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Autore: Stella cadente    25/05/2015    8 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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III.
La Festa dei Folli

 
Claudie

 
Sentivo il chiasso provocato dai preparativi della Festa dei Folli dalla finestra della mia stanza.
Intollerabile.
Un rullo di tamburi scandiva ogni minuto, facendolo assomigliare più ad una condanna.
Per di più non avevo smesso, nemmeno per un secondo, di pensare al giovane gitano della notte precedente. Come aveva fatto a sparire così? Cos’era stata quella diavoleria?
Maleficio.
Era uno stregone, senza ombra di dubbio. Mi aveva perseguitata anche in sogno; correva, io lo inseguivo, ma non lo raggiungevo mai. E lui rideva, rideva di una selvaggia e insopportabile risata di scherno, guardandomi con i suoi malefici occhi verdi.
Quegli occhi…
Che mi avesse fatto un incantesimo?
Sospirai, forzandomi a scacciare quel pensiero orribile dalla mia mente.
Devo preparami. È giunta l’ora di assistere a questa insulsa festa, mi dissi.
Non pensare, Claudie.
Non pensarci, almeno per un momento.
Di quel gitano infernale ti occuperai dopo.
 
 
 
****
 
 
 
Quel sei di gennaio faceva freddo.
Me ne stavo seduta sul mio seggio, con il mento appoggiato elegantemente su una mano. Il lungo e pesante abito scuro da giudice con lo strascico non riusciva a riscaldarmi abbastanza: tremavo.
Sospirai infastidita. Stavo morendo assiderata, per quale causa? Assistere ad una festa popolana. Eppure dovevo andarci, in quanto Ministro della Giustizia di Parigi. Il compito di mantenere l’ordine spettava a me, per cui dovevo starmene lì, mentre ladri, tagliaborse e briganti si davano alla pazza gioia.
Era passato un po’ di tempo da quando era iniziata e sentivo che, fino ad allora, non avevo tolto dal mio viso un’espressione disgustata: non avrei mai compreso il senso di una tale iniziativa.
Assistere a questo genere di eventi era l’unica cosa che non mi piaceva del mio incarico, conclusi sovrappensiero.
Guardai Olympe – che invece sembrava entusiasta di quello squallido teatrino zingaresco – poi riportai lo sguardo, annoiata, sulla banda di giocolieri che stava dilettando il pubblico.
«C’è qualcosa che non va, signora?» mi chiese discretamente la recluta, riscuotendomi dai miei pensieri.
«No, Olympe» dissi solo.
Mi sembrava un po’ tesa, ma non riuscivo a capire perché.
«Parliamo di voi, piuttosto. La Festa è di vostro gradimento?» chiesi, senza girarci tanto intorno.
«N... no signora» balbettò.
A vederti non sembra, ragazza.
«Ed ecco a voi, Eymeric!» esclamò una zingara con entusiasmo, interrompendo il discorso. Schioccò le dita e, in una nuvola di fumo blu, apparve una figura che, per un momento, mi fece mancare un battito.
Che mi venga un colpo.
Il gitano con gli occhi verdi aveva un sorrisetto beffardo, come se sapesse già in anticipo che avrebbe conquistato tutti. Era agghindato con vestiti dorati, e ciocche intere dei suoi capelli scuri erano state schiarite; in mano aveva sempre il suo tamburello basco.
Avrei voluto aggiungere qualcos’altro da dire ad Olympe, ma quella visione mi fece bloccare temporaneamente e dimenticare all’istante tutto ciò che volevo dire. I miei occhi, esattamente come la notte prima, non facevano che seguire il giovane che ballava accompagnato dalla musica, in maniera talmente sinuosa che sembrava che lui stesso facesse parte di quella melodia.
Il cuore sembrò affondarmi dentro il corpo. Il mio stomaco si contrasse in maniera violenta. Un misto di rabbia e qualcos’altro che non sapevo codificare esplose dentro di me.
Sbattei gli occhi in un gesto nervoso.
Che cosa mi stava succedendo?
«Guardate che esibizione rivoltante» dissi ad Olympe, accentuando bene la nota di disprezzo nella mia voce.
«Sì, signora» assentì lei. Ma il suo tono era strano, diverso. Come se fosse estasiata dalla performance del ragazzo.
Distolsi lo sguardo e lo riportai distrattamente su di lui, che si esibiva in quei movimenti che avevo già visto, facendo tintinnare i suoi amuleti. Alla luce del sole potei vederlo meglio, e notai che aveva anche uno strano simbolo tatuato sul petto scoperto.
Mi guardò e mi fece un occhiolino sfacciatamente, lanciandomi un sorrisetto seducente.
Trattenni un ringhio nel ricordare che non potevo arrestarlo, non quel giorno.
Oh, ma sta sicuro che succederà, maledetto demonio. Fosse l’ultima cosa che faccio.
Poi si voltò e rivolse un sorriso al pubblico, facendo riverenze alle donne che gli lanciavano baci, fiori e monete.
Quando la musica ripartì, prese una ragazza per mano con una risata divertita e la portò con sé sul palco.
La guardai: capelli fulvi, carnagione chiara, occhi blu come il più profondo di tutti i mari, ora si muoveva contenta insieme a lui, seguendolo con impressionante maestria, come se non avesse fatto altro che quello per tutta la vita.
Eppure...
Quando la riconobbi, spalancai gli occhi.
 
