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Autore: Locked    19/04/2015    3 recensioni
Questa FF partecipa al Glee Big Bang Italia.
"Perché essere anime gemelle significa molto di più che amarsi per tutta la vita."
Questo era esattamente il genere di frasi melense che Kurt Hummel avrebbe creduto di poter ritrovare nella carta spiegazzata di un cioccolatino di San Valentino - o in una versione arrangiata della proposta di matrimonio del proprio fidanzato Blaine Anderson, insomma.
Non avrebbe mai potuto immaginare quanta verità una simile frase potesse effettivamente nascondere.
Dal testo:
[Dopo una lotta – impari, a detta di Blaine – contro gli scatoloni ricolmi di vecchi oggetti inutilizzati che ‘continuano ad uscire fuori dal nulla, Kurt!’ la sua testa riccioluta riemerse dal ripostiglio con un vecchio lettore di videocassette nelle mani e una luce brillante negli occhi.
“Okay, Kurt, potresti spostarti? Non ho posto per sedermi.”
“Blaine.”
“Ho capito che non volevi alzarti, ma se per favore potresti scorrere—“
“Blaine quei due-- i due sullo schermo, siamo noi.”

"Oh mio Dio."]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo
 
 A chi ha seguito questa storia dall'inizio, a chi l'ha scoperta per caso a metà, a chi ha cominciato a leggerla ieri.
Grazie.




Blaine osserva Kurt scivolare contro il suo corpo, poggiare la testa sul suo petto, le labbra dischiuse e le palpebre serrate nel sonno.
Sorride, prima di spegnere la televisione e il videoregistratore, lo schermo che torna nero nella luce grigio-rosea della notte che diventa mattino.
Appoggia la testa al cuscino del divano e si addormenta.

 
*
 

Kurt di stropicciò gli occhi, incurvando le labbra in uno sbadiglio gigantesco. Sospirò un po’, scostando le coperte dal proprio corpo e gettando le gambe oltre il bordo del letto.
 
"Perché sei seduto su una traballante scala antincendio nel retro di una squallida discoteca a non-parlare con un completo sconosciuto nel bel mezzo di un sabato sera?"
 
Fu come un uragano, forte e travolgente e distruttivo, che lo colpì dritto al petto e gl’incastrò il respiro in gola per attimi infiniti.
E’ stato solo un sogno, respira.
Spalancò gli occhi per un attimo, stordito; l’immagine di un paio di occhi color miele, sfumati al centro di verde e oro, gli invase prepotentemente la testa.
 
“Per favore; io ti odio e tu mi detesti, ma siamo soli nel bel mezzo del nulla, potremmo … che ne so? Collaborare come due persone normali?”
 
Un sogno anche troppo nitido.
Si riscosse, imponendosi di alzarsi e farsi una doccia – non ricordava più nemmeno il nome del ragazzo dei suoi sogni, e per un istante si odiò per non essere in grado di trattenere quell’immagine – quelle parole, quel viso, tutto – nei propri pensieri. Per non potersi evitare di lasciar scivolare via il ricordo di lui come acqua tra le dita.
 
“Kurt, ho capito. Anche a me è piaciuto baciarti e dormire con te.” “Sul serio?” “Sul serio.”
 
Doccia. E’ tardi.
Tardi. Non sarebbe neanche stato tardi, quel giovedì mattina – miracolosamente il suo professore di trigonometria sembrava essere malato e le ore di lezione mattutine erano saltate –, se Noah Puckerman e gli altri ragazzi non lo avessero letteralmente obbligato ad andare a spiare quelli che sarebbero stati i loro avversari nelle successive competizioni del Glee Club.
Ma ovviamente la Dalton era un liceo privato con lezioni che iniziavano alle otto in punto di mattina, e Kurt era piuttosto sicuro che trovare in primo luogo la strada giusta per Westerville e poi qualcuno abbastanza tonto da bersi la sua patetica storia del “Sono un nuovo studente” fosse già altamente improbabile di per sé – meglio non aggiungere un ritardo alla lista infinita di cose che minacciavano di rendere la sua impresa un totale fiasco.
 
“Sei sempre stato abbastanza.”
 
Entrò nella doccia con il sapore dei baci del ragazzo dei suoi sogni impresso sulle labbra.
 
*
 
Si riavviò con aria assente il ciuffo di capelli castani con una spruzzata di lacca degna dei saloni di bellezza più alla moda di Parigi e sorrise appena al proprio riflesso sullo specchio. Si passò una mano con aria distratta sul doppiopetto della giacca nera che gli fasciava l’addome – nel suo armadio non esistevano capi antiestetici come quelli che componevano la divisa della Dalton; aveva dovuto arrangiarsi – e si guardò negli occhi troppo trasparenti.
Trovare un’anima gemella – Kurt roteò gli occhi al solo pensiero – non era per lui.
Le anime gemelle esistevano solo nei vissero per sempre felici e contenti variopinti delle favole. E la vita di Kurt – quella non era una favola.
 
