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Autore: Magali_1982    03/04/2015    2 recensioni
Sette rintocchi.
Tremò ogni singolo componente della cucina ad angolo, i doppi vetri delle finestre, le cornici appese alle pareti. Spaventata, si staccò dal mobile.
Undici rintocchi
Calò il silenzio, il rumore minaccioso e il sottofondo di un colpo di coda partito metri sopra di lei cessò.

Forse tutto iniziò da lì. Un' invasione aliena, la scoperta di mondi mai visti. Una ragazza che si trova a lottare e capire di nuovi il significato di vivere. L' invasione di New York vista non solo dagli Eroi ma anche da chi non crede di esserlo e si comporta come tali. (Prequel di "The List".)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3


 
" Give me again all that was there,
give the sun that shone!
Give me the eyes, give me the soul,
give me the lass that is gone! "


 
Quante cose potevano contenere pochi secondi?
Sicuramente tutto il cielo. Lo stesso che Steve stava fissando senza battere più le palpebre, divorato da un' ansia crescente.
Era immerso nel silenzio, nonostante attorno a lui ci fossero ancora incendi, rumore di spari e di crolli.
L' elmetto era andato perso dopo la coraggiosa battaglia ingaggiata con una squadra di Kitauri che avevano stipato decine di civili dentro una sede della City Bank con l' intenzione di perpetrare una strage.
Pesto, con la divisa strappata sulle braccia e tutta la noncuranza da dare al sangue che stagnava tra la pelle lacera e la fibra di carbonio che lo proteggeva, si era trovato a combattere spalla a spalla con Thor.
Fino all' annuncio di Natasha.
Davvero, quante cose potevano contenere pochi secondi?
Rimorsi ancora vivi.Volti amati e perduti. Attimi che se avessero potuto venire afferrati, avrebbero cambiato tutto.
Risate mai fatte. Altre scappate in momenti ora tanto sciocchi. Una mano non raggiunta in tempo.
E l'ultimo passo.
Quello che poteva segnare la vittoria o la totale sconfitta.
"Eccolo!"
Clint Barton li raggiunse, indicando qualcosa in arrivo a folle velocità dalla sponda Est di Manhattan.
La sagoma rosso e oro di Iron Man sfrecciò tra i grattacieli, compiendo cambi di traiettoria arditi per arrivare a sorvolare in linea retta la Park Avenue distrutta e irriconoscibile.
Il Capitano si concesse un minimo movimento. Deglutì. Gli occhi seguirono il volo, probabilmente l' ultimo, dell' uomo che il giorno prima aveva denigrato per il suo egoismo e disincanto. Aveva solo un bagaglio con sé, mentre puntava al fianco inclinato della Stark Tower da usare come improponibile, perfetta rampa di lancio.
Una testata nucleare.
"Abbiamo commesso degli errori.Alcuni di recente."
Si era svegliato nell' America del neonato Ventunesimo secolo e le orecchie gli erano state riempite di encomi.
La guerra per cui era stato pronto a sacrificarsi era finita con l' affermazione degli Alleati e la sconfitta del Nazismo.
L' HYDRA aveva perso il suo carismatico comandante ed era sparita nei gorghi bui della Storia.
Il mondo aveva conosciuto la pace. Uno spettro grottesco e troppo fragile, come le vite spazzate via da due bombe atomiche, un conflitto diplomatico e decine di altri, abbellitti da titoli altisonanti come Desert Storm, Enduring Freedom.
Steve Rogers avrebbe voluto concedersi il lusso di piegare un poco le spalle sempre diritte, di sentirsi inadeguato e frainteso. Il peso di quanto era andato perduto per trionfare erano macigni nel suo animo e gl' impedivano il minimo sorriso.
Si rese conto di non poterlo fare nel momento in cui Iron Man azionò i propulsori posizionati sotto le placche dorsali della Mark 07 per dare la spinta finale e sfiorare le vetrate del grattacielo.
Pochi secondi con dentro la speranza, tutta quella che poteva provare.
E il terrore di perdere un altro compagno, di doverlo sacrificare all' odiosa formula "per il bene di tutti". Era passato tanto tempo da quando aveva pensato di crederci davvero.
