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Autore: TaliaAckerman    22/05/2015    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Gala quasi non poteva credere a quanto sarebbe accaduto di lì a poco. 
Quel momento era stato atteso e rimandato per mesi, spesso ad ampie spese, ma ora davvero la loro missione si sarebbe potuta dire conclusa. La strega era sicura che, nel momento in cui avessero consegnato la scimitarra di Dubhne contenente la Pietra al Re delle Cinque Terre, il suo cuore sarebbe tornato a sentirsi leggero come mai in tutte quelle settimane. 
Mentre lei e Jel salivano frettolosamente i gradini di pietra del palazzo di Città dei Re – il giovane teneva ben stretta in mano l'arma della Combattente, coperta dal suo fodero – Gala non poté non trattenere un cauto sorriso: era questione di ore, al massimo un paio di giorni, essendo pessimisti, poi sarebbero potuti tornare a Grimal. A casa loro. 
Più volte si era amaramente rammentata che con Camosh disperso, o meglio morto, lei non avrebbe più avuto un posto fisso dove sistemarsi, ma proprio per questo ormai si era convinta a non pensarci troppo: Jel le aveva ripetuto diverse volte che per lui e sua madre Lys non ci sarebbero stati problemi nell'ospitarla per qualche settimana o addirittura qualche mese. Nel frattempo, lei avrebbe potuto parlamentare con gli amministratori di Grimal per scoprire se le proprietà di Camosh spettassero a lei, sua protetta, oppure nel peggiore dei casi – lo stomaco le si strinse leggermente al pensiero – riaprire i contatti con i suoi genitori nel Bianco Reame. 
I due Consiglieri si fermarono solo dinnanzi alle imponenti porte blindate della reggia, chinando il capo in segno di rispetto verso le quattro Guardie Reali che presidiavano l'ingresso. Gala ricordava fin troppo bene il motivo per cui la sorveglianza fosse stata intensificata in quel modo.
Come al solito lasciò che fosse Jel a fornire il motivo della loro visita a palazzo. 
- Sono Jel Cambrest, e questa è la mia compagna di viaggio Gala Sterman. 
Quanto tempo era che non si presentava loro l'occasione di annunciarsi in quel modo? Fieri, diplomatici, importanti. 
- ... Siamo entrambi membri del Gran Consiglio, veniamo da un lungo viaggio. Abbiamo urgenza di conferire con il maestro Cam... - s'interruppe, al che la ragazzina avvertì una fitta allo stomaco; era sicura che la forza dell'abitudine avrebbe portato anche lei a nominare Janor Camosh, invece del nuovo maestro Anérion. 
- Siamo qui per conferire con il maestro Anérion - si corresse il mago. - O con uno qualsiasi dei Consiglieri dello Stato dei Re - parve esitare, poi aggiunse:- In realtà sarebbe per noi più proficuo parlare con il Re in persona. 
Le guardie li squadravano dall'alto in basso, ma Gala non si sentì per nulla intimorita; aveva percorso troppa strada, versato troppo sangue per farsi scrupoli nello stare di fronte a dei soldati che, tra l'altro, l'avevano già perquisita quando si era recata a palazzo giorni prima per tentare di avere un'udienza. 
- Se siete davvero Consiglieri dovete dimostrarlo - annunciò uno di loro, serio. 
Ma certo, come al solito. 
Estrassero le loro spille di identificazione come membri del Gran Consiglio di Grimal ma, nel vedere le espressioni rigide delle guardie anche dopo che le ebbero esaminate, la ragazzina comprese che non sarebbero bastate per convincerli a lasciarli entrare senza una adeguata perquisizione.
- La spilla è autentica - affermò l'uomo che aveva parlato per primo. - Ma come sapete non è una prova sufficiente. Sostenete di essere Consiglieri, ma dove sono le vostre divise? E il documento di autorizzazione firmato da gli altri membri del Consiglio?
- Perduti - rispose Jel mestamente.
Gala ancora non aveva ben chiaro se apprezzare o no la nuova politica "dire sempre la verità" che aveva assunto il compagno negli ultimi tempi.
- Allora temo che dovrete aspettare qui mentre convoco uno dei Consiglieri che possa provare la vostra identità. Mi perdonerete, ma ho ricevuto degli ordini.
- Nessun affronto - replicò Jel in tono gentile. - Sappiamo delle vostre disposizioni, e ora più che mai conosciamo il valore di delle accurate misure di sicurezza.
