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Autore: ornylumi    29/03/2015    3 recensioni
Undici anni dopo la fine della guerra magica, una Hogwarts ricostruita e leggermente cambiata si prepara ad accogliere i nuovi studenti, senza sapere che un evento senza precedenti sta per segnare la sua storia. E' il primo anno per Teddy Lupin, cresciuto da sua nonna Andromeda e desideroso di scoprire il mondo magico, e per Catherine Scott, una ragazzina proveniente da un orfanotrofio Babbano. Ma lo è anche per Neville Paciock, che per la prima volta si avvicina all'insegnamento dell'Erbologia. La storia di un'amicizia che non avrebbe speranza e che diventa invece possibile, nella generazione di mezzo tra quella di Harry Potter e quella dei suoi figli.
Dal capitolo 8:
Quando il Cappello non aveva più considerazioni da fare, quando Cathy si era arresa alla sua incapacità di scegliere e la curiosità della sala si era trasformata in una noia mortale, lo Smistatore sembrò finalmente decidersi; alzando il tono di voce, in modo che tutti potessero sentirlo, dichiarò: “Non mi lasci altra scelta… Grifondoro e Serpeverde!”
*Attenzione: sono presenti spoiler nelle recensioni*
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock, Nuovo personaggio, Sorpresa, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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33


Il tempo sembrò allargarsi, gli istanti diventare ore e Cathy si ritrovò a contare i propri respiri, domandandosi quanti ancora ne sarebbero occorsi prima che accadesse il peggio. Young era affannato, immobile e con la bacchetta tesa in direzione di Rodolphus, rendendogli impossibile qualsiasi tentativo di difesa; l’incursione era stata troppo violenta perché lui potesse prendere qualche precauzione, e il risultato era stato il manifestarsi dei suoi peggiori incubi sotto il tetto della propria casa. Cathy aveva ascoltato innumerevoli volte i suoi avvertimenti su quanto fossero in pericolo, ma mai aveva preso in seria considerazione l’idea. Ora che stava succedendo davvero, che una minaccia di morte piombava impietosa nella loro tranquillità domestica, tutto ciò che riuscì a pensare fu che era tremendamente ingiusto. Rodolphus non era più un Mangiamorte, ma una persona migliore che adesso si prendeva cura di lei senza secondi fini, possibile che Young non lo capisse? Magari il suo tutore si sbagliava, aveva un’immagine dell’ex Auror non corrispondente alla realtà, poiché anche lui era cambiato… E se non era così, allora sarebbe stata Cathy a farlo desistere, spiegando a entrambi che non aveva più senso combattere e che era tempo di abbandonare i vecchi rancori. Sì, si ripeté, lei poteva farcela… Doveva farcela… Ma ai pensieri non corrisposero le azioni, perché tutto ciò che riuscì a fare fu guardare alternativamente i due uomini e lasciarsi paralizzare dalla paura. La voce, così come la forza, sembrava averla abbandonata, rendendola spettatrice di una scena terribile sul cui esito non aveva alcun potere.

Fu Rodolphus a porre fine a quel silenzio, interrompendo la lunga occhiata scambiata con Young per mettersi a ridere. Ridere. Sembrava l’azione meno opportuna in quel momento, ma Cathy non perse tempo a tentare di spiegarsela. Ogni istante era prezioso come l’aria, poteva fare la differenza tra la vita e la morte se fosse servito a distrarre Young dai suoi scopi. Qualunque cosa Rodolphus avesse in mente, Cathy sperò con tutta se stessa che fosse un buon piano.

“Ho una strana sensazione di déjà-vu” disse lui, prendendosi gioco del suo aguzzino. “Dopo tutti questi anni non hai ancora capito che basta bussare?”

Young non rise, né si alterò, ma mantenne lo stesso ghigno soddisfatto che aveva accompagnato la sua entrata in scena. “D’accordo,” replicò, “se è con queste battute che vuoi sprecare i tuoi ultimi momenti, fa’ pure. Ma almeno cerca di sbrigarti”.

“Avevo ragione, quindi. Sei venuto per uccidermi. Niente mezze misure, per un giustiziere come te”.

“E per che cos’altro, allora?” La mano con cui teneva la bacchetta gli tremò impercettibilmente, rivelando per la prima volta un accenno di emotività. “È così che si trattano quelli della tua specie, non certo con un vitto e alloggio gratis ad Azkaban. Quante volte ci sei stato? Almeno un paio, che io ricordi… Sarebbe quasi come riportarti a casa”.

Rodolphus rise ancora, apparentemente incurante delle provocazioni e minacce. Rispose a tono, anzi, proseguendo in quell’assurda battaglia verbale: “E ne sono uscito entrambe le volte, per poi essere l’unico della mia specie ancora in vita a non tornarci mai più. Deve bruciarti proprio tanto, eh? Quanto tempo hai aspettato, quanto ti sei logorato al pensiero che fossi libero?”

“Troppo!” Improvvisamente, Young non scherzava più né fingeva di farlo. La presa sulla bacchetta si fece più salda e Cathy tremò al pensiero che potesse colpire, stancatosi di quel dialogo. Perché diamine Rodolphus reagiva così? Perché non cercava di mostrarsi pentito, di salvarsi la vita?

“Troppo,” ripeté, “ma ogni singolo giorno è stato ben speso, se è servito ad arrivare a questo momento. Vederti qui, inerme a chiedere pietà, mi ripaga ampiamente di tutti gli sforzi. Sei riuscito a scappare molto a lungo, ma la vita ti sta presentando il conto, alla fine”.

“Ah, certo. La morte sarà la conseguenza dei miei crimini terribili e non del fatto che un pazzo mi stia minacciando, è naturale. Ma hai sbagliato qualcosa, nel tuo bel discorso”. Rodolphus fece qualche passo in avanti, tenendo le mani alzate, mostrando che era effettivamente disarmato. “Io non sto affatto chiedendoti pietà”.

Aveva sottolineato l’ultima parola con disgusto, come se ogni altra prospettiva lo ripugnasse meno di quella. Cathy non sapeva se ammirare tanto coraggio o maledirlo, poiché stava solo avvicinando il momento della sua fine. In ogni caso, doveva aspettarsi che uno come il suo tutore non si sarebbe piegato nemmeno in una situazione tanto critica.

“Allora, che cosa stai aspettando?” continuò poi, dal momento che Young era rimasto in silenzio. “Se davvero vuoi uccidermi senza la possibilità di combattere, puoi farlo anche subito. Non servono tante cerimonie, sappiamo entrambi che non sei un uomo d’onore”.

No! Cathy credette di avere urlato, ma la realtà era che l’aveva fatto solo internamente. La strana paralisi di cui era preda non l’aveva ancora abbandonata e, d’altra parte, i due maghi si comportavano come se lei non fosse neppure lì. Ogni secondo era un colpo inferto al suo cuore, ogni parola pronunciata da Rodolphus poteva essere l’ultima; ma il suo dolore era invisibile, non contava niente.