Una scia s' impennò verso l'alto e sparì inghiottita dal varco spazio-temporale.
Tony Stark aveva compiuto una scelta. Il Capitano poteva fare solo una cosa: lasciargli la dignità derivata da essa.




"Sembra che il milionario Tony Stark si stia dirigendo verso il varco!"
Mark Shepperd guardò la ragazza al suo fianco. Andy stava già ricambiando il suo sguardo, cupa e tesa.
Era rimasta con loro dopo il soccorso alla piccola Elizabeth Malcom, cercando di fare il possibile per dare una mano senza intralciare con la propria ignoranza e inesperienza il lavoro dei paramedici.
Si era guadagnata uno sbaffo di sangue sui leggins neri e il sollievo di tanti feriti, distratti dalle storie raccontate mentre teneva per mano altri bambini.
Aveva cominciato per il bisogno di distrarre un ragazzino a cui doveva venir estratta una scheggia di vetro dalla gamba; piangeva e delirava per il dolore e la paura, parlando di enormi uomini verdi e di guerrieri volanti che scagliavano fulmini da un colossale martello. Gli aveva spiegato che sicuramente stavano combattendo la Corte della Regina Maab, la perfida sovrana del Regno Fatato. Gli aveva stretto la mano e narrato la storia della Caccia che la Sovrana scatenava contro il mondo degli uomini, lasciandola guidare dal suo cavaliere favorito trasformato in un essere demoniaco in groppa a un cavallo nero dagli occhi di fuoco.
"E...poi vinse?" La voce era stata stridula ma il tono affascinato.
"No." Andy gli aveva carezzato la fronte, in modo che la sua attenzione rimanesse su di lei e non sulle operazioni degli infermieri.
"Ci fu chi lo combatté con coraggio e onore. Esattamente come te."
La scheggia, lunga tre centimetri, era stata rimossa nello stesso istante in cui aveva finito di parlare.
La sua fantasia sembrava non esaurirsi mai. Mark ignorava cosa fossero i folletti e i Pixies; ora possedeva un bagaglio di fiabe irlandesi con le quali allietare la figlia della sorella maggiore per anni. Aveva quasi dimenticato cosa avevano sentito via radio poco prima dell' ultimo annuncio.
"Cosa diavolo avrà in mente?" Jimmy gemette, cercando un nuovo kit per la medicazione e trovando la scatola vuota. Mentre il numero dei profughi di Midtown aumentava di attimo in attimo, cercando di scappare il più lontano possibile dall' arrivo degli aerei della Marina, le scorte di medicinali e garze stavano finendo.
Strano si avesse notizia solo di uno; aveva deviato la traiettoria dopo essere arrivato in vista della baia di Manhattan. Ed era preoccupante non fosse stato detto il nome della nave da cui era decollato.
Andy aveva un' idea ma decise di tenerla per sé. Insieme al brivido gelido che le irrigidì la schiena.
"Iron Man è entrato nel buco spazio-temporale. Fonti della CNN riferiscono avesse sulle spalle un missile ma tale voce non è stata confermata in alcun modo dallo Stato Maggiore della Casa Bianca."
In ogni racconto dove il Male e il Bene si affrontavano, si arrivava sempre a un punto cruciale. Stava all' abilità dello scrittore portare lì il lettore con nuovi spunti e farlo tremare. Non avrebbe mai pensato che un giorno, lei stessa sarebbe finita in una vicenda simile.
Pensò alle diverse edizioni che possedeva de Il Signore degli Anelli abbandonate in casa sua.
Pensò che non le avrebbe più lette.
Pensò a Samwise Gamgee, uno degli Hobbit protagonisti e al suo coraggio. Non aveva mai lasciato il suo padrone, Frodo Baggins, nemmeno quando era stato catturato dal potere malefico dell' Anello.
Pensò alle metafore nascoste in una simile, devota e sincera amicizia e dominò l' istinto di fuggire.
Andy chiuse gli occhi e contò quattro battiti del suo cuore.
Il tremore tornò e percorse tutto il cielo.
Un altro battito.
Il respiro di sollievo di una creatura grande quanto il mondo arricciò le nuvole e le spianò.
"Cristo santo..."
L'esclamazione di Mark la fece tornare a guardare.