Stava davvero migliorando con le parole. Fin da ragazzo, Gala ricordava l'attitudine dell'amico nell'esprimersi in modo chiaro ma accattivante, e ora stava continuando ad affinare la sua tecnica. Anche in una situazione di trepidante attesa come quella Jel riusciva a mantenersi formale, quasi raffinato nell'utilizzo dei termini. Gala ammirava quella sua caratteristica, ed era per questo che, in pubblico, lasciava sempre che fosse lui a parlare senza muovere obiezioni. 
La guardia fece cenno ad altri due di trattenerli lì presso la scalinata, poi si voltò verso il portone e battè tre, lenti colpi con il ferro del battente.
Dall'interno Gala ebbe modo di udire lo scricchiolio dei catenacci e dei lucchetti che venivano sollevati, e dopo pochi secondi la porta si aprì, lasciando intravedere dietro di essa l'ampio salone d'ingresso.
Fu solo dopo che la guardia fu sparita all'interno del palazzo che Gala comprese di starsi tormentando le mani in modo quasi compulsivo.
- Qual è il motivo per cui la vostra presenza è richiesta? - domandò dopo poco uno degli uomini lì presenti. Si rivolse a Gala in maniera particolare. - Se non sbaglio, vi ho già vista in questa stessa situazione già alcuni giorni fa.
- Discuteremo delle nostre ragioni con il maestro Anérion - rispose Gala piccata, ma mantenendo un tono rispettoso. - Si tratta di una faccenda delicata, spero comprenderete.
- Deve scusare la Consigliera - venne Jel in suo aiuto. - Ma siamo comprensibilmente molto stanchi e... abbiamo bisogno di parlare con il maestro il più presto possibile.
- Spero sappiate che non riceverò il permesso di farvi entrare con quella - sottolineò la guardia scoccando uno sguardo contrariato alla scimitarra che il giovane teneva in mano. - Di questi tempi le uniche armi da taglio permesse a palazzo sono quelle portate dalla Guardia Reale.
Jel sorrise.
- Sono sicuro che quando il maestro comprenderà la sua utilità non sarà restio a permettere uno strappo alla regola.
Attesero ancora pochi minuti, poi il portone tornò a spalancarsi e la prima guardia riapparve e, con sommo sollievo dei due maghi, il maestro Anérion era assieme a lui.
- Se i due giovani qui presenti sono Jel Cambrest e Gala Sterman? Sì, sono loro - annunciò l'uomo che aveva sostituito Camosh nel Consiglio rivolgendo ai due ragazzi un lieve sorriso. - Non c'è bisogno di perquisizioni. Ma... come mai quella spada?
Dopo avergli rivolto un lieve inchino – Anérion era pur sempre un loro superiore – Jel si accinse a spiegare:- È una lunga storia, ma se ci permetterete di parlare con voi avremo il tempo di spiegarvi tutto. Al momento posso solo dire che le Sei Pietre, tutte, sono nelle mani delle Cinque Terre, ora.
La sorpresa sul volto del maestro fu immediata, eppure egli riuscì ad attenuarla piuttosto bene.
- In questo caso credo che avremo diverse cose sulle quali discutere - decretò, rivolgendo un cenno eloquente alle quattro Guardie Reali che, senza replicare, chinarono il capo.
Ha preso l'incarico di Camosh piuttosto bene, pensò la ragazza con lieve fastidio mentre insieme a Jel seguiva Anerion all'interno della reggia della capitale, diretti presumibilmente verso la sala delle riunioni. È maestro da nemmeno due mesi ma si muove come se fosse nato per questo ruolo... 
Smettila di fare la bambina. Smetti di pensare a queste sciocchezze. È uno dei primi volti conosciuti che incontrate da mesi, cerca di fartelo andar bene! 
La ragazza sperò che nessuno si accorgesse del proprio leggero e temporaneo disagio. 
Una volta accomodatisi sulle sedie dagli alti schienali che circondavano il tavolo delle riunioni, Jel depose la scimitarra sul piano di legno e la estrasse dal fodero. La porse ad Anérion.
- Osservatene l'elsa, signore. È qui - annunciò con un pizzico di emozione nella voce. - La Pietra che i Ribelli hanno trafugato e disperso alcuni mesi fa. Una serie di coincidenze a noi sconosciute l'hanno portata a venire incastonata nella scimitarra della donna che ha appena vinto i Giochi Bellici.
