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Alive – Still
Capitolo I
Erano al sicuro. Hermione
e Lucius avevano lasciato il bunker ed erano finalmente insieme a tutti gli
altri.
Lei, i suoi amici.
Lui, la sua famiglia.
Era giusto così.
Il piano era di restare a
casa di Remus e Tonks non oltre dieci giorni; il Trio sarebbe poi partito alla
caccia dei restanti Horcrux, mentre la famiglia Malfoy si sarebbe rifugiata in
un altro luogo. Nessuno doveva sapere dove fossero gli altri: in caso di
cattura era meglio l’ignoranza.
Erano trascorsi quasi due
giorni e nessuno sembrava essersi accorto di qualcosa. Gli sguardi di Lucius
verso Hermione, ad esempio. O il fatto che lei lo evitasse in ogni modo.
Dapprima a Lucius sembrò
un comportamento strano, poi si rese conto di essere lui quello strano. Doveva
dedicarsi a sua moglie e suo figlio così come Hermione si stava dedicando ai
suoi amici. In fin dei conti – in teoria – erano poco più che estranei, no?
Hermione adorava Harry e
Ron, ma non sopportava più che le chiedessero continuamente se stesse bene. No,
non stava bene. Era stata torturata in modo brutale, aveva attacchi d’ansia,
non si sentiva sicura se non aveva le spalle contro al muro e la patologica
dipendenza da Lucius era peggiorata drasticamente in quei due giorni scarsi.
Sapeva che sarebbe finito
tutto nel momento in cui avrebbero lasciato il bunker, era preparata al
distacco, era consapevole che avrebbe fatto male… ma non così male. Era quasi insopportabile.
Date le ristrette
dimensioni della casa, lei doveva condividere la stanza con Harry e Ron. Niente
che non avesse già fatto, ma si era bloccata quando aveva visto che il suo
letto toccava la parete solo dalla testa.
«Posso avere l’altro
letto?» aveva chiesto a Harry, indicando il singolo posizionato in uno degli
angoli della stanza. Era perfetto per le sue esigenze, toccava le pareti da due
lati.
Harry non aveva commentato
quella strana richiesta, si era limitato a dirle di sì senza chiederle altro.
Di sicuro ne avrebbero parlato più avanti.
La prima notte Hermione la
passò sveglia. Si era arrotolata nella coperta, rannicchiandosi su se stessa, e
si era addossata il più possibile contro il muro. Dopo un mese di notti
tranquille grazie alla presenza di Lucius si era ritrovata di nuovo sola. Era
stato un vero trauma.
Le notti con Lucius erano
calde, sicure, senza incubi. Quella sera Hermione tremò dal freddo e dalla
paura. Si sentiva sola nonostante la presenza dei suoi migliori amici a pochi
metri da lei.
Si era addormentata per
stanchezza solo all’alba. Harry, vedendola piuttosto serena, aveva deciso di
non svegliarla. Il sonno però era durato poche ore.
Sempre meglio di niente, era stato il pensiero di Hermione quando aveva
riaperto gli occhi.
Il primo desiderio
dell’istinto fu di cercare Lucius. Poi si accese il cervello ed Hermione si
diede della stupida. Il giorno precedente, appena arrivati, aveva voltato
subito le spalle ai Malfoy. Non avrebbe sopportato di vedere Narcissa che
accoglieva suo marito.
«Hermione?»
La voce di Harry la
riscosse dai suoi pensieri.
«Sì?»
«Hai fame? Il pranzo è
pronto se vuoi.»
Sorrise. Harry era un
tesoro. «Non ho fame, grazie. Mangerò qualcosa più tardi.»
Il ragazzo si rabbuiò in
volto. Era preoccupato, si vedeva chiaramente. «Sei sicura? È buono.»
«Ho solo bisogno di fare
una passeggiata qui intorno. Aria fresca, sai…»
«Certo, capisco. A più
tardi allora.»
Rimasta sola, Hermione si
rese conto che in effetti ciò che aveva detto a Harry era vero: aveva vissuto
un mese chiusa in un minuscolo bunker sotterraneo privo di aria e luce naturale
e non aveva messo piede fuori dalla porta da quando era arrivata.
Chissà se anche Lucius…
Scosse la testa. Lucius niente. Doveva andare avanti e lasciarsi
alle spalle quella storia. Decise di sorridere e godersi la giornata in
giardino e la compagnia dei suoi ritrovati amici.