Decine di facce erano puntate verso l'alto. Una per una, le espressioni impaurite si aprirono per lasciar spazio all' incredulità e al sollievo.
Il varco era sparito.
Il primo a lanciare un urlo di gioia fu un sergente di Polizia, scagliando il cappello in alto.
Andy era ancora allibita quando si ritrovò stretta dai primi abbracci.
Ci sarebbero volute diverse ore per sapere che il loro salvatore aveva rischiato di non tornare più sulla Terra dopo aver sollecitatamente infilato una supposta nucleare nell' astronave madre dei Kitauri.
Altrettante ne sarebbero occorse per sapere una verità sicuramente manipolata e scritta dalle autorità competenti ma nemmeno loro e il Governo centrale poterono negare quanto era stato visto da centinaia di testimoni. Fu comunque assurdo dover dare un nome mitico al criminale di guerra responsabile di quella che sarebbe passata alla Storia come l' Invasione di New York e della Strage di Stoccarda, tenuta segreta fino a quel momento.
Loki.




Prima di essere dichiarata di nuovo agibile, la palazzina al numero 274 di Lafayette Strett dovette aspettare di venir esaminata da alcuni funzionari, tra cui ingegnieri ed elettricisti, per scongiurare la presenza di danni strutturali.
Mr. e Mrs. Cole erano stati categorici ed Andy ritenne più saggio non rifiutare l'invito a casa loro per un corroborante rinfresco a base di cioccolata calda al Rum - una delle specialità dei loro locali - e una profusione di Cookies di ogni gusto e farcitura.
Mangiarono senza curarsi troppo dell' aspetto terribile che avevano tutti. Le chiacchiere sugli argomenti più futili servirono ad esorcizzare e metabolizzare le immagini trasmesse dalla televisione al plasma troneggiante nel salotto in stile boho-chic dei coniugi.Nathan Cole perse l' uso della parola nel vedere una foto in particolare.
Era quella di un giovane uomo, attraente e aitante. Capelli biondi con un antiquato ciuffo sulla fronte ampia e franchi occhi azzurri, puntati dritti verso il fotografo senza la minima esitazione. L' immagine si fermava al mezzo busto ma si distingueva chiaramente il verde militare di una divisa e i gradi sulle spalle.
"Captain America? Come diamine è possibile?"
Pensò di essere il solo ad aver fatto un collegamento con le storie narrate da suo padre; non si accorse dello stupore della loro giovane ospite, che si era affrettata a nasconderlo dietro un generoso sorso di cioccolata.
Memorie di giorni di scuola e libri sulla Seconda Guerra Mondiale affiorarono appena, pronte a venir accantonate da un suono che non udiva da ore.
Lo squillo del suo cellulare e la triste canzone della Strega dell' Ovest.
Ci volle tutta la calma che dovette inventare, visto lo scarso livello di quella realmente esistente, per consolare i propri genitori e assicurarli sulle sue attuali condizioni. Non poté impedire al padre di decidere di venire a trovarla domani, in modo da controllare eventuali danni nell' appartamento. Pochi minuti dopo dovette promettere anche a Kate e David la stessa cosa. Il Musical dove recitava il ragazzo non sarebbe andato in scena per permettere un' ispezione del teatro nel cuore di Broadway, Kate stava già partendo da Harvard per raggiungerli e sincerarsi dell' effettiva integrità di fidanzato e migliore amica.
Rintontita dal cibo e ormai orfana della spinta dell' adrenalina, la ragazza rincasò quando il cielo sopra SoHo cominciava a scurirsi.
Le sirene di ambulanze e macchine della Polizia risuonavano di continuo, creando un lamento costante in contrapposizione agli sbuffi e ai cigolii delle ruspe entrate in azione per rimuovere le macchine incidentate.
La luce accesa rivelò come il suo nido avesse resistito con relativo orgoglio alla giornata appena conclusasi.
Purtroppo un paio dei vasi porta-pennelli erano caduti a causa delle vibrazioni ma a parte qualche libro andato di traverso e un paio caduti su divano e tappeto, tutto era in ordine.