- Incredibile... - mormorò il maestro tornando a sedersi. - Eppure di altro non può trattarsi. Avverto la Magia che ne scaturisce, ma... lieve, nascosta. Probabilmente è stata celata da un incantesimo di occultamento.
- Ne sono sicuro - confermò Jel, e Gala si chiese per quanto a lungo Theor dovesse aver progettato quella manovra.
Anérion tacque per pochi istanti, poi si alzò.
- In questo caso - disse lentamente. - È necessario richiamare il Re. Consiglieri - e li guardò con occhi estremamente grati e orgogliosi. - Vi devo gratitudine per i servigi che avete reso al vostro ordine. L'intera Fheriea ve ne deve.
A tali parole Gala avvertì, di nuovo dopo tanto tempo, quel meraviglioso sentimento d'orgoglio che si prova solo nel momento in cui si è coscienti di aver dato un contributo fondamentale in qualcosa di grande. E in quel caso, si poteva dire che la lotta contro Theor e i suoi ribelli fosse partita da loro, da due Consiglieri ancora giovani e inesperti. 
Anerion battè sonoramente le mani, al che un valletto si accostò alla soglia della sala a capo chino.
- Desiderate, mio signore?
- Recati dal Re, Coleth, informalo che i Consiglieri Cambrest e Sterman sono qui e richiedono la sua presenza - ordinò senza giri di parole. - Manda anche Jeanne e Spyr a chiamare gli altri Consiglieri che si trovino a palazzo. Ho importanti nuove da riferire loro.
Il ragazzo sparì in un batter d'occhio e ai tre Consiglieri non rimase che attendere.
- Direi ci convenga estrarre la Pietra dall'elsa oggi stesso. Se posso, come avete fatto a scoprire che la Pietra si trovava proprio a Città dei Re? - domandò Anérion dopo qualche minuto mentre, a occhi socchiusi, osservava con attenzione la fattura dell'elegante scimitarra di Dubhne.
Gala decise di rispondere per prima. Se ne vergognava, ma moriva dalla voglia di raccontare a qualcuno quanto si fosse rivelata difficoltosa la loro missione; far sapere ad un altro Consigliere, più adulto e più potente, quanto avessero rischiato e quanto fossero stati coraggiosi forse l'avrebbe fatta sentire almeno un po' meglio.
- Siamo stati ad Amaria, qualche settimana fa - spiegò la strega seria. - Di fatto, non avevamo prove che ci riconducessero alla posizione della Pietra Bianca e abbiamo pensato che potesse trovarsi ancora nel Nord.
Lanciò un'occhiata a Jel, il quale si limitò a confermare con un cenno del capo.
- Tramite la Disillusione ci siamo infiltrati nel palazzo di Amaria e ci siamo divisi. Dopo alcuni minuti ci siamo ricongiunti e Jel mi ha confidato ciò che aveva scoperto.
- Ma davvero? - la interruppe Anérion, attento. Si rivolse a Jel, e a Gala parve quasi che nei suoi occhi balenasse un lampo di sospetto. - E come sei riuscito a ottenere tali informazioni?
Mentre l'espressione del giovane mago si faceva via via più cupa, Gala lo ascoltò raccontare:- Protetto dal buio e dalla Disillusione ho avuto modo di muovermi indisturbato lungo i corridoi del palazzo. Sapevo che Theor doveva trovarsi lì da qualche parte, perché eravamo arrivati a palazzo proprio seguendo lui.
S'interruppe un istante, poi riprese:- L'ho trovato senza troppe difficoltà. Stava parlando con qualcuno, un altro Ribelle.
Un fremito attraversò l'espressione di Jel, ma Anérion parve non notarlo. Gala si accigliò; non le era mai passato per la mente che quella notte, la notte in cui Jel aveva ascoltato da solo i piani di Theor, potesse essere successo qualcosa che l'avesse turbato. O che avesse sentito qualcosa che non avrebbe dovuto sentire.
- Theor gli ha ordinato di lasciare la città e di recarsi nello Stato dei Re per recuperare la Pietra del Nord, menzionando i nomi di Peterson Cambrel e Malcom Shist. Lui... lui sapeva della nostra missione.
L'uomo di fronte a loro parve in procinto di dire qualcosa, quando l'avvicinarsi dei passi di più persone li distolse dalla conversazione.
Quando il Re delle Cinque Terre, seguito dagli altri Consiglieri, fece il suo ingresso nella stanza, sia Jel che Gala che Anérion si alzarono di scatto in piedi.

