Sì, lo so: avevo promesso di postare l'ultimo capitolo di "Scuoti il mio mondo" al più presto, ed invece me ne esco con una nuova fic.
Mi scuso tantissimo per chi sta aspettando l'aggiornamento, ma oggi è il compleanno di Lori e non potevo fare a meno di farle un regalo che cercasse, in qualche modo, di ringraziarla di tutta la pazienza che mette nel betarmi, nel sopportare le mie paturnie e nel rileggere anche dieci volte il capitolo, fino a che non sono davvero soddisfatta del risultato.
Un ringraziamento speciale va a Vale, che ha accettato di betarmi nonostante il mondo reale la impegni tantissimo.
Questa fic è ispirata alla sfida lanciata da LauraDumb sul sito NA:
lunghezza: oneshot, da 100 a 2500 parole,
pairing: libero, ovviamente slash. Mi piacerebbe, se riuscite, vedere da qualche parte almeno un accenno Blaise/Neville,
genere: angst, non necessariamente death!fic nè finale tragico. Mi basta un pizzico di angoscia! Per il resto può finire anche rose, fiori e miele,
Restrizioni: nel testo, devono apparire le frasi "i maschi non piangono" e "chiudi gli occhi e ascolta".
Ho
scelto questa sfida perché essa è stata estremamente significativa nella mia
crescita come fan di questa coppia.
In primo luogo perché, anche se la prima volta che ho sentito parlare di questo pairing è stato in “Veritas” di Constant Vigilance, è stata questa sfida a farmeli conoscere davvero e a farmene innamorare.
In secondo luogo perché si tratta di una “sfida”, ed io amo mettermi alla prova, nonostante le sue restrizioni (il limite di parole, in particolare) siano state per me particolarmente penose.
Ho quindi pensato che fosse il modo giusto per festeggiare il compleanno di Lori.
Sinceramente, non so come giudicare questa storiella. È diversa da qualsiasi cosa abbia mai scritto o concepito per i due protagonisti, e non so nemmeno come sia saltata fuori. C’è una tale mole di sentimenti contrastanti all’interno che non so nemmeno se sia comprensibile. Forse una storia angst non è l'ideale per festeggiare un compleanno, ma ho pensato che di storie banali e dolciotte su Blaise e Neville ce ne sono tante, e che, magari, poteva essere apprezzata maggiormente proprio per questo, anche se il risultato non è granché.
bbb è aaa
La musica era assordante e sembrava capace di penetrare fin dentro al cervello, procurando una buffa sensazione di stordimento, ma nessuna delle persone che affollavano il locale sembrava infastidita. Anzi.
La pista da ballo era gremita di giovani corpi sudati che si dimenavano più o meno a ritmo, strusciandosi l’uno contro l’altro nel poco spazio disponibile; il bancone del bar era talmente pieno che il solo pensiero di avvicinarsi per prendere qualcosa da bere avrebbe spaventato i meno intraprendenti, e c’erano coppiette che si appartavano agli angoli dalla sala, alla ricerca di un posticino in ombra dove scambiarsi qualche effusione. La maggior parte, almeno. Sempre che non fossero persone del tutto prive di pudore, come Blaise Zabini.
Neville gli diede
un’occhiata con la coda dell’occhio mentre si portava alle labbra il
bicchiere, ancora pieno per metà nonostante lo avesse preso parecchio tempo
prima. Blaise se ne stava appoggiato ad uno dei pilastri che costeggiavano la
pista, e stava chiaramente flirtando con un ragazzo biondo piuttosto magro e
vestito in un modo vistoso.
Era quello il genere di
ragazzo che gli piaceva, pensò. Totalmente l’opposto di quel che era lui.
Quel pensiero gli generò
una fitta d’incomprensibile fastidio all’altezza del petto, che preferì
ignorare. Non era geloso, non ne aveva motivo. Non provava nulla per l’ex
Serpeverde, se non una semplice attrazione fisica, e anche quella era comparsa
in modo del tutto inaspettato, dato che aveva sempre ritenuto che non fosse il
suo tipo. Non gli erano mai piaciuti gli uomini troppo belli e sicuri di sé,
che si credevano irresistibili, e Blaise era tutto questo e altro ancora. Aveva
la puzza sotto il naso e un fare altero che lo metteva a disagio in un modo
insopportabile. C’erano, insomma, motivi a sufficienza perché gli girasse
alla larga.
