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Autore: Perrii    15/05/2015    2 recensioni
Si rese immediatamente conto che il tempo non sarebbe più passato se non avesse trovato qualcosa da fare.
< senti ... >
Aveva intenzione di proporre qualcosa, quando lo Spadaccino lo battè sul tempo.
< Cuoco, ti va di giocare a Poker ? >
Rimase un attimo spiazzato prima di dare un senso alle parole appena udite.
Poker ?
< vada per il Poker >
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sanji si agitava nervoso nella sua postazione, quasi come se fosse pronto ad alzarsi e a darsela a gambe levate da un momento all’altro.

No, quello non era un comportamento che gli si addiceva –correre in giro in mutande non era da veri signori-, ma non sembrava esserci altra scelta nell’attesa di un verdetto finale che aveva tutta l’aria di volerglisi rivolgere contro.

Dalla totale indifferenza, la fronte di Zoro si corrugò appena e poi sempre di più mentre fissava concentrato le proprie carte.

La mossa era sua e non poteva credere di avere quella mano.

Guardò per un momento il compagno davanti a lui stringere convulsamente le carte tra le mani, poi ricontrollò le proprie.

< è ora di capire chi è il cane* qui > sentenziò crudelmente.

Lasciò cadere le carte davanti a sé, in modo da mostrarle completamente all’avversario.

Quattro carte dello stesso valore ed una spaiata; un poker di Re.

Il Biondo sentì il cuore saltagli uno, due, tre battiti e non riuscì nemmeno a rispondere alla provocazione.

Aveva perso, era finita, ma come poteva uscirne il suo orgoglio da una situazione simile ?

Si era appena rivelato essere psicologicamente inferiore a quell’ammasso di muschio e verdura o era stata una dannata, semplice sfortuna ?

Qualunque fosse il caso, qualunque cosa decidesse di fare, la sua mossa era prossima.

Si alzò all’improvviso guardando un punto vuoto dritto davanti a sé, velocemente si spostò verso la balaustra bianca della nave e gettò il proprio mazzo di carte nel mare con un gesto deciso.

< MA CHE CAZZO STAI FACENDO ?! >

Lo Spadaccino lo fissava furibondo ancora seduto a gambe incrociate sul legno del pavimento.

< mi ero proprio stancato di giocare > rispose semplicemente l’altro, battendo le mani come per togliervi della polvere mentre le carte inzuppate galleggiavano placidamente.

< certo che hai un ottimo spirito da giocatore, Torciglio ! > sentenziò beffardo l’altro < ciò non toglie che tu hai perso ed io ho vinto >

Un ghigno trionfante si faceva sempre più largo sul suo viso mentre studiava il Cuoco raccogliere il pacchetto e accendersi l’ennesima sigaretta della giornata.

< che cazzo vuoi Verza, avevo una perfetta scala a colore in mano. Ma mi sono rotto di giocare >

Non una parola avrebbe mai convinto anche il più stupido tra gli stupidi.

E Sanji sembrava sempre più una pentola sul punto di ebollizione.

< e cosa ci fa la tua scala a colore in mare ? >

< una nuotata >

< secondo me hai perso >

< vuoi raggiungerla anche tu, Marimo ? Sono sicuro ti sentiresti a casa >

< devi toglierti le mutande >

< … COSA ?? >

A quell’ultima affermazione il Cuoco aspirò talmente forte dalla sigaretta che rischiò di inghiottirla.

Zoro si mise in piedi e si avvicinò a falcate pesanti verso di lui avvicinandosi pericolosamente.

< hai perso. Ora paghi tutta la puntata di gioco >

All’erta di fronte a quel comportamento inusuale, il primo istinto fu quello di allontanarsi, ma poi la sua parte più aggressiva si sentì punta sul vivo.

< sei proprio un deficiente se prendi così sul serio un gioco, lasciami fuori dai tuoi complessi mentali se non vuoi crepare !! >

Il Verde aggrottò ancora di più le sopracciglia, irato < sei tu quello che ha appena buttato il mazzo in acqua, Stupido Damerino !! >

Così dicendo lo prese in contropiede buttandolo a terra bloccandolo con le braccia, mentre l’altro non aveva ancora realizzato come uscire da quella situazione senza ammazzarlo.

Sarebbe stato un mondo migliore senza il Marimo, un mondo in cui lui avrebbe sempre vinto a Poker.

< te lo ripeto un’altra volta > ricominciò il Vice-Capitano bloccando con tutta la propria forza la sfrenata opposizione fisica del compagno, < tu hai perso e io ora mi prendo la vincita >

< ma che vincita !! Ma quale “perso” ?!! > inveì Sanji ringhiando.

