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Autore: Melanyholland    27/04/2015    4 recensioni
Chuck Bass era abituato ad ottenere sempre ciò che voleva. Il suo piano era infallibile e la vittoria avrebbe avuto il dolce sapore delle labbra di Blair.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey, Serena Van Der Woodsen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Ieri ho trovato una vecchia pennetta e, sbirciando tra i file, mi sono capitati fra le mani alcuni capitoli inediti di questa storia. È da molto che non scrivo fanfiction, così come è da molto tempo che non penso ai personaggi di Gossip Girl, forse perché le ultime stagioni sono state davvero desolanti, fra ZomBart e la rivelazione finale sull’identità di Gossip Girl, entrambe faccende ridicole e senza senso. Era difficile riconoscere nelle macchiette che apparivano sullo schermo i bei personaggi a cui mi ero affezionata nelle prime stagioni.
 
Comunque, ho deciso di pubblicare i capitoli mancanti, perché se c’è anche una sola persona là fuori che è ancora curiosa di sapere come va a finire, non vedo perché dovrebbe essere privato di una conclusione da una mia irragionevole riluttanza a spingere un paio di tasti. Io per prima soffro quando una storia mi viene lasciata a metà e sono da poco stata vittima di “Sanditon” di Jane Austen (nonché di svariate fanfiction, nella mia vita. *Sigh*).
 
Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno lasciato commenti allo scorso capitolo e alla storia in generale. Siete adorabili.
 
Buona lettura!
 
 
4. War of the Roses
 
Serena sbadigliò, rilassandosi contro lo schienale della sedia e lasciando che le parole di Mrs Robinson diventassero un mero brusio di sottofondo ai suoi pensieri, decisamente più interessanti di qualunque cosa avesse combinato Roosevelt.
Era tornata a casa alle prime luci dell’alba e la stanchezza le appesantiva le palpebre. Tuttavia, era da molto tempo che non si divertita così tanto: aveva ballato con le ragazze e con un mucchio di avvenenti sconosciuti, aveva mandato giù un arcobaleno di cocktail uno più gustoso dell’altro e, a metà serata, aveva incontrato persino Poppy Lifton, la It Girl più paparazzata del momento. Era stata un’incredibile coincidenza: il guardarobiere aveva scambiato il suo cappotto con quello di Poppy e fin dal primo momento che si erano parlate per chiarire l’equivoco, Serena aveva sentito un’affinità incredibile con lei. Era come se si conoscessero da sempre. I paparazzi poi erano impazziti quando le avevano viste chiacchierare e da quel momento non le avevano più lasciate in pace. Non che a Serena importasse. Era divertente posare per i fotografi e ogni movimento di fianchi sulla pista, ogni sorso di cocktail colorato e ogni risata che scambiava con Poppy allontanavano sempre di più la sua mente da Dan.
