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Autore: Marra Superwholocked    29/05/2015    2 recensioni
AAA
1. Idea originale del titolo: "Carry Salt"
2. SPOILER per chi non ha ancora visto la settima (per lo meno la quinta!) stagione di Supernatural!
– 25 marzo 2012 – Perrine, Florida –
In America è appena uscito "The Born-Again Identity" ("Nato due volte"), la diciassettesima puntata della settima stagione di "Supernatural". Questa stessa puntata è uscita qui in Italia il 15 agosto del 2013 (programmazione televisiva italiana). Ma Silvia e Catherine, due liceali italiane, sono partite che era il 2014 con il TARDIS del Dottore... Cos'è successo durante il loro ultimo viaggio?
Ma soprattutto, siamo sicuri che Lucifero abbia ucciso Gabriele?
(Questa storia è il seguito di "Correte, la Nebbia sta arrivando")
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Settima stagione
Capitoli:
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Capitolo 3
Maledetti punti fissi

 

 

«Cosa?! Anche voi due sapete tutto su di noi?!» Dean lo disse ad occhi chiusi, come per voler scacciare dalla mente quel pensiero. Ancora una volta, qualcuno oltre lui e suo fratello sapeva chi erano, cosa facevano per vivere, ma soprattutto sapeva anche quante volte quel preciso giorno era andato al gabinetto o magari da quanti giorni era in astinenza dal sesso. Cercò di mascherare il suo imbarazzo dietro una sorsata di whisky.
Catherine e Silvia, sedute ai piedi del letto di Sam, non sapevano più che dire. Erano per lo più inconsapevoli di ciò che sarebbe successo perché erano lì contro la loro volontà e l'unica persona che poteva aiutarli non rispondeva al telefono, magari anche di proposito.
«Da dove veniamo noi, non esistono i libri, ma-» cominciò Catherine, ma fu interrotta da Dean, il quale stava sputacchiando whisky sulla moquette blu della camera da letto a causa del mini shock.
«Da dove venite voi?! Che vorrebbe dire?! Venite forse da un universo parallelo?» tossicchiò rauco e con una vena di ironia che non venne percepita da nessuno.
Silvia intercettò lo sguardo di Sam, ora asciutto e vestito come al solito con una camicia a quadri e dei comodi jeans un po' sgualciti. Capì che egli aveva già intuito tutto. «Dean, hai visto le loro magliette?» chiese, infatti, girandosi verso il fratello.
Lui buttò un occhio un po' più attento sulle due ragazze. Catherine, di origini filippine, indossava una giacchetta verde militare e sotto di essa portava una maglia nera con l'immagine di una macchina a lui più che nota: la sua Baby; Silvia, invece, sembrava fiera della sua maglia nera sotto un'anonima felpa grigia; la stampa bianca metteva in bella mostra il faccione di Crowley e sopra di esso vi era il suo solito saluto: HELLO, BOYS.
«C-cosa?!» esclamò incredulo. «Sentite, questa storia mi sta mandando in pappa il cervello, quindi prima ci dite che sta succedendo e prima vi rispedirò dritte a casa!»
«È questo il punto, Dean.» Silvia si alzò dal letto e indicò la sua felpa. «Per noi, tutto questo non è altro che finzione, qualcosa da guardare in tv![1]»
«Già» aggiunse Catherine. «Noi... Be', ecco... Veniamo dall'altra parte. E l'unica persona che ci può riportare indietro è, diciamo, irraggiungibile.»
Nella stanza d'albergo in cui i fratelli Winchester pensavano di poter passare una serata tranquilla, lontani da qualsiasi guaio e da qualsiasi pensiero negativo, calò un silenzio che sapeva di imbarazzo e di domande.
«Dall'altra parte? Potresti essere più precisa?» Dean appoggiò piano il bicchiere ora svuotato sulla piccola e scricchiolante scrivania e si avvicinò a Catherine, sovrastandola non poco. Lui avvertì lo sguardo colmo – come al solito – di rimprovero del fratello, dunque le lasciò più spazio. E se non fosse stato per la luce fioca che proveniva dai lampioni in strada e per la carnagione scura della ragazza, avrebbe giurato che la stessa fosse addirittura arrossita. Dannazione, faceva quell'effetto a tutte, nessuna esclusa.
