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Autore: eugeal    01/04/2015    3 recensioni
Lo sceriffo è tornato e Nottingham è salva.
Durante l'assedio, Marian ha scoperto un lato di Guy di Gisborne che non conosceva.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Guy si appoggiò alla parete della grotta e chiuse gli occhi per qualche attimo per allontanare il senso di vertigine.
Aveva fatto solo pochi passi per arrivare fino all'entrata della caverna, eppure si sentiva talmente debole da avere l'impressione di essere sul punto di perdere i sensi.
Si concesse una specie di sorriso ironico a quell'idea: negli ultimi giorni aveva passato talmente tanto tempo privo di conoscenza che svenire un'altra volta non sarebbe stata di certo una novità.
Riaprì gli occhi e fece un altro passo, quel tanto che bastava per guardare fuori, e fu costretto a socchiuderli subito, abbagliato dalla luce del sole.
Si trascinò fuori dalla grotta e si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse: intorno a lui c'erano solo alberi e cespugli. In lontananza si sentiva il mormorio del fiume e quel suono gli fece stringere lo stomaco, facendogli tornare in mente il momento in cui lo avevano trascinato sul ciglio del precipizio per mettergli il cappio al collo, col fiume che infuriava in fondo al dirupo, gonfio d'acqua.
Una mano gli toccò una spalla e Guy gridò di terrore e fece un movimento brusco per sottrarsi a quel contatto, ma perse l'equilibrio e crollò a terra, restando senza fiato per il dolore.
- Calma, figliolo, sono io. - Disse Tuck, porgendogli una mano per aiutarlo. - Non avevo intenzione di spaventarti.
Guy annuì brevemente, ma non accennò a prendere la mano del frate e si sforzò di rialzarsi da solo.
Tuck non si offese per quel gesto di rifiuto, si limitò a riabbassare la mano con un sorriso e andò a sedersi su un tronco caduto poco distante, invitando l'altro a imitarlo con un cenno del capo.
Stavolta Guy accettò l'invito e barcollò fino al tronco, affrettandosi a sedersi prima di perdere le forze e rischiare di cadere di nuovo.
Tuck lo osservò attentamente: era pallido come uno spettro e aveva l'aria di essere appena tornato dall'oltretomba, ma, per la prima volta da quando lo aveva soccorso, il suo sguardo sembrava essere più presente, libero dallo stordimento della febbre e del delirio ed era riuscito ad alzarsi dal giaciglio di propria iniziativa e a fare qualche passo.
- Mi sembra che tu ti senta un po' meglio.
Guy abbassò lo sguardo sul proprio petto e si sfiorò la ferita lasciata dalla lama del pugnale, seguendone la lunghezza con la punta di un dito: solo qualche centimetro più giù e quel colpo gli avrebbe trapassato il cuore.
Il taglio era stato chiuso con dei punti precisi e, anche se faceva ancora male, la ferita era asciutta e non presentava segni di infezione.
- Si sta rimarginando. - Disse, stupito. - Quanto...
- Sono passate quasi due settimane da quando ti ho trovato.
Guy lo guardò, incredulo e Tuck fece un piccolo cenno col capo per confermare le proprie parole.
- Per alcuni giorni ho temuto che non saresti sopravvissuto, poi la febbre è calata ma hai comunque dormito per quasi tutto il tempo. Hai perso molto sangue e sofferto molto, il tuo corpo ha avuto bisogno di tempo per iniziare a guarire. Senti ancora molto dolore?
Gisborne guardò il frate, diffidente. Dopo essere stato torturato e quasi ucciso, il suo primo istinto sarebbe stato quello di rifugiarsi in qualche luogo isolato e solitario e tenere a distanza qualsiasi altro essere umano.
Poco prima, quando Tuck gli aveva toccato la spalla, Gisborne aveva sentito il cuore accelerare i battiti all'impazzata mentre un gelo strisciante aveva minacciato di paralizzarlo.
Però l'espressione aperta e serena del frate non aveva nulla di minaccioso e Guy ricordava vagamente la sua presenza rassicurante tra gli incubi e i deliri dei giorni precedenti.
- Sì. - Si decise a rispondere. - Ma è sopportabile.
- Purtroppo le ferite inferte dai colpi di frusta non sono veloci a guarire. Chi è stato a farti questo?
Guy distolse lo sguardo da quello di Tuck e scosse appena la testa.
- Non credo di volerne parlare.