 
***

Dubhne aveva mantenuto la sua promessa: non appena le celebrazione nell'Arena si era conclusa, la ragazza aveva evitato di intrattenersi ancora a lungo con i vari compagni di squadra o gli appassionati di combattimenti che tentavano di parlarle, avvicinarsi a lei, toccarla.
Senza raccontare i dettagli neppure a Claris era tornata al palazzo Cerman a capo chino, tentando di attirare meno attenzione possibile, determinata a consegnare la sua scimitarra a Jel per convincerlo della sua buona fede.
In realtà inizialmente l'idea di cedere la sua arma a quel giovane quasi sconosciuto l'aveva riempita d'agitazione, ma poi si era convinta a fidarsi: come egli stesso aveva ammesso, la scimitarra in sé non aveva per Jel alcuna utilità.
E così Dubhne aveva incontrato il mago – insieme alla sua compagna di viaggio, Gala – per la terza volta. Gli aveva affidato la sua lama e quella Pietra o comunque l'avesse chiamata il mago, e si era limitata ad aspettare. 
Non appena il Re e il Consiglio avranno deciso il momento della partenza ti informerò, le aveva giurato Jel solennemente. Non del tutto sicura, lei aveva annuito. 
Lungo l'intera serata un alternarsi di visite si era susseguito alla porta della ragazza. Da parte sua, Dubhne aveva permesso solo a Claris, Illa e Xenja di entrare per parlare con lei. Quando poi la bambina le aveva chiesto come mai fosse rimasta in un tale "buco per topi" invece di rimediare una camera in qualche bella locanda, Dubhne era scoppiata a ridere.
La Combattente aveva congedato le compagne che già calava il buio, eppure di Jel non si era vista traccia. Aveva dovuto aspettare che la luna fosse alta in cielo per ricevere la visita del Consigliere il quale, con sua sorpresa, non aveva tardato a riconsegnarle anche la sua scimitarra.
Aveva appreso che la colonna del Re sarebbe partita per Grimal l'indomani e non aveva trovato nulla da obiettare: fatta eccezione per il forziere con il premio dei Giochi e l'abito ricevuto in dono dagli organizzatori, non aveva averi con sé.
Quella notte non aveva quasi chiuso occhio: se da una parte l'idea di partire la esaltava, dall'altra il dolore per le ferite riportate in finale l'aveva tormentata, un bruciore e dolorose fitte che durante il giorno parevano averla abbandonata.
E – con qualcosa che assomigliava decisamente allo sconcerto – si era resa conto di essere sobbalzata ad ogni singolo rumore proveniente da fuori o dai corridoi. Quella lunga serie di strette allo stomaco non aveva fatto altro che aumentare in lei la sensazione di aver ceduto un po' di campo alla debolezza dopo quell'ultimo periodo dei Giochi. Durante i momenti che avevano preceduto semifinale e finale aveva davvero avuto la sensazione di essere invincibile, e ora l'idea di poter in qualche modo "perdere colpi" la riempiva di un'instabile e irritante angoscia. 
Proprio per nascondere quell'improvvisa vulnerabilità, aveva deciso di abbandonare la seppur leziosa veste elegante blu notte per tornare ad indossare gli abiti che veramente sentiva appartenerle: la divisa da combattimento, la stessa che Claris le aveva consegnato quella sera di tanti mesi prima, riponendola sulle coperte della sua brandina. La casacca lacerata appena sotto la spalla, il corpetto di cuoio raschiato, i pantaloni strappati sugli orli da quando ne aveva ricavato due strisce di tessuto per tamponare la ferita che Goresh le aveva inferto.
Ricordava bene la solitaria e dolorosa esperienza nella tinozza colma d'acqua profumata, le riflessioni su quanto fosse accaduto durante il proprio primo combattimento, la ferita alla spalla che bruciava come immersa nel sale mentre tentava goffamente di disinfettarla.
In effetti, era una vera fortuna che per le ferite più gravi esistesse l'infermeria affidata a Kala e a qualche altro volontario: a seguito dello scontro con Jackson – e forse, ancora di più, quello con Pete – Dubhne era certa che non sarebbe riuscita a sopravvivere da sola, senza le cure di qualcuno con un minimo di esperienza.
Tutto sommato, comunque, i suoi abiti non erano in condizioni poi così pessime: nonostante necessitassero di qualche rattoppo qua e là, il giorno precedente qualcuno – una Combattente che volesse farle un favore, oppure Kala stessa – li aveva lavati e ripiegati, lasciandovi addosso un piacevole profumo di menta.
