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Autore: Eustachio    26/05/2015    1 recensioni
Una sera di novembre Francesca e Massimo si incontrano sotto la pioggia. Francesca è timida e insicura, spesso messa in ombra dalla sorella gemella. Massimo ci sta provando o è tutto nella testa di Francesca?
***
Mentre Evelina ruota il braccialetto attorno al polso, mi sembra di rivedere me stessa che mi rigiro il filo d’erba tra le dita. Solo che adesso Massimo le cinge la vita con il braccio e le sussurra qualcosa all’orecchio. Lei sorride e lascia perdere il braccialetto.
A volte ho l’impressione di vedere la mia vita dall’esterno: qualcun altro identico a me, mia sorella, che la vive al posto mio. Incrocio lo sguardo di Massimo, lo sguardo da innamorato rivolto a Evelina che per un attimo sembra rivolto a me. [...]
Genere: Drammatico, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Terza parte

Una sera di novembre

Giovedì 26 novembre 2009

È buio. Piove a dirotto. I negozi sono chiusi. Le pozzanghere riflettono le luci dei lampioni. La pioggia picchietta sull’ombrello. Per qualche istante esiste solo il ticchettio, il freddo e la luce riflessa.

Evelina, in macchina davanti al supermercato, accenna un colpo di clacson. Entro in macchina con l’ombrello zuppo. Mi allaccio la cintura di sicurezza mentre Evelina mette in moto.

«Ho aspettato per più di venti minuti l’autobus. Ho perso la cognizione del tempo…»

«Ma con chi eri?»

«Un ragazzo che aspettava l’autobus con me».

«Sei pazza? Un estraneo?»

«Non aveva l’ombrello, l’ho accompagnato a casa e…»

«È carino almeno?»

Evelina ha i capelli bagnati. Li ha legati in una coda. Una goccia le cola sulla fronte.

«Non hai fatto neanche in tempo ad asciugarti i capelli!»

«Mamma cucina, papà non è ancora tornato».

«Ti ammalerai».

«No che non mi ammalerò. Allora, è carino?»

I tergicristalli stridono sul parabrezza. Siamo ferme al semaforo. Un signore con l’impermeabile attraversa la strada a grandi falcate e corre al riparo sotto un portico.

«Non è importante. Tanto non lo rivedrò».

«Secondo me lo rivedrai eccome. Va all’università?»

«Sì, fa Filosofia».

«A maggior ragione».

Inspiro forte col naso, appoggiandomi allo schienale. «Ha detto se ci prendiamo un caffè».

«Gli piaci! Devi assolutamente rivederlo».

«Ma che dici, l’avrà detto così per dire».

«Voglio sapere per filo e per segno cos’è successo».

Scatta il verde. La macchina riparte.

«Ero sola alla fermata dell’autobus…»

«Non dirmelo, aspetta. Hai capito dove siamo?»

La strada è buia e la pioggia martella sul parabrezza, ma la riconosco. «Sulla strada verso casa».

«Sì».

Aggrotto la fronte. «Non c’è più la neve».

«Non c’è ancora». Evelina tamburella le dita sul volante. «Nevicava nel 2012, ma noi siamo nel 2009».

Dallo specchietto retrovisore ricambia il mio sguardo una versione più giovane di me di più di due anni. Ho la frangia. I capelli più lunghi. I guanti che indosso adesso non li metto più nel 2012.

«La prima volta è difficile, lo so. Pensa al passato di adesso e al passato del 2012 come due cose distinte».

«Ma non è possibile».

«Lo è».

«No, non è possibile essere qui. Adesso. In questo momento».

Mi sforzo di guardare dritto davanti a me. È tutto così reale. Un momento fa ero in camera, mi ero appisolata, nevicava. Ma un momento fa ero anche a casa di Massimo. Ho ancora il sapore del tè in bocca.

«Abbiamo viaggiato nel tempo» dico.

«Volevo fartelo vedere, così mi avresti creduto subito». Mi prende per mano. «Torniamo a casa. Lasciamo che la storia faccia il suo corso».

   
 
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