Per fortuna, Young non raccolse l’invito a procedere e continuò a tergiversare, adducendo le sue motivazioni: “Se sei ancora in vita è solo perché sono curioso, Lestrange. Il tuo è stato un piano perfetto, studiato nei minimi dettagli, con ben pochi passi falsi. Certo, ti sei fidato proprio di Percy Weasley, il voltagabbana per eccellenza del Ministero… Poteva essere una buona scelta all’inizio, ma dovevi aspettarti che ti avrebbe tradito alla prima occasione. Quando la notizia della fuga ha iniziato a diffondersi, i suoi nervi non hanno retto, così ha confessato… E i miei contatti si sono preoccupati di informarmi subito, sapendo che sarei arrivato prima della legge e che avrei fatto un lavoro migliore”.

“Beh, sei in ritardo”. Rodolphus esibì un sorriso soddisfatto. “Rabastan è lontano, non riuscirai mai a trovarlo. Neppure io so dove si trovi”.

“Già, infatti. È proprio questa la mia curiosità…” Rimasto immobile fino a quel momento, Young iniziò finalmente a muovere qualche passo intorno al suo nemico, senza abbassare la guardia né accorciare la loro distanza. “Perché sei ancora qui? Hai avuto tutto il tempo per scappare, eppure sei rimasto… Il tuo piano non è concluso? O ti sentivi protetto dai miseri incantesimi che hai posto sulla casa?”

Cathy aveva perso il senso di quel discorso da quando era stato nominato un certo Percy, ma ciò che notò, dopo quell’ultima domanda di Young, fu che Rodolphus si era voltato verso di lei. Fu uno sguardo fulmineo, dal quale non riuscì a capire se avesse paura o le stesse chiedendo aiuto, ma bastò per farla sentire ancor più impotente e codarda. Si chiese quanto tempo fosse passato da quando era arrivata lì… Un’ora, un’ora e mezza? Paciock sarebbe venuto a cercarla, prima che Young scatenasse la sua furia?

“Non sono affari che ti riguardano”. Rodolphus si era rifiutato di rispondere, intanto, concentrando di nuovo l’attenzione sul suo aggressore.

“D’accordo. Se vuoi portare questo segreto nella tomba, fa’ pure. Qualsiasi piano tu avessi in mente, non riuscirai comunque a ultimarlo”.

Seguirono istanti di silenzio teso, durante i quali Cathy temette che non avessero più niente da dirsi e che dunque sarebbero passati all’azione. Stava disperatamente chiedendosi se poteva intervenire quando Rodolphus parlò di nuovo, consapevole che tenere occupato Young era la sua unica speranza.

“Rispondimi tu a una domanda, piuttosto”, lo incalzò. “Come sei riuscito a trovarmi?”

“Ah, questa è una storia interessante. In realtà, ero sulle tue tracce da molto prima che Weasley parlasse, la sua è stata solo una conferma. E devo tutto a lei…” Un altro, fulmineo sguardo di ghiaccio in direzione di Cathy. “La mia giovane studentessa”.

“Che cosa?!” Aveva ritrovato finalmente la voce e le uscì anche piuttosto acuta. Non si aspettava che Young la tirasse in ballo, e poi perché? Se voleva far credere a Rodolphus che era stata lei a tradirlo, poteva tenere per sé le sue bugie, lui non gli avrebbe mai dato retta. Lui si fidava di lei…

“La tengo d’occhio dall’inizio dell’anno, soprattutto da quando ha iniziato a manifestare i suoi strani poteri. Sapevo che poteva essere un pericolo, per sé e per gli altri, così le ho dato qualche consiglio e imposto lezioni extra per limitare le conseguenze. Sembrava stesse funzionando, all’inizio; ma poi, dopo il periodo di Natale, Catherine è cambiata. La sua magia involontaria era di nuovo fuori controllo, ha iniziato a infrangere le regole e a provocare incidenti sempre più gravi fino alla sua fuga da scuola. Tutto questo, sommato al fatto che aveva un tutore dal nome sconosciuto, ha incrementato i miei sospetti. I colleghi mi credevano paranoico, si rifiutavano di dirmi ciò che sapevano di lei, ma il loro comportamento è servito solo ad allungare i tempi delle indagini che hanno finito comunque per darmi ragione. Quando ho saputo che la ragazza avrebbe passato due giorni con Neville Paciock, ho intuito che ne avrebbe approfittato per farti visita, così li ho seguiti. Puoi immaginare la sorpresa, quando le loro tracce mi hanno condotto proprio nella tua vecchia casa… Hai perso il tuo smalto, un tempo saresti stato più originale. In ogni caso, non espellere Catherine è stata la scelta giusta: mi ha fornito l’occasione per arrivare a te”.

“Quindi l’ha fatto solo per questo”. Durante quella lunga spiegazione, Cathy aveva messo da parte la paura per lasciare posto a una rabbia profonda, crescente, che le parole di Young le avevano instillato. Lo guardò negli occhi, senza perdersi il barlume di sorpresa che vi trovò e che ora sapeva a cosa fosse dovuto. “Io pensavo che credesse in me, che volesse darmi una seconda occasione! Invece mi ha solo usata, fin dal primo giorno!”

“Frena la lingua, ragazzina”. Young non tardò a riprendere il suo autocontrollo. “Tutto ciò che ho fatto era per una buona ragione, molto più nobile di quanto tu possa capire. Non sono io il cattivo, in questa stanza; se avessi parlato subito mi avresti risparmiato un sacco di tempo”.

“Non le avrei mai detto niente! Lui non è più quello di prima, è cambiato… Adesso non è un Mangiamorte, è solo il mio tutore. Ed io gli voglio bene”.

Non aveva mai dichiarato qualcosa di tanto forte a Rodolphus, sebbene ci avesse pensato spesso, e ora quella manifestazione di affetto le era scivolata via senza preavviso. Non si preoccupò comunque di averlo fatto, di aver esternato i suoi sentimenti a una persona ancora tanto indecifrabile: poteva essere stata la sua ultima occasione.

“Il tuo tutore, certo. Come dimenticarlo”. Apparentemente insensibile alle emozioni di Cathy, Young proseguì nel suo giro della stanza, come se si divertisse a pregustare la preda prima di mangiarla. “È questo che ti ha detto? Che si prende cura di te perché è una persona onesta e magnanima?”

“Basta, Young. Lei non c’entra niente, tienila fuori da questa storia”.