E allora, com’era finito
per diventare l’amante di Zabini?
Pura fatalità, era ovvio.
Era accaduto un paio d’anni prima, durante la guerra. A quel tempo era stato
innamorato, terribilmente innamorato. Tobias era l’uomo della sua vita, lo
aveva compreso subito, non appena aveva avuto l’occasione di conoscerlo
meglio. Non era bellissimo, ma aveva un sorriso meraviglioso che gli illuminava
tutto il volto e un modo di fare gentilissimo. Come quasi tutti i Corvonero era
molto intelligente, ma non lo faceva pesare. Neville si era innamorato di lui
prima ancora di rendersene conto. Avevano combattuto fianco a fianco, per quel
poco che potevano fare all’interno di Hogwarts, con tutte le censure che erano
state apportate, e si erano amati come potevano fare due giovani in un mondo
come quello, con disperata tenerezza, come se ogni giorno fosse l’ultimo, ma
anche con speranza.
Per quanto potesse sembrare
assurdo, la sera in cui era morto Neville non aveva provato nulla. Qualcosa,
dentro di lui, sembrava essersi congelato, come se il furore delle battaglie e
le ferite e le cicatrici che avevano iniziato a disegnargli il corpo lo avessero
anestetizzato contro il dolore. Non c’era tempo per le lacrime e per la
disperazione, e lui non se l’era concesso. Aveva baciato quelle labbra fredde
per un’ultima volta ed era andato avanti, lottando con più ferocia di quanta
avesse mai pensato di poter possedere.
Poi, la guerra era finita, e
in quel momento quel qualcosa dentro di lui si era sbloccato. Non ricordava
neppure come fosse arrivato fino alla torre di Astronomia, ma lo aveva fatto, e
in quel luogo, dove si erano tanto spesso appartati, aveva visto il suo
viso, quel sorriso dolce e pieno d’amore che Tobias gli rivolgeva sempre, e la
sua scomparsa era improvvisamente diventata reale.
Le lacrime avevano iniziato a scendere senza che se ne rendesse conto, ed il dolore gli era dilagato nel petto come una coltellata. Si era sentito come incapace di respirare, di fare qualsiasi cosa che non fosse piangere, il corpo scosso dai singhiozzi. Si era accasciato sul pavimento gelido come un fantoccio di paglia, desiderando con tutte le proprie forze di morire anche lui. Per qualche istante aveva creduto che sarebbe successo, tanto il dolore era lacerante, ma poi non era accaduto nulla; non c’era stato altro che il martellare di quella sofferenza spietata e violenta che sembrava poterlo squarciare.
Non aveva mai saputo per
quanto tempo fosse rimasto lì, agonizzante, al freddo, ma ad un certo punto non
era più solo.
Non aveva sentito i passi
avvicinarsi, e si era a malapena reso conto della mano calda che gli era stata
poggiata sulla spalla. Quando aveva alzato lo sguardo non era riuscito a vedere
quasi nulla, tranne un’indistinta macchia scura. Poi, la voce di Zabini era
filtrata nella sua mente, un’ancora che lo riportava implacabilmente a terra.
«Paciock,
smettila» gli
aveva detto con voce dura. «I
maschi non piangono, dovresti saperlo.»
Neville
lo aveva guardato stupito, incapace di comprendere come quelle parole potessero
riuscire ad alleviare il suo dolore. Ma l’avevano fatto, e lui ci si era
aggrappato come un naufrago si aggrappa ad un pezzo di legno. Quando Blaise lo
aveva stretto a sé si era abbandonato alle sue cure, rispondendo alle sue
carezze e ai suoi baci con una foga febbrile. Non voleva pensare, non voleva
sentire nulla… voleva solo perdersi nelle sensazioni che il desiderio poteva
suscitare.
Era
stato sesso, quello, solo e semplice sesso. Violento, aggressivo, famelico.
Neville non aveva mai provato niente del genere prima.
