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Autore: Kaiyoko Hyorin    19/04/2015    1 recensioni
A volte il buongiorno si vede dal mattino, ed a quanto pareva quello non poteva non essere uno di quei giorni.
Fra dubbi, incertezze, risposte ricevute e negate, la lotta per la sopravvivenza prosegue al castello, mentre la ricerca della verità prosegue inesorabile e implacabile. Eppure, anche se essa è ancora lontana, sembra esservi sempre un raggio di luce a rischiararle l'animo, dando tregua all'ultima dei Morelyn dai suoi tormenti.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tales of Destiny'
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Rinvenne sul pavimento della propria stanza, il libro che aveva impugnato poco prima di perdere i sensi ora riverso sulla pietra a faccia in giù, dischiuso. La copertina rigida recava chiaro in caratteri elfici il titolo in riflessi dorati: La stirpe Morelyn.
Intontita e con un vago giramento di testa, l'elfa si costrinse ad alzarsi in piedi seppur avvertendo un'incredibile debolezza, mentre a fatica i ricordi di ciò che aveva appena vissuto - o sognato, a seconda dei punti di vista - riaffiorarono uno alla volta, senza alcun ordine preciso. L'interno della sua modesta camera era ancora tale e quale rammentava fosse poco prima di perdere i sensi, compresa la presenza di quello che era un set d'abbigliamento di pregiata fattura elfica che sbucava da un involto smesso di stoffa. Inquadrando il cappello piumato sopra il cappotto blu avio ed i guanti, Aredhel si corrucciò maggiormente in viso mentre le ultime parole dell'uomo che aveva incontrato in una dimensione spazio-temporale differente le riaffiorarono alla mente.
Farò in modo che tu cresca secondo la migliore istruzione elfica..”
Non il genere di frase da dire ad una nipote per rassicurarla sul suo futuro, in effetti. Non se quel futuro era ora un presente tanto incerto quanto minaccioso.
Combattendo il giramento di testa, l'elfa dai lunghi capelli scuri si cambiò, indossando i nuovi abiti prima di decidersi ad uscire in corridoio. Proseguì con passo misurato ma costante, tenendo sotto controllo come meglio poté il proprio stato confusionale del tutto simile ad un dopo-sbornia umano, scendendo le scale che l'avrebbero condotta alla sala comune del castello.
Una volta varcato l'ampio portone li ritrovò tutti lì. I suoi compagni.
Compreso lui.
Appena prese posto, più pallida del solito, il ragazzo dalla chioma candida come la neve le comparve davanti, posizionandole sotto il naso tre piatti ricolmi di cibo e sfoggiando uno dei suoi sorrisi luminosi.
– Buongiorno – la salutarono gli altri nel frattempo.
Voltandosi verso di loro, con un enorme sforzo di volontà Aredhel riuscì a ricambiare il saluto, ma lo fece con un tono tanto tetro e smorto da rasentare quello di uno zombie – ..buongiorno..
Un rintocco di coccio su legno la indusse a tornare con lo sguardo su Sleyn, giusto in tempo per inquadrarne l'ampio sorrisone e vederlo porgerle per ultima una tazza di tisana alle erbe. Sospirando dal piccolo naso, rassegnata, troppo debole per opporsi a quelle attenzioni non richieste, la ragazza posò gli occhi blu sui tre piatti, notandone il primo ricolmo di verdure elaboratamente sistemate per formare una parola in caratteri elfici.
Un gesto piuttosto carino forse, se le conoscenze dello scrittore fossero state più complete.
Invece di un amorevole “Buongiorno”, davanti a lei svettava un osceno “Buonculo”.
Proprio un buon modo per accogliere una ragazza che ha avuto già di per sé un pessimo risveglio.
Spiazzata e incerta su come reagire, Aredhel non fece in tempo a far altro che scostare da davanti a sé il piatto incriminato, prima che alle orecchie a punta le giungesse fioco un mormorio quasi incomprensibile. Un sussurro che per altro il suo sedicente e prematuro spasimante colse senza alcun problema, voltandosi verso colui che era suo padre per rispondere a tono.