“Sei tu ad avercela messa, e ora è giusto che sappia!” Si rivolse di nuovo a Cathy, senza smettere di fissare Rodolphus. “Scott, quello che hai davanti è stato ed è tuttora uno dei più pericolosi latitanti in circolazione. Non ha fatto che usarti, molto più di me, per raggiungere i suoi scopi. Ha rivelato le tue presunte origini a un membro del Ministero per ricattarlo e liberare suo fratello dal carcere, ti ha istruita a diventare una strega pericolosa di cui gli altri avrebbero avuto paura… E tutto questo per scappare, piantarti in asso quando non gli fossi più servita”.

“No! Non è vero, si sta inventando tutto”. Young lo stava solo facendo per metterli l’uno contro l’altra, era sicura di questo.

“Oh, invece sì. E in fondo lo sai anche tu, che quest’uomo non è mai cambiato”.

L’amara sicurezza con cui lo diceva le provocò un brivido, nonostante fossero solo bugie. Istintivamente cercò Rodolphus con lo sguardo, ma lui evitò il contatto e tacque. Allora, Cathy chiuse a chiave in un angolo della mente tutti i dubbi che quel silenzio poteva sollevare, convincendosi che doveva esserci una spiegazione e che in ogni caso non era il momento di pensarci.

“Non c’è altro da dire”. La voce ferma e teatrale di Young la riscosse. “Facciamola finita”.

*

L’avrebbe fatto, se un intervento tempestivo e miracoloso non avesse cambiato le sorti di quella giornata. L’avrebbe fatto sul serio, se un esserino dalla voce stridula non gli avesse gridato di fermarsi e lanciato addosso un attrezzo per la potatura. Accadde tutto in pochi istanti: Young, voltatosi indietro per capire chi fosse arrivato, non fece in tempo a schivare il colpo e perse l’equilibrio, restando in piedi a fatica. Dietro il suo corpo chino apparve l’elfa Wolly, artefice di quell’attacco, con il dito puntato contro l’intruso. Rodolphus approfittò di quel momentaneo trambusto per recuperare la sua bacchetta, così che, quando Young ritornò a marcarlo, si fronteggiarono armati.

“Nessuno può entrare in questa casa senza il mio permesso!” gridò ancora Wolly, folle come Cathy non l’aveva mai vista. “Nessuno osa attaccare i miei padroni!”

Young rispose con un ghigno, poi si rivolse a lei mentre le dava le spalle: “Già, dimenticavo la fedeltà incrollabile dell’elfa domestica. Non ti è bastata la lezione di poco fa? Ne vuoi un’altra?”

Wolly aprì la bocca per parlare ancora, ma non vi riuscì: senza neppure voltarsi, Young le lanciò un incantesimo da sopra la spalla e spedì il suo corpicino all’indietro, che poi ricadde sull’erba del giardino. Cathy provò orrore per quell’immagine e automaticamente mosse un passo verso di lei, ma Young le fece cenno di fermarsi. Odiò più che mai il suo professore, ora che, pur di ottenere ciò che voleva, non esitava a ferire una creatura innocente.

“Che cosa le ha fatto?” urlò Cathy, bloccata sul posto dal senso d’impotenza ma decisa a mostrargli quanto era arrabbiata.

“Tranquilla, si riprenderà. Non è la prima volta che noi due ci incontriamo, e non mi riferisco a quando l’ho Schiantata poco fa… Sembra che ormai il tuo tutore si faccia proteggere dalle stesse creature che disprezza”.

“Come al solito fai di tutta l’erba un fascio”. Rodolphus s’intromise, visibilmente più sicuro di sé ora che poteva difendersi. “Wolly è la mia serva ed io mi limito a trattarla come tale, ma tu? Quante volte l’hai torturata in questi anni, nella speranza che ti dicesse dove mi nascondevo? Smettila di fingerti un santo, Cathy sa bene che non lo sei”.

Young aggrottò le sopracciglia, ma non negò l’accusa. Ad ogni nuovo particolare che emergeva, Cathy si sentiva più in collera verso di lui e più vicina all’uomo buono. Era tutto vero, allora, tutto maledettamente vero… Young era un malvagio, un violento e per questo era stato licenziato. Riusciva a nascondere la sua reale natura finché era a scuola, ma in situazioni come quella, essa si ripresentava senza freni. Avrebbe dovuto dare ascolto a Ted fin dall’inizio.

“Ricordo molto bene quei giorni, signore…” Una vocina flebile proveniente dall’esterno li aveva interrotti. “Wolly ha sofferto, ma è fiera di aver difeso la sua famiglia. Wolly la proteggerà anche a costo della vita”.

Anche se era a terra e priva di forze, l’elfa dimostrava una tenacia incrollabile. Indicò con orgoglio la cicatrice che le percorreva un orecchio e di cui Cathy scoprì finalmente la provenienza.

“Sarebbe anche ammirevole, se le persone che difendi non fossero dei criminali senza scrupoli. Mi dispiace, ma non posso avere pietà per chi non sa nemmeno cosa sia”.

Rodolphus scosse la testa e sorrise ancora, schernendolo, come se ogni parola ascoltata fosse priva di senso. “Ti credi tanto migliore di me, Young, ma non lo sei. Che importa contro chi combattiamo? Il valore di un uomo non si misura dai suoi obiettivi, ma da ciò che è disposto a fare per ottenerli”.

“Ah, sì? Scopriamolo, allora”.

Ci fu un nuovo istante di silenzio, carico di una tensione diversa da quella precedente, durante il quale Cathy capì che la lotta stava per cominciare. Non si sbagliava: era difficile dire chi dei due avesse iniziato, ma l’esplosione di luci rosse e verdi che scaturì da entrambe le bacchette non era certo un segnale di resa. In una manciata di secondi, la stanza dapprima tranquilla si trasformò in un vero e proprio teatro di guerra, dove le uniche due parti in gioco si fronteggiavano senza esclusione di colpi.

Cathy provò a seguire con attenzione ogni mossa, ma gli incantesimi viaggiavano più veloci delle sue pupille. Guardando a turno i due uomini, come se stesse assistendo a una partita di tennis, riuscì a riconoscere un tentativo di disarmo, diversi Schiantesimi che entrambi cercavano di lanciarsi e scudi luminosi che dovevano servire da protezione. Per un bel po’, nessuno riuscì a prevaricare sull’altro: erano due maghi molto abili e Cathy iniziò a sperare che quella battaglia finisse in parità. Poi, uno degli incantesimi lanciati da Young mancò il bersaglio e colpì un grosso quadro sulla parete, che iniziò a ondeggiare pericolosamente; la ragazza gli gettò un’occhiata timorosa, poiché si trovava proprio sotto di esso.

“Cathy!” La voce di Rodolphus la chiamò tra un attacco e l’altro, chiara sopra lo stridio dei colpi. “Allontanati da lì!”

Fece istintivamente un passo indietro, ma poi si bloccò. Davvero doveva abbandonarlo al suo destino, solo per mettersi in salvo? Come poteva chiederle questo?