< togliti le mutande o le toglierò io. Ora farai tutto quello che pare a me >

< ma che discorso da pervertito è questo ?! Io non farò un bel niente ! >

< tu hai accettato ! Un vero uomo non si rimangia la parola data ! > sbottò Zoro furente.

Il Biondo corrucciò la fronte e chiuse gli occhi sempre più sull’orlo del precipizio.

< come immaginavo, è impossibile avere a che fare con te !! >

< posso fare quello che voglio con te, Cuocastro >

< credici, Cretino. Tornatene nel tuo regno vegetale !! >

Ancora bloccato a terra non poteva che pensar male di quelle parole.

Aveva percepito il tempo cambiare ? Be’ il cielo notturno era più sereno che mai e la brezza continuava a soffiare leggera, ma lui stava passando attraverso una vera e propria tempesta.

Il Verde continuava a stargli addosso ed il suo viso era pericolosamente vicino.

< se sei un uomo, affrontami > gli soffiò in faccia con voce bassa.

L’altro afferrò al volo ancora una volta < è proprio perché sono un uomo che non posso, lo capisci ?!! Io sono fatto per conquistare le donne, sono il loro sogno proibito e la loro realtà più passionale !! >

Zoro continuò a tenerlo bloccato con la forza e digrignò i denti in risposta.

< l’unica cosa che capisco è quanto sia seria la tua malattia mentale, Torciglio > e mollò la presa su una delle spalle per portare la mano ad accarezzargli il petto nudo che si alzava ed abbassava freneticamente in preda al panico.

< voglio farlo > disse ancora lasciando spaziare un sorriso perverso sul suo viso.

Il Cuoco si sentiva morire sempre di più sotto quel tocco così incredibilmente caldo e quelle parole da censura.

Milioni di insulti si erano accumulati nella sua gola impendendogli quasi di respirare mentre tentava lo stesso di portare ossigeno nei suoi polmoni.

< c’è QUALCOSA DI SBAGLIATO NEL TUO CERVELLO, IO SONO UN UOMO !! >

Non gli importava se l’avessero sentito anche dall’altra parte del globo o ancora peggio, nell’albergo dove riposava il resto della ciurma, se la forza non lo aiutava almeno nei limiti del possibile doveva tentare di farlo ragionare.

Ma l’unica cosa che sentì qualche istante dopo fu un < taci > sussurrato con rabbia sulle sue labbra e successivamente la bocca del compagno sulla sua, oscurandolo completamente al cielo stellato.

Zoro lo stava baciando, lo stava BACIANDO.

Non era nello stesso modo in cui lui immaginava di baciare Nami-san o Robin-chan, erano solo labbra premute forte tra loro.

La sua mano però era ancora sul suo petto e lo teneva bloccato a terra.

Poteva percepire il legno sotto la sua schiena, il calore del corpo dell’altro, ma nessun rumore giungeva al suo orecchio, bloccato in un sordo, scioccante silenzio.

 

 

Sanji non avrebbe mai lasciato a nessuno la possibilità di cucirgli la bocca, in nessun modo.

Tantomeno quel Marimo non lo doveva toccare, nemmeno sfiorare.

In quegli istanti che parevano infiniti, sentì la pressione su di lui farsi più leggera e il sangue riprendere a fluire normalmente, ma il cuore continuava a pompare talmente forte, che a momenti temeva potesse esagerare e non fermarsi più.

Cosa stava succedendo ormai non lo avrebbe più saputo dire, quelle labbra premute così forte sulla sua bocca gli toglievano la possibilità di respirare e solo per un momento il suo cervello riprese a funzionare.

Si liberò dalla sua stretta con un gesto veloce e gli afferrò le spalle.

< ZORO > cominciò con voce gutturale e tremendamente seria, < non osare mai più avvicinarti a me >

L’altro lo guardò con espressione evidentemente scocciata, opponendo resistenza alle braccia che lo spingevano.

Voleva prendersi quel che gli spettava e nessuna stupida minaccia lo avrebbe fermato.

Quel Cuoco non aveva la minima idea di cosa avesse in serbo per lui, la bestia feroce che assopita giaceva nel suo petto si era ora risvegliata e aveva trovato pane per i suoi denti.

< altrimenti ? > lo sbeffeggiò con un filo di voce.

< non esiterò ad ucciderti > fu la pronta risposta.

Lo Spadaccino non si sarebbe aspettato una risposta migliore: quelle parole fecero come divampare un fuoco dentro di lui e poteva sentire l’eccitazione crescere senza nessun ritegno.

