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Autore: Bijouttina    31/03/2015    19 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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34. Un finale inaspettato
Accarezzo distrattamente il pelo di Diablo mentre osservo Marco che si prepara per andare in azienda. Ormai è diventato un imprenditore a tutti gli effetti e non gli dispiace questo suo nuovo ruolo. Aveva sempre evitato di entrare nell’azienda di famiglia per non scontrarsi con la testardaggine di suo padre, ma ora sa come tenergli testa e lo costringe a tornarsene in casa quando comincia a esagerare. Il mio futuro suocero – fa strano chiamarlo in questo modo – non dovrebbe agitarsi e innervosirsi, ma tenerlo lontano dalla cantina è praticamente impossibile. Vorrebbe avere ancora tutto sotto controllo, nonostante ora spetti a Marco questo compito. Gli ha lasciato lo scettro, è orgoglioso di questa sua scelta e, nonostante ciò, vuole ancora dire la sua su tutto, è più forte di lui.
A volte Marco torna a casa esasperato e crolla sul divano sbuffando. Vorrei poter fare di più per lui, ma mi limito a sedermi accanto e rassicurarlo come meglio posso.
«Hai visto per caso la cravatta che indossavo al matrimonio di tuo fratello?», mi chiede a un tratto, facendomi tornare bruscamente alla realtà.
A me chiede dove l’ha messa? Lui che è Mr Perfettino e io la regina del disordine?
«Non ne ho idea, amore. Sai benissimo che io non metto mai il naso nella tua parte di armadio», rispondo continuando a coccolare il nostro gattone che fa delle fusa esagerate.
«Tranne quando vai a caccia di regali nascosti, vero?». Mi osserva appoggiato all’alta aperta dell’armadio, un sorriso di uno che la sa lunga sulle labbra.
«Io non curioso nel tuo armadio alla ricerca di regali», bofonchio punta sul vivo.
«Allora perché a dicembre ho trovato tutti i miei maglioni alla rinfusa un giorno?». Inarca un sopracciglio, continuando a fissarmi divertito.
Come faccio a dirgli che ha ragione? Non posso, poi si monterebbe la testa dicendo che lui ha sempre ragione. Va bene, ho spiato nel suo armadio e credo di aver fatto cadere accidentalmente qualche maglione di lana durante la mia caccia al tesoro. Oltretutto non è servita a niente, visto che aveva chiuso tutto nella cassaforte, di cui, per la cronaca, non ero nemmeno a conoscenza.
«È stato lo spiritello della lana», gli dico cercando di rimanere seria.
Marco si copre gli occhi con una mano e ridacchia senza alcun ritegno.
«Oh mio Dio, Flounder, questa mi mancava! Lo sai che potrei scrivere un libro con le cazzate che spari ogni giorno?».
«Pensa a tutte quelle che ho sparato prima di conoscerti e quelle che sparo quando non siamo insieme!», aggiungo io scoppiando a ridere, non sono più riuscita a trattenermi.
«La sacra Bibbia delle stronzate! Un best seller mondiale!», commenta il mio uomo raggiungendomi e sedendosi accanto a me sul letto.
«Milioni e milioni di copie vendute nel mondo. Immagino già la copertina con il mio bel faccione con su scritto “Le cazzate di Serena” a caratteri cubitali». Gesticolo con la mano disegnando in aria la prima pagina immaginaria.
«Io lo comprerei subito solo perché c’è il tuo bel faccione». Marco mi bacia la tempia e sposta a terra in nostro gattone, il quale non è molto felice di questo cambiamento di posizione, non aveva ancora finito la sua razione di coccole. Si avvicina di più a me e mi passa un braccio intorno alle spalle.
«Ho già un ammiratore, che bello!», esclamo stringendomi a lui.
«Il tuo fan numero uno». Posa due dita sulla mia guancia e mi ruota il viso in modo tale da poterlo guardare negli occhi. «Sei sempre più bella».
Sto per ribattere, ma le sue labbra si posano sulle mie e non mi lascia il tempo di dire una sola parola.
«Quand’è che mi sposi?», soffia sulla mia bocca. Sono ancora stordita da questo suo bacio mozzafiato e non credo di aver capito bene la sua domanda.
«Come, scusa?», farfuglio con un filo di voce. Sono alquanto confusa in questo momento.
«Voglio che tu diventa mia moglie prima che nasca nostro figlio», mormora lasciandomi dei delicati baci sul viso. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalle sue piccole attenzioni che mi fanno sempre girare la testa.