“Non posso lasciare che vi uccidiate a vicenda!” gridò, quindi, pur non sapendo cosa avrebbe fatto per evitarlo. Fu Young a risponderle per primo: “Strano a dirsi, ma questa volta sono d’accordo con Lestrange. Allontanati, Scott, o rischierai di farti male”.

Cathy aggrottò la fronte ma indietreggiò ulteriormente, fino a raggiungere la stanza accanto e accontentarsi di una visione parziale della scena. Non voleva scappare ancora, dimostrarsi la stessa codarda che si era autopunita nella notte piuttosto che soccorrere Eliza, eppure non riusciva a ricordare un solo incantesimo con cui potesse aiutare Rodolphus. In fondo era troppo giovane, non aveva neppure finito il primo anno di scuola e quei due erano di gran lunga più capaci di molti maghi adulti. Il suo unico asso nella manica era il potere sugli elementi, lo stesso che Young disprezzava e che Rodolphus le stava insegnando a controllare, e non era che non l’avesse preso in considerazione, anzi… Ci pensava da quando il suo insegnante aveva messo piede lì, ma poteva davvero azzardarsi a usarlo? Si sentiva ancora troppo inesperta, non voleva rischiare di ferire il suo tutore e in fondo neppure Young, perché lei non era un’assassina. Le serviva solo un diversivo, qualcosa che costringesse quei due a fermarsi… Ma cosa? Anche pensare richiedeva una lucidità che in quel momento scarseggiava, sconfitta dall’ansia sempre in aumento. Ogni secondo che subentrava al precedente poteva rappresentare una svolta e, difatti, uno di quelli la tradì.

Un grido di dolore, tanto acuto da fare male a chi ascolta, le gelò il sangue. Senza più curarsi del pericolo, corse di nuovo incontro alla battaglia per capire cosa fosse successo e urlò a sua volta quando lo scoprì.

Era Rodolphus ad essere in svantaggio, contorto a terra per via del male che Young gli stava infliggendo. La sua bacchetta era abbandonata a più di tre metri di distanza, vicina a colui che l’aveva certamente disarmato. Senza più riflettere e tantomeno provarci, Cathy si avventò sul braccio del professore per farlo smettere, ricevendo in risposta uno strattone che la fece finire a terra. Non riuscì a sottrargli la bacchetta, ma in compenso, quell’attimo di distrazione bastò per porre fine al suo incantesimo e alla sofferenza di Rodolphus. L’uomo rialzò il capo e la guardò, in un muto ringraziamento: aveva gli occhi lucidi.

“Allora, Lestrange, credo proprio che sia ora di arrendersi”. Young perpetuava nelle minacce senza alcuna compassione per il suo dolore, né per quello di Cathy. “O vuoi ancora farti difendere da elfi domestici e ragazzine? Non ti è rimasto più nessuno, ormai”.

Rodolphus sembrava così stanco da non riuscire neanche a parlare, eppure lo fece, raccogliendo tutto il fiato che gli restava: “Potrai anche uccidermi, ma non otterrai quello che vuoi. La tua sete di sangue non ha mai avuto fine e non si placherà con me, né con altri dopo di me. Sei prigioniero del tuo stesso desiderio di vendetta e neppure te ne rendi conto… Dovessi vivere altri cento anni, saranno tutti sprecati”.

Young rispose con un sorriso, uno di quelli crudeli, scoprendo una fila di denti bianchi e perfetti. Cathy si stupì di notarlo solo allora, in un momento tanto critico, quando la sua coscienza si concentrava sui dettagli più insignificanti per estraniarsi dal resto. Poi lo sentì rispondere: “Sei bravo con le parole, devo ammetterlo. Riesci ad apparire come l’unica vittima e far passare me per il cattivo, come se non avessi alcun motivo per fare questo…”

“E perché, ne hai uno?”

La sfrontatezza di Rodolphus sembrava non conoscere limiti, resisteva al dolore fisico e persino alla possibilità di morire. Anche se era a terra, privo di difese, non dava affatto l’impressione di star perdendo. Young raccolse la provocazione e replicò: “Sai benissimo qual è. Liberare questo mondo dal cancro che l’affligge”.

“È quello che dicono tutti gli Auror, solo in maniera meno raffinata. Ma tu sei stato sempre diverso da loro… Eri Young il giustiziere, quello al di sopra della legge. Hai sempre scelto di uccidere, anche quando avresti potuto evitarlo. Se questa non è sete di sangue, allora come la chiami?”

“Vendetta!” Aveva gridato, questa volta, lasciando che la rabbia s’imprimesse sul suo volto e sulle sue mani tremanti. C’era anche qualcosa di nuovo, nella sua espressione, che Cathy non seppe definire. “Sì, Lestrange, la prima parola che hai usato era corretta… Quello che sono, quello che faccio è solo la conseguenza di ciò che ho subito a causa vostra. Sai cosa significa avere una famiglia? Una donna meravigliosa al mio fianco, un bambino con il suo sguardo e il mio sorriso che mi aspettava ogni sera a casa, sul ciglio della porta, perché gli raccontassi una favola sempre diversa?”

Rodolphus serrò la mascella, senza parlare. Non era una domanda che richiedeva una risposta, probabilmente Young stava solo tentando di giustificarsi. Ma ciò che aveva appena detto riportò alla memoria di Cathy una foto in bianco e nero su una scrivania.

“Erano la mia vita, loro. La ragione per cui avevo scelto di combattere la magia oscura, nella speranza di costruire un mondo in cui potessero camminare a testa alta, senza sentirsi inferiori a nessuno. Perché, vedi, nel vocabolario indegno e pregiudizioso di voi Mangiamorte, loro avevano un piccolo ‘difetto’: erano Babbani. Mia moglie non aveva la magia e mio figlio sembrava non aver ereditato alcun potere, per quanto questo fosse raro. Forse, crescendo avrebbe iniziato a manifestarli, ma è una cosa che non saprò mai. Una sera stavo rientrando a casa, più tardi del previsto, e sapevo che lui si sarebbe rifiutato di andare a letto, non prima di ascoltare la storia che gli avevo preparato. Quando vidi la porta chiusa e nessuno ad aspettarmi sui gradini, capii che doveva essere successo qualcosa, ancor prima che le nuvole si diradassero e mi mostrassero l’orribile Marchio stampato nel cielo. Inutile dirti cosa trovai all’interno, lo saprai benissimo… Quell’immagine mi tormenta ancora, tutte le notti, chiudo gli occhi e rivedo i loro corpi martoriati, la mia ragione di vita ridotta a brandelli da quei bastardi. La loro unica colpa era di non avere la magia e di essere la mia famiglia. Evidentemente, questo bastava per condannarli a un destino atroce”.

