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Autore: Ninfea Blu    24/05/2015    13 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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27 – Tristan De Lourges

27 – Le incognite del destino (Tristan e Danielle)

 

 

 

 

 

Pochi giorni dopo il nostro primo bizzarro incontro, Tristan venne alla villa, per la prima di una lunga serie di visite. Se l’inizio della nostra conoscenza era stato un po’ burrascoso e poco amichevole, superati i primi fraintendimenti, ebbi modo e maniera di rivalutare la personalità schietta e il temperamento spavaldo del giovane. L’impatto immediato che ebbi con lui, mi fece pensare ad un uomo arrogante e supponente; soltanto in seguito, conoscendolo un po’ meglio, mi trovai a pensare di essermi sbagliata.

Era un uomo sicuro di sé, e questo lo rendeva senza dubbio affascinante, ma traeva in inganno sulla sua reale indole; in realtà, sapeva essere molto gentile, disponibile e affabile.

Fu André ad accoglierlo, e Tristan, come seppi poi, non perse l’occasione di osservare con attenzione e onesta curiosità, velata forse da un pizzico di sospetto, l’affascinante ex attendente.

“Buongiorno buon uomo. Vorrei essere ricevuto dalla contessa di Recamier. È in casa?”

“Certo signore, chi devo annunciare?”

Alla domanda, Tristan era già entrato nell’androne, e si stava sfilando i guanti, guardandosi attorno con fare tranquillo e naturale, fino a riportare il suo sguardo acuto e critico su André.

“Tristan De Laundes. Abito a poche miglia da qui. Io e la contessa ci conosciamo, l’ho accompagnata a casa col mio cavallo qualche giorno fa… Ma voi siete?”

“André Grandier.”

“Siete alle dipendenze della contessa, André?”

“Sì, signore.”

“In qualità di?”

“Sono il segretario personale della contessa, signore.”

Tristan colpito, fissò con intensità gli occhi verdi del suo interlocutore. Se Andrè provasse fastidio nell’essere sotto esame, preso d’assalto da quella serie di domande a raffica non lo mostrò in alcun modo. Si mantenne composto e rispettoso delle forme colloquiali tra signori e servi, come voleva il suo ruolo, contribuendo forse ad aumentare il dubbio nel nobiluomo.

“Sembrate davvero molto giovane per essere un segretario… quanti anni avete?” domandò infatti.

“Quasi ventisette, signore.”

“Oh, siete addirittura più giovane di me.” Fu il suo commento un po’ perplesso.

“Nonostante la mia età, ho esperienza, avendo sempre lavorato presso gli aristocratici. Col vostro permesso, vado a informare la signora contessa della vostra presenza. Potete aspettarla nel salotto degli ospiti. Prego, da questa parte.”

E André con un gesto della mano indicò una porta alla sua sinistra.

 

Non feci attendere molto Tristan.

In tutte le occasioni future, mi presentai a lui, sempre ben disposta e disponibile, al punto da diventare perfino fiduciosa e amichevole.

Mi accorsi presto del suo interesse, che manifestò quasi subito e senza finzione alcuna, ma non lo incoraggiai mai, né gli lasciai credere che potessi ricambiare il suo trasporto.

Eppure Tristan non si scoraggiò, e solo dopo molto tempo compresi il motivo di una tale sorprendente tenacia.

Lui sapeva quello che io non sapevo.

Vedeva quello che io non volevo, o non ero in grado di vedere.

 

Quel pomeriggio a cavallo, mentre Tristan mi riportava a casa, avevamo parlato; era il figlio maggiore e diretto erede delle sostanze di suo padre e aveva un fratello di poco più giovane cui era molto legato. Gli avevo detto chi ero, avevo accennato a cinque sorelle, ma non avevo parlato di nessuna in particolare, omettendo il reale motivo per cui mi trovavo in Normandia.

Conosceva la nomea della famiglia Recamier, il prestigio che avevamo a corte, ma era un dettaglio che per lui pareva insignificante, e questa fu la cosa che mi colpì senz’altro di più.