«Sei sicuro di volerlo davvero?», domando aggrappandomi a lui, gli occhi ora spalancati e il cervello reattivo. Mi sono ridestata all’improvviso, come se prima fossi dentro a un sogno.
Lui annuisce, sorridendomi dolcemente. «Voglio fare le cose nell’ordine giusto, anche se un po’ abbiamo barato, avendo già concepito nostro figlio. Tu pensaci, non avere fretta. Tanto so che un giorno diventerai mia moglie, ti chiedo solo di pensare all’idea di poter anticipare questo evento importante della nostra vita. Ora vado, altrimenti mio padre mi farà il cazziatone. Passo a prenderti da Luca alle tre. Fai la brava».
Mi lascia con un lunghissimo bacio e io crollo sul materasso portandomi una mano al ventre. Sposarci. Che giornatina si prospetta oggi! Dopo questa sua richiesta, sono ancora più spaventata.
Sono già passate undici settimane da quando sono rimasta incinta e oggi devo fare la mia seconda ecografia. Ho appuntamento alle quattro, così dovrò stare in ansia tutto il giorno in attesa di scoprire se il nostro bambino sta crescendo come dovrebbe.
Decido di darmi una mossa e raggiungo casa di Luca: aspetterò qui con lui l’arrivo di Marco, non avevo alcuna intenzione di starmene a casa da sola, mi sarei agitata maggiormente. Non sopporto essere nervosa tutto il tempo, ma non posso fare altrimenti. E se ci fosse qualcosa che non va? Prendo un bel respiro e mi faccio aria con un giornale che trovo sopra il tavolino.
«Hai le vampate?», domanda il mio migliore amico, sedendosi pesantemente sul divano e tenendo tra le mani una grossa ciotola colma di popcorn.
«Più o meno», rispondo io senza smettere di sventolare quei fogli davanti la mia faccia e dentro la scollatura della maglia.
Luca scoppia a ridere e qualche popcorn finisce sul tappeto, avendo colpito il recipiente con un ginocchio. Lui li raccoglie al volo e li mette in un angolo del tavolo, per gettarli in un secondo momento. Conoscendolo avrebbe potuto anche metterseli in bocca, visto che per lui era un’eresia sprecare tale bontà. Credo che possa averlo fatto con Alex, per non ripeterlo mai più. Che scena disgustosa! La cosa positiva è che non ci sono animali domestici che passeggiano sul tappeto.
«Stavo pensando di prenderti uno di quei piccoli ventilatori a batteria. Sarebbe comodo per farti aria alle tette», esclama divertito.
«Ah ah ah», borbotto gettando il giornale su un bracciolo del divano e prendendo posto accanto a lui. «Vorrei vedere te nella mia situazione».
Luca mi avvolge le spalle con un braccio e mi bacia la tempia.
«Andrà tutto bene, cucciolina mia. Non devi agitarti prima del dovuto, ma io sono certo al mille per mille che quel cosino che hai nella pancia sta bene».
Il mio migliore amico non è uno stupido, aveva capito fin dall’inizio qual era la mia preoccupazione reale.
«Lo spero tanto». Appoggio la testa contro la sua spalla e arraffo qualche popcorn, riempiendomi la bocca come un criceto.
Luca fa partire il DVD che aveva inserito nel lettore prima di sedersi. Mi avvinghio a lui e finiamo velocemente il contenuto della ciotola, sono golosissima di popcorn e lui lo sa più che bene. Non si è lamentato quando si è reso conto che li stavo mangiando quasi tutti io: il potere di essere incinta e venire perdonata per qualsiasi cosa. Normalmente avrebbe cominciato a chiamarmi con nomi non proprio carini e mi avrebbe mandato letteralmente a quel paese. Mi è andata davvero bene oggi.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime in una delle scene clou e comincio a singhiozzare, piangendo come una fontana. Luca mi passa un fazzoletto di carta, mi soffio rumorosamente il naso, asciugandomi anche gli occhi. Non credo di aver mai pianto tanto come in questo periodo! Gli ormoni mi stanno davvero facendo dei brutti scherzi.
«Se non chiudi il rubinetto, mi allagherai casa». Mi prende in giro lui avvolgendomi di nuovo le spalle con un braccio e stringendomi a sé.
«Non è colpa mia», comincio con il mio solito borbottio.
