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Autore: alexiases    11/05/2015    4 recensioni
Avete presente come lo scetticismo della gente a volte possa essere un'arma a doppio taglio? Beh, in questa storia per Ellen lo è stata. Una professione, un lavoro, una casa, delle giovani vite spezzate, degli occhi vitrei. E se proprio ciò che amiamo ci portasse nella tana del lupo?
Se avete fegato, aprite questa storia non ve ne pentirete. P.s : Non sono brava nelle presentazione, quindi se vi va leggete la fanfiction.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA FOTOGRAFIA RUBATA

14-08-2015

C’era qualcosa di strano in quella casa e io avrei dovuto capirlo fin da subito. Quel freddo opprimente che penetrava fin dentro le ossa, che riusciva ad abbattere ogni tua possibile fonte di calore interna  che, per alcuni attimi, riusciva persino a bloccarti il respiro. Avrei dovuto capire che stavo andando incontro a qualcosa di più grande di me eppure, il mio lavoro, la mia vita e  tutto quello in cui ho sempre creduto mi imponevano di non credere a tutte le dicerie che si sentivano in giro sul conto di quell’edificio, per molti, maledetto.
Se solo le avessi ascoltate ora non sarei qui. Non sarei sull’orlo della follia. Ma partiamo dall’inizio voglio raccontarvi nei minimi particolari ciò che mi è accaduto, voglio descrivervi, con precisione e con la poca lucidità che mi è rimasta, tutto quello che mi è successo  negli ultimi tempi e che ha sconvolto la mia vita…
Mettetevi comodi e ascoltate, se siete particolarmente sensibili evitate di continuare a leggere  questa storia, perché è tutto fuorchè razionale, persino io stento a crederci…. Ora che non sono più viva ma morta.
12-08-2015
Sono  comodamente stesa  sul mio divano quando, improvvisamente, sento distintamente lo squillo del mio cellulare. Poso il bicchiere di cioccolata calda che stavo sorseggiando e, con la mia solita grazia, facendo cadere qualche cuscino, impugno quella dannata macchinetta infernale.
“Pronto, chi è ?”. Chiedo, con un tono abbastanza scocciato. Odio essere contattata fuori dal comune orario di lavoro.
“Buonasera signorina White, sono Richard Fallen. Il direttore della testata giornalistica, Survive. L’ho contattata perché avevo intenzione di scrivere un articolo e avevo bisogno di alcune foto. Lei sarebbe disponibile ad accettare questo incarico?”.
Quindi è per lavoro, fortunatamente. Ultimamente non sono molte le persone che mi contattano per questo genere di cose, la crisi si vede in ogni ambito e anche i fotografi non navigano in un mare limpido.
“Sono disponibile a qualsiasi tipo di location o lavoro. Mi dica solo di cosa si tratta.”. Rispondo prontamente.
“Perfetto. Allora sono il direttore di un giornale che tratta l’argomento del sovrannaturale. Ultimamente gli affari non stanno andando molto bene, avrei bisogno di un articolo superlativo. Ed è per questo che ho bisogno del suo aiuto. Ultimamente circolano strane voce su una casa, localizzata presso la periferia di New Orleans. Dicono che sia infestata, ma c’è di più. C’è chi dice di aver visto strane presenze. Io ho intenzione di scrivere un articolo su tutto ciò ma per attirare il maggior numero di lettori ho bisogno di foto. Molti miei collaboratori si sono rifiutati, non mi chieda il motivo. Sono particolarmente sensibili alle voci di paese. Lei sarebbe disponibile, quindi?”.
“Ma certo  che accetto, sono atea e soprattutto non credo a presenze soprannaturali. Farò qualche foto inquietante, aggiungendo anche speciali effetti. Si fidi di me”. Rispondo con un mezzo sorriso.
“E’ sicura signorina? E’ certa di accettare? Circolano strane voci su quel posto…”. Sussurra, con aria titubante.
Scoppio a ridere, e continuo per alcuni secondi. Non  posso crederci, esistono ancora persone che credono a questo genere di cose.
“Ma certo, domani andrò a fare il sopralluogo. Andrò di notte in modo da catturare un effetto ancora più macabro. A presto”.
Detto ciò chiudo il cellulare, non lasciando al signor Fallen, nemmeno il tempo di replicare.
Mi appisolo poco dopo, ripensando ancora alle stupide e insensate preoccupazioni di quell’uomo.
Non avrei mai immaginato che Richard  cercava solo di mettermi in guardia da qualcosa, da qualcuno.