– Be', meglio schiavetto a diciassette anni che alla tua età, padre.
Alla giovane elfa si tese ogni muscolo del corpo, irrigidendole la postura della schiena e inducendola a fissare con occhi spalancati il gruppo di guerrieri all'altro capo del tavolo, dimentica persino di respirare.
L'uomo in questione rise di un sorriso nervoso e colpevole al tempo stesso, con una mano dietro la nuca a carezzarsi la corta zazzera argentea.
– Temo sia vero..
Colta da un vago senso di disappunto, già di per sé di umore irritabile per il senso di spossatezza a cui doveva ancora porre rimedio, la mora si lasciò andare ad una risposta diretta e tagliente al tempo stesso in difesa del ragazzo.
– Non è affatto il mio schiavetto! – affermò dura, fessurizzando lo sguardo verso i due uomini con cui soltanto il giorno prima aveva combattuto fianco a fianco – Io non gli ho dato nessun ordine, si è trattato di un gesto compiuto di sua spontanea volontà e perciò non si è trattata d'altro che di gentilezza. È stato gentile! – sottolineò con veemenza, prima di tacere e soffocare l'irritazione nata da quel breve scambio di opinioni addentando una mela pescata dal piatto vicino.
Cavolo, che situazione spinosa!
Scoccò di sottecchi un'occhiata in tralice al giovane drago che era rimasto in silenzio ad osservarla e nell'incrociarne gli occhi color azzurro ghiaccio si sentì arrossire, motivo in più che la spinse a dedicarsi completamente al suo pasto.
Non c'era niente di male in un gesto gentile, si ripeté mentalmente.
Assolutamente niente di male.



Non ho nessun motivo per incontrarti e non ho intenzione di
parlare con te [..] Mi hai sempre guardato dall'alto in basso [..] Non
dopo il modo in cui sono stato trattato da tutti voi [..] Ora ho una gilda e sono
solo loro la mia famiglia, non ho più nulla da spartire con te [..] Non è affar mio
se avete scelto di allearvi con le persone sbagliate.

Grazie ad Asuna era riuscita a contattare suo fratello, l'ultimo membro rimasto in vita della sua famiglia, eppure erano quelle le frasi che, senza sosta, continuavano a vorticarle nella mente, l'unica risposta che aveva ricevuto da lui.
In pratica, le aveva detto chiaramente di non voler avere più nulla a che fare con lei.
Sua sorella maggiore.
L'ultima Morelyn ancora in vita disposta a prendersi le sue responsabilità.
Loranis era sempre stato quel genere di elfo che, se ci sono problemi, tende a lavarsene le mani, questo era vero, ma arrivare a tanto..
Aredhel si sentì ribollire il sangue nelle vene e non riuscì più a sopportare l'immobilità, così si alzò dal suo scranno per raggiungere l'interno del castello, quando un nuovo messaggio le invase la mente: erano stati appena convocati nel salone principale.
Con una nuova smorfia di insoddisfazione, la ragazza si reinfilò cappotto e cappello a tesa larga, prima di muover passo verso il portone senza pronunciare alcuna parola. No, perché continuava a ripensare a quanto da Loranis dettole indirettamente ed alla storia appresa quello stesso mattino per mezzo di quella visione.
Scosse il capo quando, giunta subito fuori dall'ampia stanza, scacciò momentaneamente quei pensieri per riappropriarsi della sua abituale sicurezza e, quando varcò quella soglia, era nuovamente lucida e pronta all'azione, qualunque essa fosse.
– L'esercito non è riapparso.
Furono queste le parole che udì proferire da uno dei loro informatori, parole che fecero ammutolire e trasalire i suoi compagni.
Lei stessa si bloccò sul nascere, pochi passi dopo aver fatto la sua comparsa, gli occhi che si spalancarono nel vuoto.
Com'era possibile?