Non l'ho nemmeno ringraziata, si disse fra sé e sé la ragazza mentre, corrucciata, colpiva i fianchi del suo cavallo con lievi colpetti degli speroni. Aveva rimediato quella cavalcatura alla mattina, appena prima di partire: le era bastato tirare fuori dalle tasche un solo york d'oro per convincere uno degli stallieri che si sarebbero accorpati al corteo a cederle uno dei propri esemplari, forse non proprio il più promettente. 
Sempre grazie alle sue nuove, rigogliose finanze, Dubhne era anche riuscita ad appropriarsi di parte della superficie del carro che avrebbe trasportato parte della servitù per appoggiarvi il forziere con il denaro.
Se al nostro arrivo mancherà anche un solo york, io lo saprò. Fossi in voi, non mi azzarderei a muovere un dito in quella direzione, aveva intimato a cuoche e sguatteri, e l'espressione di timore reverenziale con cui loro avevano risposto le aveva regalato una fitta di sciocca – ne era consapevole – soddisfazione. La verità era che le piaceva fare quell'effetto sulle persone.
Mentre il sole, alto nel cielo, suggeriva fossero ormai prossimi a mezzogiorno, Dubhne non poté impedirsi di rivolgere il pensiero a Claris, Illa e tutte le altre persone dalle quali non si era congedata a dovere. Non aveva riferito a nessuno – nemmeno a Malcom, che un tempo aveva esercitato così tanto potere su di lei – della sua imminente partenza. Era stata conscia del fatto che, probabilmente, salutare quelle persone che aveva imparato ad apprezzare avrebbe suscitato in lei inutili dubbi ed esitazioni che avrebbero potuto portarle solo guai.
Era uscita presto, accompagnata da Jel stesso e da un paio di servitori da lui convocati per trasportarle il baule contenente i suoi averi, senza che nessuno se ne accorgesse. E anche se anima viva l'avesse effettivamente notata, di certo non aveva fatto capolino dalla sua stanza per salutarla.
Immersa nei suoi pensieri, non si era accorta di aver accelerato l'andatura del proprio cavallo, ritrovandosi a pochi metri di distanza dalla strega che si era presentata come Gala Sterman. 
Da quando si erano incontrate il giorno precedente, il suo aspetto era decisamente cambiato: aveva abbandonato la casacca e il mantello sporchi e malridotti, sostituendoli con un manto leggero color blu notte. I calzoni grigio chiaro erano infilati in stivali di cuoi che parevano nuovi, e sulla casacca anch'essa grigia spiccava la piccola spilla dorata che aveva ostentato anche durante il loro primo incontro.
La ragazzina procedeva in silenzio, circa nel mezzo della colonna, lontana dal corteo del Re ma non abbastanza indietro da mescolarsi con i plebei. Di Jel invece non c'era traccia; Dubhne pensò che probabilmente doveva trovarsi da qualche parte verso la cima della colonna, magari ad intrattenersi in raffinati discorsi politi con qualche altro impettito Consigliere.
Non poté fare a meno di notare che Gala pareva pensierosa almeno quanto lei.
- Smettila di fissarmi - la sua voce la colse di sorpresa, mentre la strega si voltava verso di lei. - Non mi piace.
Evitando di chiedersi come avesse fatto quella ragazzina ad accorgersene, Dubhne non si scompose. Sapeva di non piacerle, se ne era resa conto fin dal momento in cui Jel gliel'aveva presentata.
- E perché no? - le chiese pacata affiancandola. - Non mi pare di averti detto nulla di male.
- Certo che no - rispose Gala seccamente, e Dubhne si rese conto che pareva anche piuttosto a disagio. - Ma preferirei continuare a cavalcare con tranquillità.
Il mondo era per caso impazzito? Che si aspettavano tutte quelle persone, che per un guizzo di follia decidesse di estrarre la scimitarra e compiere una strage?
- Pensi che abbia intenzione di creare problemi a te o a qualcun altro, qui? Credi davvero che possa anche solo importarmi qualcosa di voi?
Un fremito, forse di fastidio, attraversò l'espressione della strega.
- Te l'ho già detto, lasciami in pace. 
Quella ragazzina aveva fatto una buona impressione su di lei, inizialmente: aveva solo due anni in meno di lei eppure, se ciò che Jel le aveva raccontato corrispondeva alla verità, doveva già aver affrontato prove piuttosto impegnative con cui misurarsi. 