Dopo
quella prima volta era capitato ancora, e ancora, e ancora. Ogni qualvolta
sentiva di stare male, ogni volta in cui avrebbe desiderato spaccare il mondo
per mettere a tacere quel dolore sordo che gli pulsava nello stomaco e che lo
faceva impazzire, Blaise era lì, il suo corpo era lì, una valvola di
sfogo benedetta.
Era
una follia, lo sapeva, ma il bisogno di scacciare la solitudine e l’angoscia
era sempre più forte del buonsenso.
Non
c’erano parole, non c’era confidenza: erano solo due corpi che si cercavano.
E
allora cos’era quella fastidiosa morsa allo stomaco?
Si
costrinse a distogliere lo sguardo dalla coppia. Non sarebbe stato difficile per
Zabini farlo capitolare, questo era chiaro: il biondino si era accostato di
molto, facendo scivolare le mani un po’ dappertutto sul corpo di Blaise e
strusciandoglisi addosso come se volesse essere scopato proprio lì, nel locale,
appiccicato ad una colonna. Non sarebbe accaduto, però, perché era chiaro che
l’altro stava giocando.
Neville
conosceva bene quel suo modo di giocare, quel suo desiderio di ridurre il
compagno a una massa di gelatina tremante fino a implorarlo di prenderlo, di
fargli qualsiasi cosa, purché lo facesse subito. Quando faceva così si
sentiva impazzire.
Finì di bere il suo cocktail poi ordinò qualcos’altro, non sapeva neppure cosa, e lo ingoiò tutto d’un fiato. L’alcool gli bruciò la gola e lo stomaco, e sentì una vampata di caldo pervaderlo.
Si
diresse in fretta verso il bagno, passando più lontano possibile da Blaise e
dal frocetto biondo che si sarebbe portato a letto quella sera, cercando di
pensare a qualcos’altro.
Quando
uscì dal cubicolo del gabinetto si diresse con calma al lavabo e si lavò le
mani, distratto. Non aveva voglia di restare ancora, ma non aveva nemmeno voglia
di andare a casa. Cosa poteva fare?
Diede
un fugace sguardo allo specchio e sussultò quando vide riflessa una figura
scura dietro di lui. Si voltò di scatto ed aprì la bocca per dire qualcosa, ma
la richiuse rapidamente. Non avevano mai parlato molto loro due, e non sapeva
cosa dire. Inoltre, il viso di Zabini aveva un’espressione quasi trionfale, e
Neville si sentì fin troppo agitato per i suoi gusti.
Quando
fece per superarlo ed uscire, Blaise lo afferrò per un braccio, trascinandolo
nella sala. Il ritmo indiavolato di poco prima era stato sostituito da una
musica lenta, e le luci si erano fatte d’improvviso più soffuse.
Nell’ombra, parecchie coppie si scambiavano effusioni, fingendo di ballare.
Neville
farfugliò qualcosa, cercando di liberarsi, ma la stretta dell’ex Serpeverde
era ferma e decisa, e non glielo permise. Con un certo sgomento registrò che
l’altro lo stava conducendo proprio in mezzo alla pista.
«Zabini,
che cazzo fai? Lasciami» sibilò, cercando inutilmente di divincolarsi.
Blaise
non disse una parola e lo trascinò proprio al centro; poi si fermò e lo attirò
a sé.
Neville
gli puntò le mani al petto per allontanarlo. «Perché non torni a giocare con
il biondo di prima e non mi lasci in pace?» sbottò, irritato.
Ma
Blaise si comportò come se non l’avesse sentito affatto, stringendolo più
forte e iniziando a muoversi al ritmo rilassato del brano.
«Chiudi
gli occhi e ascolta la musica» gli sussurrò Blaise ad un orecchio, senza
nemmeno accennare ad allentare la sua stretta.
Per qualche
strano, inspiegabile motivo, Neville fece come gli aveva detto. Era stanco di
lottare, realizzò improvvisamente, e si sentiva… bene. L’odore di Blaise e
la consistenza del suo corpo gli erano così familiari, ed erano così
rassicuranti che si sciolse completamente contro di lui, incapace di fare altro.
Sentì le labbra
del compagno vagare sul suo viso, leggere come il battito d’ali di una
farfalla, e cercò di ricordare il volto di Tobias e il suo sorriso dolce, ma il
ricordo stava svanendo dalla sua memoria. Ogni volta era più sfocato, più
distante…
Il viso scuro di
Blaise si sostituì a quello del Corvonero, un volto bello, dai lineamenti
decisi e dagli occhi che sembravano in grado di accarezzare così come di
congelare.