«È colpa degli ormoni». Finisce lui la frase al posto mio. «È davvero comoda la scusa degli ormoni. Dovrei provarci anch’io la prossima volta che vado al cinema. Se comincio a piangere come un disperato, poi mi giustifico dicendo che è tutta colpa degli ormoni. Dici che mi crederebbero?».
«Nah, ne dubito. Crederebbero solo a me, perché ho un aspetto tenerissimo da futura mamma», gli dico ridacchiando.
«Una futura mamma con le occhiaie e dal pallore di uno zombie», commenta lui, beccandosi subito un pugno sul petto da parte mia.
«Sei sempre il solito zoticone. Non dovresti prendermi in giro, resto comunque bellissima», borbotto fingendomi risentita. Sono proprio l’ultima persona al mondo che possa pensare che io sia bella.
«Su questo hai ragione, sono proprio uno zoticone», commenta per poi scoppiare a ridere un attimo dopo.
«Quanto vorrei prenderti a pugni in questo momento! Sono stanca, però, e per questa volta ti risparmio, ti è andata bene», bofonchio incrociando le braccia al petto.
«Mi è andata davvero alla grande, anche perché non avrei mai potuto difendermi e li avrei presi tutti», dice scoccandomi un bacio sulla testa.
Finiamo di guardare il film in un silenzio quasi religioso e, quando cominciano i titoli di coda, il campanello fa sobbalzare entrambi. Guardo l’ora sul mio orologio, ma è troppo presto perché sia già Marco. Alex è al lavoro e poi ha le chiavi, non avrebbe senso che suonasse il campanello. Luca si alza sbuffando, mentre io continuo a fare le mie congetture mentali.
Un attimo dopo, Stella e Marica, con Eleonora al seguito entrano dalla porta d’ingresso.
«Come mai qui, ragazze?», chiedo alzandomi rapida e prelevando la mia figlioccia dalla carrozzina per coccolarla come si deve. Ogni giorno diventa più bella e io la adoro. Le bacio la punta del naso, la fronte, la guancia, lei si lascia torturare da me senza un minimo lamento.
«Beh, immaginavamo fossi nervosa per l’ecografia, così siamo venute a infonderti un po’ di coraggio», risponde Marica controllando la ciotola dei popcorn e trovandola irrimediabilmente vuota.
«Ero parecchio in ansia anch’io, perciò ti capisco perfettamente, tesoro». Stella si avvicina a me e mi bacia la guancia. «Come stai?».
«Abbastanza bene, dai, non mi posso lamentare», rispondo con un sorriso.
«Piange solo come una disperata alla gogna, però fa niente», aggiunge Luca allungando le mani verso di me per avere la sua razione di coccole da parte di Eleonora.
Io, per dispetto, la stringo ancora di più a me e mostro la lingua al mio migliore amico.
«Non ti darò la principessa, non prima che tu mi abbia chiesto scusa per il modo poco gentile in cui mi tratti». Lo minaccio puntandogli un dito contro e voltandogli poi le spalle quando cerca di avvicinarsi e prendermi alla sprovvista. Ho ancora i riflessi pronti e non mi frega.
Lui sbuffa sonoramente.
«Va bene, mi dispiace per tutto». Rotea gli occhi e un attimo dopo posa le labbra sulla mia guancia. «Se non ti adorassi tanto, ti avrei già mandata a fanculo».
Dopo questa dichiarazione d’affetto, gli porgo la nostra star del momento che non si lamenta del cambio di coccole: a lei basta essere cullata e coccolata da tutti noi, non ha ancora preferenze.
Mi siedo nuovamente sul divano, sono spossata; l’ansia mi fa sempre questo effetto e la gravidanza certamente non aiuta. Stella e Marica si sistemano ai miei lati, Luca rimane in piedi come uno stoccafisso.
«Non vale rubare i posti così!». Si lamenta con una smorfia. «A casa mia per giunta! Quello sarebbe il mio divano».
«Mio, mio, mio. Come sei diventato petulante ed egocentrico», commenta Marica trattenendo una risata.
«Ha ragione, lo sai? Una volta condividevamo tutto, ora è tutto tuo». Infierisce Stella con un sorriso beffardo sulle labbra.
«Se è tutto mio, allora è mia anche questa bellissima principessa dagli occhioni tanto dolci. Di’ alla mamma che ti tengo qui con me d’ora in poi, così la smette di trattarmi come un cretino. Di’ anche alle tue ziette che non si meritano più le tue attenzioni e da oggi saranno solo per il tuo zietto preferito». Luca parla a Eleonora con dolcezza e io mi ritrovo a sorridere. È meraviglioso vederlo così preso da quella bimba e so per certo che anche mio figlio riceverà tanto amore da parte sua.
