Helga’s song
What is love?
Baby don’t hurt me
Don’t hurt me,
No more
Baby don’t hurt me
Don’t hurt me,
No more
Helga si era sempre considerata una donna tollerante.
Fece quindi appello a tutta la sua pazienza per mantenere un tono di voce ragionevole e non lasciarsi sfuggire un’imprecazione.
“Non sono d’accordo.”
Fissò negli occhi il suo collega, Salazar, finché l’altro non distolse lo sguardo, sconfitto.
“Siete troppo buona, cara Helga.”
Lei non rispose e continuò a sorseggiare il suo succo di zucca; era stata una sua invenzione quella bevanda e aveva avuto molto successo tra gli studenti.
In realtà, tutto quello che faceva era apprezzato dai ragazzi, persino da quegli snob dei Serpeverde: se c’erano dei litigi, era da lei che andavano per avere un giusto giudice, da lei andava a farsi curare chi stava male.
Helga accoglieva tutti con un sorriso gentile che mostrava le sue fossette e metteva a suo agio i suoi interlocutori con la sua voce dolce e armoniosa. Persino Salazar, serio e orgoglioso, cercava volentieri la sua compagnia.
Lei era stata amica d’infanzia di Godric, tanto che le loro famiglie avevano spesso discusso di un matrimonio di convenienza, ma quei progetti non si erano mai avverati, sostituiti da quelli di una scuola in cui i maghi e le streghe potessero essere al sicuro dalle persecuzioni babbane e studiare a fondo la magia. A quel sogno avevano contribuito moltissimo anche Rowena e Salazar, amici del valoroso Grifondoro.
Godric era stato il coraggio di sfidare le convenzioni e gli ostacoli.
Rowena la conoscenza per attuare i piani.
Salazar lo stratega e l’astuzia per superare intoppi.
Lei, Helga, era stata la speranza nelle difficoltà.
Avevano fatto costruire il castello di Hogwarts in una valle, l’avevano protetto da occhi indiscreti con un incantesimo, per poi passare alla questione più complicata: cosa avrebbero fatto, una volta che fossero arrivati i maghi?
Rowena aveva proposto di dividerli per età, dagli undici ai diciassette anni e tutti erano stati d’accordo.
Le Case erano state le decisioni successive.
“Io non voglio timidi coniglietti! I miei ragazzi devono essere ardimentosi e dal cuore sincero!”
Godric aveva riso sonoramente, alzando il suo calice per un brindisi. I suoi capelli rossi sembravano più chiari alla luce delle candele, gli occhi scuri allegri e vivaci che osservavano le reazioni degli amici.
Rowena si era gettata i capelli corvini dietro le spalle, gli occhi blu pensierosi e la bocca a forma di cuore stretta in una linea meditabonda.
“Io accetterò solo quelli dotati di un’intelligenza degna dello studio che riceveranno.”
Helga stava osservando Salazar, a disagio. Lui era seminascosto nell’ombra, i lineamenti affilati poco visibili, eppure tutti davano per scontato il suo sorriso freddo e tagliente.
“Io rispetto l’astuzia e la nobiltà. Queste saranno le qualità che cercherò nei miei pupilli.”
Gli occhi dei tre si erano spostati su di lei, che aveva alzato le spalle e sorriso con semplicità.
“Io chiamerò a me quelli che rimangono. Voglio che tutti si sentano benvenuti nella mia Casa.”
Il sorriso di Salazar era diventato ancora più sarcastico, ma il mago non aveva detto nulla contro la sua decisione.
“Brindiamo alle Case, allora: a Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde!”
Per Merlino, quanto tempo era passato da allora?
Ed erano solo al secondo anno… le sembravano duecento invece di due.
Erano rimasti solo lei e Salazar a tavola, Godric e Rowena erano andati alla ricerca di un particolare testo di magia, o almeno così avevano detto. Helga sapeva benissimo che i due avevano una relazione, forse la piccola Helena era addirittura figlia del suo caro amico d’infanzia e non del barone Corvonero, ma non s’impicciava mai negli affari degli altri se non le veniva richiesto consiglio.
“Parlate, cara Helga. Non riesco a leggervi, nonostante debba essere la cosa più facile del mondo.”
“Perché lo pensate? Magari lascio trasparire solo quello che voglio che traspaia.”
La sua risposta era stata forse un po’ troppo secca, ma a volte il tono condiscendente del collega la irritava: non voleva sembrare una bambina ai suoi occhi.
Gli occhi verdi di Salazar sembravano sbeffeggiarla, eppure lei poteva vedere una scintilla di rabbia nascosta che minacciava di uscire presto. Non se ne preoccupò. Non era la prima volta che discutevano e lui godeva di questi bisticci tanto quanto lei.
“Quindi, quando scorgo il rimprovero nei vostri occhi, in realtà potreste celare l’odio che sembra provare ultimamente per me il caro Godric?”
“Godric non vi odia. Non ne è capace.”
“Avete eluso la mia domanda, Helga. Non è da voi.”
“Non me ne avete dato motivo.”
Non ancora.
“Se avessi dovuto scegliere tra voi e Godric, avrei detto che foste voi quella incapace d’un sentimento tanto abbietto.”
Noi odiamo solo quelli che ci hanno toccato il cuore e poi l’hanno fatto soffrire.
“Sono un essere umano.”
“Talvolta, lo dubito. Non odiate nemmeno i Babbani che vi stavano per bruciare sul rogo.”
Helga si strinse inconsapevolmente il braccio, dove era rimasta la cicatrice del fuoco e lasciò che i capelli castani le coprissero il viso, immalinconita da quei ricordi.