In fin dei conti aveva
sempre saputo come sarebbero andate le cose: la sua strada si sarebbe separata
da quella di Lucius in ogni caso. Non c’era alcuna possibilità che loro… che
loro cosa? A che stava pensando?
Il vero problema era
quell’indomabile dipendenza che ancora sentiva nei suoi confronti. In quel
periodo insieme si era così abituata alla sua presenza che le veniva naturale
cercare il suo sguardo, o rivolgersi a lui prima che a chiunque altro. Proprio
per questo lo evitava, perché se gli altri avessero visto la sua espressione
quando lo guardava… no, non poteva permettersi una cosa del genere, sarebbe
scoppiato un putiferio.
Ma era così difficile…
Per tre notti Hermione
dormì sul divano al piano terra. Non riusciva a stare nel letto da sola – senza
lui – e non voleva svegliare Harry o Ron con tutto il casino che faceva
girandosi e sbuffando di continuo.
Aveva pensato di calmarsi
sul divano per poi tornare in camera e alla fine si era addormentata lì. Si era
svegliata all’alba ed era tornata a letto – non voleva far preoccupare nessuno.
Era una soluzione che poteva funzionare.
La quarta notte, però,
Hermione decise di restare in camera. Per un paio d’ore fu tranquilla, poi
iniziarono i sintomi. Il cuore aveva accelerato di molto i battiti. Aveva le
mani sudate e il respiro veloce.
Si sedette e cercò di
calmarsi, ma più ci provava meno ci riusciva. Le mancava l’aria. Sentì il
familiare tremore alle gambe, come se fossero fatte di gelatina. Stava perdendo
il controllo.
«Hermione…?»
«Harry…»
Il ragazzo si alzò e si
avvicinò all’amica, preoccupato. «Cosa succede? Stai male?»
«No… io…»
Non respirava.
Con uno scatto che spaventò
Harry, Hermione balzò giù dal letto. «Non respiro…» disse, guardandolo con gli
occhi sgranati.
Ma Harry non era Lucius,
non aveva idea di cosa le stesse succedendo, men che meno sapeva cosa fare per
aiutarla.
«Hermione, cos’hai?»
«Ehi…» La voce di Ron. «Perché
siete svegli?»
«Hermione non sta bene,»
disse l’amico guardandolo alzarsi e in quel momento la ragazza uscì quasi di
corsa dalla stanza.
Rischiò di capitombolare
dalle scale, terrorizzando i due ragazzi che le erano corsi dietro, e aprì la
finestra vicino al divano. Ansimava così forte da non riuscire a sentire le
loro voci. Si portò una mano alla gola mentre con l’altra si teneva al
davanzale.
«Hermione, cosa ti
succede? Cos’è?» chiese Harry andandole vicino. Le posò le mani sulle spalle ma
lei si allontanò di colpo facendo segno di no
con la testa.
Mosse qualche passo
incerto e si sedette sul divano con le gambe piegate sotto di sé e le mani che
stringevano la stoffa con tanta forza da farsi male.
Un rumore di passi
distrasse i due ragazzi, che videro Remus e Tonks attraversare il piccolo
corridoio e raggiungerli.
Hermione non riusciva a
parlare, continuava a tremare, ansimare, dire senza voce che non respirava, ma
nessuno sapeva cosa fare.
Poco dopo si svegliò anche
la famiglia Malfoy.
Lucius seguì suo figlio e
sua moglie per capire cosa fosse tutto quel casino in piena notte. Arrivò per
ultimo e vide che tutti erano radunati intorno al divano. Sentì ansimare.
Hermione non era in piedi con gli altri.
«Dice che non respira,»
sentì dire da Ronald.
«Ma sta respirando,»
replicò la voce di Tonks. «Non capisco cos’ha.»
All’uomo prese un colpo. Hermione.
«Spostatevi, tutti quanti,
la state soffocando,» ordinò con un tono che non ammetteva repliche mentre si
faceva avanti. Si infilò tra loro e vide la ragazza rannicchiata sul divano in
preda a uno degli attacchi di panico più forti che avesse avuto.
Sentendo la sua voce,
Hermione alzò la testa. «Lucius…»
Fu puro istinto. Lucius le
si sedette davanti, alzò le mani e lei le afferrò subito, stringendo con tutta
la forza che aveva, conficcandogli di nuovo le unghie nella pelle.
