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Autore: misslittlesun95    12/05/2015    2 recensioni
Claudia Petrolini ha trentun anni ed è già madre, moglie, medico, deputata ed ex ministro.
Questo perché dieci anni prima ha trovato la forza e il coraggio di iscriversi al partito Comunista e abbandonare tutta la sua vita, passata in un quartiere degradato e malfamato di Roma, per inseguire i suoi sogni.
Adesso però il suo passato è tornato, a tre settimane dalle elezioni, con le sembianze di un uomo buttatosi dall'alto di un palazzo in costruzione
quell'uomo è Oscar, amico di Claudia per un periodo che parve eterno fino al giorno della sua scelta.
Catapultata d'improvviso nel mondo reale si scopre fragile e, soprattutto, fisicamente debilitata, malata, non più il forte personaggio pubblico da tutti conosciuto ma una semplice donna.
Abbandona la politica e tenta di salvarsi e guarire, di riprendersi pezzi di vita che temeva di aver perso.
Cercando la forza di essere se stessa nelle parole che le disse Oscar durante il loro ultimo incontro: "Ricordati di guardare il tramonto. [...] Te guardalo, sempre, così magari ti ricorderai di me e di questi anni che ti apparterranno fino alla fine della tua vita."
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XI

Di amiche femmine, da bambina, Claudia ne aveva avute diverse.
Poi, con l'inizio delle scuole medie e del rapporto quasi esclusivo con Oscar, aveva smesso di frequentare le ragazzine della sua età, e quella scelta, volente o nolente, era andata avanti fino all'inizio del ginnasio, quando tra tante conoscenti aveva finalmente trovato qualche amica.
Era ancora in contatto con quasi tutte, tempo permettendo, ma quella che alla lunga era rimasta la sua vera migliore amica si chiamava Isabella.
Era stata la sua prima vicina di banco alle superiori e non solo, visto che come lei aveva preso medicina e poi la specializzazione in neuropsichiatria infantile.
Quella di Isabella, in realtà, era stata una scelta dovuta più ad un accordo che a una vocazione.
Il padre, il nonno e i due fratelli maggiori erano tutti medici del cervello, tra un neurologo, due neurochirurghi e uno psichiatra, e lei, a cui la medicina era sempre piaciuta, sarebbe voluta diventare pediatra.
Nessuno l'avrebbe mai ostacolata, non lo avrebbero fatto neanche se avesse scelto un'altra facoltà, ma lei si era sentita quasi in soggezione e alla fine, forte anche del fatto che avrebbe avuto la sua migliore amica con sé, aveva optato per quella scelta.
Un accordo, appunto, un compromesso tra ciò che lei amava, i bambini, e ciò che sembrava scorrere davvero nei geni di famiglia.
Quando Claudia le aveva telefonato la sera di martedì tre Giugno, Isabella, madre di un bambino di un paio di anni, era intenta a mettere a letto il figlio e aveva così richiamato l'amica alcuni minuti dopo.
Avevano avuto una lunga conversazione in cui avevano parlato un po' di tutto, politica compresa, vista la vicinanza delle elezioni, e solo alla fine la Deputata le aveva detto di aver bisogno di vederla e parlare di persona il prima possibile.
Si erano date appuntamento per un caffè nel pomeriggio seguente in un bar dello stesso centro commerciale dove era stata Claudia alcuni giorni prima di ritorno da Ostia, e non era stata una scelta casuale.
Avevano potuto infatti passeggiare a lungo tra le vetrine distraendosi un poco prima di sedersi al tavolo di un bar per il caffè e la pesante confessione che la comunista aveva da fare.
Parlarne con la migliore amica era stato difficile proprio come farlo con suo padre, suo fratello e suo marito, e Isabella, che era una donna e poteva permettersi di farlo anche in pubblico, si era messa a piangere.
Leggera, senza dare nell'occhio né singhiozzare troppo forte, ma aveva pianto.
- Scusa.- Aveva poi detto a Claudia asciugandosi gli occhi. - Scusa, dovrei sostenerti e farti sfogare se ne hai bisogno, non piangere io. Ma è così assurdo.-
Come suo solito l'altra donna sorrise e si finse forte, perché il dolore e la debolezza li trovava privati, così privati da doverli mostrare il meno possibile anche alle persone che le volevano bene.
