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Autore: tonksnape    13/04/2015    0 recensioni
Una fanfiction per immaginare un nuovo modo di stare insieme di un Mentore e di una Accompagnatrice che non hanno più motivo per sentirsi tali, ma non hanno ancora trovato un nuovo modo di vivere con se stessi e di stare vicini senza ripetere quello che hanno sempre fatto. Haymitch ed Effie fuori dal mondo degli Hunger Games.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO CINQUE

 
Effie entrò in casa di Haymitch quasi tre ore dopo. Il tempo di riavere il quaderno da Katniss, cenare con il cuore in gola e lo stomaco stretto e poi guardare cosa ci aveva messo. Cosa voleva dire “quello che manca?”
Aveva guardato i fogli di Haymitch un po’ sorpresa i trovarci le sue tre richieste di spostamento di Distretto. Non si era accorta subito che erano una copia e sotto c’era, scritta a mano, la revoca della richiesta, firmata da Haymitch. Non aveva mai saputo che fosse lui a decidere se lei doveva rimanere o meno. Pensava fosse una semplice azione da burocrate, in base alle richieste. Alla fine si era pentita tutte e tre le volte di averlo chiesto e non le interessava capire i motivi del rifiuto. In fondo nessuno voleva il 12.
Poi aveva letto l’altro documento. Era una lettera formale, scritta sempre da Haymitch, di quattro anni prima. Era indirizzata al Capo degli Strateghi. Forse era già  Crane. Gli diceva che non intendeva avvallare mai alcuna richiesta di spostamento per Effie Trinket. Rimaneva legata alla sua persona e non al Distretto 12, come aveva chiesto già due anni prima.
Effie rilesse la lettera più volte. “Legata alla sua persona e non al Distretto…” Come era possibile? Molte accompagnatrici rimanevano sempre allo stesso Distretto, ma non era una decisione del Mentore. O almeno così veniva detto loro. Anche se non tutti gli accordi tra le parti erano espliciti. Questo lo sapeva.
Scese dalla sua stanza e avvisò Peeta e Katniss, seduti sul divano, che andava da Haymitch per ringraziarlo dato che le luci della sua casa erano accese. Katniss per sicurezza la guardò attraversare il prato, bussare a casa di Haymitch ed entrare.
 
Effie non aveva ricevuto risposta al suo bussare. Aveva provato una seconda volta e poi aveva deciso di entrare. La porta era aperta e la luce accesa.
Vide subito Haymitch disteso sul divano. Lo sentì prima di vederlo. Come il solito russava. Ogni volta che lo sentiva si chiedeva come facesse a non farsi svegliare dal rumore che faceva. Rimase davanti alla porta chiusa alle sue spalle a guardarlo. Poi si avvicinò e si mise a sedere sul tavolino davanti al divano. Haymitch dopo poco smise di russare. Effie osservò il viso disteso, rilassato. Il respiro regolare.  Le braccia strette sul petto, i capelli spettinati. Allungò una mano e gli sfiorò con la punta delle dita una spalla, ma si ritrasse subito. Aveva socchiuso gli occhi.
“Quello non sono io.” La voce era sussurrata, quasi impercettibile.
“Sei tu. La parte ufficiale di te.” Gli rispose sempre sussurrando.
“No, bionda. Io sono quello ubriaco.”
“Sei anche quello.” Effie gli sfiorò le mani. “Sei tutti e due. Senza quello delle foto, Katniss e Peeta non sarebbero qui.”
Haymitch chiuse gli occhi, ma continuò a parlare.
“Ti ho trattata proprio male, vero bionda?”
“Mi ha salvato la vita.”
“Ci sono poche persone che mi sopportano. Tu sei la migliore. Avevo bisogno di te.”
“Anche io.”
Haymitch riaprì gli occhi. “Mi hai tenuto in vita, credimi. Ho solo cercato di ricambiare il favore.”
Effie annuì. Non era proprio quello che desiderava sentirgli dire, ma era molto più di quello che avrebbe mai pensato di sentirsi dire da lui.
Haymitch allungò una mano e le sfiorò in capelli. Si guardarono negli occhi.
“Non so se mi ricordo come si fa.” Sussurrò Haymitch, lasciando cadere la mano.
“Come si fa a fare cosa?”
“Ad amare una persona.”
Effie rimase in silenzio. La stanza era ancora illuminata e la vide arrossire.
“Vai a dormire, bionda. Sono stati giorni impegnativi.”
Effie annuì e si alzò. Chiuse la luce e la porta alle sue spalle.
Una volta in camera pianse. Ma non sapeva se era triste o felice.