Controllò non ci fossero fughe di gas e la salute dell' impianto elettrico. Per sicurezza staccò lavastoviglie e lavatrice; con tutto quello che aveva mangiato non si parlava di cenare e gli abiti impolverati e sporchi di sangue li avrebbe potuti lavare domani. Una doccia bollente era la sua necessità più urgente.
Raccolse i vetri e ripose momentaneamente i pennelli in una scatola. Ne mancavano diversi all' appello e realizzando dove li aveva lasciati e perché, una strana ansia la portò a precipitarsi al lavandino della cucina.
L' acqua nella ciotola era ormai rosso scuro. Per fortuna non aveva ancora aggiunto il solvente, altrimenti le setole si sarebbero rovinate.
La razionalità di quel pensiero la fece scoppiare a ridere. Uno sfogo isterico che presto divenne pianto.
Sei viva. Ce l' hai fatta.
Erano passate meno di dodici ore. Le sembrava di aver combattuto per docici anni ed essere miracolosamente tornata in un punto del suo tempo dove tutto era ancora definibile e reale. Un bisogno molesto le premette sul cuore ma non vi cedette.
La spia della segreteria telefonica lampeggiava da quando era rientrata. La memoria del cellulare era piena di messaggi a cui rispondere. Sapeva non ce ne sarebbe stato nessuno scritto da lui.
Tirò su col naso e si asciugò malamente gli occhi. Non avrebbe permesso al rimpianto di vincerla. Era sopravvissuta a un' invasione aliena, che diamine!
Andò a sistemare i libri.
La sua copia de "La Compagnia dell' Anello" giaceva aperta scompostamente su un cuscino del divano. Andy la raccolse con cura, esaminando la copertina verde; reggendola in mano andò ad attivare la segreteria.
Stranamente, il primo messaggio era di David.




Steve salutò il Direttore dello SHIELD e posò il telefono su uno degli spartani comodini che adornavano il salotto dell' appartamento.
Gli era stato assegnato dopo il suo traumatico risveglio in uno dei centri medici allestiti in tutto il Paese dall' agenzia segreta e come già accaduto, avevano cercato di non rendere problematico più del dovuto il suo inserimento in un nuovo secolo.
Adesso sapeva di doverlo lasciare tra pochi giorni.
Il suo colloquio con Nick Fury era stato improntato alla più gelida delle cortesie. Non si fidava delle mosse del Colonnello e se non altro, quest'ultimo adesso aveva mostrato buon senso nel non alterare una verità ben chiara al Capitano.
Una verità che per lui aveva assunto le sembianze di armi credute distrutte, alimentate da un potere per cui troppe persone a lui care erano morte o avevano sacrificato gran parte della loro vita per far sì non fosse più una minaccia.
Il sorriso di Bucky, la risoluzion di Peggy.
Per qualche secondo aveva visto i loro volti riflessi nella luce iridescente del Tesserakt, mentre Stark lo sigillava nella capsula Asgardiana, pronto per tornare dove era giusto rimanesse.
Aveva accettato la proposta offertagli: il ritorno al servizio attivo, la rivelazione del suo risveglio al mondo intero e una collaborazione di prestigio con lo SHIELD.
Era di questo, che sentiva il bisogno.
Servire, combattere per qualcosa di giusto. Aveva tanto da farsi perdonare. Tanto da dimenticare. Troppo da capire.
"Sa che non sarò un soldatino docile, vero?"
Steve aveva immaginato, come lo avesse davanti, il ghigno sul volto del Direttore.
"Perché pensa lo abbia chiesto proprio a lei, Capitano?"
Il telefono squillò di nuovo mentre stava svuotando l' armadio. Un' ultima occhiata critica alle camicie a quadri - forse era davvero il caso di accettare la realtà e aggiornare il guardaroba - e andò a rispondere.
"Sì?"
"Capitano Rogers." Era una voce femminile, bassa e armoniosa. Poté sentire il sorriso che stava tendendo quelle labbra. "Che piacere sentirla. Sono Virginia Potts."
Per un secondo, il nome non gli disse nulla. Ricordò i file personali di Tony Stark e cosa c'era scritto alla voce "relazioni private". Il secondo dopo seppe associare quel nome al volto raffinato e chiaro della donna dai capelli rosso fragola immortalata in una foto insieme con lui; era miracolosamente sopravvissuta alla devastazione dell' attico della Torre, posata sul bancone del piano bar.