«Eh no, lei è mia. Mia, mia, mia». Stella si alza di scatto e recupera sua figlia, per poi risedersi immediatamente accanto a me.
Il nostro amico rimane con le braccia protese verso di noi e l’espressione da pesce lesso. «Ti rendi conto che mi hai rubato la mia nipotina da sotto il naso e senza alcun ritegno? Oltretutto ti sei impossessata nuovamente del mio divano».
Luca socchiude gli occhi e posa il suo sguardo su di me, puntandomi anche un dito contro.
«Tu, signorina Boissone, vedi di sfornare un maschio, perché qui cominciate davvero a essere un po’ troppe da gestire e non credo di potercela fare».
Scoppio a ridere davanti alla sua espressione seria e concentrata.
«Non sto scherzando! Voi donne siete perfide. Ecco, l’ho detto». Incrocia le braccia al petto e alza il mento con convinzione.
Io mi alzo lentamente e gli butto le braccia al collo.
«Non ci provare nemmeno, non riuscirai a corrompermi, non questa volta!», esclama deciso.
Affondo il naso nell’incavo del suo collo.
«Sei il mio tesoro, il mio cucciolo coccoloso», comincio con una serie di paroline dolci.
«Sono un uomo duro, non l’avrai vinta! Non cederò», dice lui rilassandosi impercettibilmente.
«Ti voglio un bene immenso. Sei il mio patato». Mi mordo l’interno della guancia per non ridere.
Lui ridacchia al posto mio. «Patato mi mancava nella lista dei nomignoli che mi hai affibbiato negli anni».
«Oh sì, sei il mio patato dolcissimo», continuo imperterrita. Gli bacio il mento ricoperto da un filo di barba e lui sospira.
Le sue braccia finalmente mi avvolgono in un abbraccio, stringendomi contro il suo petto.
«Come faccio a resistere? Mi freghi tutte le volte e io, da scemo, finisco per diventare un ammasso molliccio di gelatina», borbotta baciandomi poi la fronte. «Ti adoro, cucciolina mia».
E io adoro lui, non smetterò mai di farlo.
«Marco mi ha chiesto di sposarci prima della nascita di nostro figlio», dico a un tratto, chiudendo gli occhi e lasciandomi andare completamente tra le braccia del mio migliore amico.
«E tu che gli hai detto?», domanda Stella alle mie spalle.
«Non ho detto niente, come al solito», rispondo in un sospiro. «Non so nemmeno io che cosa fare».
«Beh, la sua richiesta non è strana», commenta Luca liberandomi dalla sua presa. «In fin dei conti hai già accettato la sua proposta di matrimonio».
«Voi che ne pensate?», chiedo sedendomi nuovamente al mio posto.
Marica sembra nervosa, non capisco il motivo di questo suo comportamento, ma lascio correre. Se ha bisogno di sfogarsi per qualche strano motivo, noi saremo sempre qui per lei e lo sa.
«Solo tu puoi sapere che cosa fare, tesoro», dice Stella baciando la fronte della figlia che si è addormentata fra le sue braccia.
Già, solo io posso saperlo e come tutte le volte non so che risposta darmi. Non c’è molto tempo per organizzare un matrimonio, fra qualche mese sembrerò una balena e ficcarmi in un abito bianco non sarebbe davvero il massimo. Oh mamma, mi sta venendo il mal di testa. Prima o poi capirò che cosa rispondere a Marco, ma non devo decidere ora, non posso farlo, non ci riesco proprio.
 
***
 
Chiedere a Serena di sposarmi prima della nascita di nostro figlio è stato puramente istintivo. Non vedo davvero l’ora che diventi mia moglie e vorrei succedesse prima di diventare genitori. Sarà tutto più complicato poi, ne sono certo e la data slitterà, magari di anni e io non ho voglia di aspettare così a lungo. Serena, però, deve volerlo davvero. Non la obbligherò a fare questo passo se non si sentisse ancora pronta. Posso aspettare, sarebbe dura, ma lo farei. Amo Serena più della mia stessa vita e farei qualsiasi cosa per lei, voglio solo che sia felice.
«Marco, hai visto la mia spillatrice?», chiede mio padre entrando nel mio ufficio. Stavo cercando di riordinare le fatture emesse il mese scorso, ma ho la testa tra le nuvole e non ho combinato proprio un bel niente. Non sono molto produttivo oggi.