“Non era del tutto colpa loro. È nella natura dell’uomo temere ciò che è diverso. E Merlino sa che ci sono stati maghi che hanno dato loro motivo di agire come hanno agito.”
“E allora hanno ben deciso di dare la caccia a tutti gli uomini dotati di poteri.”
Nonostante fosse d’accordo con lui, la giovane donna si versò del vino, suscitando la sorpresa del suo interlocutore. Lei non beveva mai, ma voleva approfittare della piega che aveva preso la conversazione per riprendere l’argomento che le stava a cuore e aveva bisogno di coraggio.
“Tuttavia, voi volete cacciare da Hogwarts i figli dei Babbani, che definite con tanto disprezzo Mezzosangue.”
La frecciata andò a segno e Salazar si morse il labbro. Non era cattivo di natura e Helga poteva seguire quasi perfettamente il conflitto che stava avvenendo in quel momento dentro di lui: sapeva di essere nel torto, ma il desiderio di creare una linea pura di sangue magico e proteggere i suoi simili era più forte delle sue obiezioni di coscienza.
Provò, per un attimo, pietà per il collega e caro amico. Solo lei e Godric sapevano che la madre e la sorella minore di lui erano state bruciate al rogo dai Babbani, lasciandolo da solo in balia di un padre violento e spesso ubriaco.
“Mi dispiace per quello che vi è successo, Salazar, ma dovete lasciare andare la rabbia che vi portate dentro, per vivere serenamente il futuro.”
“A volte, la rabbia è quello che ci tiene vivi. Mi ha sostenuto per così tanto tempo, che non sono in grado di rinunciarvi.”
Lei non riuscì a parlare, la gola chiusa e gli occhi umidi.
“Anche Hogwarts è per voi un mezzo per sfogare il rancore verso i Babbani?”
Lui sussultò e la guardò, ferito e arrabbiato.
“Come potete dire questo, Helga! Questa scuola vale più di qualsiasi figlio potrei mai avere. È per questo…”
S’interruppe e Helga capì che aveva taciuto per rispetto nei suoi confronti.
“Che cosa?”
“Per questo ritengo che i figli di Babbani non abbiano posto qui. Anche quelli che hanno un genitore mago. Un giorno si rivolteranno contro di noi e distruggeranno l’unico posto che abbia davvero contato qualcosa e…”
“Per favore! Non è solo questo, vero? La verità è che li odiate perché nella vostra mente passato e presente si confondono e non siete in grado d’essere obiettivo!”
“Non ho intenzione di far loro del male, per Merlino!”
“Come mai, allora, il tuo studente non è stato punito per avere trasformato la sciarpa di una ragazzina nata Babbana in un serpente?”
“Era uno scherzo! L’ho redarguito…”
“Ne sono convinta.”
Il tono di lei era così gelido che persino il fondatore della casa più superba di tutte ne sembrò addolorato, ma dentro di lei il cuore era stretto come da un laccio. Come le pesava mantenersi obiettiva, vedere e rinfacciare le colpe dell’unico uomo che aveva mai suscitato il suo interesse! Ma, se avesse messo a tacere il buon senso a favore dei sentimenti, sarebbe finita ugualmente male, perché non aveva speranze di mutare la follia di Salazar se non con la ragione.
Si alzò e piantò i palmi nel tavolo, la tovaglia percepibile sotto le unghie dalla forza con cui vi era appoggiata.
“Ascoltatemi bene, amico mio…”
“Lo sono ancora?”
“Dipende da voi. Non volterei mai le spalle a nessuno se non vi fossi costretta, lo sapete. Prima mi avete detto che mi credevate incapace di provare odio, poi mi avete chiesto se vi odiavo.”
“Avete mutato parere?”
“No. Ma sappiate che io amo ogni bambino che entra nella nostra scuola; li vedo crescere e ognuno di loro è per me un figlio, non importa chi siano i loro genitori o se abbiano poteri magici. Sono il mio unico punto debole.”
“Helga…”
“Lasciatemi parlare. Io sono buona, dolce, disponibile, ma nel momento in cui mi si colpisce nel mio punto più debole e vulnerabile, divento una serpe, una vipera. Toccate uno studente, Salazar…”
“Helga…”
“Toccatene uno e vi morderò. Vi avvelenerò col mio morso e lo farò senza rimpianto.”
Lui tacque, abbassando la testa. Lei poteva vedere il suo dolore sincero, perché, istintivamente, sapeva che il collega teneva a lei più di quanto non mostrasse e più di quanto non tenesse agli altri fondatori.
“Non fatemelo fare. Mi procurerebbe un dolore che non v’immaginerete mai.”
Lo supplicò silenziosamente con gli occhi, ma Salazar si accontentò di sorriderle tristemente.
“Vi siete espressa chiaramente, amica mia.”
Mentre lo guardava alzarsi da tavola per andare nel suo studio, Helga rivolse una preghiera a qualunque divinità o essere sovrannaturale che potesse impedire l’incombente disastro.
Non ferirmi, amore mio.
Angolo dell’autrice: La mia seconda Helga/Salazar, collocata cronologicamente prima dell’altra. Il titolo è ovviamente preso da Sally’s song, una canzone di Nightmare Before Christmas che, secondo me, rappresenta la coppia benissimo.
Nome utente: Nimel17
Titolo: Helga’s song
Rating: verde
Genere: Introspettivo, malinconico, romantico
Tipo di coppia: Het
Coppia: Helga Tassorosso e Salazar Serpeverde
Citazione: 17 (“Ma se mi toccano dov’è il mio debole sarò una vipera”)
Avvertimenti/note: nessuna
Nda: nessuna