 
Il giorno dopo pioveva ancora. Effie non aveva dormito molto o comunque così le era sembrato. Era ancora vestita come il giorno prima. Si sistemò e scese per la colazione.
Katniss era alla finestra che guardava la pioggia appoggiarsi al vetro.
“Ciao Effie. Giornata dura anche oggi. Niente caccia, niente lavoro all’esterno.” Si girà a guardarla. “Come stai?” chiese con un sorriso.
“Buongiorno Katniss. Ho dormito un po’ male, ma vista la giornata potrò riposare un po’ anche durante il pomeriggio. Hai già fatto colazione?”
“Aspettavo Peeta, ma credo che si sia girato dall’altra parte e abbia ripreso a dormire. Andiamo!”
Si preparano la colazione e in poco tempo arrivarono anche tutti gli altri, più o meno irritati dalla giornata.
Gale partiva in mattinata e aveva ottenuto da Johanna almeno di provare a fare un giro con lui al Distretto 5 per capire come ci si stava. Stavano discutendo su questo quando bussarono alla porta. Peeta si alzò per aprire.
“Haymitch! Ciao”
“Buongiorno ragazzo. Giornata schifosa, che dici?”
Entrarono entrambi in cucina.
“Buongiorno gente.” Disse guardandosi attorno e fermandosi con lo sguardo su Effie. “Ciao Effie.”
“Buongiorno Haymitch.”
“Qualcuno mi offre un caffè?” chiese genericamente e venne servito da Johanna con i dovuti commenti sul suo essere troppo anziano per alzare una brocca di caffè e una tazza. Haymitch rispose a tono e chiese a Gale quando se la sarebbe portata via. Rassicurato che sarebbe stata questione di ore, si rivolse al gruppo.
“Sono stato convocato a Capitol City. Da Plutarch. Per qualcosa che ha a che fare con la Comunicazione. Ha degli orari assurdi quell’uomo. Ha chiamato prima delle 8.00. Ho dovuto fare una doccia per riprendermi dalla cosa. Qualcuno mi fa compagnia nel viaggio?” Guardò direttamente Effie. “Hai bisogno di andare a casa per qualcosa?”
Effie rimase in silenzio per un po’ a pensare ad una risposta adeguata. Nessuno aveva qualcosa di interessante da dire nell’attesa.
“Dovrei farmi vidimare dei documenti e potrei riprendermi alcune cose che erano state sequestrate e adesso sono state rese disponibili.”
“Bene, perché dovresti anche trovare qualcosa di decente con cui vestirmi. Credo che tutto quello che ho sia almeno due taglie troppo grande dopo la cura al Distretto 13.”
Rassicurata dal tono della conversazione Effie vi ci adeguò.
“Dovresti aver imparato qualcosa negli anni. Potresti anche provare a proporre qualcosa.”
“Completo verde pisello? Se trovi qualcosa di giallo potremmo girare a braccetto.” La guardò con aria di derisione.
“Incompetente.”
“Fissata.”
“Ditemi solo che non staremmo qui tutto il giorno ad ascoltarvi.” Chiese Katniss con tono schifato.
“No, porto Effie a fare spese stamani.”
La decisione di Haymitch bloccò tutti sul posto.
“Mi pare che piova,” commentò Peeta, mangiando un panino dolce.
“Anche a me.” Aggiunse Gale.
“C’è il mercato al chiuso,” osservò Katniss.
“Anche secondo me stare a casa non aiuta.” Sentenziò Johanna.
“Non ho nulla da comprare, grazie.” Effie fissò Haymitch con freddezza. Sapeva dove stata cercando di arrivare.
“Io devo mostrare a Rufold chi comanda da queste parti e tu sei in casa da giorni. Lui no. Quindi andiamo a marcare il territorio. Prometto di non fare la pipì per farlo, ok?”
“Sei a dir poco disgustoso!” Effie lo fulminò sul posto. “Non uscirei con te a queste condizioni.”
“Mi sono anche vestito bene, bionda. Andiamo!” In effetti aveva pantaloni e maglione lavati e stirati, si era pettinato e rasato.
“Sei un prepotente.” Effie si alzò e uscì dalla stanza.
“15 minuti Effie. Poi vengo a prenderti così come sei.”
Mentre tutti gli altri trovavano cose interessanti e inutili di cui parlare Effie salì le scale chiedendosi cosa poteva fare. Poteva uscire con Haymitch e avere del tempo per parlare con lui oppure iniziare una discussione senza fine, se non lo faceva. Non le interessava minimamente Rufold. In quel momento l’avrebbe preso a calci nelle parti basse se si fosse messo tra lei e la possibilità di parlare con Haymitch. Iniziò a vestirsi.