Il dì precedente erano venuti a conoscenza di un enorme contingente armato marciante da nord, tanto esteso da costeggiare per kilometri le sponde del grande lago dell'impero settentrionale, ed ora venivano a sapere che non solo più della metà di esso era scomparsa nel nulla, ma persino che quella parte che aveva imboccato il tunnel che attraversava nel sottosuolo la catena montuosa al confine non ne era riemersa né da un lato, né dall'altro.
– Non è possibile – si lasciò sfuggire, incredula, a mezza voce.
– E dove sono finiti? – proruppe con la stessa intonazione Kein, l'umano a capo della nuova alleanza delle Terre del Sud.
– Non si sa.
Ebbene, pensò di getto lei, era una delle cose da appurare.
Così come lei avrebbe dovuto appurare cosa diavolo aveva voluto dire suo fratello con “avete scelto di allearvi con le persone sbagliate”.
Nel pieno della discussione, Aredhel non riuscì a non ripensarci ancora una volta, trovandosi a serrare i pugni lungo i fianchi sino a far scricchiolare i guanti in pelle. Perse persino il filo del discorso, ritrovandosi a chiedersi perché mai avesse dovuto sentirsi dire la stessa cosa da due persone totalmente diverse fra loro e che non vantavano alcun legame l'una con l'altra.
Prima il defunto fratello di Kein, fu Miroslav.
E poi il suo caro fratellino, Loranis Morelyn.
Non aveva alcun senso.
– Io, mia sorella ed un contingente di scorta andremo a controllare all'imbocco del passo.
A quelle parole, proferite da quella voce, Aredhel tornò improvvisamente al presente e sollevò lo sguardo ancora una volta sulla figura di Sleyn, fermo al suo fianco. Sul suo volto era comparsa un'espressione talmente seria e carica di determinazione da farle dubitare per un momento di aver di fronte lo stesso ragazzo che, sin dal primo giorno, le aveva fatto una corte spietata.
Un nuovo moto di contrarietà le attanagliò il petto, al pensiero, facendole digrignare appena i denti dietro un'espressione priva di qualsivoglia chiara emozione.
– Uhm... va bene, ma fate attenzione – esordì per primo il loro genitore.
– Sì, state attenti – si aggiunse Kein – Noi intanto andremo a dare una controllata a quel Tempio..
Voltando gli occhi blu verso i suoi compagni, la ragazza elfa non faticò a rammentare di che tempio stesse parlando. Un'altra incombenza da affrontare con la massima cautela, che li avrebbe condotti alla ricerca di tutti i pezzi necessari a compiere un rituale di liberazione di un'anima imprigionata con la magia. L'anima di un antico guerriero il cui passato glorioso era noto a molti e le cui conoscenze d'essere millenario erano ora ciò di cui avevano più bisogno per uscire vivi da tutta quella storia.
Osservando con discrezione i movimenti del giovane drago, l'elfa rimase tutto il tempo in silenzio, lottando con l'inatteso conflitto interiore che stava prendendo il sopravvento all'interno del suo animo. Non avrebbe voluto vederlo andare in quel luogo da solo, per quanto solo in realtà non fosse. Era stata lei la prima ad affermare che sarebbe stato meglio recarsi sul posto per dare un'occhiata, magari trovare persino il modo di parlare con qualcuno di quegli uomini in armi e scoprire qualcosa di più sugli scopi di quella carovana militare.
Per un attimo fu sul punto di aprire bocca, di cedere e farsi avanti, annunciando che sarebbe andata con loro.
Poi il momento passò, infranto dalla voce di lui.
– Non preoccupatevi: in caso le cose dovessero mettersi troppo male ce la svigneremo in un batter d'occhio!
Eccolo quel suo sorrisetto sghembo riaffiorare, sfrontato e arrogante, decisamente sicuro di sé.
Quella visione familiare per un certo verso la rincuorò, aiutandola a farsene una ragione, pensiero che appena la colse le causò una nuova ondata di stupore. Come poteva provare un'emozione del genere per un ragazzino la cui età anagrafica era un misero granello di sabbia in confronto alla sua?
Come poteva essere, quando era perfettamente a conoscenza delle straordinarie capacità di lui?
