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Autore: Lunemea    19/05/2015    1 recensioni
[Heaven’s Door Yaoi GDR]
«Il Kintsugi, letteralmente significa "riparare con l'oro". È una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido per saldare assieme frammenti di oggetti in ceramica, rotti o spaccati. Ogni oggetto riparato oltre che prezioso, diventa unico e irripetibile, proprio per la casualità con cui la ceramica può frantumarsi. Questa tecnica in se nasconde una filosofia: non importa quante ferite si possono avere nel passato, ci sarà sempre un modo per rimettere insieme i pezzi e rendere quella storia una linea preziosa per il proprio presente. Sinceramente? Ho sempre pensato che fosse una cazzata orientale. Poi, ho trovato l’oro.»
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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26 anni

- La sera di Natale -

 

Fa freddo in Giappone. Freddissimo. Anzi, no… non in Giappone. In questa città fa freddo. Maledetta Narita tra montagne e mare. Si può avere un incrocio di temperature più differenti? Secondo me no. Ho beccato l’inferno, ne sono sicuro.

Mi stringo nel cappotto rosso che indosso e impreco sommessamente nella mia lingua natia. Abbasso la testa e mi guardo le scarpe verde acido che affondano nel selciato del parco. Sotto le suole sento lo scricchiolio dei sassi che si aprono ad ogni mio passo e, considerata la mia altezza, non è di certo delicato. Scavo un percorso fin dentro la vegetazione centrale, calpestando le aiuole per far prima. Ho deciso di tagliare per il grosso parco del centro e dirigermi verso casa dopo un’intera giornata all’Insert Coin, proprio per evitare il giro lungo in autobus e magari guadagnarmi quella mezzoretta che posso recuperarmi davanti alla Play. Ecco. Pensiamo a qualcosa di positivo e di bello, così magari mi passa questo dolore a mani e piedi per l’assideramento latente. Penso che tra un po’ sarò a casa, sul divano: davanti il mio grande, grandissimo schermo, in una mano un joypad e nell’altra una birra. 

Ooh. Quello è il nirvana. L’estasi celestiale. L’ascesa verso la completezza dell’Io. Mi servirebbe un’altra religione per rendere l’idea. Alzo gli occhi al cielo come se da questo potesse discendere una risposta e invece mi ritrovo l’imponente figura dell’albero di natale, pieno di luci e luccichii messo proprio al centro del parco. Beh, leggermente pagano come messaggio.

***

 

Quanto sarà alto? dieci, dodici metri? Mi faccio indietro con la testa, barcollando un po’. Arrivo a guardarlo fin sopra la punta e osservo la stella in cima brillare di qualche tipo d’energia interna. Una lampadina tremolante. Sembra una fiammella. Fiammella… ok. Ora voglio fumare. Magari posso sedermi un attimo su una di quelle panchine e sprecare cinque minuti del mio tempo per godermi un po’ questo sprazzo di Natale. Ho già passato la vigilia in un raid sul MMORPG, magari potrei recuperare in questo modo, tanto per non far preoccupare mia madre e raccontarle una finta scena quando mi chiederà se ho passato il Natale da solo.

No, mamma. Eravamo io, un grosso albero di Natale al parco, la mia sigaretta e… i primi tizi che becco con lo sguardo e che magari spaccio per “amici”. Mi guardo attorno. Ecco quelli lì sulla panchina. Cosa sono? Dei ragazzini. Uhm. Va bè, non importa. 

Uno con i capelli rossi ha lo sguardo arcigno. Lo classificherò come l’antipatico del gruppo. Un altro dall’aria innocente, dai capelli grigi, penso che lo descriverò come l’ ingenuotto di turno. E poi infine, un altro dai capelli blu. Sembra il più piccolo, anche a statura, ma ha lo sguardo furbo. Secondo me è il più fetente dell’intera combriccola e a giudicare da come si muove e parla, sicuramente la guida completamente.