13-05-2015

Sono le dieci di sera e ho appena raggiunto la tanto famigerata casa maledetta. Sorrido, pensierosa.
Effettivamente ha un aspetto un po’ trasandato, non sarà difficile catturare, tramite la mia amata canon, qualche scatto particolarmente inquietante. In fondo, la gente di paese, è così superstiziosa…
Incomincio a scattare alcune foto nel giardino. Noto alcune panchine, una  di esse ha un’ iscrizione.
“Mary e Lucas per sempre insieme”. Il tutto è contornato da un cuore.
Sorrido intenerita, in fondo questa casa ha anche qualcosa di rassicurante.
Chissà chi erano questi due ragazzi. Presa da questi pensieri, sobbalzo istintivamente quando avverto uno strano rumore, un frusciare di foglie. Mi giro, impaurita. E noto un comunissimo gatto bianco che mi fissa con i suoi bellissimi occhi azzurri.
Scuoto la testa, delusa da me stessa. Sono davvero stanca se mi spavento per questo genere di cose.
Dopo aver fatto qualche scatto a diversi cespugli, a strane statue di leoni e ad alcune panchine, decido di entrare in casa perché, con questo genere di fotografie , non si può certo montare un articolo decente. Ho bisogno di materiale che scotta e questo non è da prima pagina di un giornale come il Survival.
Mi incammino verso il portone della grande dimora, cerco di aprirlo ma noto che è chiuso. Strano per una casa abbandonata, sono davvero sfortunata. Emetto un lamento di frustrazione ma non mi do per vinta.
Faccio il giro della dimora e sul retro  noto una finestra, completamente aperta. Decido di arrampicarmi e, con non poca fatica, riesco nel mio intento. Nell’atterrare, però, inciampo perdendo leggermente l’equilibrio e procurandomi una storta.
“Merda!”. Urlo, ormai pienamente irritata. Non sono una ragazza dalla pazienza particolarmente sviluppata, anzi. Odio essere succube della sfortuna come in questo caso.
Dopo aver sbraitato per un po’ contro questa dannata casa, decido di guardarmi intorno.
Probabilmente mi trovo nella cucina dell’abitazione, perché intorno a me vedo pentole, piatti e un tavolo con alcune posate.
Perlustro la stanza, non trovando niente di interessante, quando, ad un certo punto, noto una fetta di pizza dentro un forno particolarmente antico. Sgrano gli occhi, scioccata. Insomma, com’è possibile che ci sia un alimento del genere, senza muffa e alcun segno di deterioramento? Probabilmente questa casa è occupata da extracomunitari o gente povera, questo spiegherebbe sia le presenze intraviste dalla gente di paese , che il portone chiuso.
Già, che sciocca. Come ho fatto a non pensarci prima? Fotografo il pezzo di pizza, comunque. Potrebbe essere fonte di  ispirazione per storie di fantasmi che si nutrono di alimenti spazzatura.
Scoppio a ridere da sola e continuo il mio giro di perlustrazione. Noto che la casa non è particolarmente grande, anzi. Ci sono in media sei stanze, compresa la cucina.
Mi dirigo verso il bagno ma non trovo niente di eclatante, così decido di recarmi nella stanza affianco.
Nell’attraversare il corridoio, osservo i quadri appesi alle pareti che rappresentano tutti i medesimi soggetti: ci sono una ragazzina dai capelli biondi e dai bellissimi occhi verdi, un ragazzo della stessa età e dai tratti terribilmente simili a quelli della bambina, un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati ma uno sguardo attivo e acceso, una donna dai capelli rossi e gli occhi verdi e un giovanotto, dal naso storto e dai tratti non pienamente definiti. Sembra storpio o qualcosa del genere, anche perché la bocca non ha un’ apertura pienamente definita e gli occhi sono vitrei, senza alcuna espressività.
Ciò che mi colpisce maggiormente di quest’ultimo è l’atteggiamento distaccato e freddo che dimostra nei confronti degli altri componenti della foto, che appaiono, al contrario, gioiosi. Decido di fotografare anche questo insignificante dettaglio perché, non ne so il motivo, ma questo quadro e quell’uomo mi inquietano di più rispetto all’intera casa.