Sì, ormai non aveva più dubbi sul suo potenziale, non dopo l'ultima battaglia affrontata insieme sul campo.
Per quanto le costasse ammetterlo a sé stessa, Sleyn era di gran lunga più potente di lei.
Immersa in quei pensieri, si accorse soltanto dopo un istante che il ragazzo era tornato a farlesi vicino. Quando le si fermò di fronte, Aredhel non se ne sorprese più di tanto, sebbene non fu altrettanto preparata quando lui le rivolse la sua richiesta.
– Puoi ridarmi un momento l'amuleto?
Inarcando un sopracciglio, la ragazza colse distrattamente qualche esclamazione interrogativa provenire dal gruppo lì vicino e dopo un istante, arrossendo inspiegabilmente in viso, annuì.
Sganciandosi la catenina in argento che, sin dalla sera prima, aveva tenuto sino a quel momento al collo, porse il ciondolo a forma di chiave al giovane drago senza una sola parola, osservandone il fare.
Sleyn si portò la mano libera alla bocca, incidendosi la pelle di un graffio abbastanza profondo da far sgorgare qualche goccia di sangue, che riversò nella perla oscura incastonata nel metallo del ciondolo. Nel momento in cui il liquido sfiorò la superficie serica della piccola sfera, sotto gli occhi della ragazza, essa si accese di una luminescenza violacea, reagendo con sorprendente facilità al sangue draconico.
– Ecco fatto – annunciò a quel punto il bianco, porgendole nuovamente l'amuleto magico – Ora il suo livello di protezione è nettamente più alto.
Aredhel lì per lì non riuscì a far altro che prendere nuovamente in consegna quel ciondolo, osservandolo sorpresa ed assorta sul palmo della mano per un paio di secondi soltanto, prima che l'altro tornasse a rivolgerlesi, in un tono più confidenziale.
– Non farti ammazzare – le disse, con una voce tanto seria da indurla a sollevare ancora una volta di scatto lo sguardo sul suo volto.
Presa in contropiede, ella non riuscì a dir altro che un semplice – Lo stesso vale per te – delineando la piega delle labbra a metà fra un sorrisetto ed una smorfia.
Sleyn sfoggiò un nuovo sorrisetto – ..e torna sana e salva; soprattutto non permettere che la bellezza del tuo viso venga deturpata in qualche modo.
Eccolo lì, quel pizzico di marpioneria che sfoggiava in ogni occasione - retaggio indubbiamente paterno - far di nuovo capolino, freddando il sangue nelle vene della giovane elfa e cristallizzandole la piega asimmetrica di quel sorrisetto teso.
Ogni sentimento come l'ansia o il disagio per la sua partenza svanirono, come evaporati al sole, lasciando a colmare quel vuoto soltanto un fastidio che le fece gonfiare una piccola vena a lato della tempia destra, sotto il cappello.
Scoccò un'occhiataccia al giovane drago, che per contro non batté ciglio e con un ultimo saluto generico lasciò la sala in compagnia della sorella, accompagnato da un paio di risatine di dubbia provenienza, le cui fonti ella non riuscì in alcun modo a determinare.
– Andiamo anche noi – annunciò Kein dopo una manciata di secondi, prima di ricevere l'assenso della maggior parte dei loro compagni.
Eppure Aredhel tardò a muoversi, rimanendo una manciata di secondi a fissare la porta dalla quale erano scomparsi i due fratelli.
..alleati con le persone sbagliate..
Serrò meccanicamente la destra a pugno, avvertendo la forma dell'amuleto contro il palmo della mano trasmetterle, nonostante la presenza del guanto, un inatteso e piacevole tepore. Quello era la prova dello status attivo del suo potere magico, consapevolezza che contribuì a farle rilassare nuovamente parte dei muscoli delle spalle.
Voltandosi con un movimento rapido, quasi brusco, allo stesso modo scacciò ancora una volta il dubbio dalla propria mente.
Perché di una cosa era ormai assolutamente sicura: lui non poteva essere sbagliato.
Non c'era nulla di male in un gesto gentile.



   
 
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