Tuck lo fissò per qualche secondo e preferì non insistere. La sua domanda aveva portato nuove ombre sul volto dell'altro e il frate non voleva turbarlo ulteriormente.
- Non importa figliolo, ma ricorda che sono sempre disposto ad ascoltare.
Gisborne si stringeva le braccia intorno al corpo come per proteggersi dal freddo anche se in quel momento il tepore del sole era piuttosto gradevole e Tuck si tolse il mantello che indossava e glielo mise sulle spalle senza dire nulla.
Guy trasalì nel sentire il tocco della stoffa sulla schiena ferita, ma si strinse addosso il mantello sperando di riuscire a scaldarsi almeno un po'.
- Perché lo fai? - Chiese bruscamente e Tuck lo guardò, interrogativo.
- Cosa?
- Perché mi aiuti? Per quello che ne sai potrei aver meritato tutto questo. Potresti aver salvato un criminale da una giusta condanna a morte, come fai a sapere che non è così?
- Non lo so infatti. - Rispose pacatamente il frate. - Non conosco neanche il tuo nome. Avevi bisogno di cure e te le ho date, tutto qui. Salvarti la vita è stata una mia decisione e non ha nulla a che vedere con i tuoi meriti o con le tue colpe, quelle riguardano solo te e il Signore. Se lo desideri posso offrirti il conforto della Confessione, ma questa è una scelta tua.
Guy si alzò in piedi di scatto, ignorando il dolore provocato da quella mossa improvvisa.
Le parole del frate lo avevano turbato profondamente anche se non riusciva a distinguere le emozioni che agitavano nel suo animo.
Non voleva parlare con Tuck né cercare un perdono divino che di sicuro non meritava e non riusciva a pensare coerentemente.
Si sentiva come un animale ferito che desiderava solo di rintanarsi da qualche parte per potersi leccare le ferite in solitudine, come un cane preso a calci e reso rabbioso e diffidente dal dolore.
Il cane dello sceriffo...
Guy sentiva su di sé lo sguardo del frate e qualcosa dentro di lui lo fece sentire a disagio,come se fosse obbligato a giustificare in qualche modo il proprio comportamento sgarbato.
- Sono stanco. - Mormorò, tornando verso la grotta e nel pronunciarle, si rese conto che quelle parole erano più vere di quanto non avesse pensato.
Era stanco e sofferente nel corpo e nell'anima.
Si lasciò cadere sul pagliericcio e si rannicchiò su un fianco avvolgendosi nel mantello, poi rimase immobile a fissare le fiamme del focolare, cercando di non pensare a nulla.

Allan poteva già vedere Locksley in lontananza alla fine della strada, ma non fece nulla per accelerare l'andatura del cavallo.
I due uomini che lo accompagnavano invece sembravano impazienti di giungere a destinazione e Allan pensò che dovevano essere stanchi e affamati dopo aver passato tutto il giorno a cavalcare.
Lui stesso era esausto, ma non aveva affatto appetito anche se durante la giornata lui e i suoi accompagnatori avevano consumato solo un pasto frugale di pane e formaggio.
I due uomini non erano cavalieri o soldati anche se portavano dei pugnali alla cintura, erano solo due dei servitori che lavoravano a Locksley. Allan li aveva scelti perché sembravano essere più forti rispetto ai loro compagni, ma in una situazione di pericolo non avrebbe potuto contare su di loro.
Se avessero trovato quello che stavano cercando la loro forza sarebbe stata utile, ma anche quel giorno le ricerche erano state infruttuose e lui non aveva la minima voglia di doverlo dire a Marian.
Alla fine arrivarono a Locksley e Allan notò che la ragazza era sulla soglia ad aspettare il loro ritorno. Vide anche che a Marian era bastato uno sguardo per capire il loro fallimento: il suo sguardo ansioso si era spento di colpo e il suo viso era tornato ad assumere l'espressione vuota e distante che ormai sembrava essere diventata parte di lei.
Allan smontò da cavallo e affidò l'animale a uno degli stallieri.
- Niente? - Chiese Marian, andandogli incontro.
- No. Nessuna traccia.
- Capisco. - Disse in tono piatto. - Domani cercherete ancora.
Allan sospirò.
- Marian...
La ragazza lo guardò, il suo sguardo acceso da una traccia dell'antico ardore.
- So cosa vuoi dire, ma non mi importa! Domani riprenderete le ricerche.
Allan sospirò.
- Per quanto, Marian?
- Per tutto il tempo necessario. Continuerete a cercarlo finché non lo avrete trovato e se non vorrete farlo voi, ci penserò personalmente!