E da Blair. Blair che sicuramente ce l’aveva a morte con lei per aver modificato i suoi piani per la serata. Ora che la furia nei confronti del tradimento di Dan e dell’allusione di Blair era passata, Serena capiva che avrebbe dovuto prendere un po’ più in considerazione i sentimenti della sua migliore amica. Quella ragazza era così insicura, nonostante l’apparente forza. Per lei essere regina era tutto. A Serena non importava nulla dell’ammirazione di Penelope, Iz e Hazel –che quella mattina non avevano fatto altro che gironzolarle intorno, cinguettando che si erano divertite e che dovevano rifarlo assolutamente e stasera dove andiamo, S.?. Hazel le aveva perfino portato un caffé. Con tanto zucchero, proprio come piaceva a lei. Serena, che aveva mal di testa per i troppi drink e le poche ore di sonno, aveva accolto con gratitudine il caffé e con gran fastidio tutto il resto, soprattutto perché sapeva che quelle maligne approfittatrici volevano solo essere presentate a Poppy e finire sui giornali con loro. Si nutrivano come parassiti di luce riflessa e Serena non capiva come Blair potesse apprezzare tutto quel finto e interessato servilismo. Comunque, non stava a lei giudicare. Appena suonata la campanella, avrebbe proposto a Blair una serata solo loro due, magari a guardare insieme qualche film di Audrey e a mangiare macarons. Ci teneva a fare pace. Le avrebbe fatto la proposta quella mattina stessa, ma quando Blair era arrivata a scuola, le tre arpie la circondavano chiassose e avide di nuovi programmi per la serata e informazioni su Poppy, così Blair di sicuro si era fatta un’idea sbagliata, perché le aveva scoccato un’occhiata buia e l’aveva superata in fretta, fingendo di non sentire che lei la stava chiamando.
Serena sospirò, guardando l’orologio: ancora venti minuti.
Era insofferente, non vedeva l’ora di uscire di lì e parlare con lei. Non lo avrebbe mai ammesso a se stessa, ma la scalpitante impazienza era dovuta anche alle parole di Chuck, che le si erano insinuate nella coscienza come serpenti dalla lingua biforcuta e dalle zanne velenose in un indifeso prato verde: oggi ti ha odiata quando l’hai messa da parte e non si preoccuperà del fatto che siete amiche nel momento in cui deciderà di vendicarsi. Perché lo farà, puoi starne certa.
No, non avrebbe permesso a quell’insopportabile Mefistofele di creare frizioni fra lei e la sua migliore amica. Era evidente che stava cercando di metterle l’una contro l’altra. Scoccò un’occhiata a Blair, seduta nella fila accanto alla sua, due banchi più avanti. Dalla sua posizione poteva vedere solo il suo profilo: al contrario di molte ragazze –Serena compresa-, Blair sedeva con la schiena perfettamente dritta, le gambe accavallate e lo sguardo puntato davanti a sé, verso la lavagna e la professoressa. La posa da studentessa diligente però non ingannava Serena: Blair le aveva confidato che molto spesso era distratta quasi quanto le altre, ma che non lo avrebbe mai dato a vedere lasciandosi andare scompostamente sulla sedia. “Conto sulle buone referenze di tutti gli insegnanti per la mia domanda per Yale”, aveva dichiarato con un sorriso vittorioso, già sicura che le avrebbe ottenute e, con loro, il posto nella prestigiosa università.
All’improvviso, a Serena venne un’idea per non attendere oltre. Strappò un angolo dalla pagina del suo quaderno e scrisse:
 