«Prendi la mia». Gli porgo l’oggetto che tengo sopra la mia scrivania e torno a fissare le carte davanti a me.
«C’è qualcosa che ti turba?». Mio padre prende una sedia e si siede di fronte a me.
Mi passo una mano sul mento e sospiro. Ammetto di essere un po’ in ansia per l’ecografia di Serena. Finché non saprò se tutto sta andando bene, non sarò del tutto tranquillo.
«Diciamo che ho bisogno di sapere come sta crescendo mio figlio», gli confesso appoggiandomi con la schiena alla sedia e intrecciando le mani dietro la testa. Riempio le guance di aria e la butto fuori un po’ per volta, cercando di rilassarmi.
«Non ti dovresti agitare tanto, sarà tutto perfetto, vedrai». Mi rassicura lui con un sorriso. «Pensa che quando tua madre aspettava te, non c’erano nemmeno tutti questi controlli e abbiamo saputo che eri un maschio solo quando sei nato. Adesso si ha il tempo di organizzare tutto a seconda del sesso del figlio, una volta non era così. È tutto molto più semplice al giorno d’oggi».
Si alza, mi strizza l’occhio e mi lascia da solo con i miei mille pensieri. In effetti in passato era tutto più complicato, dovremmo ritenerci fortunati. Questa consapevolezza, però, non mi fa sentire meno agitato, stiamo pur sempre parlando di nostro figlio.
Per qualche ora mi estraneo dal mondo: cerco di fare il mio lavoro al meglio, ma la mia mente è continuamente proiettata verso le quattro di questo pomeriggio, quando finalmente sapremo qualcosa. In questo marasma di pensieri ho immaginato anche il mio matrimonio con Serena: sarà sicuramente bellissima nel suo abito bianco e rimarrò completamente senza fiato a quella vista. Mi ritrovo a sorridere da solo, mordicchiando il tappo di una penna.
Un bussare alla porta aperta del mio ufficio mi fa sussultare. Agata, una delle nostre impiegate più anziane, mi sta sorridendo dall’uscio.
«Scusami se ti disturbo, Marco. C’è un certo Lorenzo che chiede di te». Mi avvisa la donna. «Ci sono altri due ragazzotti con lui».
Scuoto la testa rassegnato. Che diavolo ci fanno qua i miei soci?
«Grazie, Agata. Mi prendo una piccola pausa». La informo alzandomi dalla sedia e stiracchiandomi. Una boccata di aria fa proprio al caso mio, questa parte del mio nuovo lavoro è particolarmente noiosa e mi stavo abbioccando.
L’impiegata asserisce con un cenno del capo e torna nel suo ufficio. Mi slaccio la cravatta, la sfilo e la abbandono sopra la scrivania. Raggiungo i miei amici che mi aspettano in giardino seduti a un tavolo, con del pane, salame nostrano e un bicchiere di vino davanti. Mia madre sta sbaciucchiando Lorenzo sulla guancia. La temperatura è ancora gradevole nonostante sia Ottobre.
«Vedo che ci state dando dentro alla grande!», esclamo controllando l’ora sul mio orologio. «Un quarto alle due e voi andate di vinello».
«Tutta colpa di tua madre, ci vuole viziare», commenta Lorenzo facendomi posto accanto a lui sulla panca.
«È il mio compito viziare, perciò mangiate e non rompete le scatole». La signora Rossini mi scocca un bacio sulla testa e se ne torna alla sua cucina.
«Scommetto che non hai ancora mangiato niente per il nervoso». Giorgio mi offre il piatto con il salame tagliato a fette e io lo afferro mollemente.
«Già, ho lo stomaco chiuso», brontolo appoggiando quel ben di Dio sopra il tavolo. «Non ho voglia di mangiare».
«Se avrai un calo di zuccheri al volante sarebbe peggio. Mangia almeno un boccone». Lorenzo mi offre il panino che si era appena preparato per lui.
Prendo un bel respiro e, con pochissima convinzione, do un morso. Mastico lentamente, appoggiando il viso sul palmo della mano, il gomito ben piantato sul legno.
«È solo una visita di routine». Mi fa notare Paolo azzannando un pezzo di pane e bevendo, poi, un sorso di vino.
«Sì, lo so». Riesco a dire mandando giù quel boccone.
«Cazzo, socio, reagisci!». Lorenzo mi dà una sonora pacca sulla spalla, che per poco non mi fa finire con la faccia sul tavolo.