Rabbrividisco, iniziando ad avvertire freddo. Mi stringo la mia giacca sulle spalle e affretto il passo per raggiungere la stanza successiva e concludere il mio lavoro.
Entrando, rimango stupida da ciò che vedo. Due lettini con trapunte color rosso vermiglio sono situati al centro della stanza, sopra questi due, si trovano, invece,  degli orsacchiotti, diverse bambole e alcune macchinine. Ai lati della stanza ci sono due armadi color marron ebano, con alcuni fogli riccamente disegnati, appesi su di essi. Mi guardo intorno e inizio a fotografare ogni dettaglio. Il clima di questa stanza è diverso dalle altre. Il freddo è aumentato e una strana sensazione di disagio inizia a farsi strada  in me. Non mi sento a mio agio, tutto qua.
Ispeziono ogni minimo dettaglio della camera  quando, ad un certo punto, apro un cassettino del comodino posto di fianco ad uno dei due lettini,  e trovo un diario rosa.
Probabilmente questa stanza era la cameretta dei due bambini raffigurati nella foto.
Curiosa come sono, mi accomodo sul lettino e inizio a sfogliare il diario. Ci sono diverse scritte e soprattutto molti disegni. La bambina racconta della sua felicità e del suo amore nei confronti di suo fratello e dei suoi genitori. Sorriso, amareggiata. Per una come me che non ha mai avuto una famiglia unita, leggere tutto ciò è altamente commovente.
Sfoglio ancora qualche pagina quando, ad un certo punto, noto un disegno con una x .
E’ un uomo pelato, con la bocca snaturata, sembra l’uomo inquietante della foto appesa nel corridoio.
Decido di leggere: “Caro Diario, oggi zio George si è arrabbiato con il mio papà perché dice che in questa casa viene solo disprezzato, mai considerato. Sono molto spaventata da zio George, mi guarda in modo strano e urla sempre. Non lo voglio qui, non lo voglio vicino a me e a Lucas. Voglio che il mio fratellino sia al sicuro”.
 Continuando a girare le pagine  noto molte scritte di questo genere.
Sono così assorta dalla lettura che, avvertendo un rumore proveniente dalla camera adiacente a quella in cui mi trovo, sobbalzo spaventata.
Scendo dal letto, fotografo le pagine del diario e impugnando quest’ultimo in una mano mi incammino in direzione della zona da cui ho sentito lo strano suono.
Raggiungo un’altra camera da letto con un lettone, le lenzuola sono sfatte e i mobili sono rigati. Fotografo anche questi ultimi e, ormai stanca della mia perlustrazione, decido di tornare a casa, quando improvvisamente, la porta si chiude. Cerco di aprirla ma non ci riesco, impreco e cerco di chiamare qualcuno con il mio cellulare ma in questa dannata casa, non c’è segnale. Stanca delle mie proteste, mi siedo sul letto e decido di aspettare il mattino, sicuramente il signor Fallen mi avrebbe cercata.
Riapro il diario e per passare il tempo ricomincio la lettura. Sono turbata dalle cose successe negli ultimi minuti ma non posso certo farmi prendere da stupide paure.
Ad un certo punto, noto una pagina completamente bagnata.
Si leggono solo alcune frasi:” Mamma, papà, incidente, volati in cielo, colpa di zio George”.
Sgrano gli occhi e sempre  più turbata, giro pagina ma un fremito lungo la spina dorsale mi blocca.
Alzo lo sguardo sulla porta ormai completamente aperta e vedo l’inimmaginabile: una creatura, dalle fattezza minute è piegata a terra, sta strisciando molto lentamente. I suoi capelli sono biondi e sono pieni di sangue, i suoi occhi non hanno più il bulbo, dalle cavità oculari fuoriesce un liquido vermiglio. I vestiti sono pieni di vermi, sono sporchi , strappati, pieni di sangue. Il colore della pelle è pallido.
Sgrano gli occhi perché  non posso credere a quello che sto vedendo. Mi sale la nausea di fronte a questa creatura orribile ma l’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento. Mi alzo dal letto, agguanto il diario e, afferrando un cassettino del comodino posto di fianco al letto matrimoniale, lo scaravento sulla creatura che si contorce, urlando e ridendo con una voce bassa, rauca, spaventosa. Approfitto del momento per scappare dalla stanza. Mi precipito in soggiorno, ma il portone verso l’uscita è sigillato.