Dio, lui non
voleva! Non voleva dimenticare Tobias, non voleva provare qualcosa per Zabini,
non voleva… non voleva tante cose, ma stavano succedendo ugualmente. Un
familiare sentimento d’impotenza s’impossessò di lui, facendolo
boccheggiare.
Sentì una mano calda sul viso e spalancò gli occhi, la vista sfocata, rendendosi conto all’improvviso di stare piangendo. Piangeva per Tobias, per quella storia d’amore mai vissuta davvero, e per questa cosa senza senso che aveva iniziato con Zabini e che gli faceva male. Con un gesto rabbioso si asciugò gli occhi, cercando di nascondere quel momento di debolezza.
Blaise lo condusse fuori dalla mischia, facendolo appoggiare contro una colonna, e si piegò per baciarlo con dolcezza sulle labbra.
Neville lo
respinse immediatamente, guardandosi attorno quasi in panico. Cosa gli saltava
in testa? Nessuno aveva mai saputo quello
che accadeva tra di loro, né lui avrebbe mai voluto che qualcuno se ne
accorgesse. Quando i suoi occhi incrociarono quelli azzurri e furiosi del
ragazzo biondo con cui Blaise aveva flirtato fino a poco prima, che li stava
fissando dalla parte opposta della sala, si sentì di nuovo nel suo elemento,
come se quell’improvviso sbandamento che lo aveva preso si fosse esaurito.
«Smettila,
Zabini, se non vuoi che il tuo ragazzo s’incazzi sul serio» disse,
caricando la parola ‘ragazzo’ di tutta l’ironia di cui era capace.
Blaise
parve un attimo stupito di quella battuta, e voltò la testa per seguire la
direzione del suo sguardo. Quando si rigirò, il suo viso sembrava
impenetrabile, ma c’era un’ombra di divertimento nei suoi occhi neri.
«Non
m’interessa» disse. «Non mi sono mai piaciuti i biondi troppo magri.» Poi,
come se fosse del tutto naturale, si piegò su di lui e poggiò le labbra al suo
orecchio. «Non hai motivo di essere geloso» sussurrò.
Neville
sbatté le palpebre stupito, mentre quelle parole gli facevano venire in mente
pensieri assurdi.
No,
non c’era verso che fosse lui il suo tipo. Quella cosa tra loro era
solo un gioco, un modo di passare il tempo, lo sapeva benissimo. Qualsiasi altra
spiegazione che implicasse dei sentimenti, fossero anche semplice desiderio, era
da scartare. Ci doveva essere un’altra spiegazione, ne era certo. Forse, stava
semplicemente tentando di metterlo in difficoltà.
«Guardati
intorno, allora» disse, alzando il mento con tono di sfida. «Sono sicuro che
troverai qualcuno che ti piace, in mezzo a questa calca.»
«E
chi ti dice che non l’abbia già trovato?»
«Mi
dispiace, ma io non sono disponibile stasera.»
«Perché
no? Hai di meglio da fare? Tipo ubriacarti e piangere sulla morte del tuo amichetto?»
Quelle
parole andarono a segno. Neville boccheggiò, sentendosi come se fosse stato
colpito.
«Non.
Osare. Parlare. Di. Lui» replicò a denti stretti.
«No,
giusto. Non ha senso parlare di chi non c’è più.»
«Smettila!»
«Sei
tu che devi smetterla! Che senso ha continuare a struggersi per una persona che
è morta?»
«Non
sono cose che ti riguardano. Fatti i cazzi tuoi, Zabini, e lasciami in pace.»
«Questi
sono cazzi miei, Paciock, visto che ci frequentiamo.»
Neville
ammicco stupefatto, colto in contropiede dalle sue parole. Non aveva mai
considerato quell’interludio tra loro come una vera “frequentazione”;
piuttosto, l’aveva sempre ritenuta una valvola di sfogo per sé, e un ripiego
per Blaise quando non aveva qualcuno di meglio con cui scopare. Una sensazione
sconosciuta gli dilagò nello stomaco, molto vicina al panico.