“Contessa, sono felice di rivedervi. È dal nostro primo incontro che desideravo poter parlare di nuovo con voi, Danielle. Posso chiamarvi Danielle, non è vero? Sapete, detesto le convenzioni, sono così false e ipocrite… e voi mi sembrate tutto, tranne che una donna falsa e ipocrita…”

“Non mi conoscete così bene da poterlo dire…”

“È vero, ma mi fido della mia capacità di giudizio.”

“Siete un uomo audace, oltre che adulatore; certo, sapete che il nostro mondo è fatto di formalità vuote e apparenti. La corte di Versailles è costruita su quelle, sarebbe assai pericoloso non tenerne conto…”

“Ne sono convinto, e voi senza dubbio ne conoscete tutti i meccanismi… ma debbo contraddirvi, io non sono un adulatore, ragione per cui non metto piede in un posto del genere.”

“Forse perché non ne avete le possibilità…” lo stuzzicai, e lui reagì con una presenza di spirito invidiabile e genuina, e un sorriso spontaneo.

“Lo confesso, sì, e la cosa non mi toglie il sonno. Trovo stupido e inutile dilapidare le proprie sostanze per sostenere il modello del perfetto cortigiano vanesio e sciocco. Vi sorprenderà, ma sono stato a corte forse un paio di volte in tutta la mia vita, è l’esperienza mi è bastata. È un ambiente detestabile che evito accuratamente: un vespaio pieno di gente annoiata e stupida che non sa come passare il tempo, salvo inventarsi intrighi di ogni sorta, e si diverte con le maldicenze sul personaggio di turno… più il personaggio è in vista, più godono nel farne il bersaglio delle loro facezie. Per non parlare della moda imperante imposta dalla nostra bella e capricciosa sovrana: con quelle sottane ingombranti e quelle acconciature ancor più stravaganti, le gran dame non passano neppure dalle porte.”

Sorrisi divertita mentre invitavo il mio ospite a sedersi sul canapè e suonavo la campanella per richiamare la mia cameriera.

“Siete davvero sorprendente, ridicolizzate quello che per tanti è un privilegio irrinunciabile, e le dame di corte fanno a gara per imitare le mise di Sua Maestà. È molto strano sentir far un discorso del genere da un appartenente alla nobiltà… ma in effetti, la vostra analisi è accurata.”

“Oh, spero che la mia franchezza non vi risulti offensiva.”

“No, non temete. In realtà, condivido il vostro pensiero, anche se ho frequentato la corte e quella gente annoiata e stupida molto più di voi, e in diversi casi ho dovuto adeguarmi a mode e stravaganze. Non sarà che il vostro spregio viene dalla ragione che ne siete escluso?”

“Voi credete? Me lo sono chiesto, in effetti… al vostro posto avrei il medesimo dubbio.” rise, smontandomi completamente.

“Vi sto provocando, perdonatemi! – Esclamai imbarazzata. - È un difetto che non riesco a correggere…”

“Un difetto adorabile che vi rende sincera. Ho capito questo di voi, fin dal nostro primo incontro, e se posso dirlo, mi siete piaciuta subito.”

“Davvero? Ero convinta del contrario…” sorvolai, ironizzando sulle ultime parole assolutamente sincere del mio ospite, che mi restituì un sorriso appena accennato.

Ninette entrò col vassoio: portava una teiera e due tazze di fine porcellana decorata e profilata d’oro zecchino.

“Neppure io amo troppo la vita di corte. Forse è per questo che sono venuta quaggiù… per allontanarmi da quel mondo. Devo ammettere che il più delle volte è davvero soffocante.”

“Siete una donna che insegue la libertà, contessa?”

Stavo versando l’acqua bollente attraverso il filtro, quando Tristan mi inchiodò sul posto con quella domanda, apparentemente casuale. Con gesti misurati posai la teiera sul vassoio accanto.

“Cosa ve lo fa credere?”

“La Normandia è una terra bellissima, ma selvaggia; è battuta dai venti, e le sue coste meravigliose si aprono sul mare come un invito a perdersi nel blu cobalto delle sue profondità. Per apprezzarla sul serio bisogna avere uno spirito indomito e poco convenzionale. Chi cerca il contatto con la natura vuole evadere dal mondo; voi siete venuta quaggiù da sola… o meglio, accompagnata da uno strano uomo che dice di essere il vostro segretario.”