"Signorina Potts, sono felice di saperla già a casa."
Scalza, shorts di jeans e camicetta, Pepper annuì e ignorò bellamente l'agitare frenetico di mani del suo fidanzato. Era stata lei ad avere l' idea e l'avrebbe portata a termine senza bisogno di aiuti molesti. Tony avrebbe dovuto sopportare questo e molto di peggio, per farsi perdonare.
"Ho avuto voli più piacevoli, lo confesso. E' ancora a New York?"
Senza sapere perché, Steve ebbe la netta sensazione che lei avesse intuito non sarebbe rimasto. Si voltò verso lo spoglio soggiorno e sospirò senza avere il tempo di aggiungere altro.
"Io e Tony saremmo molto felici d' invitarla a cena da noi, stasera. Cosa ne dice?"
Ci fu una serie di rumori soffocati. Uno sbuffo e poi una voce maschile, perfettamente udibile.
"Il rifiuto non è un' opzione valida, Capitano. Miss Potts ha dato il suo grazioso permesso per un' assunzione in massa di sani, saporiti carboidrati sotto forma di pizza a doppia farcitura!"
"E' la tua ultima cena, devo essere generosa. Poi dovremo parlare di quel tuo viaggetto nello spazio con addosso un bagaglio a mano nucleare."
Il silenzio gelido venne interrotto solo da un' altra risatina.
Il Dottor Banner sembrava aver accettato l' offerta di ospitalità del milionario e si stava certamente godendo una scena spassosa.
"Allora, che dice?" chiese poi Tony in un nobile, disperato tentativo di deviare il discorso.
"Sarà qui tra un' ora." Nessuna come Pepper Potts sapeva essere radiosa quando era arrabbiata. "Non potrebbe perdersi la scena del tuo ultimo desiderio per nulla al mondo."
 
*

"Non avere fretta."
La grossa, variopinta cuccia a fiori era un' unica nuvola di miagolii dolcissimi e minuscole vibrisse frementi.
Mamma Bree, una splendida Norvegese delle Foreste dalla stazza proporzionata allo splendido, lungo manto di pelo argenteo di cui era orgogliosa, stava distesa su un fianco. Aggrappati alle mammelle, cinque cuccioli stavano succhiando avidamente. Ogni tanto uno di loro crollava per colpa di una zampata troppo ardita del fratello e veniva consolato da una linguetta rosea che arrivava a lisciare e carezzare.
"Prendidi tutto il tempo che serve e scegli il tuo preferito."
David la faceva facile.
Fosse stato per lei, avrebbe preso l'intera famigliola e portata a SoHo. Sapendo quanto fosse impossibile e immaginandosi assai realisticamente una baraonda felina confinata nel suo piccolo appartamento, Andy prese un profondo respiro e si concentrò.
Un altro giorno di splendida primavera, su una città ancora devastata ma pronta a rialzarsi con sorprendente energia. I segni della distruzione patita da Midtown erano ancora ben visibili e non si trattava solo delle macerie e dei palazzi lesionati in piedi per miracolo; la luce mancava ancora in interi blocchi dei quartieri, il traffico aveva subìto un drastico ridisegnamento per delimitare un nuovo Ground Zero e permettere ai mezzi di soccorso e rimozione di lavorare.
Nonostante i morti e i tanti, piccoli santuari nati dall' accatastarsi di fiori e candele, l'aria frizzante non gelava i superstiti.
Perché non erano stati soli. E c'era stato chi aveva rischiato la vita e combattuto per salvarli.
Dopo aver ascoltato il suo messaggio in segreteria, Andy aveva richiamato il fidanzato dell' amica e preso accordi dopo aver saputo il motivo della telefonata.
Avvenuta prima dell' invasione aliena, conteneva una proposta normale, quasi banale in apparenza.
"Davvero posso prendere chi voglio?" chiese ancora, incapace di staccare gli occhi da quella splendida cucciolata.
Aveva sempre adorato i gatti. Fin da bambina, quando aveva assillato tanto i genitori per farsene regalare uno al suo ottavo compleanno. Aveva implorato, pregato, promesso di badare lei al felino in tutto e per tutto. Quando Smoky era approdato a casa Martin, in pochi avrebbero scommesso che avrebbe tenuto fede alla parola data.