Quella rivelazione ammutolì tutti i presenti, imprimendo un peso sul loro petto che non erano pronti a ricevere. Cathy comprese finalmente la storia che stava dietro a quella fotografia, all’ossessione di Young per i Mangiamorte, al suo carattere freddo e irremovibile che inquietava gli studenti. Ora che sapeva, riusciva almeno a capire, se non a giustificare la violenza con cui si era accanito sui nemici.

“Mi dispiace”. Rodolphus era serio, adesso, aveva smesso totalmente di provocarlo. “Potrai non crederci, ma è così. Anche se combattevo al lato opposto, so bene cosa significhi perdere qualcuno. Non sapevo di quest’azione e non vi avrei mai preso parte, perché mi sarei rifiutato di toccare un bambino. Dev’essere stato Macnair o Dolohov… Hai sicuramente già avuto la tua vendetta”.

“Quel giorno ho fatto un giuramento, Lestrange. Se non ero riuscito a difendere le persone che amavo, allora avrei fatto di tutto perché nessun altro dovesse subire quella perdita. Avrei eliminato il problema alla radice, senza accontentarmi di punire chi aveva commesso materialmente quell’omicidio, ma distruggendo l’essenza stessa dei Mangiamorte fino all’ultimo rimasto. Anche se questo avesse significato oltrepassare i limiti, mettendo a rischio il mio lavoro; ho mantenuto la promessa fino a oggi”.

“Quindi non servirà a niente dirti che non siamo tutti uguali, che io ho una morale? Mi condanni per essere stato un Mangiamorte e non per quello che ho fatto?” C’era qualcosa di diverso, ora, nel tono di Rodolphus, che attivò in Cathy una sorta di campanello d’allarme: rassegnazione. Era come se le dichiarazioni di Young gli avessero cancellato ogni speranza, quasi sapesse di dover morire comunque. Stava rinunciando a difendersi anche con le parole e questo non le piacque, non le piacque affatto.

“Non parlare come se tu fossi innocente!” Young intanto controbatté, riacquistando la sua rabbia cieca. “Forse non hai ucciso dei bambini, ma hai distrutto molte delle loro famiglie… Pensa ai Paciock! Per quale motivo dovrei tenerti in vita?”

Cathy sussultò nel sentire quel cognome, ma in fondo non ne fu così sorpresa: se Bellatrix aveva fatto del male al suo professore, il marito non poteva essere stato da meno. Questo, però, rendeva difficile pensare che un improvviso arrivo di Neville avrebbe potuto salvare Rodolphus da quella situazione. Young aveva ragione, non gli era rimasto più nessuno…

“Solo uno”. L’uomo intanto sembrava aver trovato qualcosa a cui aggrapparsi. “Perché io ho salvato la tua”.

Fu un altro colpo di scena. Young era evidentemente sorpreso e lo scrutò con occhi curiosi, per capire se mentisse, prima di rispondergli: “E questo cos’è, il tuo asso nella manica? Se è vero, perché non l’ho mai saputo prima?”

“Perché non c’era motivo di dirtelo e probabilmente non mi avresti creduto. È successo molti anni fa, durante l’attacco a Martie Dixon… Barty Crouch ci salvò quel giorno, Schiantandoti prima che potessi uccidere me e Rabastan. Sia lui che mio fratello erano pronti a eliminarti, ma io li convinsi a lasciar perdere. Come vedi, non sono il mostro che hai sempre creduto”.

Young non smise di puntargli contro la bacchetta, ma abbassò appena il braccio prendendo tempo per pensare. Al suo posto, Cathy non avrebbe avuto dubbi: era doveroso risparmiare la vita a qualcuno se questi aveva fatto lo stesso con te, non importava quanti anni fossero passati. Per questo, si chiese perché il suo insegnante non arrivasse alla stessa conclusione e continuasse a tergiversare, negando l’importanza di ciò che aveva appena saputo.

“Non so perché l’hai fatto, ammesso che sia vero” sentenziò poi, dopo la sua lunga riflessione. “Avrai avuto un rimorso di coscienza, sarà stato un caso isolato che mi ha trovato coinvolto per pura fortuna. Ma non puoi negare di aver ucciso molte altre volte, in nome di quel mostro che chiamavi padrone… E come ti ho già detto, non è di me che si tratta. La promessa fatta a mio figlio non prevedeva eccezioni”.

Rialzò la bacchetta, il braccio era teso e aveva del tutto smesso di tremare. Rodolphus chiuse gli occhi, accettando quel destino a cui non poteva più opporsi, forse ripensando a coloro che aveva perso e che avrebbe rivisto oltre la morte. Young iniziò a pronunciare una formula dal sapore terribile, qualcosa che Cathy non aveva ancora ascoltato e che trasportò la sua mente altrove, in un universo dove tanta crudeltà non era ammessa, dove nessuno avrebbe tollerato un finale così ingiusto e un intero popolo si alzava in piedi per gridare “no”. No. NO. NO!

Ma quel grido era davvero solo nella sua testa o qualcuno l’aveva pronunciato davvero? Il dolore la stava portando alla pazzia oppure Young si era veramente fermato, a metà della formula, incredulo davanti a quella scena che gli si presentava davanti? C’era una persona, un’anima innocente e indifesa, che si era frapposta tra l’arma e la vittima usando il proprio corpo come scudo; aveva allargato le braccia con aria distrutta, infuriata, esasperata e stanca, perché non esisteva una sola possibilità in terra di accettare un epilogo simile, anche quando non c’era modo di evitarlo. Solo più tardi, riemergendo da quella dimensione confusa in cui si era rifugiata, Cathy capì che quel qualcuno era lei. Non l’aveva stabilito, non l’aveva neppure pensato, l’aveva fatto e basta. E tutto ciò che continuò a fare e a dire, di lì in avanti, fu frutto della sua parte incosciente, la quale aveva preso il sopravvento nell’istante in cui Rodolphus aveva seriamente rischiato di morire.

“Se vuole uccidere lui, dovrà uccidere prima me” disse una voce a Cathy, che a sua volta la ripeté come un’eco. “Spero che la promessa di vendetta fatta a suo figlio comprendesse anche i ragazzi della mia età, perché altrimenti dovrà infrangerla”.

Non sapeva minimamente da dove le arrivasse tutto quel coraggio, ma di certo la possibilità di affrontare Young non la spaventava. Almeno, non quanto l’idea di poter perdere un’altra persona a lei cara, l’unico adulto oltre Catherine che avesse mai avuto cura di lei. Sostenne con fierezza lo sguardo irritato del professore, sebbene dovesse fissarlo con gli occhi lucidi, e per un istante si domandò se davvero lui avrebbe osato attaccarla.

“Non essere sciocca, ragazzina. Sappiamo entrambi che non ho bisogno di ucciderti per obbligarti a farti da parte. Perciò, spostati di tua volontà e non costringermi a usare la magia”.