Sono tutti dei Mezzianimali, lo capisco dalle code e dalle orecchie che spuntano dall’estremità di culo e testa. Dove vivevo io ce n’erano pochi, ma non sono i primi che vedo dopotutto. Solo che non sono proprio abituato a rapportarmi con loro. Poco male, tanto non ho intenzione di avvicinarmici. Prendo il pacchetto di sigarette e ne sfilo una, portandola tra i denti. Faccio qualche passo indietro, spostandomi dall’ombra cangiante dell’albero illuminato. È sera, ma i lampioni del parco mischiano la loro luce calda a quella più colorata dell’abete centrale.

Riposato il pacchetto nella tasca della giacca, sposto le mani su quelle posteriori dei jeans. Al tatto sento la pressione delle spillette di Batman e Superman. Infilo le dita e non trovo ancora quello che sto cercando. Cambiamo direzione, provo con quelle anteriori.

Oh, il ragazzetto dai capelli grigi sta offrendo del cibo. Pollo fritto, pare. Il rosso selvaggio lo addenta manco avesse patito la fame per mesi interi, eppure mi sembra robusto e anche forte; l’altro ragazzo dai capelli blu invece frega direttamente tutto dalle mani dell’innocentino. L’ho detto, quello è furbo. 

Porto le mani di nuovo nella tasca del cappotto, smucinando un po’. Niente. Afferro la tracolla che ho sulla spalla e guardo all’interno delle tasche classiche in cui ficco l’accendino. E niente, nemmeno qui.

Alzo la testa e mi accorgo che il ragazzetto dai capelli blu si sta avvicinando alla mia posizione. Lo ignoro. Per ora continuo a cercare l’accendino senza farmi distrarre dai suoi commenti. Sento poco distintamente le parole: “Facebook” e “foto”. Sarà uno di quegli adolescenti che classificano ogni momento della loro vita secondo quanti “mi piace” raccoglie la loro fotografia.

Alzo i documenti che ho all’interno della borsa, infilando le dita fino a toccare il fondo ed esplorarlo alzando la testa. Faccio mente locale: quando ho fumato l’ultima volta? Prima di chiudere l’Insert Coin. Ok. Il pacchetto l’ho ripreso, il resto della roba l’ho sistemata sul bancone perché era arrivato un ultimo cliente. L’avevo messo vicino alla sciarpa, con accanto le chiavi. No. L’avevo messo “sotto” la sciarpa, per non far vedere a quei ragazzini e ai genitori scassa palle che esistono aggeggi del genere in un negozio di Videogiochi. Quindi. Se ho attualmente la sciarpa attorno al collo, ho la netta sensazione che l’accendino non l’abbia né visto, né preso, lasciandolo probabilmente sul pavimento del negozio stesso.

Accidenti. Mi sa che è andata proprio così. Povero il mio zippo di Captain America.

***

Sospiro e abbandono la ricerca, tenendomi in bocca la sigaretta in modo sconsolato. Mi giro verso il gruppetto e ora trovo il ragazzo dai capelli blu piuttosto vicino. A questo punto tento. Alzo una mano e agito la piccola stecchetta di tabacco, chiedendogli in quel modo silenzioso se ha d’accendere. Lui incrocia il mio sguardo e lì scopro un azzurro intenso, che gli apre l’occhio e lo classifica come particolare. No, decisamente non è giapponese. A vederlo meglio ha qualcosa di occidentale, ma è mischiato dai lineamenti allungati, tipici dei nipponici. Gli altri due amici, invece, sono del tutto orientali. 

Oh, un attimo. Quello con i capelli rossi mi sta guardando. E mi sta anche imbruttendo. Perché?

«Ehi!» esclamo, riuscendo a ritirare in tempo la sigaretta dalle grinfie del ragazzetto dai capelli blu. Le si era lanciato contro con una finta zampata, nemmeno fosse un… Gatto. Ma certo. Le orecchie nere sulla testa e la coda sinuosa danno quell’idea. Sarà un mezzo felino. Un… come lo chiamano qui in giappone? Nekomimi? Va beh. Mezzoanimale, per me. «No, no. Non si fa…» aggiungo nel loro idioma, ritirandola e tenendomi la sigaretta stretta sul petto, nascosta in un pugno.

