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Five steps.
1. Denial
Passeranno settimane prima che Elena trovi il coraggio di rispondere a un sms di Stefan - ha
provato a chiamarla ininterrottamente da quando Caroline è partita col primo
aereo per volare da Elena e si è presentata al dormitorio.
Accetterà di vederlo quando rientreranno
per le vacanze di Natale.
Per ora va bene fare finta che non sia
successo nulla, fingere che tutto questo sia fuori da lei, non la tocchi.
Perché Elena è una persona riflessiva e
butta giù, analizza il dolore, lo spezzetta e ricompone fin quando non si sente
pronta a gestirlo.
Lei che ha vissuto sofferenze parziali,
altrui.
Ancora non lo aveva provato sulla pelle lei,
la ragazzina dagli occhi da cerbiatta e la famiglia perfetta.
Perciò ha deciso di fare i conti a modo
suo con la sua prima grande delusione della vita - le piccolezze su cui era
inciampata nell’adolescenza non erano state niente a confronto.
Ma non era nulla rispetto al dolore amaro di Damon, alle
crepe negli occhi di Stefan.
Eppure non riusciva ad
odiarlo Stefan, era ferita sì.
Delusa, anche.
Ma era come se una parte
di lei, infondo, lo avesse già perdonato.
Perché lui aveva sperimentato il dolore
molto più di lei e questo lo rendeva –ai suoi occhi-
inevitabilmente più fragile, più vulnerabile.
Meritevole di comprensione.
In perfetto Elena style, avrebbe detto Caroline.
Ed ecco la vera fitta di dolore.
Ma Caroline…
Di lei proprio non voleva parlare.
Il silenzio di tomba in cui si è chiusa ha preoccupato Bonnie nell’ultimo periodo di lezione, ma
comunque non ha insistito perché sa come è fatta Elena e prima o poi butterà
fuori la rabbia e allora, forse, ci sarà modo di ripartire.
***
Natale
Al suo arrivo a casa trova sua madre -alla
quale ha severamente vietato di parlare dei Salvatore
o di Caroline - che sta sistemando la tavola su cui ha cenato la sua
famiglia e sente Jeremy che litiga con Grayson per l’ultima convocazione a
scuola dove lo avvisano che il ragazzo è a rischio bocciatura.
“Beccato
a fumarsi uno spinello in bagno, seriamente?”
Li sente parlare dal piano superiore a
toni risentiti, sua madre invece se ne sta lì con fare rassegnato ed Elena non
può che respirare il disagio aleggiante sulla sua famiglia insolitamente più
cupa.
-Wow è bello tornare a casa-
-Tuo fratello si è beccato l’ennesima
punizione, non sappiamo più come fare con lui-
La vede passarsi una mano tra i capelli
scuri e si accorge che è più stanca di quanto ricordasse, è stata così presa
dai suoi problemi che ha trascurato tutto e tutti.
Sono quasi le dieci di sera, lei e Bonnie
sono partite tardi e non hanno avuto nemmeno il tempo di fermarsi a mangiare un
boccone, ma non ha fame - insolitamente - dato che
tutto l’entusiasmo per il rientro a casa e il bisogno pressante di stare con la
famiglia si è frantumato contro gli occhi cerchiati di sua madre e le
discussioni degli uomini di casa.
E’ stato un viaggio stancante, indolenzita
dall’umidità e il peso degli esami che incombono.
Ha lasciato le valige in corridoio
togliendosi il cappotto e vede Miranda che le viene incontro.
-Stai bene mamma?-
-Si, sono solo un po’ stanca-
-E papà?-
Miranda afferra la borsa coi panni sporchi della figlia e le fa cenno di seguirla in lavanderia.
-Stiamo bene, certo Jeremy ci
preoccupa….ma tu, come va invece?-
Elena fa spallucce.
-Và-
-Tesoro...c’è una
cosa che si dovrebbe fare quando si soffre-
-Sarebbe?-
-Piangere, mettersi il pigiama, mangiare
gelato e guardare film in bianco e nero-
-Dovrei abbrutirmi insomma?-
-Esatto-
-Stanno dando le repliche di Gilmore Girls sulla
TV via cavo?-
Le scocca un’occhiata divertita e Miranda
ridacchia complice, sua figlia la conosce bene.
