciauuuu! Come state?! Vi prego, non uccidetemi! So che non ho pubblicato l’intervista, ma pensavo di aggiungerla come extra verso il 20° capitolo :D Così, nel frattempo, chi volesse altre domande ha ancora tempo!                                                                                  
Baci a tutti <3

  
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