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Autore: ThorinOakenshield    11/05/2015    5 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella casa di Beorn


Dalla notte in cui gli orchi si erano nascosti sugli alberi, Thorin non riuscì più a darsi pace: faceva la guardia ogni notte e non dormiva mai (tanto era abituato a dormire poco), svegliava prestissimo Bilbo e pretendeva che tenesse una certa andatura.
Nonostante il suo scarso senso dell’orientamento, il nano si ricordava che non lontano dal punto in cui si trovavano c’era la casa di Beorn. Voleva raggiungerla velocemente per stare un attimo tranquillo, sicuro che gli orchi non avrebbero osato attaccarli.
Thorin si giurò che, una volta conclusa quell’assurda disavventura, l’avrebbe fatta pagare a Bolg, non si sarebbe dato pace finché non sarebbe morto anche quel pezzo di lerciume.
 
Bilbo Baggins fece un po’ di fatica a stare dietro a Thorin: il suo passo era decisamente più frettoloso del suo, nonostante lo hobbit non fosse stato lento e fosse inconsapevolmente abituato alle lunghe camminate.
Tuttavia Bilbo non osò lamentarsi neanche una volta, avendo avuto paura di far arrabbiare Thorin. Gli voleva bene, sentiva che c’era un legame profondo tra loro due, lo avvertiva e il nano gli infondeva sicurezza, ma da un altro lato un po’ lo spaventava. Sarà stato quel suo aspetto così imponente, sta di fatto che il signor Baggins non riusciva a darsi una risposta.
Spesso rallentava e veniva ripreso dal nano, a quel punto accelerava il passo, nonostante fosse stato stanco e pensieroso: non riusciva a smettere di pensare a quella notte. Era accaduto qualcosa di misterioso: era diventato invisibile! Grazie ad un anello, per giunta. Non riusciva a spiegarsi come mai aveva avvertito una forte necessità di indossare quell’anello, era stato come se esso lo avesse chiamato.
Bilbo aveva parlato di questa sensazione a Thorin, il quale aveva scrollato le spalle e aveva riposto: “In questo caso non ti rispondo per il semplice fatto che la risposta non la so nemmeno io. Non ho idea di come tu abbia trovato quell’anello, come non ho idea di quanto tempo è che tu lo possiedi. Comunque ti è stato utile per abbattere quegli orchi, quindi penso che se continuassi ad usarlo in caso di necessità non sarebbe un’idea malvagia.”
Lo hobbit non poté non essere d’accordo con il suo amico, anche se avrebbe preferito che non ci fossero state altre occasioni in cui sarebbe stato opportuno l’utilizzo dell’Anello.
 
Dopo un paio di giorni di camminata, Thorin scorse in lontananza una lunga e bassa casa fatta in legno. Sorrise. Non era stato poi tanto difficile, si era perso solo tre volte.
“Mastro Baggins” richiamò lo hobbit dietro di lui.
Egli lo raggiunse trainando il pony.
Non appena gli fu vicino, il nano gli indicò la casa. “Ci accamperemo lì per un po’.”
Bilbo osservò da lontano la casa e la definì subito molto spaziosa. Dev’essere molto accogliente, pensò, mentre Thorin rifletté: Chissà che non gli faccia tornare in mente qualcosa…
 
Più si avvicinavano alla casa di Beorn, più l’aria si riempiva di api gigantesche.
Bilbo le guardò un po’ intimorito, pensando che se lo avessero punto sarebbe diventato gonfio come un melone.
Qualche volta capitava che un’ape gli si posasse sul naso e lo hobbit si affrettava a mandarla via. Quando se ne andava una, arrivava un’altra e Bilbo non poté non provare invidia per il suo compagno di viaggio: le api a lui non si erano neanche avvicinate.
Il signor Baggins sorrise divertito. Persino le api lo temono…
Evidentemente quelle bestiacce vedevano lo hobbit come un bersaglio facile, a causa del suo aspetto minuto. Ma io non mi farò mettere i piedi in testa, nossignore! Pensò stizzito Bilbo, agitandosi di continuo per mandare via gli insetti.
Thorin sentì il suo amico brontolare in silenzio. Con un mezzo sorriso, si voltò verso di lui. “Tutto a posto, mastro Baggins?”
L’ex scassinatore smise subito di parlare da solo e si fermò, pensando di aver fatto l’ennesima figuraccia. Balbettò che andava tutto bene.
Il nano gli sorrise un’altra volta, dopodiché si voltò e riprese a camminare.
Lo hobbit lo seguì trattenendo a stento una risata: le api se n’erano andate proprio quando lui si era voltato a guardarlo.
Magari anche a me bastasse guardare le api per mandarle via.
Bilbo trovò che, la capacità di Thorin di pietrificare le persone solo con uno sguardo, fosse un vero e proprio dono.
 