Più che le parole, fu piuttosto il tono a sorprendermi; non avvertii alcun tipo di giudizio in esse, semmai una inaspettata comprensione. Forse fu questo che mi spinse ad aprirmi, come non avrei fatto con altrettanta facilità con nessuno. Di certo, non con un uomo appena conosciuto di cui in fondo non sapevo nulla. Eppure qualcosa di misterioso e profondo in Tristan mi indusse a fidarmi di lui.

“André non è un semplice segretario… è un amico fidato dal cuore onesto; ha servito come attendente nella casa di mio padre, lo conosco da quando era un bambino.”

Tristan abbassò lo sguardo e piegò le labbra in un sorriso enigmatico, prima di riportare la sua attenzione su di me.

“Capisco… Un uomo legato alla vostra famiglia nel profondo… Deve rappresentare molto per voi, madame…” constatò con sicurezza.

La mia conferma tranquilla e spontanea non lo stupì, semmai rafforzò l’intuizione di tutto quello che si celava dietro le parole apparentemente innocue che ci eravamo scambiati.

 

 

*****

 

 

 

 

Non era uomo da scandalizzarsi Tristan, né gli interessava il giudizio troppo diffuso di un etica fasulla. Si riteneva superiore e libero da certe forme di pensiero, proprie della sua casta. Lui stesso aveva suscitato scandalo quando si era comportato in maniera non proprio consona al suo rango, contravvenendo a un preciso ordine/desiderio di suo padre, e la cosa non aveva turbato troppo la sua esistenza.

Quell’André non era un semplice segretario, no.

Era un rivale. Bisognava capire quanto pericoloso, e quanto interessato a ricambiare l’affetto della sua padrona.

Alcuni dettagli però gli apparivano ancora fumosi e poco chiari, causa le scarse e vaghe informazioni ottenute sulla famiglia d’origine della sua bella dama, ma contava di venirne a capo.

Frequentava il salotto della contessa da alcune settimane ormai, ed era sicuro che lei avesse compreso il suo interesse. Si sentiva follemente attratto dal superbo fascino unito a un po’ di mistero, dalla mente brillante e aperta, come mai gli era accaduto in passato, e l’attrazione stava sfociando in un sentimento autentico e potente.

Tristan si stava innamorando.

Sapeva che era una donna sposata, ma la cosa non sembrava procurargli particolare disagio o remore di qualche tipo.

E Danielle dimostrava di gradire la sua presenza e la sua compagnia e lo gratificava di gentilezze che restavano però dentro i confini di una schietta amicizia, che si nutriva di vari e vivaci argomenti, alcuni anche molto seri e impegnativi.

Lei accettava le sue confidenze e parlava di sé, senza timori, ma senza scivolare troppo sul personale, un confine che la contessa era molto attenta a non travalicare mai.

“Mi stavo chiedendo che tipo sia vostro marito, Danielle. Non ne parlate mai, se non in maniera vaga e mi pare che non susciti la vostra stima. State fuggendo da lui? Scommetto che è uno dei motivi per cui siete qui.”

Era un pomeriggio splendido, il sole giocava con le foglie degli alberi del giardino facendole vibrare come gocce di luce verde, e lei lo aveva invitato ad accompagnarla durante una passeggiata.

“Siete un po’ indiscreto. Comunque, Leopold è un tipo d’uomo assai comune. Il classico marito che sposa una fanciulla molto più giovane di lui, per unire la sua casata a quella della sposa e aumentare il suo prestigio. Vi assicuro Tristan, non c’è nulla di particolarmente eccitante in un matrimonio del genere, nel bene e nel male è uguale a tanti altri matrimoni combinati. Ma non parliamo di me, parliamo di voi, piuttosto.”

“Cosa volete sapere che non sapete già? Non ho segreti per voi, madame… semmai, voi li avete per me, e la cosa mi affascina.”

“Non è vero. Di me sapete tutto quello che c’è da sapere. Ma per ciò che vi riguarda, perché un uomo come voi non è sposato? Siete avvenente e rappresentate un ottimo partito. Dovreste avere una promessa sposa, o almeno un’ innamorata… forse un amante… o più di una.”

