AVVISO:
Chiedo
perdono per la mia
lunga assenza ma purtroppo ho avuto problemi personali che non mi hanno
permesso di scrivere, spero solo possiate perdonarmi e spero che il
capitolo
pur essendo corto vi piaccia; ormai manca davvero pochissimo alla fine
quindi
spero siate buoni e comprensivi con me. Un bacio
Blackshadow
“QUEL
GIORNO LI’,QUELLO IN
CUI TI HO CONOSCIUTO,NON L’AVEVO MICA CAPITO. NON
L’AVEVO MICA CAPITO CHE DA
QUEL GIORNO AVREI FATTO I CONTI OGNI ISTANTE CON
POV
RICCARDO:
-Sicuramente
ho sbagliato
tutto, a te com’è andato?- Francesco odiava da
sempre le materie scientifiche e
il compito di matematica di quel lunedì mattina aveva
distrutto tutti
-Credo
bene,grazie alle
ripetizioni di…Gin-
-A
proposito come mai non è
venuta?-
-Già,
non è da lei saltare i
compiti- si intromisero Cat e Veronica
-Ha
il raffreddore. Sto
andando alla macchinetta,volete qualcosa?-
-No
grazie- uscii dalla
classe e mi diressi alla macchinetta con il pensiero rivolto a Ginevra.
Avevamo
litigato di nuovo per una stupidaggine: il giorno
dell’equinozio di primavera
avevo organizzato una giornata speciale per noi due e dovevo cucinare
un dolce
buonissimo che aveva portato più volte a scuola Erica. Con
Erica non parlavo
più perciò mi ero rivolta alla sua migliore amica
Emma, che mi aveva promesso
di passare da casa mia a lasciarmi la ricetta e invece chi si presenta
alla mia
porta?! Erica vestita di tutto punto con in mano buste e teglie per il
forno:
sapeva che ero una frana a cucinare e voleva aiutarmi. Avevo provato a
cacciarla con gentilezza ma aveva insistito dicendo che altrimenti la
mia
giornata con Gin sarebbe stata rovinata. Sfortuna volle che dieci
minuti dopo
l’arrivo di Erica, Ginevra tornò a casa
perché pioveva a dirotto e trovandoci
intenti a cucinare, si infuriò. Avevo cercato di spiegarle
la situazione ma
nonostante la mia buona pazienza ero scoppiato anche io; volarono
insulti da
entrambe le parti e in preda alla rabbia cacciammo di casa Erica.
L’amavo
davvero molto, ma certe volte la sua cocciutaggine superava il limite e
infatti
era uscita da casa dicendo di voler “fare un giro per
rinfrescarsi le idee”, e
si rinfrescò davvero: tornò completamente zuppa
di pioggia, con la febbre a
trentanove e la testa che le girava. Mi arrabbiai ancora di
più per come si era
conciata e lo notò ma disse di non voler litigare ancora
perché aveva un mal di
testa terribile e così restai zitto.
-I
litigi servono a
rafforzare la coppia- scoppiai a ridere e mi voltai verso Jacopo
-E
tu che ne sai della vita
di coppia?-fece il finto offeso ma gli spuntò un sorriso da
bambino, come non
glielo vedevo da tempo.
-Ne
so parecchio,fidati-
-Forse
Ginevra aveva ragione-
-Su
cosa?- chiese sulla
difensiva
-Fin
dall’inizio ha detto che
tu e Cat siete fatti per stare insieme e dice anche che i vostri comportamenti di questi
giorni indicano che
forse lo avete finalmente capito-
-Già,
l’ho capito ma forse è
troppo tardi, tu però non fare il coglione con Gin e non
lasciartela scappare
perché sei fortunato-
-A
volte penso che meriterebbe
qualcuno migliore di me-
-Non
dire cazzate,lei ti ha
scelto e ti ama davvero,quindi non iniziare a fare discorsi da
femminucce, sei
un uomo cazzo- sorrisi sincero e tornai in classe seguito da Jacopo che
appena
vide Cat ridere si illuminò.
Quelle
cinque ore di scuola
passarono lente senza Ginevra e Andrea che era anche lui a casa con il
raffreddore, mentre Alice sentendosi sola faceva continue battute sui
professori;mancava qualche minuto al suono della campanella e avevo
già il giubbino
addosso e lo zaino chiuso,non vedevo l’ora di tornare a casa
per vedere come
stava Ginevra. Finalmente suonò e feci le scale al volo,
correndo verso la
moto,con destinazione casa.
Quando
aprii la porta,vidi
Ginevra arrotolata nelle coperte sul divano con una coda
scompigliata,un enorme
pacco di fazzolettini accanto ed una montagna di fazzolettini intorno a
lei: mi
dedicò solo un sguardo e poi continuò a giocare
con Andrea all’xbox. Era un
gioco di guerra come piaceva a lei e aveva alzato il volume per
immedesimarsi
meglio nel gioco,per questo non si accorse che mi ero avvicinato da
dietro alla
poltrona e dopo aver sorriso la chiamai. Lei si voltò e la
baciai sulle labbra
facendo ridere Andrea e Alice, e facendo infuriare lei.