- Quando comincerai le terapie?-
- Entro una decina di giorni, appena possibile ma dopo le elezioni.
- Sei preoccupata?-
Claudia tacque un attimo.
- Sono stranita, più che altro. Non ci pensi mai al fatto che possa capitare a te. Non voglio che chi amo mi veda stare male e oltretutto non ho ancora detto nulla a mio figlio.-
- Coraggio, tesoro. Guido è un bambino intelligente, capirà la situazione e saprà anche aiutarti a modo suo, vedrai.-
Isabella riuscì a strappare un sorriso all'amica, anche se per Claudia non era semplice togliere il pensiero dal suo piccolo.
- A Settembre inizierà la scuola elementare e continuo a chiedermi se andrà tutto bene e sarà come gli altri o se scopriremo che qualcosa non va, magari perché ha un disturbo dell'attenzione, una dislessia o non so cos'altro, e ho paura di non essere in grado di accorgermene né di saperlo aiutare. Senza contare la paura degli effetti che la mia malattia potrà avere su di lui...- Isabella strinse forte le mani sudate d'ansia dell'amica.
- Anche se hai smesso da più di tre anni di lavorare sul campo credo tu abbia ancora gli strumenti per scacciare queste paure, lo sai. Chi di te può capire meglio se tuo figlio ha di queste problematiche? E poi se ci fosse bisogno non pensare due volte a chiamarmi, per lui, per te e per qualsiasi altra ragione, lo sai. Io ci sono sempre, e ti voglio bene.-
- Lo so Isa, lo so. E ti voglio bene anche io, grazie davvero.-
Si alzarono per lasciare il bar, e Claudia pagò dicendo che era il minimo che potesse fare.
Ancora scossa dalla notizia, Isabella decise di fare un altro giro per negozi assieme all'amica.
Per caso passarono di nuovo davanti al negozio dove la donna ammalata aveva acquistato i due foulard qualche giorno dopo, e decise di prenderne un terzo facendosi consigliare dall'altra.
In quel modo erano riuscite a sorridere entrambe, in quel momento, ridendo anche della malattia. Si trattava, forse, di un piccolo traguardo, soprattutto per la parlamentare.
Prima di scendere verso il parcheggio sotterraneo a riprendere le macchine e salutarsi Claudia decise di fare un'ultima tappa in un negozio di giocattoli dove aveva acquistato uno di quei kit per far giocare i bambini al dottore.
Voleva regalarlo a suo figlio nella speranza di poter rendere un gioco anche quel periodo, facendo il possibile per adattare tutto al suo modo di vedere le cose.
- Ci credi che non ha mai avuto nulla di simile?-
- Tuo figlio? Tuo figlio non hai mai giocato al dottore? No, direi che non ci credo!-
Claudia rise. - Non ha neanche sei anni, è piccolo per giochi simili. Ma visto che la situazione lo richiede preferisco cercare di non farglielo pesare, cercando di rendere adeguata alla sua età anche la malattia.-
- Sei una donna coraggiosa, amica mia, e quando Guido sarà più grande e potrà capirlo sarà orgoglioso di essere tuo figlio.- Le disse Isabella abbracciandola forte.
Mentre si trovava tra le braccia della migliore amica la donna assunse un'espressione triste, domandandosi se ci sarebbe ancora stata quando suo figlio sarebbe diventato grande.
Non voleva la compassione di Isabella, la quale con gli occhi magari lucidi le avrebbe detto di non fare quei pensieri perché, lo sapeva benissimo, aveva molte speranze di guarire e continuare la sua vita felice, non voleva rassicurazioni piene di parole di speranza e buoni sentimenti, preferiva tenere per se stessa le riflessioni sul futuro che, forse, non avrebbe mai avuto.
In fondo Claudia aveva accettato la sua situazione e avrebbe fatto il possibile per comportarsi sempre in modo razionale, e se un giorno Francesco le avesse detto o fatto capire che non vi erano più speranze lei avrebbe accettato quella prognosi, cercando di essere forte sempre, tenendo fino alla fine in mente il fatto che ciò di cui solo le importava erano i suoi cari, primo fra tutti Guido.