Spinse con forza per avvicinarsi di nuovo al viso dell’altro con gli occhi incatenati nei suoi.

< grazie per l’invito > soffiò.

Fu un battito di ciglia e lui fece combaciare i loro corpi perfettamente.

Posò nuovamente la bocca sulla sua, sempre più famelico, ma questa volta la trovò già socchiusa, quasi come se lo stesse aspettando, in contraddizione a quanto gli stava dicendo il cervello.

Gli circondò la vita con un braccio tenendolo premuto contro di sé, mentre l'altra mano salì tra i suoi capelli biondi e li strinse forte: la lingua cominciò a scorrere calda nella sua bocca, accarezzando e spingendo, mentre le labbra si fondevano insieme.

Il Biondo sentiva di aver perso tutto, persino il senno che oramai lo aveva abbandonato in una situazione dove nessuno avrebbe mai immaginato loro due.

Quel contatto lo aveva schifato, gli aveva stretto lo stomaco fino quasi a fargli venire la nausea, ma solo dopo, quando il calore dell’altro lo aveva irradiato e il suo rude desiderio posseduto, tutto il sangue che metteva in moto il cervello si era trasferito verso il ventre, dove –anatomicamente parlando- vi era la più chiara e sincera risposta a quella vicinanza.

Mosse le mani ancora incastrate scomodamente sulle spalle dell’altro e le fece scendere lungo la schiena, piantando le unghie nella carne.

Il Verde si lasciò sfuggire un lamento che si perse subito in quel bacio poco casto e in tutta risposta spinse il proprio bacino su quello del compagno provocando brividi improvvisi ad entrambi che dovettero allontanarsi leggermente per rifornire d’aria i polmoni.

Respirò sulle sue labbra mentre ricominciava a baciarlo con passione e trasporto, e le mani risalirono quel corpo diafano, accarezzando vogliose le sue spalle, le braccia, il petto, il viso, i capelli.

Sanji si sentì spingere di nuovo dopo essere stato girato malamente di faccia sul legno della nave.

Sentiva quel corpo premere caldo contro la sua schiena e d’istinto cercò di non farsi prendere dalla sorpresa e con entrambe le mani oppose una forte resistenza a quella pressione.

La verità non era che si volesse semplicemente girare per baciarlo ancora, per avere di più da quei brividi di piacere che razionalmente non avevano risposta, no, il problema era in quella posizione che pareva averlo sottomesso in qualche modo.

Non aveva vinto, non avrebbe mai vinto, e tutto quanto era soltanto un’assurdità.

Volse la testa di lato e si lasciò scappare un gemito nel momento in cui formulava quei pensieri e l’altro lo sovrastava: giunse un grugnito contro il suo orecchio, un rumore roco proveniente dalla gola dello Spadaccino che mollò la presa ferrea su di lui e cominciò a toccarlo ovunque.

< b-bastardo … non osera-ah-i >

Si vergognò profondamente di come quella che doveva essere una minaccia, era invece appena uscita dalla sua bocca come fosse il gemito di una ragazzina alle prime esperienze.

Il Vice-Capitano lo ignorò e prese a passargli la lingua sul collo, mentre la destra scendeva in basso, dentro quei boxer che, se avesse rispettato le regole del gioco, non avrebbe nemmeno dovuto avere.

Si mosse poco delicatamente sfregando la propria erezione sul suo corpo e con la mano prese a massaggiare quella del compagno, gesti moderati ma profondi, dalla base fino alla punta poteva sentire quasi il sangue scorrere impetuoso e l’organo inturgidirsi fino al limite.

Ogni più piccola briciola di protesta era scemata.

Quello che sentiva in quel momento il Cuoco era l’impotenza razionale contro il piacere dei sensi.

Ogni spinta era come una scintilla che accendeva un fuoco, ogni movimento lasciava dietro di sé il desiderio di qualcos’altro, di qualcosa di più che potesse abbandonarlo in un pacifico senso di appagamento.

 

 

Zoro poteva sentire distintamente i gemiti soffocati dell’altro mentre lo possedeva.

Non aveva dovuto convincere più a parole quella testa calda a lasciarsi prendere, a lasciare da parte quei muri che si era costruito per difendere la propria eterosessualità: non importava, non era mai importato a lui di che sesso fosse la persona per cui provasse un desiderio incontenibile, il suo istinto naturale era quello di cercare la soddisfazione, di sfogare il suo appetito.

Teneva quel corpo così familiare tra le proprie mani, accarezzandolo e spingendo dentro di lui con lo stesso ritmo.