«Non
c’è bisogno di dire cazzate, Zabini» lo ammonì, distogliendo lo sguardo.
L’altro
allungò una mano ed esercitò una lieve pressione sul suo mento, costringendolo
a guardarlo.
La
sua espressione era… arrabbiata. Sì, sembrava decisamente arrabbiato, decise
Neville.
«Finiscila,
Neville» ringhiò Blaise, con enorme stupore del compagno. Non lo aveva mai
chiamato per nome, se non in quei momenti, quando il mondo si annullava e
non c’era altro che il piacere. «Puoi fingere quanto ti pare, ma ormai le
cose sono andate troppo in là per nascondersi dietro a un dito, e lo sai
benissimo anche tu, anche se ti ostini a non volerlo vedere. C’è qualcosa
tra di noi, qualcosa che va al di là del semplice sesso.»
«Non
è vero!»
«Sì
che lo è! Maledizione, cresci, per una volta! Lui non c’è più! Perché ti
ostini a rimanere attaccato a una storia che è finita da un pezzo, invece di
vedere quello che hai davanti?»
Di
fronte a quello sfogo, Neville si ritrasse appena. Gli occhi neri di Blaise
brillavano di una luce che non aveva mai visto prima. Iniziò a respirare
velocemente, mentre quel qualcosa dentro di lui si dimenava come un animale in
trappola. Oddio, no… no, no, NO!
Non
poteva credere di nuovo… sperare di nuovo…
No,
Blaise non era la persona giusta. Non poteva credere in un Serpeverde come lui,
troppo bello per poter aver mai avuto una delusione e così sicuro di sé. Un
uomo come lui non si accontentava di qualcuno meno affascinante, meno
interessante, meno… tutto.
Scosse
la testa.
«Non
farlo» disse solamente, incapace di far altro.
«Sì,
invece» rispose Blaise con un tono quasi di sfida, esercitando una lieve
pressione sulla sua schiena con le mani per allontanarlo dalla colonna e
attirarlo a sé. «Per Merlino, Neville, perché fai finta di non capire? Sono
stato comprensivo, e ho aspettato. Sapevo che ne avevi bisogno, e che qualsiasi
altra cosa ti avrebbe solo spaventato, ma adesso basta. Sono stanco di
aspettare.» La sua voce era quasi dolce, e l’ex Grifondoro pensò che era
strano quel tono su di lui, quasi disturbante, come una macchia su un foglio
bianco.
Al
sicuro nella culla delle sue braccia, il viso immerso nel suo petto, Neville
scosse la testa. Dio, era tutto così assurdo, così… incomprensibile.
Non aveva senso.
«E
quel tipo biondo con cui stavi flirtando? Sono certo che potrebbe fare al caso
tuo» replicò, cercando di aggrapparsi a qualunque cosa gli impedisse di
affrontare la situazione.
«Ti
ho già detto che i biondi non mi piacciono» gli rispose Blaise, tranquillo. «Stavo
solo giocando. Volevo farti ingelosire, e a quanto pare sono riuscito nel mio
intento. Non c’è bisogno che ti affretti a negare, ho visto che ci hai
guardato tutto il tempo.»
Neville
arrossì, consapevole di essere stato colto in fallo.
«Non
ho vie di fuga, vero?» In realtà non era una domanda.
«No,
non ne hai» replicò comunque il compagno prima di abbassarsi lentamente e
baciarlo.
Rispose
al bacio. Poteva far altro?
«E
adesso?»
«Adesso
sei mio.»
Un
altro bacio.
«Andiamo»
disse Blaise, e non ci fu bisogno di altre parole.
Mentre
si allontanavano mano nella mano dalla massa di scalmanati che si agitavano
sulla pista, Neville sentì una strana sensazione di euforia assalirlo.
L’aria
fredda all’esterno lo aggredì, ma non era affatto spiacevole. Sentiva la
propria mente libera, tranquilla.
Diede
un’occhiata all’uomo accanto a sé.
Non
sarebbe stato facile: non lo era mai. Ma provava una sorta di fiducia, una
sensazione che ormai aveva quasi dimenticato. Forse il futuro non sarebbe stato
così male. Forse…
Forse
non era troppo tardi per essere felice.