Non sapeva se ci sarebbe riuscita, la consapevolezza di una morte imminente era difficile per tutti, ma ci avrebbe provato.
Salutò Isabella con un altro lungo abbraccio, promettendole di dirle tutto quello che le sarebbe accaduto da lì in poi, e si diresse verso casa.
Nascose il regalo per il figlio e andò a parlare col marito per decidere come spiegare al bambino della situazione.
Ignaro di tutto, il piccolo giocava nella sua cameretta, e quando vide i genitori entrare insieme gli venne il dubbio che ci fosse qualcosa di strano.
Ma era solo un bambino, e non poteva capire tutte le cose dette silenziosamente dagli adulti.
- Amore vieni un attimo di là con noi?- Gli disse con dolcezza la madre.
- Va bene.- Rispose lasciando i suoi giocattoli.
Claudia prese il figlio in braccio e si andò a sedere sulla poltrona della sala. - Amore mio ti dobbiamo dire una cosa brutta ma molto importante.- Iniziò la donna, e il bambino fece una faccia strana.
- È successo qualcosa al nonno?-
- No, il nonno sta bene. È della mamma che dobbiamo parlare.- Spiegò il padre.
Guido girò la testa verso la madre e la guardò con gli occhi tristi.
- Devi partire ancora?- Le chiese. Ma la donna scosse la testa.
- No, amore mio. Io sono molto malata, e purtroppo per me adesso inizia un periodo molto difficile.-
- Hai ancora la febbre? Devi prendere l'antibiotico?-
nel sentire l'infantile ingenuità del figlio Claudia sorrise e si chiese se non sarebbe stato meglio non dire niente a un bambino così piccolo.
Ma visto che oramai aveva iniziato decise di andare fino in fondo.
Non gli disse propriamente di avere il cancro e di dover fare la chemioterapia, lui non avrebbe capito e sarebbe stato difficile spiegare, ma gli raccontò di come avrebbe dovuto fare delle cure molto pesanti per cui sarebbe dovuta andare in ospedale e lì sarebbe rimasta a lungo.
Decise di omettere il fatto che avrebbe perso i capelli; anche se il suo aspetto fisico sarebbe potuto cambiare non voleva affrontare subito l'argomento.
Con calma, quando e se durante il ricovero avrebbe potuto vedere il bambino, Davide gli avrebbe prima parlato.
Alla fine Guido pianse, aveva capito che la sua mamma stava molto male e non voleva, aveva paura.
Nessuno glielo aveva detto, ma lui dentro di sé sentiva che lei non sarebbe rimasta sempre con lui, e così glielo chiese. - Mamma ma tu non morirai, vero?-
Claudia gli diede un bacio sulla fronte. - No, non che non morirò. Ma per qualche mese non starò bene.-
- Mh... allora sono triste ma poi passa. Ma non lavori più?-
- Per un po' non potrò lavorare, no.-
- E se non sei in ospedale allora sei a casa con me? - La donna rise.
- Sì, se non sarò in ospedale sarò a casa con te. E quando starò abbastanza bene potremo giocare insieme.-
Cercò di farlo sorridere, ma il bambino rimase dubbioso.
- Però quest'estate non vieni in vacanza con noi, è vero?- Le domandò tristemente.
- No, probabilmente non potrò partire con te e papà o con te e il nonno, ma ti chiamerò sempre e voglio che tu faccia tante foto.-
- Va bene. Ma sarò triste senza di te.-
Claudia non disse nulla e strinse il bambino al petto.
- Se ti do tanti bacini guarisci prima, mamma?-
- Non lo so, ma possiamo provare.- Rispose lei, e Guido la riempì di coccole come solo un figlio sa fare.
Fu allora che la donna decise di dargli ciò che aveva acquistato per lui poche ore prima, e finalmente, dopo tante brutte notizie, il bambino sorrise felice e si mise a giocare.
Vista l'ora, il magistrato, che non aveva parlato per tutto il tempo limitandosi solo a fare qualche carezza al figlio, decise di andare a cucinare qualcosa, mentre la moglie e il piccolo rimasero nel salone a giocare.