«Sono qui.»
Hermione iniziò a
piangere. Tremò ancora più violentemente e sembrava che stesse per svenire da
un momento all’altro.
«Stringi. Rilassati.»
Le venne in mente la prima
volta in cui lui le aveva detto quelle parole, con un tono di voce così
controllato che da solo era bastato a farla calmare.
Hermione si girò a
guardare i suoi amici e si vergognò di farsi vedere in quello stato. Debole.
«No, Hermione, guarda me,»
le disse Lucius dando una piccola scossa alle sue mani.
Lei fece come ordinato.
«Brava, così. Ora respira…
piano…»
Hermione si concentrò
unicamente sul suo volto, sulla sua voce, sulle mani che stringevano le sue.
Poteva farcela. Chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e usò tutta la
volontà di cui disponeva per calmarsi.
Pian piano i tremori
diminuirono e il respiro tornò regolare.
Qualche minuto più tardi
lei emise un lungo sospiro e si lasciò cadere in avanti, tra le braccia di
Lucius, che la strinse con delicatezza mentre lei gli posava la fronte su una
spalla.
«È passato, visto?» lo
sentì dire mentre le accarezzava la schiena.
Annuì debolmente e non si
mosse. Era troppo stanca e lui era… era di nuovo vicino a lei. Fu invasa dal
suo odore, dalla suo tocco ormai familiare, dal suono della sua voce.
Si sentiva a casa.
«Cosa diavolo le è preso?»
chiese stupito Ronald, troppo sconvolto da ciò che aveva visto per realizzare
la scena che aveva ancora davanti agli occhi – Hermione tra le braccia di
Lucius Malfoy.
«Attacco di panico.»
Ci fu silenzio. Era stato
Draco a parlare. I genitori lo guardarono con un velo di tristezza e
rassegnazione negli occhi.
«Non sapevo che fossero…
così,» disse Harry, che era rimasto immobile senza sapere cosa fare mentre la
sua migliore amica stava soffrendo.
«Tesoro…» Tonks era così
dispiaciuta e spaventata al tempo stesso che aveva quasi stritolato un braccio
a suo marito.
Remus guardò la sua ex
studentessa e aggiunse la sua sofferenza alla lunga lista delle conseguenze di
quell’atroce guerra. Voldemort era responsabile anche di quello. Le sue azioni
non provocavano solo morte, ma anche ferite invisibili – e indelebili.
«Un attimo… come sapevi
cosa fare?» chiese Ronald spostando gli occhi sull’uomo. «Sembrava che…»
«È successo molte volte,»
rispose lui, che solo in quel momento si rese conto che stava ancora stringendo
la ragazza davanti a sua moglie.
«Lei non ci ha detto
niente.»
«Non voleva farvi
preoccupare. Pensava di poterli gestire da sola.»
Perché era Lucius a
spiegare le intenzioni di Hermione?
Narcissa non disse nulla,
sapeva fin troppo bene come comportarsi in quelle circostanze, aveva visto suo
figlio in preda allo stesso tormento. Hermione era stata fortunata ad avere con
sé qualcuno che sapeva cosa fare.
«Draco? Tutto bene?»
Lucius si avvicinò al
figlio una volta tornati nella propria stanza; Harry e Tonks si erano occupati
di riportare Hermione a letto, dove si era subito addormentata.
«È sempre stato così?»
L’uomo corrugò la fronte e
scambiò uno sguardo confuso con sua moglie. «Di cosa stai parlando?»
«Gli attacchi… averli è
una cosa, ma vederli…» scosse la
testa, il volto pallido e le mani chiuse a pugno. «È orribile.»
Narcissa si avvicinò a suo
figlio e gli strinse dolcemente le spalle. «Draco…»
«No, madre…» fece un passo
indietro e scosse di nuovo la testa. «Sto bene, è stato solo… inaspettato.»
Draco guardò i suoi
genitori e per la prima volta pensò di comprendere come si sentivano quando lui
aveva gli attacchi. La paura quando era successo la prima volta, il dolore di
vedere il proprio unico figlio soffrire in quel modo.
«Buonanotte.»
Lucius avrebbe voluto dire
qualcosa, ma ogni parola sarebbe stata superflua. Narcissa gli strinse la mano
e lui provò una strana sensazione. Estraneità. Colpa. Non era Hermione.
Quel pensiero lo spaventò.