Sono alto, molto alto, in confronto a lui, quindi non ci è arrivato. Per fortuna.

«Me la stavi porgendo…» mi risponde quel ragazzo, guardandomi come se gli avessi tolto di mano il suo gioco preferito.

«Ti stavo chiedendo se hai d’accendere, in realtà»

«Ah» e si morde le labbra, scoprendo due canini piuttosto appuntiti. Si gira e guarda dietro di se. Io seguo il suo sguardo e incrocio di nuovo quello del Mezzoanimale rossiccio. Non ho idea di che creatura lo caratterizzi: ha una coda voluminosa, rossa e bianca. Poi due orecchie tondeggianti, un po’ nere sulla base. Non mi intendo di animali simili, quindi non so se sia un canide o un felino. Beh, è comunque qualcosa di selvaggio, visto come mi sta fulminando con lo sguardo. Ora gli chiedo se può guardare la mia sigaretta, magari prende fuoco e risolvo il mio attuale problema.

«Smettila, Netsu» dice il ragazzo vicino a me. Netsu? Ah. Il rossiccio, giusto. Ma perché, ha detto qualcosa? Quando? E come ha fatto a sentirlo? Gli guardo le orecchie e faccio due più due. Ovvio. Io, stupido umano. Lui, poteri sovrannaturali di bestia.

«Che succede?» domando, ma si è avvicinato l’altro ragazzetto con i capelli grigi, come se si comportasse d’ambasciatore di causa. Mi guarda con quegli occhi rossi e innocenti, che sembrano chiedermi un grosso favore ancor prima di formularlo a parole. Pelle pallida e viso angelico. Affascinante. Farebbe sospirare parecchie ragazzine.

«Mi scusi» mi sta dando del “lei”. Ritiro tutto quello che ho pensato: lo odio. «non per essere sgarbato, ma può mettere gentilmente via la sigaretta? Il mio amico preferirebbe che lei non l’accendesse. Rischia un suo assalto, altrimenti»

E “sti cavoli” dove ce lo metti? E poi perché mi sta parlando lui? L’altro ha problemi a parlare in lingua umana o è troppo concentrato a imbruttirmi con lo sguardo per mettere insieme due parole? Questa cosa mi sta innervosendo dal profondo. Anche perché… per quale diavolo di motivo non posso fumare la mia fottuta sigaretta?

Guardo il ragazzo dai capelli grigi come se non mi avesse nemmeno parlato. Celo la mia incazzatura con la mia classica espressione neutrale e faccio oscillare il mio sguardo su tutti e tre. Il Gatto dai capelli blu scuote la testa e guarda male Netsu. Meno male che non sono l’unico a trovare stupida questa situazione. Poi, inspiegabilmente, proprio lui aggiunge: «Ha ragione, sai?» 

Cosa? Tizio dai capelli blu, mi hai tradito!

«Ci provasse ad accenderla…» un ringhio o una minaccia alla fine proviene dal Mezzoanimale rossiccio. Sa parlare, allora. E conferma la definizione di “Antipatico del gruppo”.

«Complimenti, minacci i passanti ora?» risponde in difesa il ragazzo dai capelli blu «Scrivimi una cartolina dal canile in cui ti rinchiuderanno.»

Il rosso grugnisce in risposta.

Rispondo «Beh. Visto che si sta impedendo di fumare a un fumatore che ne ha bisogno… credo che serva qualche motivazione in più del semplice: “preferirebbe che non lo facessi.”» guardo proprio quel ragazzo laggiù, ancora rannicchiato minaccioso su quella panchina. 

Ma guarda te. La sigaretta la stringo nel pugno nemmeno fosse un’arma e mi giro per avere tutti e tre più frontali. Avrei voglia di spaccargli quel naso raggrinzito dal suo ringhio con un pugno.