Quindici minuti dopo era in cima alle scale, pronta ad uscire.
Mentre scendeva sentì Haymitch dire agli altri che andava a controllare dove fosse.
Si fermò in fondo alla scale, guardandola scendere. Non disse nulla, si limitò a guardarla negli occhi finchè non gli fu davanti.
“Ciao bionda.” Lo sussurrò con dolcezza.
Effie deglutì. “Ciao.” Rispose sussurrando a sua volta.
Haymitch mise la testa in cucina. “Qualcuno ha un ombrello?”
Johanna e Gale uscirono prima di tutti per salutarli. Il treno partiva da lì ad un’ora e non si sarebbero rivisti. Dopo baci e abbracci Haymitch prese un largo ombrello e uscì dalla porta aprendolo, pronto ad accoglierci sotto anche Effie.
 
Camminarono fianco a fianco fino al cancello del Villaggio dei Vincitori, in silenzio. Poi Haymitch spostò l’ombrello di mano e le circondò con le spalle con il braccio. Effie era rigida come il manico dell’ascia. La strinse un po’ a sé.
“Stai preparando la scena?” chiese Effie, un po’ incerta su quello che stava accadendo.
“No, sto facendo qualcosa che mi piace. Sai di agrumi.”
“Ho fatto qualcosa che ti piace allora.”
Haymitch le lanciò un’occhiata quasi casuale. “In effetti non ti riesce sempre molto bene.”
“Sei scortese.” Effie rimase rigida. “Potresti fare dei complimenti anche tu.”
Haymitch si fermò e la guardò. “Mi piaci molto di più da quando non ti trucchi. L’ho sempre pensato anche quando ti vedevo al mattino prima della trasformazione per le telecamere.” Effie arrossì.
 
Quando arrivarono al mercato coperto stavano camminando fianco a fianco. Si sentivano entrambi a disagio nel toccarsi. Per anni avevano condiviso molto, ma sempre con la giusta distanza. Non era previsto che si creassero amicizie tra coloro che si prendevano cura dei Tributi, anzi veniva sconsigliato per evitare alleanze che portassero a destabilizzare il sistema. Cosa che era accaduta, anche se aveva coinvolto direttamente i Tributi. Haymitch aveva faticato parecchio nel trovare la giusta motivazione per chiedere che Effie restasse al Distretto 12, senza far trasparire la sua simpatia nei suoi confronti. Come aveva faticato a non mostrare mai in pubblico l’amicizia che lo legava a Cinna, a Plutarch o Beete. Mentori e Accompagnatrici erano merce interessante e ambita tra il pubblico, ma l’amicizia reciproca era ritenuta un errore strategico e una fonte di confusione. Potevano gestire come volevano i rapporti con gli altri per ottenere favori e aiuti, ma mai condividere. Snow aveva dimostrato che era pronto ad uccidere per evitare che accadesse. Effie e Haymitch sapevano che le eventuali telefonate o lettere tra di loro, come per tutti i Distretti, tranne forse il 2, erano controllate e verificate nei contenuti. Nessuno dei due si era mai messo in contatto con l’altro al di fuori del tempo degli Hunger Games. Haymitch non sapeva nulla della vita privata di Effie, della sua famiglia, degli amici, di quello che faceva al di fuori di quelle settimane di delirio collettivo. Non sapeva se aveva qualche relazione con un uomo. Non aveva mai foto con lei se non quelle ufficiali. Era entrato spesso nella camera di Effie, anche solo per irritarla e l’aveva trovata sempre come quella che aveva ora: linda, pulita, impersonale.
Stare vicini senza mai avvicinarsi era diventata una abitudine. Non si sfioravano, non si baciavano, non si abbracciavano. Potevano interagire solo con la parola. Effie aveva trasgredito più volte mentre lui era ubriaco. Sapeva di essere stato sostenuto fino al letto, oppure alzato di peso da lei, ma la presenza dell’alcool rendeva tutto possibile: lui era praticamente incosciente e inerme. Adesso ogni contatto fisico costava fatica, metteva a disagio, li faceva sentire incompetenti e insicuri. Anche quando Effie era stata portata al Distretto 13, emaciata, quasi svenuta, Haymitch non l’aveva avvicinata per giorni, in attesa che lei si sentisse meno vulnerabile e non l’aveva abbracciata quando era entrato nella stanza per salutarla. Le aveva raccontato quello che era successo, con dolcezza e senza mai essere sarcastico. Lei lo aveva ascoltato in silenzio e l’aveva ringraziato. Non si erano neppure sfiorati.