A questo punto, decido di recarmi nella cameretta precedentemente visionata. Il cuore mi batte forte, la paura prende il sopravvento. Non riesco ad essere scettica, so quello che ho visto. Purtroppo non sono ancora pazza.
Mi sigillo nella stanza, spostando un armadio. Il sudore mi imperla la fronte, gli occhi mi bruciano e scoppio a piangere. In questo momento l’unico modo per scaricare la tensione è questo. Sto tremando e faccio fatica a credere a tutto quello che è appena successo.
Sento alcuni lamenti provenire dall’esterno della porta. E alcune frasi:” Gioca con me… Adesso viene Lucas… Leggi diario… Leggi…. Cattivo George”.
So che probabilmente è la cosa più stupida che io possa fare in questo momento ma non riesco a pensare lucidamente. Quella voce mi ha chiesto di fare qualcosa e io ho troppa paura per non obbedirle.
Apro il diario con le mani che mi tremano. La ferita alla caviglia, che mi ero precedentemente procurata, brucia sempre di più e non riesco a smettere di piangere. Con il cuore in gola ricomincio a leggere: “ Zio George ha detto che è il nostro nuovo papà. Lui ci tratterà bene. Ha detto così. Ma io non gli credo.
Lui oggi mi ha proposto di giocare con lui. Lucas non c’era. Ha detto che ci saremmo divertiti entrambi, io non ho capito cosa è successo. Però il mio vestitino, ad un certo punto, non c’era più poi ho sentito tanto dolore. Io piangevo ma lui niente. Lui mi ha fatto male. Io odio zio George. Lucas, perché non mi hai salvata?”.
Non riesco a continuare la lettura perché un conato di vomito, sopraggiunge istantaneamente.
Povera Bambina, cosa ha dovuto subire. Non riesco a smettere di vomitare, sto troppo male.
Improvvisamente, però,  la porta si apre.
La bambina di prima è accompagnata da un’ altra creatura, sembra un ragazzino.
L’unico particolare è che è senza un braccio. Gli occhi, i capelli e i vestiti sono iniettati di sangue.
Lancio un nuovo urlo, cerco di scappare ma le creature, mi inchiodano al letto e, con un pugno allo stomaco, riescono ad anestetizzarmi.
Non so quanto tempo è passato,  quando apro gli occhi e vedo i due mostri davanti a me.
Sorridono con le loro bocche rosse e piene di vermi.
Io, stranamente,  non riesco a muovermi ma ciò che mi spaventa maggiormente è che non riesco a sentire le gambe.
Mi guardo intorno spaventata, mi sporgo leggermente per vedere cosa sia successo ai miei arti ma non vedo niente. Me li hanno tagliati.
Tento di urlare ma la mia bocca è sigillata. Piango, piango e desidero solo  morire il più in fretta possibile.
Ma i miei due nuovi amici mi riservano ancora molte sorprese.
Il ragazzo inizia a parlare, con una voce bassa, gutturale:” Tu non dov… evi… Venire… Tu intrusa. Noi giochiamo con te… Come zio George ha giocato con noi…”.
Le ore successive sono state indescrivibili, torture, tagli di arti e tante lacrime. I momenti di tutta la mia vita mi sono passati davanti agli occhi mentre soffrivo e non sapevo cosa fare.
Finalmente, adesso sto morendo. E potrò dire addio a tutto, con il rimpianto di non aver creduto a nessuno.

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Nei giorni successivi i telegiornali hanno parlato della misteriosa sparizione di una giornalista, è stata perlustrata la casa dove si era recata la sera prima della sua sparizione ma non è stato trovato niente.
Ad eccezione di una macchinetta fotografica dove, tra le tante foto, vi era una raffigurante due bambini biondi e dagli occhi azzurri, sorridenti ma non identificati da parte della polizia del luogo.


Angolo autrice.
Buonasera a tutti è la prima volta che scrivo un racconto horror. Spero di essere riuscita ad inquietarvi almeno un po’. Se vi va lasciate un commentino, perché mi piacerebbe sapere cosa ne pensate visto che questo è stato solo un esperimento, scritto in due orette. Domani revisionerò il tutto, scusate eventuali errori. Spero che vi piaccia la lettura <3
Baci e grazie a chi è passato.



 
  
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