-Tu!
Imbroglione,adesso ti..-
il rumore di un esplosione ci fece voltare verso il televisore su cui comparve
l’immagine del soldato a
terra con la scritta GAME OVER. Ginevra mi fulminò con lo
sguardo poi si alzò
per inseguirmi facendo
cadere la
montagna di fazzoletti a terra, ma urtò al tavolino e
iniziò a saltellare con
il piede dolorante in mano e imprecando contro di me che
ridevo…la mia piccola
pasticciona mi è mancata.
POV
GINEVRA:
Mi
ero fatta male e lui aveva
il coraggio di ridermi in faccia, eppure la sua risata dolce da bambino
mi era
mancata terribilmente; odiavo litigare con lui ma sapevo che avremmo
fatto pace
subito per questo volevo fare la sostenuta, la finta arrabbiata ancora
per un
po’, perché mi piaceva quando Riki mi girava
sempre attorno per avere il mio
perdono e cercava in tutti i modi di stuzzicarmi. Lo trascinai sul
divano e mi
misi sulle sue gambe, acciambellandomi di nuovo nelle coperte, poi dopo
avermi
stretta tra le braccia, avvicinò la bocca al mio orecchio:
-Sembri
Rudolph con quel naso
rosso- gli tirai un fazzoletto appallottolato
-Sarai
il mio infermiere
personale,quindi ogni mio desiderio è un ordine-
-Allora
cosa vuole fare la
mia piccola ammalata?- sorrisi a quel nomignolo e mi strinsi ancora di più a lui
-Ho
fame e voglio vedere “A
qualcuno piace caldo”-
-Cosa
vuoi mangiare?-
-Ho
voglia di cibo messicano
e di gelato- scosse la testa divertito e prese il telefono per ordinare
il cibo
d’asporto
-Tacos
di pollo?- annuii
felice
-E
voglio anche i nachos con
il guacamole-
-Voi
volete qualcosa?-chiese
ad Andrea e Alice che discutevano di interrogazioni
-Non
ho molta fame- rispose
Alice
-Per
me burritos di manzo-
Mentre
ordinava,selezionai il
film e misi in pausa per aspettare che il cibo arrivasse;ormai eravamo
in
primavera ma era uno di quei giorni noiosi, freddi e in cui sognavo con
nostalgia il mare e l’estate che presto sarebbe arrivata, gia
immaginavo un bel
viaggio sola con Riccardo in delle mete calde ed esotiche.
Il
film era finito ormai da
mezz’ora ed io e lui eravamo rimasti soli sul divano a
coccolarci come due bambini
e a ridere complici.
-Pensi
che staremo per sempre
insieme?- gli chiesi mentre giocavo con l’anello
-Io
non lo penso, ne sono
certo-
-Oh
ma dai, ti stancherai di
me prima o poi- risi nervosa ed evitai il suo sguardo per non fargli
vedere i
miei occhi lucidi; avevo paura della parola “per
sempre” perché avevo imparato
che tutto poteva sparire all’improvviso.
-Ehi,
a cosa sta pensando
quella testolina instancabile?- mi mise una ciocca di capelli dietro
l’orecchio
e mi fissò in attesa.
-Penso
che è tutto troppo
bello per essere vero-
-Amore
mio spero che la
penserai così anche tra cinquant’anni,quando
metterò su pancia e diventerò
pelato- scoppiai a ridere e lo abbracciai
-Non
diventerai pelato e
comunque ti amerei lo stesso- lo baciai ma mi ritrassi subito
-Cosa
c’è?-
-Sono
tutta raffreddata-
sembrò rifletterci su, poi mi tirò a
sé e mi diede un lunghissimo bacio
-Non
me ne frega niente-
Restammo
ancora un po’ li
abbracciati finché non iniziai a sentire la testa pesante e
mi addormentai tra
le sue braccia. Mi sentivo strana come se fossi in mare nel bel mezzo
di una
tempesta e da lontano vedevo la spiaggia ma nonostante mi sforzassi a
nuotare
per raggiungere la riva il mare mi trascinava sempre più
lontana da lui, da
Riccardo: mi misi a gridare il suo nome ma le braccia e le gambe
iniziarono a
diventare pesanti, l’acqua sempre più impetuosa mi
trascinava giù e mi entrava
nelle narici, in gola e non respiravo, volevo continuare a lottare per
lui ma
il corpo era stremato,non ce la faceva più e mentre andavo a
fondo chiedevo
perdono.