Non appena Bilbo e Thorin si trovarono di fronte al cancello di legno mezzo aperto, il nano si fermò e si rivolse al suo migliore amico: “Allora, la persona da cui stiamo andando adesso ci conosce, siamo suoi amici. All’inizio può sembrarti strana ma non c’è ragione di avere paura. Inoltre ti pregherei di non nominare cacciatori, fabbricanti di pellicce o simili perché il nostro anfitrione è un grande amante degli animali. Sono stato chiaro?”
Lo hobbit annuì smarrito, chiedendosi come mai ci fosse stato così tanto bisogno di specificare quelle cose. E che intendeva dire Thorin con l’espressione all’inizio può sembrarti un po’ strano? Quella storia gli stava piacendo sempre di meno.
“Sta’ dietro di me” sussurrò Thorin aprendo piano piano il cancello, il quale cigolò un po’.
A quelle parole il signor Baggins s’irrigidì, pensando che non era tanto sicuro di voler entrare in quella casa. Se il suddetto anfitrione era loro amico come mai c’era bisogno di tutta quella prudenza?
Il nano e lo hobbit si ritrovarono in un grande giardino pieno di api e fiori.
Vicino alla porta di casa c’era un omone grande e grosso che stava battendo un'ascia su un pezzo di legno.
Non appena lo vide, Bilbo soffocò un grido e si strinse a Thorin. Chiuse gli occhi.
 
Beorn smise si tagliare il legno non appena udì un fruscio. Qualcuno si trovava nel suo giardino.
Il mutatore di pelle ringhiò e strinse il manico dell'ascia. Dopodiché si voltò e Bilbo si strinse più forte al suo amico.
Thorin non si irrigidì: erano loro amici, non avevano alcuna ragione di preoccuparsi.
Infatti, non appena Beorn vide chi erano gli “intrusi”, alzò le enormi sopracciglia in segno di stupore e alleggerì la presa sull' arma. “Thorin Scudodiquercia? Bilbo Baggins?” chiese incredulo: non si aspettava che sarebbero venuti a fargli visita.
“Salute Beorn!” lo salutò educatamente il Re sotto la Montagna avvicinandosi a lui finché non furono faccia a faccia.
“Salute a voi, amici miei.” Subito dopo il mutatore di pelle sorrise e aggiunse: “Per fortuna che mi sono accorto che eravate voi, se no vi avrei tagliato la testa di netto con la mia ascia.”
“Dubito che ciò sarebbe avvenuto: la mia arma avrebbe immediatamente schivato la tua, salvando così le nostre povere teste” obiettò Thorin con un sorriso strafottente e pieno di orgoglio.
L’omone rise divertito dalla loro amichevole lotta a parole, poi inclinò la testa. “Lui cos’ha?”
Il nano si voltò e vide Bilbo attaccato al suo braccio. I suoi occhi erano chiusi e stava tremando, mentre dalla bocca emetteva versi molto simili al mugolio di un cane.
Beorn si avvicinò al signor Baggins e gli mise una mano sulla spalla. “Signor Baggins! Per l’amor di Eru, smettetela di fare così! Ho già una decina di cani e mi bastano e avanzano” lo prese bonariamente in giro.
Bilbo aprì timidamente gli occhi e nello sguardo del mutatore di pelle non vide ferocia o rabbia, bensì gentilezza.
Lo hobbit si diede dello stupido per come si era comportato e probabilmente aveva anche offeso Beorn mostrando in un modo così evidente che aveva paura di lui.
Thorin, notando che il suo migliore amico era in imbarazzo e che non sapeva cosa dire, prese lui la parola: “Il signor Baggins ha perso la memoria.”
L’uomo che si trasformava in orso lo guardò stupefatto. “Ha perso la memoria?”
“Sì, a causa di una freccia degli orchi.”
Beorn era sempre più basito e preoccupato. “Siete stati attaccati dagli orchi?”
Thorin annuì.
“Ma come? Dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti di orchi ne sono rimasti pochi e per di più spaventati, si sono nascosti nelle caverne più profonde. Neanche i Mannari osano uscire allo scoperto.”
“Questo lo so, il problema è che dovevamo uccidere anche Bolg, il figlio di Azog: è determinato a vendicare la morte del padre ed è affiancato da un buon numero di orchi. Notti fa i suoi compagni ci hanno teso un’imboscata.”
“Senti senti!”
“Per questo siamo qui: abbiamo bisogno di un posto dove stare tranquilli per un po’.”
“Ma dove siete diretti?”
“Alla Contea, ritengo che quel posto potrebbe far tornare qualche ricordo a Bilbo.”
“Capito… ma che cosa fate ancora qua?! Prego, accomodatevi! Fate come se foste a casa vostra!”
 