Durante la cena, un po' triste come sempre in quei giorni, Claudia raccontò di cosa avevano fatto lei e il bambino in quei minuti.
- Allora, il dottor Guido ha detto che sto male, ma se riposerò e starò con mio figlio guarirò presto.-
Davide rise. - Oh, beh,- Commentò – Allora non possiamo che attenerci a ciò che lui dice, mi hanno raccontato che sia un bravissimo medico.- E poi si rivolse al diretto interessato. - Anche stare con il marito le farà bene?-
Guido ci pensò un po' su. - Mh... sì, però è meglio se sta con il figlio.- Sentenziò.
Anche quella notte il bambino rimase a dormire con i genitori nel lettone, senza staccarsi un attimo dall'abbraccio della madre, e quando lei si svegliò la mattina dopo, cercando di fare poco rumore per non svegliarlo, il piccolo aprì gli occhi prima che lei si alzasse e le sorrise.
Poi le passò una mano sulla fronte come se volesse sentire se avesse la febbre.
- Dici che posso andare a lavoro?- Chiese Claudia.
- Sì ma aspetta.- Rispose il bambino stringendosi a lei.
La donna coccolò il bambino ancora e ancora, finché l'orario non la costrinse ad alzarsi.
Per tutta la mattinata si sentì come osservata dal collega a cui aveva raccontato della malattia.
Sapeva che tutto dipendeva dalla sua paura di essere scoperta, come se la notizia potesse rimanere segreta per sempre o come se si dovesse vergognare della sua situazione, ma capiva anche come il suo inconscio stesse reagendo a quel periodo, e accettava, oltre tutto il resto, la paranoia di cui talvolta era vittima e che di certo non se ne sarebbe andata di lì a poco.
Pranzò in centro e poi, prima dell'appuntamento fissato col medico nel tardo pomeriggio, decise di andare un'oretta in piscina, consapevole del fatto che avrebbe dovuto rinunciare molto presto pure a quella attività che adorava e che spesso la rilassava.
Era uscita di casa già con il borsone, quella mattina, e si era così goduta qualche vasca in pace, allontanando tutti i pensieri negativi.
Appena era entrata nello studio, però, Francesco non aveva potuto fare a meno di notare i capelli umidi della donna, facendole presente che “nelle-sue-condizioni” non le faceva bene rischiare di raffreddarsi in un modo tanto sciocco.
Ma Claudia, con la sua solita leggerezza, gli aveva detto che trovava fondamentale vivere quei giorni in modo normale fino all'ultimo.
- E poi.- Aveva aggiunto in maniera totalmente autoironica. - Non credo avrò ancora a lungo capelli che potranno bagnarsi e rischiare di farmi ammalare.-
L'uomo non commentò.
Anche se la forza e l'umorismo della sua amica erano ottime armi per la battaglia che stava per cominciare a combattere aveva paura che prendesse tutto troppo sottogamba, e anche sapere che lei per prima era un medico non lo rincuorava affatto, visto soprattutto il modo in cui aveva sottovalutato i sintomi. Forse, anzi, avrebbe dovuto starle dietro come a qualsiasi altro paziente.
L'agoaspirato non aveva fatto altro che confermare ciò che già sapevano, una diagnosi grave e per cui bisognava correre ai ripari il prima possibile.
Poi, anche se abbastanza contro la volontà di Claudia, Francesco l'aveva visitata, scuotendo più volte la testa.
- Sei debole, molto. Stai ancora lavorando?-
La donna annuì.
- Fino a domani, ma tra una cosa e l'altra sto andando solo la mattina. Però devo ammettere di non sentirmi spossata come dici te...- Confessò.
- No, forse ancora no, ma che sei più stanca me lo avevi detto tu e si vede. Inoltre devo dirti che quando verrai ricoverata ti farò utilizzare la bombola di ossigeno costantemente e continuamente, sia in ospedale che a casa almeno fino a quando i tuoi polmoni non riprenderanno una funzionalità normale, e questa potrebbe non essere l'unica limitazione medica alla tua libertà nei prossimi mesi.-
Claudia respirò sentendosi bruciare dentro e lasciò che qualche lacrima le scendesse lungo i lineamenti stanchi.