«È per l’odore» risponde il ragazzo dai capelli scuri, intervenendo «Riesco a sentire il dopobarba del tizio che vende lo zucchero filato a quel banchetto laggiù» mi giro.  Cavolo, è lontano «figurati cosa potrebbe fare una sigaretta» lui non mi da del “lei”. Mi sta più simpatico. E poi mi ha dato una spiegazione più logica.

Apro il palmo e guardo la mia povera Lucky Strike. Quindi un odore del genere darebbe fastidio a una razza come la loro? Rimango in silenzio valutando la situazione. Mi mordo le labbra e alla fine porto la sigaretta dietro l’orecchio scoperto dalla capigliatura mohicana che possiedo, lì dove la rasatura mi disegna metà della nuca. Incastro la stecchetta sui numerosi piercing che mi bucano il padiglione e la tengo ferma lì.

«Beh, tanto era diventato difficile accenderla senza accendino» rispondo, cercando di controllare il mio nervosismo. «Mi basta sapere questo e posso tranquillamente rinunciare a fumare per ora» Ma perché sono passato dal parco? Perché?!

***

Il Gatto dai capelli blu annuisce contento e tira fuori un sorriso che farebbe vacillare qualsiasi adolescente femmina di passaggio. Non ha lo stesso fascino misterioso del tizio dai capelli grigi, ma ha acquisito punti solo con quello; mi è venuto naturale considerarlo simpatico, il che è incredibile. Il potere delle buone maniere. O della simpatia a pelle. Non so quale abbia, ma sicuramente è spiazzante. 

«Meno male. Nessuna strage oggi» 

Strage? Lo sto guardando male, ma sicuramente la mia espressione classica non lo lascia intendere. Cosa pensa che sia? Il primo sprovveduto che si fa abbattere da un adolescente qualsiasi? Mi sta sottovalutando. O… magari sono io che sto sottovalutando Netsu. «Andiamo, quest’albero illuminato mi ha già rotto» aggiunge poco dopo.

«Non volevi farti la foto con Touya? Fattela fare dall’umano…» aggiunge il rosso, in un mero tentativo di sbollire la rabbia. Il modo dispregiativo con cui ha pronunciato “umano” mi fa venir voglia di realizzare comunque il mio pugno sulla sua faccia. Per un momento mi dimentico del nome che ha pronunciato. Probabilmente si riferisce al ragazzo con i capelli grigi, ma sorvolo per rispondergli e andargli contro per il puro gusto di farlo:

«No, grazie per la considerazione. L’albero è molto bello, ma vorrei andare a fumare»

Netsu mi guarda malissimo e io rispondo con la mia superiorità impassibile di ventiseienne. Anche se in questo momento, sembro più un ragazzino che risponde a un altro ragazzino facendo a gara a chi abbassa lo sguardo per primo.

La tensione risale e se quel rossiccio avesse i peli sulla schiena, li avrebbe ritti per la minaccia palese nei suoi occhi. Io tengo duro e non mi lascio intimidire. Me ne frego, non gliela dò di certo vinta.

Un click. E il gatto dai capelli blu mi distrae. Lo vedo ritirare il cellulare per metterlo in tasca, probabilmente ha fatto una foto all’albero. Ah, cazzo! Ho distolto lo sguardo! Ma porca miseria…

«Foto fatta, andiamo» liquida e si avvicina ai due amici, dandomi le spalle. «Ci facciamo sempre terra bruciata intorno. Che fastidio…» Gli guardo la coda lunga e sinuosa di sfuggita, poi rialzo lo sguardo. Sia mai che si faccia strane idee.

«Grazie» risponde il ragazzo dai capelli grigi, avvicinatosi a me. Lo guardo meglio. Lui anche ha una coda voluminosa e due orecchie a punta grigio perla. Mi da l’idea di un canide. C’è da dire che la voglia di toccare quelle protuberanze pelose… è asfissiante. Devo ringraziare la mia poca voglia di contatto umano: mi impedisce di allungare una mano e tirare le orecchie o la coda soffice di questi tre ragazzini. «Quando sta così è veramente difficile parlarci o calmarlo. Lo scusi e grazie ancora per aver accettato di non fumare» si muove e si avvicina a Netsu, cercando di sfiorargli il capo in una carezza confidenziale. 