“Addirittura più di una? Madame, mi farei scoprire immediatamente, non sarei così abile a gestire relazioni clandestine. Beh, ho avuto un’ innamorata… - disse fingendo un cruccio che si trasformò subito in sorriso sarcastico, - ma lei ha preferito un conte più ricco e blasonato. E ho avuto anche una promessa sposa, una fanciulla scelta da mio padre, di buona famiglia con una discreta dote in terreni e possedimenti… ma ai miei occhi, insignificante e senza particolari grazie o attitudini. Non bella come voi, Danielle… Voi sì, che potreste rubarmi il cuore…  - se non l’avete già fatto, pensò e si perse a fissarla per qualche istante. - Una cara ragazza, che non suscitò in me alcun interesse, né la benché minima attrazione fisica. Mi rifiutai di sposarla, scatenando l’ira di mio padre; ho rischiato di essere diseredato.”

Questa storia scatenò la sincera ilarità di Danielle che manifestò liberamente. Tristan era rapito da quella sua spontaneità, ma in alcuni momenti si chiedeva da dove derivasse veramente.

“Oh, povera ragazza! Magari era davvero innamorata di voi, e l’avete respinta. Era dunque, così poco graziosa?”

“A me non piaceva; scialba, con poca presenza di spirito, né eccessivamente colta. Oh, una dolce fanciulla, per carità, un’indole mite e riservata, ma molto modesta d’intelletto. Ma tranquillizzatevi, l’offesa fu presto cancellata; sta per diventare mia cognata, mio fratello Fabian si è innamorato di lei.”

La contessa rise di nuovo.

Una risata che veniva dal cuore e lo avvinceva.

“Oh, capisco; dovete ringraziare vostro fratello, sicuramente meno esigente di voi, se avete evitato di essere diseredato. Siete un uomo davvero non comune. Ma siate sincero, se fosse stata bella e ricca, l’avreste ceduta con la stessa facilità, o magari avreste accettato il compromesso?” chiese sinceramente incuriosita, ma senza la malizia che avrebbe riservato ad altri.

“Madame, non sono uomo da compromessi, e il matrimonio è già di per sé una follia; l’unico vero motivo per unirsi a vita a un’altra persona è l’amore, quello passionale e impetuoso che prende due cuori e li avvince totalmente. Se manca questo ingrediente basilare, credo sia meglio evitare di imbarcarsi in una simile disavventura.”

“Una risposta cinica, alla fine.”

“Può darsi, ma trovo sia più cinico sposarsi per interesse. Non siete d’accordo?”

Il tono era uscito lievemente più duro e amaro.

“Scusatemi, dimenticavo la vostra delusione amorosa. Peccato che certe libertà valgano solo per gli uomini. Noi donne spesso siamo solo merce di scambio, e non abbiamo molta scelta in merito… l’interesse non è quasi mai il nostro.”

“Già, un vero peccato. Quanta infelicità sarebbe risparmiata da ambo le parti. Ne deduco che il vostro matrimonio vi vada stretto, Danielle.”

“Non vi si può nascondere niente, Tristan…”

 

Eppure Danielle, qualcosa nascondeva. Lo sentiva.

E non riguardava solo suo marito.

Tristan avvertiva l’ombra del segretario aleggiare tra loro, quel giovane dagli occhi verdi cui Danielle sorrideva in un modo speciale, un modo che lo allarmava. Aveva notato la dolcezza della contessa, la gentilezza che metteva nelle parole, e gli occhi che si illuminavano in presenza dell’uomo.

Sembrava davvero che ne fosse… innamorata.

 

Una mattina, per un caso fortuito, dall’alto del promontorio da cui si scorgeva la spiaggia sottostante di Etretat, li scorse insieme durante una cavalcata. Li guardò scendere da cavallo. Rimase a lungo ad osservare quelle due figure ignare e lontane, che camminavano sulla rena bianca, i cavalli poco distanti.