“Mai!” rispose ancora una volta d’impulso, senza rifletterci. Improvvisò allo stesso modo tutte le carte che si giocò più avanti. “Faccia quello che vuole, ma prima ci pensi bene. Cosa direbbero di tutto questo le persone che le sono vicine? Ted, Andromeda… Sarebbero fieri di lei?”

Young alzò gli occhi al cielo, seccato, ma forse anche colpito dalla sua irruenza. “Per favore… Tu non sai niente di Andromeda. Noi due condividiamo moltissime cose, prima fra tutte la tragedia che abbiamo alle spalle. Se c’è qualcuno che può capire il mio desiderio di vendetta è proprio lei. E adesso spostati”.

“Lo capirà ugualmente quando lei finirà ad Azkaban?” Cathy proseguì, incurante del secondo invito a farsi da parte. “Perché è questo che succederà, visto che non è autorizzato a uccidere Rodolphus ma solo a catturarlo”.

“Conosco la legge, non serve che una dodicenne me la spieghi. Ma a nessuno importa davvero della vita di quest’uomo e nessuno potrà dire che l’ho ucciso con un atto volontario, un combattimento finito male è una possibilità più che verosimile. E se dovessero comunque arrestarmi, sarei pronto anche a questo… Non ho più niente da perdere”.

“Si sbaglia”.

Cathy non cessò di sfidarlo con gli occhi e quell’ultima frase, così diretta, sembrò farlo tentennare per un breve momento. Ma la realtà era che lui non aveva mai cambiato idea, e lei aveva esaurito ogni possibile argomento per spingerlo a rinunciare. In un lampo di razionalità, capì che non avrebbe esitato a colpirla e che questo andava evitato a tutti i costi, se c’era ancora una minima possibilità di salvare Rodolphus. Così, prima che Young le chiedesse ancora di spostarsi, lo interruppe per domandargli un ultimo atto di carità.

“Mi dia qualche minuto per parlare con lui. Per favore”.

Quella richiesta lo seccò ancora di più, ma la fortuna, o forse un’ultima briciola di misericordia che ancora gli apparteneva, volle che lui non reagisse con un brusco rifiuto. “E sia” le accordò, mentre l’animo di Cathy ricominciava a sperare, “ma vi darò tre minuti. Non uno di più”.

Lo vide arretrare di qualche passo per lasciare loro un momento di intimità, pur non abbassando la bacchetta e tenendo d’occhio quella di Rodolphus che ancora giaceva ai suoi piedi. Era impossibile da raggiungere; così, rassegnata, Cathy concentrò tutta la propria attenzione sul suo tutore.

Si parlarono contemporaneamente: lei gli chiese “Come ti senti?” e lui optò per un molto meno diplomatico “Tu sei pazza!”. Ma non c’era una vera critica nel suo sguardo, piuttosto una malcelata emozione; la stessa che Cathy aveva letto negli occhi di Andromeda quando Ted si era esposto per lei, credendo di salvarla.

“Sono stato meglio, ma riuscirei a riprendermi. Non ha comunque molta importanza, visto che quel bastardo non me lo permetterà”.

“Mi dispiace”. Cathy sentì più che mai le lacrime pungerle gli occhi, ma tentò di ricacciarle indietro. “Se non fossi venuta qui, lui non ti avrebbe mai trovato… Se ti fossi stata a sentire avrei potuto proteggerti meglio, invece…”

“Smettila di darti colpe che non hai. Proteggermi non era una tua responsabilità, toccava soltanto a me stare alla larga dai guai… E sai bene che non merito tanta dedizione da parte tua”.

Quello che aveva allontanato dalla mente poco prima, in attesa di un’occasione migliore per ripensarci, si risvegliò tutto d’un colpo. La rabbia per la rivelazione che Young le aveva fatto non poteva abbandonarla del tutto, ma scoprì che era davvero poca cosa rispetto alla possibilità di perdere Rodolphus.

“Quindi è vero?” gli chiese, non potendo più evitare di parlarne. “Hai fatto tutte quelle cose orribili che ha detto lui?”

“Sì, Cathy” lui confermò, decidendo di non sprecare quegli ultimi minuti con una menzogna. “Ho fatto tutto quello e anche di peggio. Avrei voluto parlartene quando sei arrivata, ma non ce n’è stato il tempo. E adesso non saprei che cosa dirti, se non che mi dispiace… Soprattutto per ciò che dovrai affrontare quando tutti sapranno chi sei davvero. Sapevo a cosa saresti andata incontro, ma questo non mi ha fermato… Volevo che mio fratello fosse libero. Del resto, ti ho sempre detto di non essere un uomo buono”.

Cathy tacque, sconcertata da quella confessione, non tanto per il suo contenuto che poteva comunque aspettarsi quanto per il modo in cui Rodolphus l’aveva pronunciata: chiara e diretta, senza alcuna enfasi, richieste di perdono o rancori repressi. Stava semplicemente ammettendo la realtà, ora che la sua fine era vicina e non gli restava altro da fare; e lei sapeva che, in un mondo normale, avrebbe dovuto infuriarsi e lasciarlo al suo meritato destino.

Però, quello era tutto fuorché un mondo normale. Non c’era niente di ordinario nel modo in cui Young era piombato in quella casa, con le sue cieche pretese di vendetta, né nel fatto che dovesse essere lui a punire Rodolphus per le sue colpe. Qualcosa non tornava nel quadro, Cathy lo percepiva, e nonostante le nuove informazioni ricevute non riusciva davvero a odiare il suo tutore. Poi, d’un tratto, capì perché.

“Però non sei scappato” asserì, realizzando l’importanza di quel dettaglio. “Avresti potuto andartene con tuo fratello e abbandonarmi, ma non l’hai fatto. Questo varrà pure qualcosa”.

“È stata l’unica cosa che ho fatto davvero per te. Un po’ poco, non credi?”

“Beh, è un inizio”. Piantò gli occhi in quelli nocciola di lui e, miracolosamente, riuscì anche a sorridergli. “La prova che non mi sbagliavo e che sei davvero un uomo buono, fai solo fatica ad ammetterlo”.

Rodolphus sorrise con lei, anche se quel sorriso si tramutò presto in una smorfia di dolore. Vedendolo ripiegarsi su se stesso per le conseguenze dei colpi ricevuti, Cathy allungò una mano nel desiderio di aiutarlo, ma lui la respinse con dolcezza. Aveva chiaramente perso ogni speranza, mentre il primo minuto concesso da Young era volato via con una velocità disarmante.