«Non otterrai niente con la violenza», dice Giorgio venendo in mio soccorso. «Dopo l’ecografia, tornerà il nostro vecchio Marco. Lasciamolo crogiolare nella sua ansia ancora per qualche ora, lo fortificherà».
«Che cazzo stai dicendo?», sbotta il mio migliore amico. «Lui non può crogiolarsi! C’è già Serena che sarà nel panico più totale, lui deve essere forte per lei. È un uomo, cazzo! Non può comportarsi come una ragazzina in piena crisi ormonale!».
Le parole di Lorenzo mi colpiscono come un pugno nello stomaco e hanno l’effetto sperato. Mi raddrizzo sulla schiena, rubo il panino di mano al mio socio e lo divoro in un attimo.
«Ora sì che ti riconosco!», esclama lui stringendomi una spalla con la mano.
«Scusate, ragazzi, non so che cosa mi sia preso», dico dopo aver bevuto un sorso di vino per mandare giù il pane e salame.
«È normale essere nervosi, l‘importante è saperlo nascondere alla propria donna». Lorenzo si stringe nelle spalle, un’espressione da saputello sul suo volto. Ovviamente, ora che è padre, sa tutto lui. Nemmeno Giorgio che ha un figlio, Mirco, nato un paio di settimane prima di Eleonora si vanta come fa lui. Alziamo tutti e tre gli occhi al cielo mentre Lorenzo continua a parlare come se fosse un bravo psicologo.
«Ho chiesto a Serena di sposarmi prima della nascita di nostro figlio». È stato un buon modo per zittire Lorenzo, che ora mi guarda con la bocca spalancata.
«Perché hai sempre così fretta di fare le cose? Tu non sei normale! Hai tutto il tempo per organizzare le cose fatte bene e, invece, vai di corsa. Non lo perderai mai questo brutto vizio», borbotta scuotendo la testa.
«Magari avresti anche qualcosa da ridire sul fatto che ho voluto un figlio». Comincio a muovere nervosamente le gambe sotto il tavolo. Sto cominciando a innervosirmi e stavolta non è per colpa dell’ecografia.
«Non mettermi in bocca parole che non ho detto e che non direi mai». Lorenzo socchiude gli occhi e mi osserva attentamente.
«Le pensi solamente, vero?». Gli lancio un’occhiataccia.
«Galletti, abbassate la cresta». Si intromette immediatamente Paolo. «Non ha alcun senso che voi vi mettiate a litigare per un motivo tanto assurdo. Marco voleva diventare padre e aveva tutto il diritto di farlo sapere alla sua compagna. Punto. Fine della discussione».
Mollo uno scappellotto al mio migliore amico. «Fine della discussione».
Ora mi sento del tutto soddisfatto. Non sopporto discutere con i miei amici, ma a volte lui riesce a irritarmi oltre ogni limite, purché gli voglia un gran bene.
Lui ricambia il mio gesto d’affetto. «Okay, fine della discussione».
Ci guardiamo per una frazione di secondo e scoppiamo in una fragorosa risata. Gli passo un braccio intorno al collo e lo stritolo per benino. Tutto quello che ci siano detti negli ultimi minuti fanno già parte di un lontano passato.
Continuiamo a ridere e a scherzare, smorzando la tensione creata in un baleno, almeno finché non arriva per me il momento di andare a prendere Serena a casa di Luca. L’ho lasciata con lui perché sapevo che sarebbe stato in grado di tranquillizzarla mentre io ero al lavoro. Da sola avrebbe cominciato a farsi un milione di paranoie. È stato carino da parte dei miei amici a venire a rincuorarmi e a rasserenarmi, non lo avrei mai immaginato. Ho la certezza che potrò contare sempre su di loro.   
Salgo in macchina e percorro i quindici chilometri che mi separano dalla mia destinazione in uno stato quasi catatonico. Devo sapere al più presto che cosa questa ecografia mi dirà, altrimenti impazzisco. Quando Luca mi apre la porta del palazzo, salgo i gradini due alla volta per fare prima. Una volta in casa, Serena si fionda fra le mie braccia. La stringo forte a me, affondando il naso tra i suoi capelli che profumano di bergamotto.
«Ti sono mancato così tanto?», mormoro senza lasciarla andare.
«Non immagini nemmeno quanto», dice lei con il naso premuto nell’incavo del mio collo.