Dal punto in cui era, riconobbe i capelli biondi di Danielle mossi dal vento; era accoccolata al braccio dell’uomo che aveva alzato una mano a spostarle alcune ciocche ribelli dal viso bellissimo, e si era sentito quasi un intruso che viola una situazione di intimità. Perché quell’uomo, quel servo dai modi eleganti, si permetteva di sfiorarla in quel modo? Quali libertà lei gli aveva concesso? Una tale famigliarità poteva essere giustificata dal quell’antico legame che lei stessa aveva ammesso fin dall’inizio, quasi con orgoglio?

Qualcosa nel petto di Tristan si era agitato, un tumulto che gli aveva fatto stringere con forza le redini del suo cavallo.

Solo alcuni giorni successivi, dopo molti tentennamenti, un mattino si era unito a loro sulla spiaggia, e aveva colto anche troppo chiaramente il trasporto malcelato della contessa verso il suo accompagnatore.

L’altro rispondeva ai suoi sorrisi, si rivolgeva alla donna con rispetto, e palesava una confidenza che andava appena oltre le libertà che avrebbe dovuto avere un segretario.

E qualche volta, si permetteva di chiamarla Danielle, anzi, lei insisteva perché lo facesse. E il tono di André, per quanto si sforzasse di nasconderlo, a volte diventava carezzevole, quasi protettivo e affettuoso.

Era un po’ troppo per il ruolo di un semplice segretario.

Eppure negli occhi verdi del giovane servo gli sembrò di intravedere delle ombre mutevoli, una malinconia soffocata, legata a qualche ricordo lontano e insondabile. Fu la cosa che forse lo fece sperare o temere che l’apparenza lo traesse in inganno. L’affascinante, ambiguo André Grandier era ben altro nel cuore della sua fata dei boschi, ma cosa fosse lei nel cuore di lui, non era altrettanto ovvio.

 

 

*********

 

 

 

I nostri cavalli affondavano gli zoccoli nella sabbia bagnata. Eravamo fermi, ritti sulle nostre selle a osservare l’orizzonte. Vicino a noi, la spuma bianca del mare increspava le onde che morivano sulla riva. Il rumore della risacca mi trasmetteva calma.

“Non ti preoccupa che una probabile spia di tuo marito faccia domande su di noi, Danielle? Con quello che c’è in ballo, io al tuo posto non sarei così tranquillo.”

“Non darti nessuna pena per Leopold. Per chiunque, tu sei solo il mio segretario. Sta solo cercando di trovare una scusa per opporsi alle mie richieste, ma non è in grado di dettare condizioni abbastanza forti da opporre alle mie… inoltre, sono sempre stata più furba di lui su questo fronte, tuttora ignora molte delle mie frequentazioni passate…”

“Sarà come dici tu, ma è probabile che sappia che sei qui con me. Mi aspetto di incontrarlo a Etretat, da un momento all’altro…”

“Questo non sarà un problema, e non gli darò modo di dimostrare nulla…”

André però voleva affrontare un’altra questione, e lo capii dal modo repentino in cui lasciò cadere l’argomento Leopold.

“Tristan De Laundes se non lo è già, si sta innamorando di te…”, mi disse con il tono tranquillo di chi fa una semplice constatazione. Non colsi alcuna punta di gelosia nella sua voce, e forse la cosa mi deluse. Non ero sorpresa, né dal suo intuito, né dalla sua affermazione, tanto che risposi in maniera altrettanto pacata.

“Non posso farci nulla… mi spiace un po’ per lui…”

“Vuoi dire che la cosa ti lascia indifferente? Non lusinga neppure un po’ il tuo orgoglio femminile? È un uomo di fascino…”

“Sì, più di tanti damerini che ho conosciuto; è intelligente e sensibile, ma non posso ricambiare i suoi sentimenti; il mio cuore l’ho già donato a te, e non posso tornare indietro…”

Lo guardai decisa, ma lui puntò lo sguardo in direzione del mare, senza aggiungere nulla alle mie parole, prese quasi con distacco. Da quando eravamo lì, quanti cambiamenti avevo scorto nel suo umore; prima triste e deluso, arrabbiato, poi speranzoso e sereno. Di nuovo mi parve diverso.