-Prendo spunto da altre mamme-
-Comunque no grazie, non fa per me-
Caricano la lavatrice e poi sua madre si
volta verso la figlia con un’espressione un po’ più seria.
-Ci siamo passati tutti dalle delusioni di
cuore...e ti assicuro che è un buon metodo-
-Ci penserò-
-E….Caroline?
Le pozze scure si riflettono in quelle più
grandi e sagge.
-Mamma-
-D’accordo…cambiamo argomento ti va?-
-Decisamente…che c’è di nuovo?-
Elena vede il suo volto tendersi appena,
un velo di tristezza sembra adombrarle lo sguardo e si trova a trattenere il
respiro.
-Beh…c’è una cosa che non ti ho
detto….visto il veto che hai imposto e anche perché non mi sembrava il caso di
farlo per telefono-
-Sarebbe?-
****
Il cielo è nero
quella sera.
Non ci sono stelle e potrebbe percepire l’odore di
neve se solo la luce viola, che le piace tanto, lo illuminasse e punge un
piccolo frammento nella sua memoria di una conversazione casuale rubata di
nascosto a un ragazzo dagli occhi chiari circa la sua passione per la neve.
Si fissa un attimo le punte degli stivali immersi nel
candore freddo che avvolge il porfido antico.
Non sa bene come comportarsi Elena, di nuovo sente di affogare in qualcosa
più grande di lei, ma improvvisamente tutta la rabbia inespressa, il senso di
tradimento, sono stati sostituiti da un più compreso
dolore.
Subito riconnessa a una realtà ultimamente
estranea a lei che vagava per il campus come uno zombie.
Questa famiglia non sembra che destinata a
soffrire, pensa.
Anche se è nata
una nuova vita è comunque accompagnata dal dolore; vorrebbe che non stringesse
così la presa sul suo giovane e inesperto cuore.
Bussa alla porta leggermente, con
titubanza, quasi con paura di quello che potrebbe attenderla dietro ad essa.
Non sa nemmeno se lui sia già rientrato,
se c’è qualcuno in casa, se disturba.
Sono le dieci di sera e lei non si è ancora potuta fare una doccia; ha gli stessi vestiti di
quella mattina e si maledice pure perché questo non è davvero il momento per
pensare all’aspetto devastato.
Dopo la chiacchierata con sua madre in
lavanderia l’ha lasciata lì precipitandosi a casa Salvatore.
Ma vorrebbe essere solo in grado - per un breve istante
- di fare qualcosa, di raccogliere un grammo di coraggio e sfondare il dolore,
una breccia di aria calda.
E chissà come mai Elena ritrova se stessa
attraverso il bisogno che muove i suoi piedi in quella direzione, lungo quella
strada, verso quella porta.
E’ accaduto di nuovo prima di ogni
pensiero, di ogni valutazione, solo d’istinto spinta
da quel respiro indefinibile che la costringe a nuotare fino alla superficie celeste
e trovare l’aria che sa di azzurro sopra la sua testa.
-Ti sei persa piccola scout?-
Una voce che non sentiva da tanto, troppo
tempo le accarezza la schiena attraversandole la colonna vertebrale.
La voce che aspettava.
Lo capisce da come il freddo defluisce
dalle sue ossa e si spalma in uno strato di calore fino a ustionarle la pelle
ed Elena si volta di scatto trovando lui.
Damon.
Sempre sotto il solito cielo c’è un
azzurro terso che la fissa e deve sforzarsi per metterlo a fuoco lì, immerso
nel buio della notte alle sue spalle.
E non sa dire con certezza se l’oscurità lo stia disegnando lentamente davanti ai suoi
occhi, ora che prende forma mentre si avvicina di un passo, oppure se sia lui
stesso a permettere alle tenebre di avvolgerlo.
Guardandolo meglio, mentre il suo cuore
corre impazzito e il dispiacere le brucia le mani strette a pugno per la
tensione, può vedere che non è lo stesso ragazzo di
mesi prima.
Che poi, lei chi è per dire che lo
conosce?