«Non mi serve immaginarlo, so quello che si prova. Anche tu mi sei mancata da morire, amore mio». A queste mie parole lei alza lo sguardo e posa le labbra sulle mie, regalandomi un bacio dolcissimo.
Luca, Stella e Marica ci osservano con il sorriso sulle labbra. Anche qui c’è tutta la banda al completo: è decisamente meraviglioso poter sempre contare sugli amici. Li salutiamo e torniamo alla macchina, non prima di aver riempito di baci e coccole la mia figlioccia, adoro quella bambina.
Nessuno dei due ha voglia di parlare lungo il tragitto. Serena si mordicchia le unghie, non lo fa spesso, ma quando succede vuol dire che è davvero nervosa. Io ho le mani sudaticce e continuo a sbuffare impercettibilmente, normalmente mi serve per stemperare la tensione, oggi non funziona per niente. Raggiungiamo l’ospedale in una ventina di minuti. Una volta scesi, prendo per mano la mia donna e raggiungiamo gli ambulatori. Manca ancora mezzora al nostro appuntamento, perciò ci sediamo ad attendere. Minuti interminabili che non vogliono passare. La mia gamba si muove senza alcun controllo, facendo traballare anche le altre sedie legate alla mia. Serena mi lancia un’occhiata strana e cerco di darmi un contegno. Posa una mano sulla mia, le nostre dita si intrecciano.
«Non essere nervosa». Cerco di rassicurarla, baciandole la tempia. «Andrà tutto bene».
«Non mi sembra di essere la sola a essere nervosa in questa stanza». Un sorriso sghembo si forma sulle sue labbra e mi rilasso impercettibilmente, lei ha sempre questo effetto su di me.
«Hai ragione, scusa. Ora cerco di tornare in me». Prendo un bel respiro e butto fuori l’aria un po’ per volta.
«Sei umano, Marco, è normale esserlo. Stiamo parlando di nostro figlio». Mi accarezza dolcemente lo zigomo con il pollice e io mi sciolgo completamente, perdendomi in quegli occhi verdi che tanto amo.
«Nostro figlio. Suona così bene», farfuglio beandomi di quelle sue piccole attenzioni.
Quello che succede immediatamente dopo lo ricordo come se lo avessi vissuto al rallentatore.
Un’infermiera ci chiama all’interno della piccola stanza e fa sdraiare Serena su un lettino. Mi metto accanto a lei e le tengo la mano. Le scoprono il ventre, cospargendolo di quel gel blu. Il suo ginecologo comincia a passare il sondino sul punto interessato. L’uomo continua a parlarci, a chiedere informazioni sullo stato di salute di Serena, se ha avuto problemi o altro. Mi sembra di essere in un mondo tutto mio, sento tutto ovattato e non riesco a capire tutto quello che il medico sta dicendo.
Due sacche.
Quelle due parole, seguite dallo sguardo attonito della mia donna, fanno ripartire in quarta tutti i miei neuroni momentaneamente atrofizzati.
«Scusi un attimo», comincio attirando l’attenzione dell’uomo con un cenno della mano. «Che cosa significa che vede due sacche?».
Serena mi stringe più forte la mano e credo di aver sentito un piccolo scricchiolio all’interno delle ossa.
«Significa che ci sono due feti, in due sacche distinte. Sono due gemelli», risponde serafico il ginecologo con un sorriso rilassato sulle labbra.
Oh cazzo! Gemelli? Okay, sono un uomo duro, posso farcela! No, non ci riesco: ho bisogno di sedermi.
L’infermiera deve avermi visto sbiancare all’improvviso ed è venuta in mio soccorso con una sedia. Mi lascio andare pesantemente su quel prezzo di plastica e mi copro la bocca con una mano.
Serena continua a fissare il monitor con la bocca spalancata.
«Ne è proprio sicuro?», chiede passandosi una mano tremante sulla fronte.
«Sì, sono sicuro al cento per cento», afferma l’uomo con decisione. «Congratulazioni».
Stampa le immagini dei nostri figli – non sono abituato a parlare al plurale – e le passa all’infermiera.
«Direi che va tutto bene», continua lui strappando un pezzo di carta da un rotolo e porgendolo a Serena per togliere i residui del gel dal suo ventre.
Tutto bene.
Una lacrima solitaria scende lungo la guancia di Serena e io la asciugo con due dita, soffermandomi sul suo viso.
Non so che cosa sia successo dopo, sono andato avanti come un automa, con il cervello che lavorava a mille. Serena era muta al mio fianco, confusa e stordita almeno quanto me.