“Non mi sembra un uomo disposto ad arrendersi. Sai Danielle, che una goccia che cade sempre nello stesso punto può avere la forza di erodere la roccia?”

“Credi che il mio cuore sia così mutevole e incostante, André?”

“No, ma è un cuore bisognoso d’amore… a volte, si prende l’amore dove lo si trova… credimi, so di cosa parlo, Danielle…”

Le sue parole mi spaventarono; erano sincere e amare, venate di rassegnazione. Stava cercando di dirmi qualcosa che riguardava lui, e forse quello era il suo modo di mettermi in guardia. Ma io volevo ostinarmi a credere di essere più forte e salda nella mia volontà di amarlo, e che ciò bastasse per tutti e due.

“Amore è accettare ciò che viene donato, e questo adesso mi riempie di profonda gioia. Dunque, non ho intenzione di incoraggiare, né illudere Tristan. Posso offrigli la mia amicizia sincera e nient’altro… lo capirà.”

“No, non capirà. Ti odierà, piuttosto…” fu la sua obbiezione, pronunciata con una sicurezza assoluta e raggelante.

Rimasi attonita a fissare il suo bel profilo immobile, incapace in quel momento di comprendere appieno il significato delle sue parole. Restammo in silenzio mentre l’aria che profumava di salsedine accarezzava i nostri volti; poi, frasi ancor più sorprendenti si mischiarono intruse al suono delle onde e allo stridere dei gabbiani nel cielo.

“Danielle, hai pensato che potrebbe non essere un caso l’incontro con Tristan? È piombato nella tua vita in uno strano momento…”

“Cosa vuoi dire?”

“Parlo di tutte le circostanze che ci hanno portato qui… le mie e le tue… Se lui fosse il tuo destino, quella parte che completa il tuo cuore e la tua anima? Dovresti considerare la possibilità che quell’uomo rappresenti la tua vera occasione di essere felice. Io potrei essere solo una pausa nella tua vita, come tu potresti esserlo nella mia.”

Non disse altro e io immobile, non risposi, i miei occhi sbarrati su di lui che si era mosso senza fretta; aveva tirato le redini e guidava il cavallo in direzione della villa.

 

 

*******

 

 

Il cuore ebbe un sussulto simile a uno spasimo doloroso la prima volta che lo vide entrare nella locanda. Era seduta al suo tavolo, defilata dagli altri avventori e un po’ in ombra, avvolta nel suo mantello con un cappuccio calato sulla testa a nascondere buona parte del volto, un bicchiere di vino bianco posato di fronte a lei. Stava per alzarsi e andarsene, quando la porta del locale si era aperta.

Una figura elegante si era profilata in tutta la sua imponenza contro la cornice dell’entrata. Qualche curioso aveva alzato appena lo sguardo sul nuovo venuto - non era una faccia nuova per la gente del luogo - per riabbassarlo subito dopo senza interesse.

Era rimasta immobile con gli occhi spalancati, ad osservarlo muoversi sciolto verso il bancone, sedersi di fronte all’oste, un uomo con la pancia prominente con la faccia bruciata dal sole e dal sale, i gomiti appoggiati sul piano di legno e ordinare da bere.

Lentamente si era riseduta al suo posto, quasi le gambe avessero ceduto, lo sguardo fisso sulla sua schiena, mentre la testa si incassava un po’ nelle spalle.

Aveva immaginato mille volte di incontrarlo, parlargli faccia a faccia, affrontarlo nella maniera più diretta. Si era chiesta cosa avrebbe sentito in quel momento, quale emozione l’avrebbe attraversata.

Non ebbe la forza né la volontà di allontanarsi da lì, tenne gli occhi incollati alla sua figura, come fosse un magnete irresistibile. Aveva indugiato sul suo profilo mentre attraversava la sala, e un violento tuffo al cuore l’aveva fatta tremare, schiudere le labbra in un sospiro, il suo nome scappato in un sussurro.

“André…”

Era lì, a pochi metri da lei, ignaro della sua presenza, perso in chissà quali pensieri. E solo, come non lo aveva mai visto; quella solitudine le era famigliare e la raggiungeva come un’onda, sorprendendola.