Netsu lo scansa con un “Scusa un cazzo!”. È veramente uno stronzo.

Mi danno fastidio quelle persone che sfruttano gli altri per le loro battaglie e questo Netsu si sta nascondendo dietro alla diplomazia di Touya. Lui probabilmente è un buon amico - forse troppo “amico” a giudicare dallo sguardo dolce che gli dona - e che cerca di difendere la poca propensione al dialogo del suo compagno. Netsu, oltre a non ringraziarlo, lo tratta anche di merda. Mi sale la rabbia. La nascondo dietro il solito muro, ma vado a impattare deliberatamente contro quella stasi perché mi viene naturale far valere le mie libertà.

«Non fumerò ora. Vengo incontro alla logica, questo sì: se da fastidio il fumo a tutti voi, farò in modo di non darvene» il mio tono è tranquillo, anche se di base sento l’impazienza farsi strada. «Però sia chiaro che non l’avrei mai fatto per capricci personali. Anzi, in caso contrario me ne sarei fottuto. Nessuno può dire a qualcuno cosa può o non può fare. O grugnire, nel suo caso» l’ho dovuto dire e sento già che lo sguardo assassino di Netsu è tornato in superficie. Dai, azzannami. Ti denuncio e vendico la mia sigaretta. «Piuttosto chiarisco che scelgo di non farlo. Che è diverso. E nemmeno perché me l’ha detto lui, ma perché voi due siete stati esaurienti nelle motivazioni» la soddisfazione di pensare che abbia cambiato le mie voglie per la richiesta di quel selvaggio, non voglio darla. E mi sembra anche assurdo che stia combattendo una battaglia del genere. Alzo le braccia e mando a ‘fanculo l’idea di rimanere lì. Decido di andarmene. Faccio un passo indietro per girarmi, ma vengo investito dalle parole ringhianti di Netsu. 

«Non esiste solo la vostra lingua, stupide scimmie troppo cresciute!» e salta giù dalla panchina. Credo che voglia sbranarmi. «Fuma pure! Poi vediamo come riesci a tenere in mano una sigaretta, con tutte le dita staccate…» 

Mi viene quasi da ridere, ma non succede. Faccio un passo che recupera quello di poco prima. Mi metto frontalmente a lui. «Prova pure» apro i palmi e glieli mostro in avanti. Non mi sto arrendendo, anzi, gli offro la realizzazione della sua minaccia. «Se pensi che minacciare la gente sia il modo giusto per far valere le tue richieste…»

Affondo i piedi a terra per accogliere il suo balzo in avanti, ma succede che tra me e Netsu si posiziona il gatto dai capelli blu. Mostra i canini e rizza la coda e io gli osservo le spalle in tensione, soffermandomi sulla sua nuca. Mi sta difendendo?

«Smettila con queste stronzate, Netsu. Hai avuto quello che volevi, ora lascia perdere.» la sua voce è risoluta e Netsu si ferma. No. Non credo che sia minacciato da lui, ma lo sta ascoltando. Probabilmente è con questo temperamento che si ottiene qualcosa da quella testa selvaggia. «Non sta fumando. Se ne sta andando. Quindi se ti metti ad attaccarlo qui in mezzo al parco, il giorno di Natale, giuro su qualunque cosa che te la vedi anche con me. Sono stanco di questo tuo modo di fare. Per una stupida sigaretta!»

Mi sa che non è la prima volta che litigano quei due. Comunque quello che dice questo ragazzo raggiunge la mia soddisfazione. Stringo le labbra compiaciuto, senza far alcun sorriso, ma mi irrigidisco quando proprio il Gatto si volta a guardarmi. Mi sta rimproverando con lo sguardo. «Tu invece smettila di provocarlo. Ho capito benissimo quello che stai facendo…» Ops. Mi ha scoperto.