“Cathy, prima che tutto finisca, c’è ancora una cosa che voglio dirti. Non so come tu abbia fatto a vedere il mio lato migliore quando io stesso non ero più in grado di riconoscerlo, ma sappi che ti ringrazio di averlo fatto. Hai riportato a galla il ricordo di ciò che ero molti anni fa e, se adesso me ne andrò in pace, è solo merito tuo. Sei stata l’unica a credere davvero in me, nonostante ti trattassi come una ragazzina non dovrebbe mai essere trattata, lasciandomi accecare dalla rabbia per chi ti aveva generata e rifiutandomi di guardare oltre, alla persona che realmente eri. Ho creduto per molto tempo che fossi simile a tua madre, ma mi sbagliavo: lei non avrebbe mai fatto per me ciò che tu hai fatto oggi”.

Trattenere ancora le lacrime fu impossibile, dopo aver ascoltato quelle parole. Cathy non si sarebbe mai aspettata di sentirle, soprattutto non da Rodolphus, la persona più chiusa e fredda che avesse conosciuto. Eppure, in quel momento sospeso tra la vita e la morte, riuscì a farla sentire più importante di quanto altri avessero fatto in una decina d’anni.

“Signore…” biascicò, senza sapere come continuare, “Io…”

“Chiamami Rod” la interruppe lui. “È così che mi chiamava lei. E stando alla situazione attuale, direi che possiamo eliminare i formalismi”.

Era incredibile come ancora riuscisse a ironizzare in un momento del genere. Con la coda dell’occhio, Cathy percepì i movimenti sempre più irrequieti di Young e comprese che non restava ormai molto tempo. Un minuto, forse, e tutto sarebbe giunto a conclusione. Doveva trovare il modo migliore per non sprecarlo…

“Rod” esordì, in un tono improvvisamente concitato, “dimmi se c’è qualcosa che posso fare. Qualsiasi cosa, io ti aiuterò! Non voglio lasciare che ti uccida!”

“Cathy, so che hai le migliori intenzioni e anche un certo spirito combattivo, ma potrebbe non bastare. Young è uno dei maghi più abili che conosca”.

“Però potrei anche avere fortuna! Avanti, dimmelo… Dev’esserci qualcosa!”

Rodolphus assunse un’espressione concentrata, valutando finalmente la proposta di Cathy. Fu un attimo, e qualcosa si riaccese nel suo sguardo rassegnato: la luce di una speranza nuova, di una possibilità concreta.

“Forse… Potresti tentare con i tuoi poteri. Basterebbe poco, il tempo necessario per allontanare Young, recuperare la mia bacchetta e Smaterializzarmi. Te la senti di provare?”

L’adrenalina si mescolò con la paura, ora che l’idea a cui aveva pensato si stava rivelando l’unica fattibile. Era una responsabilità enorme, doversi affidare alla sua magia instabile per salvare un uomo… Non era affatto certa di riuscirci.

“Io non lo so… Non so ancora controllare i miei poteri, ho paura di sbagliare. E poi non sono abbastanza arrabbiata, potrei non riuscire a far muovere neanche un filo di vento…”

“Non è un po’ di vento o pioggia che ci serve, Cathy, ma qualcosa di molto più grosso. E il solo modo che hai per riuscirci è usare la bacchetta”.

Cathy non credé alle proprie orecchie. Le stava davvero proponendo di fare qualcosa che non le era mai riuscito durante i loro allenamenti? Quello con cui si scontrava ogni giorno da quando aveva iniziato la scuola?

“So che sarebbe la prima volta, ma sono certo che ne sei in grado” la precedette Rodolphus, prima che lei potesse esprimere il suo sconcerto. “Cathy, ascoltami… Posso averlo fatto per i miei interessi, ma tutto ciò che ti ho detto è vero. Tu hai un enorme potenziale che non può sprecarsi con incantesimi involontari di poco conto, devi incanalarlo nella bacchetta e sottometterlo alla tua volontà! Non c’è strumento più importante per un mago e non è un caso che il tuo si sia rivelato così speciale… Devi solo avere fiducia in te stessa. Credere di poter riuscire è il primo passo verso la vittoria”.

Sembrava davvero sicuro delle sue capacità, molto più di quanto non fosse lei. Per questo decise che, convinta o meno, ci avrebbe provato: era la sua unica speranza e gli doveva almeno quel tentativo.

“Ok, lo farò” rispose velocemente. I secondi scorrevano rapidi e le sembrava di sentirli ticchettare nella propria testa, come lancette di un orologio. “Ma se davvero ci riusciremo, tu che cosa farai? Te ne andrai per sempre?”

Rodolphus abbassò il capo, apparendo realmente dispiaciuto. “Non posso mantenere la promessa di restarti vicino, anche se lo vorrei. Ma non sarai sola ad affrontare quello che verrà… Hai ancora una zia, Narcissa, su cui puoi fare affidamento. Non sa ancora della tua esistenza, troverò il modo di comunicarglielo e allora non ho dubbi che si prenderà cura di te. Ed io… Cercherò di tornare, se un giorno mi sarà possibile”.

Cathy annuì, sapendo che quella separazione le avrebbe fatto male ma anche che, al momento, era l’alternativa più auspicabile. Non ebbe tempo di dire altro o di prepararsi ad attaccare: Young avanzò, con passo spedito, avvertendoli che il loro tempo era scaduto.

*

Pensò a tante cose, nei frammenti di un secondo che separarono l’inattività dall’azione. A Rodolphus e i suoi insegnamenti, nel vicolo squallido di Notturn Alley in cui aveva imparato ad essere una strega; a Eliza, che era stata la prima a dirle come concentrarsi e credere in se stessa, dimostrandosi l’amica migliore che potesse avere; a Ted, con la sua determinazione mista a testardaggine che l’aveva condotto nelle avventure più impervie, e della cui forza avrebbe avuto ora un disperato bisogno; a Young, il suo professore, che ormai era diventato il nemico da affrontare con gli stessi mezzi che aveva cercato di reprimere. Qualsiasi fosse stato l’esito di quel tentativo, Cathy poteva affermare con assoluta certezza di essere nel giusto: perché, come diceva Evan, l’unica cosa sbagliata era uccidere, che lo facesse un Mangiamorte come un ex Auror.

Chiuse gli occhi, dopo essersi alzata in piedi e aver estratto la bacchetta contro Young. Immaginò una tempesta, un turbinio di vento impetuoso come le emozioni che aveva dentro, l’unico appiglio a cui aggrapparsi per sperare di riuscire. E benché non l’avesse mai fatto prima, benché quella stessa bacchetta l’avesse tradita innumerevoli volte, in quell’occasione non fallì: il sibilo del vento raggiunse le sue orecchie prima di ogni altro rumore, poi riaprì gli occhi e vide la figura dell’uomo spinta indietro da un potente vortice, fino a ricadere nello stesso giardino dove Wolly era rimasta inerte. Si voltò giusto in tempo per scoprire che anche Rodolphus era riuscito nel suo intento, recuperando la bacchetta e preparandosi a fuggire; mentre girava su se stesso per Smaterializzarsi, sembrò quasi che la stesse salutando.