Beh, ora cominciava a darle sui nervi. 
- Ti faccio paura perché sono una Combattente?
- Mi fai paura perché le voci corrono, a Città dei Re - ammise Gala a denti stretti. - Ci sono stata per pochi giorni e so già tutto di te.
Dubhne rise, aspra. - Non saprai mai tutto di me. 
- So che sei un'assassina - ribatté l'altra alzando il mento, quasi a sfidarla. - So che hai ucciso quasi tutti i contendenti con cui ti sei battuta. Anche quelli innocenti.
Illa avrebbe sicuramente qualcosa da ridire al riguardo... 
- Era il mio lavoro, strega. Tutte le miracolose avventure che hai affrontato non ti hanno insegnato qualcosa sul mondo?
- Ovviamente sì - rispose lei duramente, e Dubhne notò che aveva serrato la stretta sulle redini del suo cavallo. - Ma te l'ho detto. Non mi va molto a genio che una come te si unisca al nostro viaggio.
Dubhne alzò le spalle, ostentando un'espressione di indifferenza.
- Allora? - la incalzò Gala, senza saper bene che cosa aspettarsi.
- Ti lascio, stai tranquilla, ma prima vorrei dirti una piccola cosa. Prendila come una lezione di vita.
Le si avvicinò ulteriormente, quasi fermando l'andatura del proprio cavallo.
- Io sono ancora qui, mentre tutti quegli altri assassini no. Ho vinto perché ho capito quello che andava fatto. Credi che fossi così entusiasta all'idea di diventare un'assassina?
Lo sguardo di Gala vacillò, mentre la ragazzina ascoltava attentamente.
- Quello che succede in quell'Arena cambia le persone - mormorò Dubhne, mentre in mente le balenavano nuovamente le immagini del suo primo combattimento. Serrò gli occhi, investita improvvisamente da un groppo alla gola. - Non pensavo che avrei mai avuto il coraggio di fare certe cose. Uccidere quelle persone. Ma quando non c'è niente fra te e la morte, allora faresti qualunque cosa... pur di sopravvivere.
Non rimase ferma abbastanza per assistere alla reazione di Gala a quelle parole; colpì i fianchi della sua cavalcatura con gli speroni e ripartì, allontanandosi da lei al trotto.
La ragazza oltrepassò anche qualche nobile, decisa ad avvicinarsi il più possibile alla testa del corteo; aveva in mene la mezza idea di tentare di parlare con Jel per chiedergli quanto sarebbero durato ancora il viaggio, ma poi cambiò idea: non doveva importarle di quelle sottigliezze, anzi, più il viaggio sarebbe durato meglio sarebbe stato. Dopo tutti quei mesi trascorsi tra le mura dell'Arena e quelle del palazzo Cerman desiderava poter respirare più aria fresca possibile. E poi, fatta eccezione per le colline intorno a Celia e la pianura intorno a Città dei Re, non aveva mai avuto modo di vedere nuove realtà. L'unica cosa che aveva intuito a proposito di Grimal era che dovesse trovarsi piuttosto a sud, forse al confine con l'Haryar. Haryar... prima di conoscere Archie Farlow non aveva nemmeno mai saputo della sua esistenza. 
La Combattente ripensò anche alle dure parole che aveva rivolto a Gala. Come prima conversazione con una Consigliera non era andata affatto male. 
Dubhne ridacchiò fra sé e sé a quel pensiero, ritrovando finalmente quella sensazione di totale superiorità che le era mancata dalla finale dei Giochi: era pur sempre la Ragazza del Sangue, non avrebbe permesso a nessuna circostanza o arrogante giudizio di farglielo dimenticare. 








NOTE: 

Ehm... Lo so, il capitolo non è un granché. L'ho anche scisso in due differenti punti di vista per tentare di renderlo più interessante, ma non so se abbia funzionato. Ed è troppo corto... almeno rispetto al precedente, sgrunt -.- 
In ogni caso ricordo che sono sempre accette recensioni di tutti i tipi, anche se ormai non nutro molte speranze che qualche nuovo recensore si soffermi sulla mia fic; ma prima di dimenticarmene, ringrazio la fedelissima Miwako Honoka che ha recensito lo scorso capitolo :) 
A presto, spero di riuscire ad aggiornare in fretta! 
  
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