Per un attimo il discorso sul team Damon riaffiora alla sua memoria e
sente un sottile sorriso premere per uscire.
Più lo scorre con il suo velluto scuro più
raccoglie piccole informazioni su di lui, su quanto sembri più stanco, più cupo
eppure sempre con quel mezzo sorriso furbo a increspare le sue labbra.
Lui fa un altro passo, due, verso di lei
totalmente imbambolata e incapace di reagire.
-Elena...-
Il suo nome sembra riscuoterla e spinta da un qualche sconosciuto coraggio muove i piedi,
brucia le distanze e lo avvolge tra le sue elisili braccia.
Sta tremando per lo sforzo fisico, l’intensità
delle emozioni che la percuotono.
Non cercava Stefan.
Cercava lui.
Damon rimane un attimo spiazzato mentre il
profumo familiare di lei gli riempie i polmoni; non si aspettava nulla di tutto
ciò né di trovarsela davanti casa -ha capito che deve essere successo qualcosa
con suo fratello - né tanto meno che lei lo abbracciasse.
E lui non è molto abituato a queste cose.
Semmai è un disabituato.
Non sa perché quel piccolo corpo gli sembri però un sollievo, come se Elena stesse abbracciando e
accogliendo tutto il suo dolore.
E prova a resistere un istante,
irrigidendosi come a rifiutarla, ma lei –anche questa volta- non lo molla.
E ha paura Damon, ha paura
di sentire ancora.
Di respirare ancora l’amore di qualcuno.
Ma questa ragazzina scoglie le sue catene
in qualche modo e accoglie il conforto inaspettato ricambiando la stretta;
porta le sue mani sulla schiena di lei toccandola con
una strana titubanza.
Si trova a stringere Elena, a sentire il
suo corpo aderire contro il suo, a respirare il suo profumo, a lasciare che lei
per un po’ culli il suo cuore.
Avverte le sue forme, il calore della
pelle sotto la stoffa del cappotto.
Sembra che debba fare questo
Elena, raccogliere i suoi pezzi.
-Mi dispiace-
La voce dolce esce tremante come a
contente un pianto che Elena sente fuori luogo da parte sua, non è suo il dolore.
La perdita.
-Mi dispiace, se avessi saputo-
Non sarebbe cambiato nulla, sono frasi di circostanza.
Sarebbero, se lei non le caricasse di quella sfumatura roca e
calda, rendendole un leggero balsamo.
E capisce che a lui interessa poco di
quando e come, basta che sia lì ora.
Lo capisce da come la stringe un po' di
più, da come nasconde il volto nei suoi capelli soffici, da come lo sente
tremare appena provando a trattenere quelle lacrime che chissà se ha mai
versato.
Se era solo questa volta o forse suo padre
e suo fratello sono stati il sostegno di cui aveva bisogno.
E rimangono sospesi così per un tempo
indefinito col calore dei loro respiri addensati dall’aria fredda di dicembre e
il loro ormai sfondo di tenebra come spettatore, incapace di inghiottire la
luce che emanano insieme.
Solo lo squillo del telefono di Damon li
obbliga a dividersi ed Elena si scosta lievemente imbarazzata per permettergli
di estrarre il cellulare di tasca.
-Ehi Ric...no non
mi sono perso, sono qua fuori-
Chiude e torna su Elena.
-Vuoi entrare ragazzina? Credo che ti serva un po’ di latte
e biscotti-
Elena sorride, alzando gli occhi al cielo.
-In effetti non ho cenato-
-Lo vedi? Anche io
posso offrirti qualcosa-
E capisce quanta gratitudine ci sia a
dietro queste parole, lui che non riesce ad esprimersi
come le persone normali.
E così la guida verso quella casa che
sembra un po’ lo scenario triste di un funerale senza fine.
Ok
odiatemi pure, per il ritardo, perché sono una persona crudele.
Immagino
abbiate intuito qualcosa, mi dispiace se questo capitolo è frammentato in vari
passaggi giuro solennemente che il prossimo arriverà a brevissimo è già pronto!!!
E accetterò
come sempre ogni commento, critica, disapprovazione o silenzio che vorrete
concedermi!!!!
Grazie
Eli