E in quel momento, comprese cosa erano loro davvero.

Vicini eppure lontani.

Uguali come mai forse erano stati.

Due solitudini mai scoperte, riempite da quella loro vicinanza data per scontata, attraverso gli anni. Era quella sensazione di vuoto che le faceva male, e l’unica ragione che l’aveva attirata lì, era il bisogno spasmodico di riempire quel vuoto.

Non Danielle. Non Leopold, né nessun altro motivo.

Quel vuoto aveva un nome, un corpo, un’ essenza fatta di carne e spirito. Solo in quell’istante ne fu certa.

Avrebbe potuto avvicinarlo, sfiorargli una spalla con un gesto lieve della mano e palesare la sua presenza, ma non lo fece. Si limitò ad osservarlo silenziosa, gli occhi lucidi per l’emozione troppo forte che la sommergeva, mentre mille desideri l’assalivano e combatteva con la voglia e la paura di incontrare le profondità di quegli occhi verdi, e scoprirvi nuovi sentimenti, occhi che restavano fissi sul bicchiere che aveva davanti, e ogni tanto portava alle labbra mute. Quelle belle labbra che nel ricordo erano dolci, audaci e morbide, possessive e affamate di lei e del suo amore.

Quel vino doveva essere amaro quanto il suo; sul palato sentiva il gusto sgradevole che le invadeva l’anima, come se si stessero scambiando un bacio velenoso.

Oscar non si rese conto del tempo che restò lì ferma, poteva essere un minuto o un’ora, con lo sguardo inchiodato su di lui, finché non lo vide alzarsi, lanciare poche monete sul bancone, e voltarsi per andarsene.

Solo e silenzioso. Senza espressione. Vuoto come lei.

E un dolore sordo le trapassò il petto, mentre nella mente riecheggiò l’eco di un desiderio in un grido disperato e silenzioso.

No! Non andare via! Non ancora…

Per istinto le sue mani si erano contratte sul tavolo come se le dita volessero trattenere qualcosa. Protetta dal lungo mantello e dal buio della sera, cedette all’impulso di seguirlo sorretta dalle gambe molli, anche solo per un breve tratto, nel vicolo adiacente la locanda dove André aveva legato il cavallo. Lo vide allontanarsi come un’ ombra, per tornare forse tra le braccia di Danielle, e il pensiero fastidioso le fece serrare i pugni con rabbia.

 

Oscar tornò alla locanda tutte le sere successive, mossa dalla sola speranza che lui tornasse. E fu esaudita. Si sedeva sempre nello stesso angolo, defilata, nascosta tra le ombre che si allungavano sulle pareti scure e macchiate di umidità.

Lui, sempre appoggiato a quel bancone, accompagnato da vino e sguardi malinconici. Guardarlo, essergli vicina, stare lì dov’ era lui, non poteva bastarle. Se ne rese conto presto.

L’emozione diveniva incontenibile, cresceva di ora in ora, e di giorno in giorno; il suo cuore si riaccendeva per una passione mai sopita. Si era messa alla prova abbastanza da capire quale fosse la verità: l’unico vero motivo che l’aveva indotta a percorrere tutta quella strada, era la volontà di ritrovare lui e riaverlo per sé. Voleva avvicinarlo a quel bancone, sedersi accanto, parlargli e sciogliere quella solitudine che li allontanava. E non le importava quanto sarebbe stato difficile, né se fosse troppo tardi. Immaginò il momento, il modo, i gesti e le parole, gli sguardi increduli. E non fu abbastanza.

Si alzò dalla sedia eccitata e nervosa, sentì il tremito violento del cuore, il respiro che accelerava incontrollato, e più di tutto la morsa che le serrava lo stomaco, mentre mosse i primi passi. Doveva percorrere solo pochi metri, ma furono i più lunghi di tutta la sua vita.

 

 

 

André era troppo concentrato su se stesso e sulla ridda di pensieri che gli invadeva la mente, per accorgersi di quello che gli succedeva intorno. Neppure gli importava. D’altronde venire in quel posto, in mezzo a gente estranea non lo faceva sentire meno solo, ma di sicuro lo aiutava a inseguire le sue riflessioni.