*
 
“Fratellino, dove vai?” Kurt alzò gli occhi al cielo, bloccandosi giusto un secondo prima di uscire dalla propria porta di casa; tornò indietro verso la cucina, stringendosi la tracolla al petto con più forza.
“A trovare la mia anima gemella, Finn.” Venne accolto da un paio di occhi spalancati e giganteschi, colmi di una tenerezza un po’ stupita. Kurt sospirò un po’, appoggiandosi allo stipite della porta, “Sto andando a spiare i Warblers, proprio come tu, Puck e i decerebrati dei tuoi amici mi avete detto di fare; ora, se vuoi scusarmi –“
I suoi passi si mossero soffici sulla moquette che si diramava dal corridoio fino all’ingresso, finché la voce di Finn non lo fece voltare di nuovo.
“Se mai dovessi incontrare veramente la tua anima gemella – non smettere mai di sorridere. Qualcuno potrebbe innamorarsi del tuo sorriso, fratellino.” Kurt percepì l’angolo destro delle proprie labbra sollevarsi automaticamente – Finn si affacciò appena dalla porta della cucina.
“Da quando sei diventato un romanticone?”
“Da quando Rachel mi obbliga a vedere con lei i film sdolcinati che le piacciono tanto – brutta storia le ragazze, amico!” Kurt gli offrì un occhiolino.
“Sembra che almeno questo non sia un problema, per me.” Sentì la risata di Finn rimbombare dietro di lui un attimo prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
*
 
“Dannato navigatore satellitare – se io digito Westerville, tu mi porti a Westerville, non nel bel mezzo del nulla – no, no Rachel! Non ce l’ho con te –“
“Non dovresti parlare al cellulare mentre stai guidando, Kurtie!”
Kurt roteò gli occhi per l’ennesima volta, quella mattina. “Non parlerei al cellulare al volante, se tu non mi chiamassi quando sai perfettamente che sono in auto e quando sai altrettanto perfettamente che diventeresti una belva, se non ti rispondessi.” Sentì Rachel sospirare dall’altra parte della linea telefonica, e per un attimo fu felice di aver messo la chiamata in vivavoce, altrimenti il cellulare sarebbe caduto sicuramente nei meandri della propria auto per via della ridicola danza della vittoria che aveva appena improvvisato. “Ho trovato Westerville! Rach, devo andare; ci risentiamo più tardi!”
Rachel fece appena in tempo a strillare nel microfono del cellulare uno “STENDILI TUTTI, TIGRE!”, prima che Kurt interrompesse la chiamata ridacchiando. La piccola icona della Dalton Academy lampeggiò in rosso sullo schermo del navigatore, provocandogli un brivido di agitazione e una scarica di adrenalina in tutto il corpo.
 
*
 
Parcheggiò la Navigator nello spiazzo gremito di auto di lusso della scuola privata e si strinse la tracolla al petto – non aveva assolutamente idea del perché, ma sentiva l’ansia attanagliargli il respiro. S’incamminò velocemente lungo il cortile maestoso ed entrò dalla porta gigantesca, lasciandosi guidare dalla folla di studenti racchiusi nelle loro uniformi preziose ed inimitabili – perse addirittura il conto di quanti corridoi e di quante sale avesse attraversato, prima di ritrovarsi pressato tra una calca di ragazzi che si affrettavano a scendere un’imponente scalinata.
Se c’era una cosa che lo aveva stupito – più di tutto e tutti, in quel luogo – era l’atmosfera che vi regnava. I ragazzi sembravano completamente a loro agio, come se quelle divise rosse e blu fossero delle corazze fatte apposta per proteggerli dalle cattiverie che c’erano fuori. E in un certo senso Kurt si ritrovò ad invidiarli – in un’accezione completamente positiva del termine. Si ritrovò a desiderare con tutto se stesso di potersi trovare al loro posto, di poter trascorrere quelli che dovevano essere gli anni migliori della sua vita in un posto dove poteva vivere, e non sopravvivere.
Strinse ancor di più la tracolla al proprio petto, meravigliandosi di come le occhiate che ricevesse non fossero di odio o di superiorità, ma di stupore misto a divertimento – probabilmente perché era l’unico ad indossare qualcosa di diverso dagli altri. Sollevò la mano dal corrimano in ferro battuto che stava sfiorando e si sfilò gli occhiali dal viso, infilandoli in tasca.
Si disse ora o mai più, e prese un respiro profondo.
“Scusami!” Una testa mora, probabilmente riccia, ma intrappolata in una discretamente esagerata quantità di gel, si voltò, e il respiro di Kurt rimase incastrato in gola per una minuscola frazione di secondo. In quella minuscola frazione di secondo, Kurt riconobbe quegli occhi. Li sentì familiari sotto il proprio sguardo, come se quel colore così strano – indefinito, della stessa tonalità di un tramonto estivo e del miele liquido – fosse qualcosa di già conosciuto, qualcosa che apparteneva alla propria memoria.
Rilasciò il fiotto d’aria che stava trattenendo e sorrise.
 