B!
Mi dispiace per ieri sera. Mi sei mancata. Che ne dici di passare la serata insieme? Decidi tu cosa fare. Audrey e macarons? ;)
Xo
S.
 
Ripiegò accuratamente il foglietto, scarabocchiò sopra Blair e lo passò a Caroline Somerset davanti a lei. Dopo vari scambi da una mano all’altra, il messaggio giunse a destinazione. Blair scoccò un’occhiata circospetta alla professoressa, poi aprì il foglietto e lesse. Serena attese speranzosa. La vide accigliarsi, appallottolare il messaggio e ficcarselo in tasca, senza degnarla di una risposta o di un’occhiata.
Dire che Serena ne fu dispiaciuta sarebbe riduttivo.
 
*
 
Blair sentì Bonnie Bloom picchiettarle sulla spalla e poi passarle un foglio di carta. Così, controllò che la professoressa non stesse guardando nella sua direzione e lo aprì, leggendo le poche righe vergate nella calligrafia sbadata ma a suo modo femminile di Serena.
Corrugò la fronte. Era evidente che Serena stava cercando di tornare nelle sue grazie. Quell’atteggiamento innocente e falsamente dolce la irritò: ma chi voleva prendere in giro? Quella stessa mattina l’aveva vista pavoneggiarsi con Penelope, Iz e Hazel. Le ragazze avevano contemplato Serena come se fosse una diva, riempiendola di domande e di complimenti, mentre avevano del tutto ignorato lei, benché fosse passata a pochi centimetri da loro. L’unica che l’aveva chiamata era stata proprio Serena, ma l’ultima cosa che Blair era disposta a fare era starsene lì ad ascoltare quanto Serena fosse fantastica. Aveva già abbastanza ammiratrici estasiate, il perché, poi, Blair proprio non lo capiva. Chiunque sarebbe capace di ballare sui tavoli sbronza in abiti osceni. Anzi, il dettaglio veramente irritante era che se Blair si fosse azzardata a comportarsi in quel modo, tutte l’avrebbero giudicata una sgualdrina senza rispetto per se stessa, allontanandola e sparlando di lei. Ma Serena poteva fare qualunque cosa, Serena avrebbe potuto presentarsi alla Constance ubriaca e drogata e tutti l’avrebbero ammirata perché era così ribelle, Serena avrebbe potuto posare nuda per un cartellone di Times Square e tutti non avrebbero fatto altro che dire quanto fosse audace e sexy. Ma Blair, Blair non poteva azzardarsi ad avere una grinza minuscola sulla gonna di Louis Vuitton perché altrimenti tutti avrebbero pensato che era sciattainsignificante.
Accartocciò il messaggio e se lo infilò in tasca, sdegnosa. No, non era giusto. Se Serena pensava di tenersela buona con un film e qualche dolcetto, ottenendo senza sforzo sia la sua amicizia che il suo regno, si stava sbagliando di grosso. Serena sapeva benissimo quanto contasse per lei essere regina, ma le aveva rubato comunque le ragazze. Dunque, aveva fatto la sua scelta e non aveva scelto di certo Blair. Perché allora Blair avrebbe dovuto scegliere Serena?
Guardò l’orologio: sedici minuti al suono della campanella; sedici minuti ancora e Gossip Girl avrebbe ricevuto il blast su Dan e Amanda, mentre Serena la giusta punizione.
Rincuorata da questi pensieri, Blair si permise di scoccare un’occhiata dietro di sé alla sua rivale. Serena incontrò il suo sguardo e sorrise, contenta come una bambina, gli occhioni azzurri fiduciosi.
La fitta di rimorso fu quasi impercettibile.
Quasi.
 
*
 
Bentornata, S.!
La nostra Party Girl preferita ci ha deliziati tutti con un assaggio della vecchia se stessa, ieri notte. Drink dopo drink, gli unici a rimanere a bocca asciutta sono stati i ragazzi che hanno ballato con lei, speranzosi di “gustarla” più profondamente. Sorry, guys.
Chi non è rimasto a bocca asciutta è, sorpresa sorpresa, il nostro Lonely Boy! Incredibile, vero? Eppure, pare che il suo rapporto con A. andasse ben oltre lo scambio di opinioni letterarie, nello specifico fino allo... scambio di saliva.
S. lo sapeva? Fonti molto vicine a lei dicono di sì.
Che tristezza, S.
Non lo sai che affogare i dispiaceri nell’alcol è decisamente anni ‘90?
Più che Party Girl, credo che comincerò a chiamarti Pity Girl. 
 