***

Lo guardo di rimando e soffermo piuttosto a lungo il mio sguardo su di lui. Ha compreso che provocare Netsu era uno dei miei scopi e parte della mia vittoria. E ora si è messo in mezzo per impedirlo. Non so se questo mi dia fastidio oppure susciti la mia ammirazione. Opto per farmi passare la-qualunque-cosa-sia e devio nell’innocenza.

«Non capisco dove vuoi arrivare, ma come hai detto… stavo proprio per andarmene» chiudo il discorso e faccio un passo indietro.

Netsu continua a guardare il ragazzo dai capelli blu e dopo un lunghissimo momento di silenzio in cui covava qualche tipo di imprecazione, butta fuori un ringhio e sbotta «Io me ne vado per conto mio, così quello può fumare» e, girando su se stesso, scavalca la panchina con un balzo e se ne va sul serio.

Umh. Almeno non mi ha appellato con qualche tipo d’insulto.  Touya, che in tutto questo frangente è rimasto in silenzio e in disparte, completamente schiacciato dai due caratteri dominanti di Netsu e del Gatto, balbettando il suo nome lo guarda allarmato. Si vede che non sa cosa fare, se seguire quel pazzo o rimanere lì.

«N-Netsu…» voce allarmata. Troppo per i miei gusti «Scusami Kacey… io…» lascia in sospeso.

Oh. Il ragazzo dai capelli blu ha un nome «Tranquillo, Tou» gli sorride ammorbidendo lo sguardo. Nuovi punti per quel sorriso.

***

Touya scappa dietro a Netsu e Kacey, invece, rimane lì nel mezzo con me. Io guardo la scena senza dire una parola, poi sospirando prendo la sigaretta che avevo ancora dietro l’orecchio e la metto tra le labbra. «Beh! Direi che, ora che ho il permesso, posso andarmene» faccio un passo e il ragazzo mi affianca. Mi guarda sollevando lo sguardo e mi osserva sfottendomi dal profondo. Ha sempre un sorriso dispettoso e solleva le sopracciglia in una battuta che non c’è.

«Non pensare di andartene senza di me. Non mi va di stare da solo durante il Natale» e mentre mi muovo, lui mi segue.

«Dovresti seguire il tuo amico, credo che finisca per prendere a pugni qualcuno» provo a scollarmelo di dosso in questo modo.

«Facesse. Non posso stare sempre appresso ai suoi casini…» da come lo dice sembra arrabbiato con lui. Una cosa che non mi stupisce.

«È solo un adolescente con grossi problemi di autostima. Chi attacca lo fa non perché si crede forte, ma solo per non essere attaccato per primo»

«Ehi, io sono adolescente  e non ho problemi di autostima!»

Lo guardo, masticando il filtro della sigaretta e togliendola poco dopo dalle labbra. «No, non ce l’hai»

Il suo sguardo si fa più incerto. «No, infatti» sostiene e dopo un momento, sorride di nuovo. Mi acceca questo suo modo di fare. «Stai sbagliando strada. Stavi andando da tutt’altra parte, prima» aggiunge divertito.

«E tu che ne sai?»

«Con quei capelli ti si vede da un miglio di distanza e ti ho notato da prima»

Che cos’hanno i miei capelli? Istintivamente me li tocco preoccupato. Ah. Forse intende il colore accecante che hanno. Sono di un rosso così acceso e finto, che il loro esatto scopo è quello di risaltare. Mi piacciono così. Mi piace anche che siano ciò che mi fa notare.

«Credo che tu abbia strani impulsi da stalker»

«Credo che tu abbia quei capelli proprio per farti notare» ribatte e io lo guardo socchiudendo gli occhi. 

Dovrebbe piantarla di parlare come se mi conoscesse. Anche se ci azzecca, ma questo è un altro discorso.

«Non hai una ragazza da chiamare o una famiglia con cui stare durante il Natale?»

Ride «No! Niente ragazza e qui in giappone non si festeggia con i genitori questa ricorrenza» Lo guardo. È come se sapesse di dovermi correggere sulle usanze di quest’ambiente. Non dico nulla e probabilmente lui coglie dal mio silenzio questa mia perplessità. Dubito che l’abbia fatto dalla mia espressione. «Si capisce che non sei giapponese. Sai, l’accento…» agita una mano «Americano? Anche se hai il viso un po’… esotico»

«Senti…» non so se dire il nome. 