Gli unici due indumenti che li avevano tenuti separati giacevano poco più in là, come disprezzati dai loro proprietari che per sentirsi più vicini avrebbero voluto persino strapparsi la pelle.

Sanji contraeva continuamente i muscoli e li rilassava subito dopo cercando di mandare via il dolore.

Ogni più piccola parte del suo cervello odiava quello stupido Spadaccino per quello che gli stava facendo, per quello che non sarebbe mai riuscito a dimenticare, ma quel calore incredibile che lo avvolgeva, quella bocca che si posava sulla sua schiena e quella mano che ogni tanto gli scompigliava i capelli lo mandavano in estasi.

Lo sentì muoversi lento dentro di sé e strinse le gambe in un gesto involontario strappando un gemito al compagno sopra di lui.

Il ritmo aumentò e quel dolore divenne dapprima sopportabile, poi infine parve quasi voler scomparire.

Con gli occhi socchiusi poteva vedere nel buio della notte solo le proprie dita incollate al pavimento, tentava di trattenere qualsiasi suono per non dare nessuna dannata soddisfazione, ma diventava sempre più complicato man mano che si sentiva sul punto di non ritorno.

< San … j … >

Il Verde strinse i denti per tenersi sotto controllo e con le ultime profonde spinte venne dentro il corpo del compagno.

Sentendolo riversarsi dentro, anche l’altro sospirò sommessamente e non si trattenne più.

Si allontanarono definitivamente dopo un momento di stasi.

Si lasciarono andare entrambi in avanti, dove il Biondo poté finalmente girarsi a guardare nuovamente il cielo: sentiva le loro spalle toccarsi e nient’altro, la distanza era infinitesimale ma il calore di cui erano stati privati entrambi era percepibile.

Cosa sarebbe arrivato dopo ?

Tutto esattamente come prima ? Come se non fosse mai accaduto ?

Non voleva nemmeno pensare alle ripercussioni di ciò che avevano fatto.

Sapeva solo che il problema maggiore glielo avrebbe dato il proprio fondoschiena, che solo in una posizione immobile come quella sembrava non avere nessuna ragione per cui protestare.

Scoprendosi improvvisamente pudico di fronte a quella situazione, allungò il braccio verso quelli che poteva riconoscere come i propri boxer e ci si coprì il ventre.

Avrebbe preferito avere la testa tagliata in due da una delle katane del Marimo oppure essere in mare con la sua sfortunatissima mano di gioco piuttosto che essere lì.

Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi del “dopo” se tanto già lo odiava da sempre.

< ti odio > formulò deciso, ma guardando con rabbia solo il buio.

Quel cielo lo aveva tradito con la sua brezza serena, non vi era mai stata notte peggiore.

Il lieve contatto tra di loro si spezzò e con la coda dell’occhio vide il Vice-Capitano alzarsi ancora completamente nudo e raccattare qualche vestito qua e là per farne una palla informe.

< alla prossima partita, Cuocastro > sentenziò ghignano.

Nel chiaroscuro della notte, Zoro rimase per un attimo immobile a guardare il corpo del compagno steso a terra esattamente dove lo aveva lasciato, ancora intento a regolarizzare il respiro.

Quella non era stata la prima volta in cui lo aveva desiderato ed ora era più che certo che non sarebbe stata nemmeno l’ultima; in quel corpo così esile era custodita una forza pari alla sua, un avversario alla pari di cui si sentiva fiero e che lo faceva impazzire.

Riscuotendosi dai propri pensieri riprese a camminare verso la coffa dell’albero maestro dove avrebbe continuato diligentemente la propria veglia notturna.

Sanji sentiva la rabbia esplodergli dentro, ma non aveva la forza di muoversi.

Quell’incapace e idiota si era preso la sua famigerata “vincita” ed aveva persino avuto l’ultima parola, ma di certo non l’avrebbe passata liscia, oh no.

Avrebbe vinto, lo avrebbe schiacciato e si sarebbe preso tutto.

Aveva avuto ragione sin dall’inizio; il Marimo non aveva la minima idea di come si gioca a Strip Poker.

 

 

 

*”Dog” o “underdog” è un punto o un giocatore che sembra sfavorito in una determinata mano.

THE END

Siamo giunti così alla fine di questa incredibile notte che,

chissà, forse ha rispecchiato le vostre aspettative o forse no.

Spero che sia stata di vostro gradimento

e, se vi va, fatemelo sapere con una recensione ! C:

 

Vi ringrazio tutti/e di cuore per aver letto questa storia

 

P.S. Zoro the beast  _

  
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