*

Young non impiegò molto tempo a riprendersi dal colpo. Si massaggiò la nuca con una smorfia di dolore, si concentrò per mettere a fuoco la scena e infine tornò in piedi. Cathy, che quasi inconsapevolmente era uscita per controllare il suo stato di salute, poté leggergli negli occhi l’amara comprensione di ciò che era successo e la conseguente delusione, che si tramutò in rabbia non appena posò lo sguardo su di lei. Fu investita dalle sue parole ancor prima che dal suo corpo, quando, con incredibile agilità, le si avventò addosso bloccandola al muro.

“Tu! Stupida, maledetta ragazzina!”

Paralizzata dalla paura, oltre che dalle sue mani che la tenevano per il bavero della camicia, Cathy non riuscì a parlare né a difendersi. Era stata così concentrata su ciò che doveva fare da non pensare alle conseguenze, come appunto la furia di Young che, in mancanza del suo primo obiettivo, si sarebbe scatenata su di lei.

“Ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai aiutato un delinquente a scappare! Sei esattamente come lui, una piccola strega oscura senza rispetto per nessuno!”

“Basta, Albert!” Una nuova voce perentoria lo interruppe. “Lasciala stare”.

Young si voltò per scoprire chi era il nuovo arrivato, a Cathy bastò alzare lo sguardo per saperlo: Neville Paciock, il suo salvatore. Non l’aveva mai visto così arrabbiato e tanta fermezza quasi la spaventò, nonostante sapesse che era lì per difenderla. Lo stesso effetto dové subirlo Young, poiché, anche se di malavoglia, la lasciò andare. Fu raggiunta subito dopo da Paciock, che le circondò le spalle in un gesto protettivo.

“Che stavi facendo, ti ha dato di volta il cervello?” La domanda era chiaramente per Young, il quale strinse le labbra in risposta. Paciock diede poi un’occhiata al lato distrutto della casa e aggiunse: “Cos’è successo qui? Cathy, dov’è il tuo tutore?”

“Andato”. Young rispose per lei, lasciando cadere le braccia con fare esasperato. “E tutto per colpa di questa povera, innocente fanciulla. Anni di ricerche e sacrifici buttati via in un secondo!”

“Oh, la smetta!” Resa forte dalla presenza di Paciock, Cathy aveva gridato, lasciando entrambi gli uomini piuttosto basiti. “Non mi pentirò mai di averlo salvato, era la cosa giusta da fare! Se c’è qualcuno qui che non ha rispetto per nessuno, è proprio lei!”

“Da quando osi parlarmi in questo modo?”

“Da quando ha minacciato una persona a cui voglio bene! E sa che le dico, lui aveva ragione… La sua vita sarà uno spreco se continuerà a desiderare vendetta, invece di dedicarsi a chi ha vicino!”

Young non replicò e forse non la stava nemmeno ascoltando, era più concentrato sui suoi occhi che – Cathy ne era certa – dovevano ormai essere rossi come il fuoco. Paciock approfittò di quella breve pausa per fermare la diatriba, ordinando: “Adesso vediamo di calmarci, tutti e due. Qualunque cosa sia successa, Albert, possiamo parlarne in privato tra persone adulte. L’importante è che nessuno si sia fatto male”.

Young non ascoltò nemmeno lui. Perso in quelle pupille scarlatte che testimoniavano una realtà innegabile, abbassò i toni e mormorò, più a se stesso che a Cathy: “Allora è vero. Quella di Lestrange non era un’invenzione malata, sei veramente figlia di quel mostro. Ho tanta pena per te, Scott… I tuoi poteri diabolici sono solo la punta dell’iceberg rispetto a ciò che dovrai affrontare”.

Non si sarebbe fatta intimorire da lui, per quanto le sue parole fossero allarmanti. Incrociò le braccia e sostenne la sfida, senza dargli la soddisfazione di titubare. Fu Paciock, ancora una volta, a intromettersi.

“I genitori di Cathy non hanno alcuna importanza, né alcun legame con ciò che lei è oggi. E se dovrà attraversare momenti difficili, la scuola le sarà accanto, perché è questo che i professori fanno: seguono la crescita dei loro alunni e li aiutano a trovare la giusta strada”. Sospinse leggermente Cathy in direzione opposta alla casa, invitandola a lasciare quel luogo. Poi, dopo aver sorpassato Young, si voltò di nuovo indietro e aggiunse: “Ah, a proposito… Se per caso stavi progettando di espellere questa ragazza, qualsiasi motivo avessi in mente per farlo, lascia stare. Finché sarò a Hogwarts, farò di tutto perché lei completi il suo percorso di studi e credimi, Albert, ci riuscirò. Parola di Neville Paciock”.

Quelle ultime frasi zittirono definitivamente Young, al quale non restò che seguirli a capo chino verso l’uscita. Se solo non fosse stato il momento meno adatto, Cathy avrebbe fatto una standing ovation al professor Paciock, che con poche parole aveva ripagato se stesso e decine di studenti da un anno di prepotenze. Ma aveva ancora sul cuore il peso di tutto ciò che era accaduto, la rabbia e la paura di poter perdere Rodolphus, e sopra ogni cosa il dolore per averlo perso comunque. Eppure, mentre camminava, senza che la mano di Paciock le avesse lasciato la spalla neanche per un attimo, scoprì di provare anche una beata sensazione di sollievo: era davvero finita.


Note

Ebbene sì, è davvero finita... Ma trattenete le lacrime, c'è ancora un epilogo che concluderà la storia e avrà un'atmosfera molto più leggera di questa. Intanto, cosa ne pensate? Spero vi sia piaciuta la fine della vicenda, era quella che avevo in mente da sempre e non è mai cambiata. Sono un tipo da happy ending, dunque non ci si poteva aspettare nulla di tragico (visto anche il rating verde), ma mi auguro che non sia neppure troppo smielato o scontato. Quello che volevo far emergere, in questo capitolo più degli altri, è quanto sia difficile scindere tra buoni e cattivi quando ci sono in ballo sentimenti e drammi così intensi, come appunto nel caso di Young. Sia lui che Rodolphus hanno un passato doloroso alle spalle e hanno commesso molti errori, ma, mentre il secondo ha finalmente capito qual è la strada da seguire, il primo fa ancora fatica a rinunciare alla vendetta. Altra nota: il fatto che Rodolphus abbia salvato la vita di Young quando erano giovani è riportato nella one-shot "Il prezzo di una vita", dove potete trovare tutti i dettagli del caso.

Beh, a questo punto, vi aspetto per il vero finale! Seguiranno tanti ringraziamenti (perché ve li meritate), un rinfresco per tutti gli invitati e per finire un piccolo tease (lo scrivo in inglese perché non conosco una traduzione che renda l'idea!). Baci e abbracci a tutti!

   
 
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