«Kacey»

«Kacey…» ripeto «Ora me ne torno indietro a recuperare l’accendino e a fumare la mia sigaretta. Ti consiglio di non seguirmi, perché non ho intenzione di rimandare oltre»

«Mi è piaciuto quel discorso da hippie che hai fatto prima» dice dal nulla continuando ad affiancarmi. Non afferra proprio il mio sottile messaggio di “togliersi dai piedi”. O se lo fa, lo ignora. «Anche se credo che Netsu non sia proprio tipo da coglierlo. Però hai ragione a ribadire le tue libertà»

«Sì, beh. Sono abituato a fare quello che è nei miei interessi, ma ho capito che il rispetto altrui è importante in questo tipo di ricerche» rispondo educatamente, anche se il passo lo accelero di proposito, sfruttando le mie gambe lunghe per seminare il ragazzino. È molto più basso di me e quindi ho un vantaggio.

Almeno credo, in realtà non arranca. Anzi, tiene il passo in modo facile. Sarà la sua natura felina.

«Parli come un uomo vissuto!» si mette a ridere e io sospiro.

«Già» non aggiungo altro, fino a che non arrivo alla fine della strada che mi riporta fuori dal parco. Guardo la direzione che da verso il mio negozio.

«Vai da quella parte?» mi domanda e poi lui guarda dalla parte opposta. Non rispondo, ma capisco che sta valutando un’idea. «Mi sa che ti lascio andare, magari riesco a recuperare quei due» dice soprappensiero e io colgo l’occasione al volo.

«Sì, non preoccuparti. So badare a me stesso e nel caso incontrassi un altro» come si dice in giapponese Mezzoanimale? «Kemo-no…» 

«Kemonomimi» mi corregge di nuovo.

«Sì…» sospendo «Prometto che non accenderò più una sigaretta. D’accordo?»

«Bene!» ride di nuovo «Anche perché non potrò sempre mettermi in mezzo a te e al kemo random che provochi…»

«A questo proposito: potevi anche evitare di farlo. L’avrei affrontato senza problemi» parla il mio orgoglio e gli lascio campo.

«Come no. Probabilmente non hai mai provato a farti mordere da una volpe incazzata»

«Una volpe?»

«Netsu» 

Ah. Ecco cos’era. Una volpe. Bah. Tanto furbo non l’ho visto.

«No. A pensarci bene, no. Ma questo non significa che mi avrebbe atterrato. Comunque…» cambio discorso e inizio a divincolarmi da quella vicinanza «Kacey, è stato un piacere. Ci si vede in giro» e sollevando una mano inizio ad allontanarmi.

«Ehi, aspetta! Non mi hai detto come ti chiami!»

Mi fermo. Lo guardo e socchiudendo gli occhi appena appena divertito, rispondo.

«Iye. Mi chiamo Iye»

 



Questa storia è il passato/presente (un po' romanzato) di un mio personaggio, creato per un GDR by chat (il titolo tra le parentesi quadre, per intenderci).
Alcune cose sono vere, altre no, altre ancora mai giocate ma costruite solo da BG. È iniziata come una piccola sfida personale, mischiata alla curiosità di entrare nella testa del mio pg totalmente inespressivo. Alla fine quest'idea si è riempita di capitoli e di pagine, che hanno portato la storia su un piano più profondo e non più di semplice "sfida", perciò eccola qui: pubblicata ancora incompiuta, per il semplice motivo che... il pg lo sto ancora giocando. Ahuahuah!

A voi il secondo capitolo, che parla del "presente" giocato direttamente in land. Si ringraziano i player e i pg che hanno ispirato la storia! Chi l'ha corretta e chi mi ha spinto a continuarla.

n/a: i personaggi all’interno di questa storia appartengono ai rispettivi autori. Non vengono utilizzati con alcun scopo di lucro.
© Heaven's Door Yaoi GDR.
   
 
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