Certe volte gli pareva di essere ancora a Parigi, e quella era un’ altra delle tante sere trascorse in qualche bettola, lontano da Oscar. Certe cose non cambiavano. O forse sì.

Doveva smettere di venire a rintanarsi in posti come quello, la situazione era patetica, e non faceva che acuire il suo umore malinconico.

Danielle… non l’avrebbe respinta di nuovo.

Basta rimpianti. Basta ripensamenti, inutili scrupoli.

Lui era solo un uomo come tanti, un reduce dalla battaglia più dura con quell’avversario implacabile che era l’ amore.

Tanto valeva arrendersi, togliersi il pensiero, consapevole che dopo non gli sarebbe importato se fosse caduta tra le braccia di un altro uomo, quel Tristan comparso quasi dal nulla. Il senso di colpa annegò subito nel bicchiere di vino, pensando che per Danielle sarebbe stato meglio ricambiare i sentimenti di quel giovane. Magari non sarebbe successo nell’immediato, ma col tempo chissà… lo sperava, forse?

Si stupì di quanto i suoi pensieri fossero contradditori, segno che la confusione regnava ancora sovrana nel suo animo.

Non si accorse del leggero fruscio del tessuto prodotto da un corpo che si sedeva vicino al suo. Ma due secondi dopo percepì la presenza di una persona accanto. Sollevò appena la testa e volse il viso alla sua sinistra, senza reale interesse. Un cappuccio nascondeva il profilo di una figura vicina a lui, talmente immobile da parere inanimata. Le concesse uno sguardo distratto prima di tornare a fissare gli occhi davanti a sé. Aveva poca voglia di parlare, e sperò che lo sconosciuto non cercasse di farlo. Pensò di allontanarsi dal bancone, poi qualcosa attirò la sua attenzione; la sentì muoversi con una strana inspiegabile cautela, mentre le mani, fino a quel momento nascoste sotto il mantello, si appoggiarono sul piano di legno. Andrè con la coda dell’occhio sbirciò quelle mani. Dapprima fu solo un’ occhiata rapida e fuggevole, poi il suo sguardo si bloccò su di esse, come catturato da quel dettaglio curiosamente famigliare e nello stesso istante, il suo cuore perse un battito.

André lentamente sollevò il volto a percorrere il profilo della figura accanto, che si era mossa leggermente verso di lui, il viso abbassato, ancora parzialmente nascosto dal lembo del cappuccio. Vide le labbra di corallo e alla fine, mentre il volto si alzava un poco, incontrò due occhi celesti che lo fissavano stupefatti e carichi di un’ emozione che non riuscì a decifrare, ma forse assomigliava a quella che sentiva lui.

Fu assalito dalla paura che stesse immaginando tutto, mentre nel cuore scoppiava un tremito prepotente. Poi quegli occhi celesti, anche alla flebile luce delle poche candele che rischiaravano il locale, lo incatenarono. Il respirò gli morì in gola, trattenuto dietro le labbra.

“Ciao André…”, lo salutò, con una strana calma che doveva essere solo apparente. La voce pareva tremare.

“Oscar… sei davvero tu…?” Riuscì ad articolare in un soffio.  

“Sembri sorpreso di vedermi…”

Nei primi minuti successivi seguì il silenzio.

 

 

 

 

Continua…

 

 

Eccomi qui.

Volevo farvi conoscere un po’ meglio Tristan e credo si capisca che tipo di personaggio sia, ma il suo ruolo andrà delineandosi in seguito. Allora, ho riflettuto parecchio sull’incontro finale tra Oscar e André che in un primo momento avevo immaginato diverso, poi la mia idea è cambiata e anche tutto lo sviluppo successivo ne risentirà un poco, ma la direzione è sempre la stessa. Io spero che vi piaccia così come io l’ho immaginato qui, ma fatemi sapere i vostri eventuali pareri discordi.

Come sempre un grazie di cuore a tutte quelle persone che mi seguono e leggono la storia e hanno la pazienza di aspettare i miei lunghi aggiornamenti. Spero sempre di non deludervi.

Un saluto a tutti.

Ninfea.

 

 

 

 

   
 
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