Dovettero ricredersi tutti.
La pappa, la pulizia della lettiera, le visite dal veterinario. Le spazzolate quotidiane. Andy aveva supervisionato tutto con un piglio autoritario che malauguratamente svaniva quando c'era da uscire di casa e affrontare i compagni di scuola, la solitudine e il costante disagio patito sotto pelle da chi si sa diverso e non capito.
Dopo Smoky Primo c'era stato un suo omonimo e uno Smoky Terzo. Splendidi esempi di una dinastia sul punto di un inaspettato rinnovamento.
E tale rinnovamento poteva nascere solo da una persona che la conosceva bene. Aveva desiderato prendere un gatto una volta stabilitasi nella nuova casa ma con l' arrivo di Robert nella sua vita, molte cose si erano modificate.
Adesso, forse, si sentiva pronta ad andare oltre decisioni che avrebbe dovuto prendere da sola e non in coppia.
"Certo che sì."
David era un' ombra sopra di lei, spolverata di sole rosso e con sorriso a spaccargli come un raggio di sole il volto di ragazzo. Tutto sembrava tranne che un promettente attore di musical in ascesa. Sicuramente l'equivoco si perpetuava a causa del suo modo imbarazzante di vestire ma sembrava sinceramente non curante del verde evidenziatore oltraggioso dei suoi bermuda.
Andy rise debolmente e tornò a osservare Mamma Bree e i suoi gattini.
Uno di questi pareva più piccolo degli altri. Il suo pelo, un constistente e compatto piumino di cipria, era un susseguirsi di sfumature fulve e argentee. Faceva fatica a trovare una strada sicura verso una sana poppata ma anche quando zampette inopportune lo scalzavano via, non si perdeva d'animo e ritentava l'assalto.
Una, due, tre volte.
Ti ricorda qualcuno, vero?
Per la prima volta in molti mesi, Andy sospirò e diede ragione alla propria coscienza. Si chinò per osservare meglio la scena e un capino arruffato con le orecchiette appuntite si girò verso di lei.
Due immensi occhi ancora azzurri ma con una punta incredibile di verde paglierino e brillante dilatarono le pupille, ricambiando lo sguardo umano che la stava studiando.
Passarono alcuni secondi.
Il gattino si disinteressò del latte e cercò di scalare le confortevoli pareti della cuccia.
Quando cominciò a farle le fusa, Andy comprese e lo prese in braccio.
"E' un maschio o una femmina?" domandò senza smettere di coccolare quel cosino adorabile e morbido.
"Aspetta, devo chiedere a Colin."
La ragazza annuì distrattamente, lasciando andare l' amico in cerca del padrone che l' aveva contattato per chiedergli se conosceva qualcuno a cui poteva interessare prendere un gatto.
Conosceva già la risposta.
"Ciao Morrigan" cantilenò rapita, perfettamente cosciente di avere ragione e in modo assolutamente irrazionale.
"Benvenuta. Ti ho aspettato tanto."




Morrigan Martin, Mor per gli amici e la sua padroncina già irrimediabilmente innamorata, giunse a Lafayette Street dentro un trasportino comprato dopo la visita all' ambulatorio veterinario della zona e la sua registrazione nell' archivio anagrafico degli animali domestici del distretto.
L' istinto che aveva spinto Andy a prendere con sé una gattina troppo piccola per essere considerata negli standard della sua poderosa razza si rivelò giusto poche ore dopo.
L'incubo aveva la consistenza di un sacco di plastica nero.
Più scalciava e tirava pugni contro quelle pareti viscide e sempre più aderenti, più l'aria mancava.
La sensazione dello stritolamento prese a schiacciarle il cuore, provocando un' onda rovente di panico e lacrime.
Anche se conosceva la conclusione, questa volta accolse l'urlo strozzato con cui balzava seduta con un sollievo sfinito e riconoscente.
Il soppalco era immerso nel buio. Andy mosse lentamente gli occhi, cercando di prendere coscienza di dove si trovasse e imporre al proprio cervello il riuscito ritorno alla realtà.