- No! - Protestò Allan. - Questo no. La foresta non è più un luogo sicuro, non per una nobile almeno. I banditi che hanno ucciso Gisborne hanno fatto almeno un'altra vittima la settimana scorsa, ne ho sentito parlare stamattina, sulla strada per Clun. Quella gente continua ad attaccare i viaggiatori per derubarli e uccidono tutti quelli che sembrano avere un legame con Nottingham.
Marian trasalì nel sentire le parole di Allan, sia per le orribili notizie che portava, ma anche per il fatto che il giovane ormai sembrava aver accettato la morte di Guy come un dato di fatto.
- Chi hanno ucciso? - Chiese Marian, triste.
- A quanto pare un poveretto che non aveva alcuna colpa se non quella di essere il fratello minore di uno degli alleati dello sceriffo. Dicono che fosse poco più di un ragazzo e che è stato trovato annegato in un ruscello, con mani e piedi legati perché non potesse cercare di salvarsi.
Marian scosse la testa, con le lacrime agli occhi.
- Dobbiamo fare qualcosa per fermarli. Il Guardiano Notturno potrebbe...
Allan le afferrò le braccia e la scosse per interromperla.
- Il Guardiano Notturno non farà nulla! Tu non farai niente del genere, non ti avvicinerai nemmeno alla foresta! - Gridò Allan, il tono reso minaccioso dal panico, poi capì di aver esagerato e lasciò andare Marian. - Mi dispiace.
La ragazza lo guardò, sorpresa da quella reazione così veemente, ma ormai aveva perso la forza di protestare. In compenso le veniva da piangere.
- Quegli assassini non possono continuare a fare ciò che vogliono... - Sussurrò, cercando di ricacciare indietro le lacrime, ma quelle ormai avevano iniziato a scendere sul suo viso e non sembravano avere alcuna intenzione di fermarsi.
- Lo sceriffo è furioso, le sue guardie continuano a pattugliare la foresta e so che anche Robin sta cercando di scoprire chi siano, ma nessuno è ancora riuscito a trovarli: colpiscono le loro vittime e poi sembrano svanire nel nulla. Sono troppo pericolosi, per questo devi restare qui. Tuo padre ha bisogno di te, morirebbe se ti succedesse qualcosa.
- Ma continuano ad attaccare le persone! - Gridò Marian, poi abbassò la voce e guardò Allan con orrore. - Hanno ucciso Guy...
- E se ci tieni a rispettare la sua memoria devi restare a Locksley. - Disse il giovane. - Quando era vivo, Gisborne ha sempre cercato di proteggerti, di certo non vorrebbe che ti facessi ammazzare a causa della sua morte.
Marian stava per rispondergli che lei non si sarebbe di certo fatta uccidere, ma si rese conto all'improvviso che un tempo aveva pensato la stessa cosa anche di Guy e che probabilmente quello era il motivo per cui faticava così tanto ad accettare la sua morte.
Se lui aveva fatto quella fine, cosa avrebbe impedito ai banditi di uccidere anche lei?
Per la prima volta Marian si trovava a guardare in faccia la propria mortalità e quell'idea la terrorizzava.
- Allan... Sto mettendo in pericolo anche voi? - Chiese, colta da un pensiero improvviso.
- Dubito che sappiano che lavoravo per Gisborne e comunque quando andiamo nella foresta faccio attenzione a indossare abiti comuni. Non attaccherebbero tre viandanti qualsiasi, il loro obbiettivo sono i nobili e i soldati di Nottingham.
Marian si asciugò le lacrime, inutilmente perché non riusciva a smettere di piangere.
- Lo so che è stupido e che non dovrei chiedervi di correre questi rischi, ma non riesco ad accettarlo... Non riuscirò mai a crederci davvero finché non lo avrò visto con i miei occhi.
Allan batté le palpebre per cercare di nascondere la commozione, senza riuscirci troppo bene.
- È passato tanto tempo e la foresta è piena di animali... Potrebbe non essere rimasto molto... - Fece una pausa nel vedere che Marian era impallidita alle sue parole, ma la ragazza non disse nulla e lui riprese a parlare - Ma non smetterò di cercare. È una promessa: il corpo di Guy di Gisborne dovrà avere una degna sepoltura.

**********Nota dell'autrice**************************************
Per qualche giorno non potrò postare il prossimo capitolo, ma non preoccupatevi, è solo una pausa temporanea :)
   
 
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