La sala di Beorn era veramente molto grande, Bilbo, quando vi mise piede, si sentì ancora più piccolo. Era tutta in legno e al centro ardeva un bel fuocherello.
Non appena il mutatore di pelle batté le mani, giunsero sei bei pony bianchi e un paio di cani grigi, forti e slanciati. Beorn rivolse loro alcune parole che lo hobbit giudicò subito incomprensibili.
Subito dopo gli animali uscirono e tornarono con una bella tovaglia bianca e delle posate.
Il tavolo era talmente basso che persino Bilbo riuscì ad accomodarsi. Thorin prese posto accanto a lui, mentre Beorn si sedette su una sedia nera a capotavola.
Il trio mangiò formaggio, pane e qualche dolce al miele, accompagnando il tutto con un buon bicchiere di vino rosso.
 
Bilbo era felice: non aveva mangiato così bene da quando aveva memoria. Un buon pasto era proprio quello che ci voleva.
Il pomeriggio era passato velocemente e il trio si era divertito: avevano parlato tra loro di leggende perdute, di animali, di cibo e di montagne e fiumi.
Dopo il pasto lo hobbit girovagò per la casa toccando ogni cosa. Era molto curioso. Si fermò quando notò un’enorme arpa arrugginita. La guardò incuriosito e non poté fare a meno di domandarsi a cosa servisse quell'oggetto misterioso. Si avvicinò all’arpa e cominciò a pizzicare le corde, sussultò non appena esse emisero un suono.
“Arpa” disse un vocione alle sue spalle.
Bilbo fece un altro salto. Si tranquillizzò non appena si voltò e vide il suo amico Thorin.
“Quell’oggetto si chiama arpa.” Il nano era appoggiato con la schiena contro il muro e teneva le braccia incrociate, intenerito dallo hobbit.
“A cosa serve?” gli chiese curioso il signor Baggins.
Scudodiquercia sorrise ed avanzò verso l’arpa. La prese in mano e rispose: “A questo.” Pizzicò un po’ le corde, provocando una melodia che risultava immediatamente piacevole alle orecchie.
Lo hobbit chiuse gli occhi e sorrise. “Musica” sussurrò.
A Thorin venne in mente un’idea che forse sarebbe stata d’aiuto per il suo amico. Si sedette su uno sgabello e cambiò la melodia.
Bilbo aprì gli occhi, questa musica era decisamente più triste di quella precedente, tuttavia affascinante. Era impossibile non ascoltarla.
Il nano intonò con il suo vocione baritonale:
 
Lontano sui
Nebbiosi monti gelati,
in antri oscuri e desolati
partir dobbiamo,
l’alba scortiamo
per ritrovare gli ori incantati.
 
Ruggenti i pini
Sulle vette,
dei venti il pianto
nella notte.
Il fuoco ardeva,
fiamme spargeva.
Alberi accesi,
torce di luce.
 
Questo canto emozionò tantissimo Bilbo Baggins, lo rese malinconico e, al contempo, ansioso. Ansioso di continuare il viaggio con il suo amico e di ammirare con lui le montagne di cui parlava la canzone.


 

 

   
 
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