Francesco, come facevano tutti in quei giorni, cercò la sua mano. - Coraggio, vedrai che tutto questo un giorno sarò solo un brutto ricordo.-
Lui lo sapeva, sapeva che dietro la forza e l'ironia di Claudia c'erano le debolezze di una donna qualsiasi, una giocane moglie e madre che avrebbe solamente voluto essere in salute.-
- Domani, per le ultime analisi, vorrei venire con mio padre. Non lo so, sento di aver bisogno di lui e sinceramente se ti vedesse e potesse farti qualche domanda penso starebbe più tranquillo.- Fece lei per cambiare argomento.
- Va bene. Anzi, è sempre ottimo che i parenti dei pazienti siano informarti con precisione di ciò che hanno i loro cari e delle cure che dovranno affrontare.- Rispose. - MA credo che queste cose tu le sappia già.- Aggiunse notando l'espressione inequivocabile che aveva assunto l'amica.
- Quando sei un medico è difficile ricevere le brutte notizie. Sei abituato a darle, a confortare gli altri, non immagini mai che la situazione si possa capovolgere, che tu possa trovarti dall'altro lato della scrivania.
O magari ci pensi pure, e ti convinci che se capitasse saresti avvantaggiato perché già sai. Ma cosa sai? La verità è che davanti a fatti del genere siamo semplicemente esseri umani. Non impotenti come molti dicono, semplicemente umani.
Così umani da privarci di ogni razionalità e di ogni nozione appresa.
Viviamo di istinti, passioni e dolori da molto prima che nascesse lo università, ed eventi improvvisi come la malattia non possono che farci tornare essere primitivi, esseri umani.-
Francesco sorrise all'amica seduta davanti a lui.
Si era sentito umano, nel senso di più sentimentale che razionale, quando aveva scoperto cosa stesse accadendo al corpo della donna, e sapeva dunque a cosa si riferisse.
- Sei forte, coraggiosa, combattiva e amata. Te l'ho già detto più di una volta, ben presto sarà tutto passato.
Perciò adesso stai tranquilla, Claudia. Vai a casa, stai con le persone che ami, riposati, non fare pensieri negativi. Se hai bisogno di qualcosa non scordarti mai che io ci sono come amico prima ancora che come medico.-
Lei rispose al sorriso che l'oncologo le aveva fatto iniziando a parlare.
Poco dopo i due si salutarono, e a casa Claudia rimase tutta la serata vicino al suo bambino.
Il pomeriggio di venerdì Claudia si presentò sotto casa del padre che mancavano pochi minuti alle quattro.
Appena in macchina il signor Oreste le chiese come fosse andato l'ultimo giorno di lavoro.
- Normale, anche se è stato strano. Sono tutti convinti che ci rivedremo presto, e invece non sarà così. Sembrava l'ultimo giorno di scuola.-
- Coraggio, bambina mia, vedrai che tempo che guarirai sarà già ora di prepararsi a nuove elezioni.-
Claudia rise. - Mi vuoi condannare a cinque anni di terapie, papà?-
- No, non volevo dire questo, scusami.- Rispose l'uomo con fare triste. - Mi riferivo alla solita poca durata delle legislature in Italia.-
- Ma sì papà, ho capito, stai tranquillo.- Sorrise ancora lei.
- Ti ho fatto davvero troppo intelligente, figlia mia. Ma dimmi, nessuno dei tuoi colleghi, neanche quelli a cui sei, per così dire, più legata, sa di ciò che ti sta succedendo?-
- L'ho detto a una persona, de Giovanni, non so se lo hai presente. Con lui sono praticamente amica, ed è la persona di cui lì dentro mi fido di più. Più che per motivi di conforto o altro glielo ho detto perché anche il partito deve sapere, visto che dovrò rinunciare al seggio. Sono anche in contattato con chi di dovere per questo motivo, e probabilmente nella tarda mattinata di domani dovrò andare alla sede del partito per chiarire. È strano, non potevo mai pensare mi sarebbe accaduto qualcosa di simile.-
Rimasero in silenzio per il resto del viaggio, ricominciando a parlare solo dopo aver parcheggiato la macchina appena fuori dall'ospedale.