 
 
«Buongiorno Nina» dissi educatamente, raggiungendo la stanza della ragazzina attraverso le scale di pietra.
Nina era lì che mi aspettava. Era appoggiata al balcone della cattedrale e contemplava la piazza con il suo brulicare di cittadini indaffarati.
Era una ragazzina solare; mi era riconoscente, ma sapevo quanto desiderasse la vita all’aria aperta – una cosa che non avrebbe mai potuto permettersi.
«Buongiorno signora» mi salutò, facendo un inchino appena accennato. «Come state?»
«Molto bene, grazie» risposi con un sorriso.
Le avevo insegnato bene le buone maniere.
«Vogliamo ripassare il tuo alfabeto, prima di pranzare?» chiesi ancora. Tenevo molto alla sua istruzione, come del resto avevo tenuto – e tuttora tenevo – alla mia, anche se dubitavo che lei riuscisse ad arrivare fin dove ero arrivata io. Ma comunque era una ragazza abbastanza sveglia, e avevo potuto insegnarle molte delle cose che sapevo. Darle lezioni di latino, di greco antico e medicina si era rivelato un passatempo gradevole e appassionante.
«Certamente, signora. Mi piacerebbe molto» fece lei educatamente.
«Molto bene» dissi, sedendomi di fronte a lei «A» cominciai.
«Abominazione.»
«B.»
«Blasfemia.»
«C.»
«Contrizione.»
« D. »
«Dannazione.»
«E.»
«Eterna dannazione.»
«Brava» mi congratulai, con un sorriso cortese e appena accennato «F.»
«Festa.»
Mi incupii e fra noi si creò un silenzio innaturale. Quando alzai lo sguardo su di lei, gli occhi blu di Nina si spalancarono appena; potevo quasi sentire la sua tensione vibrare nell’aria.
Aggrottai le sopracciglia.
«Come, prego?»
«Ehm... intendevo dire “falsità”» balbettò la ragazzina.
«Hai detto “festa”» la gelai.
Ormai avevo capito. Nina voleva andare alla Festa dei Folli, glielo si leggeva negli occhi. Era così ingenua e trasparente.
«Hai intenzione di andare alla festa?» chiesi, austera. Era una domanda retorica, ovviamente: sapevo già quale sarebbe stata la risposta.
«Io…»
«Non puoi andarci, Nina» la interruppi, troncando ogni suo tentativo di protesta «lo sai.»
«Ma voi ci andate sempre e...»
«Questo non c’entra, in alcun modo. Io sono un funzionario pubblico, è mio dovere andarci. Ma non mi diverto neanche per un istante. Sai che se tu venissi scoperta Parigi impazzirebbe, vero? Sai che, se scoprissero il tuo segreto, ti chiamerebbero tutti “mostro”, vero?» rincarai.
Gli occhi di Nina assunsero un’espressione sconfitta.
«Sì, signora.»
«Molto bene. Vedo che cominci a capire» conclusi, altezzosa.
 
 
 
Non poteva essere davvero lei. Non poteva davvero essere la ragazzina che, quindici anni prima, avevo accolto e cresciuto come fosse mia figlia.
Io le avevo detto di non uscire mai dalla cattedrale. Glielo avevo sempre detto.
Ebbene, è questo il tuo riconoscimento?
Non credevo alle mie fosche pupille: mi aveva disobbedito. E adesso se ne stava lì, a ballare con il gitano come se nulla fosse.
Ragazzina insolente.
Per un attimo i suoi occhi, grandi e ingenui, incontrarono i miei, severi e glaciali, e impallidì non appena mi riconobbe.
Scese dal palco in tutta fretta, provocando uno stupore generale. Inciampò, cadde e finì per urtare un grosso secchio d’acqua, che le si riversò addosso. Spaventata, corse via, mentre lo sguardo del gitano la seguiva e la folla urlava proteste.
Questo era troppo. Non riuscivo più a tollerare quella situazione.
Mi alzai con veemenza, colta da un improvviso moto di rabbia, e rivolta ad Olympe ordinai, fredda:
«Voglio che la festa si fermi. Adesso.»

 


Bentornati a "Paris" :D
Dunque, non so voi ma io prevedo guai adesso. Secondo voi, cosa succederà?
Secondo capitolo dal punto di vista di Claudie Frollo, in cui la nostra protagonista assiste  annoiata alla Festa dei Folli che odia tanto - oltre a farsi venire gli occhi a cuoricino per il gitano *coff coff* - e poi nota che Nina le ha disobbedito pesantemente. Mi  scuso nuovamente per i capitoli brevi, ma ripeto, non siamo ancora entrati nel vivo - per ora - e... la verità è che non sono capace di farli lunghi.  Chiedo venia.
Spero comunque di aver reso bene i pensieri  di Claudie e il suo modo di fare. Su Nina per ora sappiamo molto poco, ma prossimamente scoprirete che c'è un motivo se tengo così all'oscuro il suo personaggio ;)
Detto questo, spero che vi sia piaciuto :)
Alla prossima,
Stella cadente
  
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