Mi
svegliai di soprassalto e
mi ritrovai sul divano con il sole del tramonto in pieno viso e una
coperta
addosso; sicuramente era stato Riccardo. Presi il telefono per chiamare
i miei
ma notai l’orario e mi preoccupai: erano quasi le sette, la
casa era silenziosa
e Riccardo non c’era. Quest’ultimo dettaglio mi
fece preoccupare a morte
soprattutto dopo l’incubo che avevo fatto e quando mi alzai
di scatto per
controllare se era in casa cadde un bigliettino dalla mia coperta.
Prendi
un’aspirina per il
raffreddore,torno presto,ti amo.
-R.
Era
uscito,come anche Andrea
e Alice, così provai a chiamarlo per sapere
dov’era ma scattò la segreteria,
cosa che non era mai successa e il panico iniziò a salire;
dovevo stare calma
perché altrimenti la febbre sarebbe salita e poi sicuramente
stava bene, non
dovevo pensare al peggio. Alla terza chiamata senza risposta mi
innervosii;
forse Andrea sapeva dov’era e mi diedi della stupida
mentalmente per non averci
pensato prima. Digitai il numero e al terzo squillò mi
rispose:
-Pronto?-
-Andrea
sei con Riccardo?-
sentii la risata di Alice e capii che lui non era li
-Pensavo
fosse con te-
sembrava confuso
-No,
mi ha solo lasciato un
bigliettino dicendo che sarebbe tornato presto, sai dove potrebbe
essere?-iniziavo ad agitarmi
-Prima
che noi uscissimo,
stava parlando al telefono con il cugino Christian, ma non lo conosco,
ho solo
sentito che parlavano del quartiere Barona- una lampadina mi si accese
e mi
ricordai della questione in sospeso che Riccardo aveva con il
cugino,doveva
aiutarlo con l’ultimo carico di droga poi ne sarebbe uscito
ma aveva promesso
che io ne sarei stata al corrente.
-Gin
ci sei?-
-Si,
grazie per
l’informazione, devo andare-
-Non
vorrai mica andare in
quel quartiere?-era preoccupato
-No
tranquillo- decisi di
mentire altrimenti non mi avrebbe più mollato
-Ci
vediamo stasera-
-A
stasera-
Chiusi
la chiamata e corsi a
mettermi alla svelta un jeans e un maglione perché avevo un
pò di febbre e dopo
aver preso un’aspirina infilai giubbino e stivali e corsi
alla moto; salii e
prima di partire provai a richiamarlo e finalmente al quinto squillo
rispose.
-Ehi
piccola scusa se non ho
risposto sono al centro commerciale per…-
-Piccola
un corno! So
benissimo dove sei, non inventare bugie, mi hai fatta preoccupare.. sto
arrivando-
-Non
venire, è pericol..- gli
chiusi il telefono in faccia e dopo aver infilato il casco partii
sgommando.
Quello che stava facendo era una cosa pericolosa e non potevo lasciarlo
solo
altrimenti sarei stata a contare ogni singolo secondo finché
non fosse tornato
e io di certo non ero una tipa paziente e tranquilla.
Andavo
veloce, sfrecciavo tra
le macchine ma non sentivo il vento in faccia perché avevo
il casco e la
visiera abbassata, pensavo alla preoccupazione per lui e speravo che
tutto
andasse bene così finalmente saremmo stati solo io e lui.
Saremmo stati
finalmente solo due diciottenni alle prese con l’amore, gli
amici, le feste, la
maturità, i viaggi e il futuro che ci aspettava
perché me lo sentivo sarebbe
stato luminoso e felice ma queste immagini furono interrotte
all’improvviso da
un solo, terribile pensiero che fece crollare tutto quello che ci
sarebbe
potuto essere ma che non ci sarà mai: i freni della moto non
funzionavano. Me
ne ero accorta all’ultimo minuto, quando ero a cento
chilometri orari e dovevo
rallentare per svoltare dove il cartello indicava il quartiere Barona.
Guarda
Niki, hai visto come è
crudele il destino? Quando non vedevo più nessuna speranza,
mi sentivo in colpa
e a pezzi, ho cercato di farla finita e invece mi sono risvegliata
anche se non
avevo voglia di vivere senza di te, ero arrabbiata con tutto il mondo e
soprattutto con me stessa e poi arriva lui che mi stravolge la vita e
mi fa innamorare
prima di me stessa e poi di lui,sai Niki ci avevo sperato, avevo
sperato in un
futuro, in un noi, e mi ero finalmente convinta che potevo essere
felice
accanto a lui,mi ero di nuovo innamorata della vita e volevo
trascorrerla con
lui;forse invece mi sbagliavo, forse è sempre stato questo
il mio destino, la
mia colpa da espiare.
-Ti
amo Riccardo-
Queste
furono le ultime
parole che pronunciai con le lacrime agli occhi prima che perdessi il
controllo
della moto e mi andassi a schiantare contro il guard-rail.