Parlavano d'altro provando a non pensare a dove stavano andando e tutto il resto, ma quando si trovarono davanti al reparto di radiologia, nel seminterrato del nosocomio dove già Francesco li stava aspettando, fu impossibile per entrambi fingere che andasse tutto bene.
Claudia avrebbe dovuto fare due tac e fu mandata a prepararsi, lasciando i due uomini liberi di parlare fra di loro.
- Ci sarebbe da fare anche un'altra analisi che si chiama Pet, ma preferisco la faccia poi quando sarà ricoverata.- Spiegò il medico.
- Sarà un ricovero lungo?-
- Ancora non posso dirlo, ma temo di sì. Queste ultime analisi daranno qualche risposta in più, ma quello che mi preoccupa sono le metastasi alla colonna vertebrale.- Raccontò l'oncologo. - Temo che possano compromettere le sue funzioni locomotorie, e già vedo che cammina peggio di prima.-
Claudia sentì quelle parole da dietro la porta del camerino dove era andata a cambiarsi.
Era vero ciò che Francesco aveva detto a suo padre. Lei a suo tempo non lo aveva detto all'amico perché sapeva benissimo che fosse una naturale conseguenza delle masse, ma aveva iniziato a farci attenzione utilizzando scarpe basse e camminando spesso vicino ai muri, pronta a tenersi se si fosse sentita insicura sulle sue gambe.
Uscì dallo stanzino e seguì il medico fino alla stanza dove avrebbe fatto le analisi, mentre il signor Oreste attese fuori.
Il rumore assordante della macchina per la Tac fu assorbito in parte dalle cuffie che le furono fornite, ma l'ora che passò lì dentro si rivelò lunghissima.
Ebbe il tempo per ripensare a quegli ultimi mesi e a quel suo corpo così fragile.
La sera prima aveva raccontato a Davide di come il dottore l'avesse trovata debole, a quel punto le pareva inutile nascondergli qualcosa, ed aveva pianto tra le sue braccia perché non ce la faceva più né fisicamente né moralmente e tutto quello era solo all'inizio.
La cosa che più sperava era però non mostrarsi triste agli occhi di suo padre. Sapeva che l'uomo soffriva già moltissimo ed era per lei impensabile aumentare il suo dolore.
Quando l'analisi finì andò nello studio di Francesco assieme a lui e al padre, il quale trasalì nel leggere la scritta “Oncologia” proprio come aveva fatto lei a suo tempo.
Si accomodarono nella stanza come amici, senza la formalità tipica di momenti come quello.
Era vero che il loro rapporto poteva definirsi amichevole da tutti i punti di vista, ma quando anche il signor Oreste parlò con Riganese si sentì trattato con molto più calore di quello che si aspettava da un medico, benché conoscesse l'importanza del fattore umano in quella professione.
Fu un colloquio molto lungo; il padre di Claudia desiderava conoscere nei minimi dettagli la malattia della figlia e le cure che avrebbe affrontato, e il medico fu preciso nel dare spiegazioni.
Lo salutarono ringraziandolo infinitamente quando erano le sette, e Claudia propose di andare a cena fuori, telefonando anche a Gianluca per sapere se lui, la moglie e i figli potessero unirsi a loro.
Si trovarono così verso le nove in un ristorante vicino al centro di Roma, una terrazza sul Tevere, la famiglia al completo.
I bambini parlavano e giocavano tra di loro, gli adulti ridevano discutendo ora di politica e ora di altro, sempre evitando argomenti infelici.
Claudia aveva esplicitamente chiesto che non si parlasse in nessun modo della malattia.
Era il suo ultimo venerdì di vita tranquilla, e voleva viverlo felice.
Due giorni dopo ci sarebbero state le tanto attese elezioni, e poi tutto il resto.
Ma prima voleva essere felice, ancora una volta.
E la sua famiglia, la cena fuori in una calda sera di inizio Giugno, circondati dalla magia della Città Eterna, non poteva che essere felicità.

   
 
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