Tremava tanto da sentire i denti tichettare tra le labbra serrate.
Aveva sognato di trovarsi di nuovo in mezzo alla morte e alla guerra. Un attimo prima stava correndo e un attimo dopo qualcuno l'aveva fermata facendole cadere addosso qualcosa.
Una sagoma allungata e deforme in volo, una voce gutturale che urlava e grugniva insieme.
Il volo verso l' abisso era durato minuti. Interi, interminabili minuti di caduta a rallentatore nel vuoto. Stava sanguinando anche se non c'erano ferite visibili e una volta atterrata, si era accorta della scheggia conficcata nel cuore.
Le era stata piantata dentro dalle spalle.
"Andunie" aveva detto una voce terribilmente famigliare. E dopo si era svegliata, col significato del sogno ben vivido nella sua mente.
Pugnalata. Ferita. Lasciata sola anche in un giorno terribile in cui la morte era piovuta dal cielo.
Qualsiasi studente di psicologia avrebbe potuto spiegarle cosa aveva voluto dirle il suo inconscio.
Vincendo a fatica l' impulso di stendere la mano verso la parte vuota del letto, Andy raccolse le ginocchia contro il petto e cominciò a piangere; sarebbe stata un' altra notte rovinata e spezzata.
Qualcosa si aggrapò al piumone, facendola sussultare.
Piccoli, ostinati artigli stavano affondando nel cotone imbottito e la testolina argentea di Morrigan fece capolino tra le pieghe disordinate delle coperte.
Dopo il veterinario, la ragazza si era divertita a fare spese per la sua nuova inquilina. Mor non era stata entusiasta di bere del latte da una ciotola ma alla fine, dopo cena, si era risolta a provarci. Come ricompensa, la ragazza aveva portato la sua nuova cuccia vicino al letto, in modo da tenerla d'occhio.
"Questo solo fino a quando non sarai grande, signorina" l'aveva redarguita ricevendo in cambio una serie molto ruffiana di adoranti fusa.
A causa dello shock si era dimenticata della sua presenza; la guardò stranita, senza osare fermare la sua incespicante, caparbia avanzata verso i piedi. Con la minuscola coda ben dritta per bilanciarla, la gattina cominciò ad arrampicarsi sulle gambe della ragazza, che la prese in braccio quando rischiò di ruzzolare giù.
"Ehy piccola." La voce era stridula e spezzata. "Cosa c'è? Ti ho svegliata?"
L'azzurro slavato tipico degli occhi di un cucciolo aveva una sfumatura strana. Andy svrebbe potuto giurare di avere di fronte uno sguardo sorprendentemente comprensivo.
Il concerto di fusa cominciò il secondo dopo. Mor puntellò le zampette moribide sul viso della padrona, senza farle male. Una linguetta rosea leccò via le lacrime.
Andy aveva letto e sentito di tante storie dove un animale mostrava una particolare sensibilità alle variazioni dell' umore umano. Per loro era una questione di odori ma mentre coccolava e piangeva in silenzio, con la sua minuscola Norvegese impegnata a consolarla, seppe che la chimica e la scienza avevano esaurito ogni forma di spiegazione razionale.
Un po' d' amore.
Era solo questo ma era arrivato nel momento giusto.
Si svegliò il giorno dopo, a mattina inoltrata, con Mor accoccolata al suo fianco all'altezza del petto.
Le prime otto ore di sonno filato e senza disturbi da quasi un anno.








Angolo (tetro e buio) dell' autrice: ormai manca un solo capitolo e anche questo breve ma intenso prequel si concluderà! Tempo per ringraziamenti circonstaziati ci sarà tra due settimane, intanto gli affezionati lettori possono godersi il racconto di come Morrigan è arrivata a casa Morrigan e della cena alla Stark Tower post-battaglia. Ho sempre avuto questa idea che i Vendicatori non si fossero dispersi subito dopo aver visto partire Thor e Loki. Steve viveva in un alloggio dello SHIELD a New York e conoscendo Pepper è facile immaginarsi che voglia conoscere i compagni con cui Tony ha combattuto.
Auguri di Buona Pasqua e non lesinate col cioccolato!
Maddy










 
  
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