 “Cosa ti serve esattamente?” La voce di Effie lo distolse dai suoi pensieri.
“Un vestito, direi. Delle camicie. Qualcosa di elegante. Non eccentrico.”
“Andiamo allora.” Effie si diresse con decisione verso la parte del mercato dove si trovava l’abbigliamento. In poco tempo aveva deciso con quali mercanti contrattare. Individuò un completo con la giacca grigio scuro a righe blu sottilissime con tre diversi pantaloni coordinati (inutili secondo Haymitch, indispensabili secondo Effie). Haymitch era nel retro della bancarella a rivestirsi dopo aver provato il tutto: era ovviamente quasi perfetto come taglia e Effie aveva preso nota delle variazioni di lunghezza delle maniche e dei pantaloni.
“Dolcezza, eccoti qui finalmente. Sono giorni che non ti vedo.” La voce di Rufold lo raggiunse mentre infilava la maglia. Si chiuse in fretta e furia i pantaloni, pronto ad uscire.
“Buongiorno Rufold.” Sentì rispondere da Effie con voce glaciale.
“Cosa cerca una donna come te tra gli indumenti da uomo? Un regalo per qualcuno? Vuoi che provi qualcosa per te?”
Rufold vide Haymitch sbucare dalla tenda dietro il bancone con in mano dei vestiti.
“Allora sta aspettando te, Haymitch. Sei un uomo fortunato.” Rufold si ritrasse da Effie lasciando che lui  le si mettesse davanti. “Buongiorno Rufold.” La voce di Haymitch era altrettanto glaciale e gli occhi grigi lo stavano fissando come un lupo fissava la preda.
Tutti sapevano di cosa era capace Haymitch con l’alcool in corpo. L’avevo tutti visto crollare a terra, vomitare, urlare, barcollare. Ma ora, praticamente pulito da settimane, reso forte dal lavoro fisico, era difficile da valutare. Sembrava pronto all’attacco, ma nessuno lo aveva visto alzare le mani o battersi con altri e di conseguenza era potenzialmente pericoloso perché imprevedibile.
“Pensavo fossi ripartito,” osservò Haymitch. “Cosa di trattiene?”
“Volevo riprendere i contatti con gli amici di un tempo, come Effie. Ma capisco che questa bellezza è una tua esclusiva.”
“Può darsi.” Haymitch mantenne lo sguardo distaccato.
“Credevo che fosse vietato fraternizzare tra alleati.  Avete infranto le regole.”
“Cose vecchie ormai. Passato.” Stesso sguardo.
“Allora direi che non ho altri interessi da queste parti.  Se sento che le cose cambiano, mi farò rivedere. C’è sempre merce interessante qui.” Mentre parlava spostò lo sguardo da Haymitch ad Effie e la fissò per pochi secondi. Poi si allontanò.
Haymitch si girò a guardare Effie e la vide, bianca come un cencio, ricambiare il suo sguardo.
“Direi che possiamo pagare e guardare delle camicie.” La voce le uscì senza tremori.
Haymitch pagò il dovuto e passarono ad una banco di camice dove Effie indicò quali prendere e gliele fece provare tutte e cinque. Haymitch non la contrastò in alcun modo. Fece quello che gli veniva chiesto e pagò il conto.
Poi la portò nella bottega di Holly e fece preparare per entrambi una cioccolata calda. Si misero seduti in uno dei tavolini in fondo al locale, mezzo vuoto a causa del tempo. Haymitch allungò la mano per prendere quella di Effie, abbandonata sul tavolo. La accarezzò con leggerezza per poi stringerla nella sua. Effie ricambiò.
“Mi sento sfinita.” Haymitch iniziò ad accarezzarle l’interno del polso con il pollice. Effie giocò con la sua mano finché non si ritrovarono di nuovo a stringerla all’altro.
Intanto era arrivata la cioccolata e la cameriera l’aveva lasciata sul tavolo. Era ancora fumante.
“Sembriamo due adolescenti imbranati.” Effie lo guardò e, prendendogli la mano la portò vicina alla sua guancia. “Due imbranati,” confermò lei. Haymitch ruotò la mano e con il dorso le accarezzò  il volto.
“Inesperti.” Haymitch le sorrise. “Siamo fuori esercizio.”
“Rufold non è un esercizio piacevole.”
Haymitch le accarezzo la punta del naso. “No. È un problema.”
Effie gli sorrise. “Sai trovare le soluzioni dalle tue parti.” Haymtch le fece l’occhiolino.
Rientrando parlarono con maggiore tranquillità e si tennero per mano fino a casa di Haymitch.
Si lasciarono per prepararsi alla partenza il giorno successivo.
  
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