 
Serena lesse il messaggio inviato da Gossip Girl sentendo un improvviso vuoto allo stomaco. Fonti molto vicine... Chuck? Era l’unico a sapere del biglietto. Ma perché Chuck avrebbe dovuto sbandierare il messaggio incriminante, dopo essersi premurato di consegnarlo a lei? Si guardò intorno –molte ragazze la fissavano e alcune parlottavano fra loro con smorfie compiaciute - finché non incontrò l’espressione soddisfatta della sua migliore amica, che marciava verso di lei a mento alzato e passo spedito.
“Che succede, S.?” esclamò a voce abbastanza squillante da farsi sentire dai gruppetti di studentesse che le accerchiavano e in un tono dolce e liscio come il caramello fuso. “Non dirmi che quello che scrive Gossip Girl è vero! Oh, mi dispiace così tanto!”
Ti vuole bene, è vero. Ma ti odia anche un po’.
“Ma non ti abbattere, S. Solo perché perfino Dan Humphrey si è dimenticato subito di te, non significa che tu abbia qualcosa che non va. O che tu lo amassi molto più di quanto lui amasse te. Ne sono sicurissima, Serena!”. Tono condiscendente, sorriso smagliante e sguardo tenero. Le ragazze ridacchiarono, maligne.
“Come hai potuto, Blair?” domandò Serena, ignorandole completamente. Perché per lei adesso contava solo Blair. La sua migliore amica. Quella che l’aveva appena pugnalata alle spalle.
Blair inarcò le sopracciglia: “Che ti aspettavi? Che stessi lì a guardare mentre mi portavi via tutto? Di nuovo?”, sibilò, perché stavolta voleva che sentisse solo lei. “Hai fatto male i tuoi conti.”
“Non ti sto portando via niente!” protestò lei, ferita e arrabbiata, senza preoccuparsi di abbassare la voce. Una ruga s’incise fra le sopracciglia di Blair e, nonostante tutto, Serena era contenta di essere riuscita a infastidirla.
“Ci vediamo più tardi, S.” cinguettò Blair, per troncare la scenata sul nascere. Si voltò, ma Serena non poteva permetterlo e l’afferrò per il braccio.
“Lasciami!”
“No, Blair! La risolviamo ora. Credevo ci fossimo lasciate alle spalle queste sciocchezze l’anno scorso. Io non ti sto portando via niente!” ribadì, quasi urlando, infervorata. Le guance di Blair si colorirono di accesso furore a loro volta, mentre gli occhi saettarono intorno a loro. Il gruppo di avide iene che le circondava era cresciuto a dismisura e molti cellulari erano puntati contro di loro, sicuramente filmando. Rassegnata per la lite pubblica, ma comunque non meno arrabbiata per esservi stata costretta, Blair ribatté, aggressiva:
“No, perché non puoi. Non riusciresti mai a vincere contro di me”.
Le parole di Chuck, che le erano sembrate velenose quando le aveva ascoltate la prima volta, ora le scivolarono prelibate sulla lingua, insaporite dalla collera:
“Posso vincere quando voglio contro di te, Blair. Sei stata la regina solo perché te l’ho permesso. E tu lo sai”.
Sorpresa e dolore si avvicendarono nel castano prima che Blair incassasse il colpo e ritrovasse la voce per replicare, gelida:
“Vedremo. Se è la guerra che vuoi l’avrai”.
Strattonò il braccio per liberarlo dalla presa di Serena e girò sui tacchi degli stivaletti Balenciaga per lasciare il cortile. La folla era fitta, ma un varco si aprì quasi automaticamente per farla passare.
Serena sospirò, poi si voltò per andarsene a sua volta.
Fu allora che lo vide.
Dan.
 