Va tutto bene.
Queste tre parole continuano a rimbalzare nella mia testa e alla fine mi rendo conto di una cosa: va davvero tutto bene. Nostro figlio, anzi, i nostri figli stanno crescendo nel ventre della donna della mia vita, ho sentito i loro cuori battere, ma ero troppo sconvolto per rendermene davvero conto. Solo ora capisco di aver vissuto questa esperienza come dentro a un sogno, un sogno bellissimo che rivivrei altre mille volte. Un sorriso appare sulle mie labbra e mi ritrovo a ridacchiare da solo mentre lascio la macchina nel garage di casa nostra. Serena mi osserva perplessa, non può capire la gioia che mi ha appena pervaso.
Una volta in casa, la prendo per i fianchi e la attiro a me, riempiendole il viso di baci. Sono felice come non mai in questo momento. Lo shock iniziale sembra già un brutto ricordo, ora vedo solo due bimbi, frutto del nostro amore.
«Dio, quanto ti amo!», esclamo stordendola con un bacio.
Non sarà facile crescere due figli contemporaneamente, ma insieme possiamo farcela: lei ed io possiamo tutto.
Sta per dire qualcosa, ma le tappo nuovamente la bocca con la mia. Non ho voglia di parlare in questo momento, sono troppo agitato, emozionato, felice, per esprimere a parole quello che sto sentendo. Spero che anche lei stia provando anche solo un decimo della mia gioia.
«Sposiamoci», mi soffia sulle labbra a un tratto.
Quella semplice e unica parola mi fa venire un capogiro, mi manca il respiro.
«Sposiamoci, amore», ripete riprendendo a baciarmi un attimo dopo.
La mia vita ha preso una piega alquanto strana da quando mi sono scontrato con Serena la prima volta quel giorno di luglio.
Io, Marco Rossini, cui piaceva divertirsi, che non aveva alcuna intenzione di sistemarsi e mettere su famiglia, sto per sposarmi con una donna meravigliosa che ha rivoluzionato il mio mondo e che porta in grembo i miei figli, tanto desiderati e che saranno amati sopra ogni limite.
Se me lo avessero detto poco più di un anno fa, avrei cominciato a ridere come un cretino per l’assurdità della cosa. Oggi, invece, sono pronto a rischiare tutto pur di rendere felice l’amore della mia vita e crescere al meglio i nostri figli: loro tre sono il mio rischio più bello.

 
 
***Note dell'autrice***

Ed eccoci arrivati al “gran finale”. Tanti di voi  stavano aspettando un matrimonio o una nascita, ma la mia testolina stava già andando verso altri lidi. Diciamo che troverete tutto ciò nel seguito che, appena avrò un attimo di respiro, comincerò a scrivere. Abbiate un attimo di pazienza, ma tornerò a rompervi le scatole ogni martedì come ho sempre fatto. In effetti farà strano non avere niente da pubblicare. Oh mamma, ora vado in crisi! *respira  a fondo*  Okay, ci sono.
Marco e Serena aspettano due gemelli. So di certo che alcuni di voi staranno facendo i salti di gioia ora! Era da un po’ che avevo in mente questa cosa e ho dovuto starmene zitta, soprattutto quando in molti speravano che Stella avesse un parto gemellare. Nah, Marco può gestirlo, Lorenzo no! Ahahah! A parte gli scherzi, era già in programma così nella mia testa e così è andata.
Se non ci avete fatto caso, ve lo dirò io: il titolo del seguito sarà “Il mio rischio più bello”, che sono le ultime parole dette da Marco in questa storia. Per questo titolo devo ringraziare Ila, stavo andando in crisi da titolo come al solito e mi venivano in mente solo un sacco di cavolate. Per fortuna che c’è sempre lei a salvarmi! Spero piaccia anche a voi, almeno quanto piace a me.
Per ultima cosa volevo ringraziare immensamente ognuno di voi per avermi seguito fino alla fine, per il vostro entusiasmo e per il vostro affetto. Senza di voi non sarei andata proprio da nessuna parte. Non vi nominerò uno a uno, non vorrei mai dimenticare qualcuno, siete tutti importanti in egual modo per me. Grazie di cuore, di tutto!!! ♥♥♥ vi adoro ♥♥♥
Appena pubblicherò il primo capitolo della nuova storia, ve lo farò sapere.
A presto!
*si asciuga le lacrime*

Un bacione, Ire ♥


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