Blaine si era svegliato prima del solito, quella mattina – gli occhi ancora pesti dal sonno e il cuore che palpitava sempre più velocemente, come se avesse voluto sfondargli la cassa toracica. Aveva impiegato qualche istante, per processare  tutto ciò che la propria mente aveva elaborato la notte precedente, e poi era semplicemente rimasto immobile, la bocca spalancata e il respiro che gli si spezzava in gola.
 
"Ti aspetto da una vita intera."
 
Si stropicciò gli occhi con una mano, l’eco impalpabile di una voce limpida e di un paio di occhi azzurri a riempirgli la mente e il cuore.
 
“Ci sono— leggende. Alcune dicono che ad un certo punto si cessi semplicemente di esistere. Altre che basti l’amore per riportarti in vita.”
 
Un sorriso dolce gli si impigliò sulle labbra, subito prima che Wes gli scaraventasse addosso un cuscino. “Blaine! Ma ti sei reso conto di che razza di ora sia? Dobbiamo essere nella sala comune degli Usignoli tra – ventitré minuti! Mi spieghi come ci arriviamo se sei ancora in pigiama?”
“Wes, ti sei mai svegliato con la sensazione nello stomaco che quello che sta per cominciare sia un giorno speciale?” Quando Blaine ricevette anche il pigiama di Wes gettato in faccia, decise che forse sarebbe stato meglio alzarsi.
Quel sorriso non abbandonò le sue labbra neanche per un istante.
 
*
 
“Scusami!”
Si voltò immediatamente – incuriosito, attratto da quella voce angelica. E nel momento esatto in cui posò lo sguardo su quel ragazzo – in piedi su qualche gradino più su della scala –, sentì la punta delle dita formicolare e qualcosa di familiare colmargli l’anima. Le luci – che filtravano dalla vetrata circolare del soffitto e si riflettevano negli specchi che percorrevano la parete della scala a chiocciola – sembravano fatte apposta per slanciare quella figura longilinea ed illuminare quegli occhi azzurri, così azzurri da togliere il respiro.
Si ritrovò a trattenere l’ossigeno nei polmoni e ad aprirsi in un sorriso.
 
“Posso farti una domanda? Sono nuovo qui.”
“Mi chiamo Blaine.”
“Kurt.”
 
 
As if in every lifetime you and I have ever lived, we’ve chosen to come back and find each other and fall in love all over again, over and over, for all eternity.











 
... Uhm.
Okay.
Ci siamo.
Quando ho iniziato a scrivere questa sorta di raccolta, l'ho fatto perché lo scorso hiatus di Glee mi stava distruggendo e avevo bisogno di esprimere la mia mancanza dei Klaine. 
(Se penso che ora non esisterà più nessun hiatus perché non ci sarà più nessuna nuova stagione mi viene da piangere, ma questo è un altro discorso.)
Quindi è venuta fuori questa cosina - spero si sia capito: i Kurt e Blaine della videocassetta erano solo un sogno che i Kurt e Blaine della seconda stagione hanno fatto la notte prima di incontrarsi sulle scale della Dalton. Okay, magari voi l'avevate capito, però ho sempre paura di non riuscire a *trasmettere* tutto, quindi fate finta di niente.
Sto blaterando perché non sono ancora pronta a cliccare su "completa", sì.

Ci tengo a ringraziare tutte le cinquanta (CINQUANTA. Siete impazziti. E' la prima volta che mi succede. Siete impazziti.) persone che hanno messo questa FF tra le seguite, le dieci che l'hanno messa tra le preferite ancor prima che terminasse e tutti tutti tutti quelli che l'hanno letta silenziosamente. Lo so che lo dico ogni volta, ma significate l'*universo*, per me. In particolare vorrei ringraziare Anna_Vik e Klaineintheheart, che l'hanno recensita costantemente lasciandomi ogni volta delle parole bellissime, e tutte quelle persone che hanno recensito anche solo una volta. Siete meravigliosi.
Per quanto riguarda le risposte alle recensioni, sto disperatamente cercando di ritagliarmi un angolino di tempo per scriverle. Arriveranno, comunque. Di questo potete essere certi.

Spero che questa FF vi sia piaciuta, spero che vi abbia lasciato qualcosa, spero che sia stato piacevole leggerla, spero che vi vada di lasciarmi un commento - qui o nella mia pagina Facebook, come volete - ora che è finita - sappiate che io li leggerò uno per uno e cryerò su ognuno di loro, perché SI, io sono esattamente questo tipo di persona. :')
E' stato bellissimo condividere con voi questi Klaine; se vi andasse qui trovate la mia altra long, Our Little Infinite, in più sto lavorando a un sacco di altri progetti, quindi insomma: non vi libererete di me facilmente. UWU

Un abbraccio stretto stretto e grazie ancora per tutto,

Elena.
   
 
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