 
*
 
Dan lesse il messaggio con crescente confusione. Scambio di saliva? A parte la disgustosa scelta di lessico, lui e Amanda non si erano mai baciati. E come facesse Serena ad essere già a conoscenza di un bacio che non era mai avvenuto proprio non riusciva a capirlo.
Insomma, sapeva che Gossip Girl non era certo una fonte affidabile, anche prima delle storie di Jenny a caccia di monetine, ma quel livello di bugie aveva dello sfacciatamente ridicolo.
Una parte di Dan, quella che era ancora profondamente in collera per come Serena e le sue amiche avevano trattato Amanda e poi lui, rendendolo se possibile ancora più isolato, decise che Serena poteva credere a baci inesistenti finché le pareva, non era certo affar suo.
Un’altra parte di lui, nonostante tutto, si augurò che Serena sapesse la verità. Che sapesse che la loro storia era stata così importante da diventare indimenticabile e che le malignità di Gossip Girl erano solo prosa bugiarda e di basso livello. Del resto, le sarebbe bastato rileggere un’altra prosa, molto più sentita e meno sferzante, per ritenere ridicole le insinuazioni del sito di pettegolezzi.
Cos’è successo l’otto ottobre del duemilacinque?
Sono stato invitato per caso a una festa di compleanno. Lì ho incontrato una ragazza. Mi ha detto solo due frasi, ma non l’ho più dimenticata.
Perciò come avrebbe potuto farlo dopo averla stretta tra le braccia, sentendo il tepore del suo corpo snello e formoso contro il proprio? Dopo averla baciata rapito dalla dolcezza del suo fiato e dall’arte delle sue labbra, dopo averla amata così tanto e così a lungo da perdere la concezione di ogni cosa al mondo che non fosse solo Serena, l’oro dei suoi capelli sparso sul cuscino, l’oro della sua pelle nuda sul letto, Serena preziosa e radiosa più dell’abito indossato al Cotillon e dei gioielli con cui si adornava, perché la vera luce veniva da lei, dai suoi occhi e dal suo sorriso.
Dan sospirò e scosse la testa. Non fece in tempo a infilarsi il cellulare in tasca che fu urtato da una ragazza della Constance, a quanto pareva troppo ansiosa di arrivare dove stava andando per scusarsi. No, okay, probabilmente non si sarebbe scusata lo stesso, dato chi era lei e chi era lui, ma Dan non ci badò, ormai abituato a quell’indifferenza generale. In più, cominciava ad essere curioso: la goffa maleducata non era l’unica che correva verso un punto preciso del cortile, dove c’era già un capannello di studenti e Dan voleva scoprire la ragione di quel fermento.
Raggiunse anche lui il gruppo e sgomitò il più possibile verso il centro, finché non udì sorpreso la voce di Serena:
“Posso vincere quando voglio contro di te, Blair. Sei stata la regina solo perché te l’ho permesso. E tu lo sai”.
Superò un altro paio di teste curiose e finalmente riuscì a vedere Serena che teneva per il braccio la sua sempre migliore amica e talvolta acerrima nemica Blair Waldorf. A giudicare dalle loro guance paonazze, dalle sopracciglia aggrottate e dall’ostilità nelle parole di entrambe –Blair aveva appena replicato: “Vedremo. Se è la guerra che vuoi l’avrai” con una veemenza che per Dan era degna di un melodramma recitato da attori dilettanti e sopra le righe- si trovavano nel bel mezzo di uno di quei “talvolta”. Dan comunque fu stupito dall’aggressività di Serena, che l’anno prima era riuscita a restare ragionevole e dolce perfino dopo che Blair aveva perfidamente annunciato ai rappresentanti delle università gli inesistenti problemi di droga di cui Serena era afflitta. Quasi non riconosceva più la sua ex in quella bionda combattiva e sprezzante.
Blair si liberò della stretta di Serena e si allontanò, fendendo la folla di curiosi senza aver bisogno nemmeno di una minuscola gomitata. Dan, che aveva sudato per il suo posto in prima fila, lo trovò fastidiosamente assurdo. Poi i suoi occhi incontrarono quelli azzurri di Serena, che si bloccò per un attimo a fissarlo, stupita di trovarlo lì come se non sapesse perfettamente che il St Judes era proprio accanto alla Constance. Gli parve che il rosso delle sue guance si facesse più intenso e i suoi occhi più lucidi prima che imitasse Blair fuggendo da quel circo di curiosi.
Assecondando un istinto sconosciuto e primitivo, Dan la seguì finché non raggiunsero un punto isolato del cortile, lo stesso dove solevano baciarsi nell’intervallo, fuori dalla portata di cellulari e pettegole.
“Ehi, Serena, aspetta!”.
Serena si fermò, ma non smise di dargli le spalle, rigida.
“Che cosa vuoi, Dan?” chiese, con voce incrinata. Dan capì che era profondamente turbata e, malgrado se stesso e l’isolamento che aveva dovuto subire a causa proprio di Serena, sentì il bisogno di chiarire l’equivoco, di farla stare meglio.
Del resto, certe cose non cambiano mai.
“Non ho baciato Amanda”.
Serena udì quelle parole e subito un’onda di sollievo travolse spontanea il suo cuore, ma non durò. La razionalità la soffocò ancora neonata sotto l’incredulità. A malincuore, sentendosi presa in giro e ancora più sofferente, Serena ribatté:
“Non mentirmi, Dan.”
“Non sto mentendo! Come puoi credere a Gossip Girl invece che a me?” protestò Dan, in un tono indignato e ferito a sua volta. Dan era sempre stato sincero con Serena, sempre. Non era certo stato a causa delle sue bugie su Georgina e dei suoi segreti che avevano finito per lasciarsi, oh no. Era stata Serena quella manchevole, sotto il punto di vista dell’onestà, e ora accusava lui di essere un bugiardo. Incredibile.
“Quindi non l’hai mai baciata? Non le sei corso dietro dopo l’incidente al club per confortarla?”
“No. Non l’ho fatto. Chi ti ha detto queste cose?”
Amanda, Dan”.
Serena girò su se stessa per affrontarlo in un turbinio di capelli scintillanti al sole, gli occhi ferventi di furore, i pugni stretti accanto alle cosce, combattiva come una leonessa. Era così arrabbiata e provata che quasi tremava.
“C-come?”
“Perché Amanda avrebbe dovuto mentire, Dan? Spiegamelo.”
“Io... non ne ho idea”. Dan era sinceramente confuso e sbigottito. “Forse voleva vendicarsi con te per la storia dei capelli, non so.”
“Non è a me che l’ha detto. O meglio, scritto.” si corresse Serena spazientita, confondendo ancora di più il suo interlocutore. “Ma tu lo sai. Hai ricevuto il suo biglietto, no?”
“Quale biglietto?”.
Dan era consapevole di sembrare ottuso e che i suoi tentennamenti stavano facendo irritare ancora di più Serena, invece di calmarla, ma non poteva fare a meno di comportarsi così. Stava davvero perdendo il filo del discorso con tutti quei dettagli senza senso.
Serena si accorse dello smarrimento negli occhi di Dan e per la prima volta si domandò se non fosse lei a commettere un errore. Di nuovo un minuscolo barlume di speranza –Dan è innocente!- sbocciò nel suo cuore, costringendola a ricordare gli avvenimenti degli ultimi giorni. Purtroppo, le prove empiriche del tradimento di Dan erano state sotto i suoi occhi e fra le sue mani, intransigenti: il libro di matematica apparteneva senza dubbio a Dan; la grafia con cui era vergato il nome era la sua, Serena non poteva sbagliarsi perché aveva amato quella calligrafia come ogni altra parte di lui, e tante volte aveva sorriso vedendolo chino su un blocchetto a scribacchiare i pensieri che gli venivano in mente. “Se usassimo ancora i calamai, andresti in giro con la punta del naso perennemente sporca d’inchiostro”, l’aveva preso in giro una volta, affettuosa.
“Anche tu”, aveva ribattuto lui, avvicinando il viso al suo, naso contro naso. Serena aveva riso e aveva inclinato la testa per togliere di mezzo i nasi e baciarlo. 
Il biglietto era rivolto a Dan e per quanto riguardava la mano che aveva tracciato quelle parole velenose, non era di nessuno che conoscesse. Le parole del messaggio, infine, erano perfettamente credibili: del resto Dan l’aveva accusata di non essere diversa dalle Perfide anche di persona, dopo che Amanda era scappata sconvolta per i capelli rovinati; e non si era fatto scrupoli ad abbordare una ragazza il primo giorno di scuola, sotto i suoi occhi, e a portarla in un locale che Serena e tutta la sua cricca frequentavano, come a volerle sbattere in faccia di proposito la sua nuova conquista.
“Perché fai così, Dan?” sbottò rancorosa, e inghiottì il nodo pungente e zuppo di lacrime che aveva in gola.
“Serena, per favore, credimi: non ho mai baciato Amanda.”
“Allora questo non è tuo?” ribatté Serena, estraendo dalla borsa il libro di calcolo che aveva portato con sé proprio per restituirglielo. Dan aggrottò la fronte, prendendo il volume e sfogliandolo.
“Sì, è mio, ma... cosa c’entra?”
“Come puoi dire allora di non sapere niente del biglietto di Amanda? Era proprio lì, fra le pagine.”
“Era...”. Il ragazzo voltò qualche pagina, quasi come se si aspettasse che il fantomatico messaggio saltasse fuori. Scosse la testa e sospirò. “Non lo so, Serena. Non so niente di questa storia. Tutto quello che so è che non ho mai baciato Amanda”.
“Lasciami in pace, Dan.” concluse Serena sconsolata.
Dan avrebbe voluto trattenerla, ma non sapeva come. Era stato onesto e non era bastato. Guardò il suo libro di matematica –non si era accorto che non fosse più nel suo armadietto, del resto aveva algebra solo due volte a settimana, il martedì e il venerdì ed era solo mercoledì-, ma era sicuro di avercelo messo e che fra le pagine non vi fosse alcun messaggio. Si domandò come fosse arrivato a Serena, ma soprattutto di domandò che diavolo stesse succedendo.
Poco lontano da lui, quasi richiamato dai suoi pensieri, Chuck Bass sorrise.  
 
 
End#4
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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