«Vi racconteremo tutto, promesso. Ma giurate almeno di non prenderci per matte» chiese Silvia mentre Catherine cercava di nascondere le guance in fiamme con i capelli corvini.
Sam e Dean si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere. Una risata un po' sinistra, a dire il vero.
«Ragazze, ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori!» proferì Sam.
«Già!» Dean riprese il suo bicchiere e lo svuotò della sua ultima goccia invisibile. «Non c'è nulla che ci spaventi, ormai!»
«Io non ne sarei così sicura...» Catherine lo aveva appena bisbigliato, il suo commento fu come una briciola di pane su una spiaggia, ma Sam la sentì. «Spoiler» sussurrò non appena intercettò il suo sguardo un po' preoccupato.
Silvia sospirò più piano che poté, per rallentare il tempo e sperare che tutto quello che stava vivendo fosse solo un'illusione. Deglutì e questo l'aiutò. Perché aveva bisogno di reidratare la gola, secca a tal punto che sentiva il suo stesso fiato diventare sempre più tagliente ad ogni respiro. «Forse sarà meglio partire dall'inizio» disse ad occhi chiusi e – senza rendersene conto – fece qualcosa che per lei era molto comune, ma che aveva pensato fosse impossibile in quella realtà.
L'immagine delle due ragazze fu subito ben chiara ad entrambi i fratelli: erano aggrappate a delle specie di transenne, le quali contornavano una strana consolle a forma di tavolo esagonale con al centro una colonna di vetro in cui – forse era – un'ampolla faceva su e giù in base al ritmo scandito da un rumore molto simile ad un graffio metallico, un lamento che a Dean fece accapponare la pelle. E poi c'era tutta quella luce, così calda e fredda allo stesso momento, rassicurante e dolce[2]. Infine venne uno strano dong. Continuava a farsi sentire e più Sam cercava risposte, più quello si faceva pesante e forte. Dong... Dong... Dong... Cosa voleva dire? Ma non poteva rimanere indietro; doveva seguire la storia di Silvia. Un momento, pensò. È forse lei la Trickster che stiamo cercando? Ma no, quelli non erano trucchi da Trickster, ormai lo sapeva bene. Si concentrò di nuovo sulle immagini che solo Dio sa come Silvia riusciva ad inviargli ed ecco che le due ragazze abbracciavano un giovane uomo dagli occhi anziani. Era vestito come Mr Bean, solo che, al posto della cravatta, portava un orrendo farfallino rosso con pallini bianchi. Le guardava con malinconia mentre uscivano da una porta forse troppo piccola per quello spazio infinito. Dietro le due ragazze vi erano vari cartelli pubblicitari; Sam li riconobbe all'istante: erano gli stessi che aveva visto poco prima vicino a quel negozio di animali. Cercò di parlare, ma qualcosa glielo impedì, schiacciandogli la testa in una morsa dolorosa. Scacciò l'idea di lamentarsi e rimase in silenzio. C'era un'ultima cosa da vedere: una cabina blu, apparentemente della polizia, stava svanendo nel nulla. E sopra di essa vi era una strana luce, come se vi fosse stato puntato un riflettore potentissimo.
Poi tutto tornò come prima; Dean era al suo fianco, le ragazze davanti a sé e... E gli girava tutto, come dentro un ciclone. Gli venne da vomitare, da urlare, da piangere. «Cos-»
«Sam! Sammy!» urlò Dean non appena si riprese da quella strana – ma fichissima – cosa che gli era appena successa. Si fiondò sul fratello appena in tempo per evitare che egli sbattesse la testa sul pavimento della camera. «Ehi, Sammy!» lo chiamò mentre gli prendeva il mento per girargli la testa.
«L'hai sentito?» sospirò lui a fatica. «L'hai...»
«Shh» lo zittì Dean. Poi lo trascinò sul letto con l'aiuto delle due ragazze e lo lasciò riposare. Era da tempo che non lo vedeva così beato e sereno. Era come se gli fosse rinvenuta in mente l'immagine di lui che con le sue braccine tremanti di bambino porta in salvo il fratellino dall'orribile incendio che divampò quando il suo Sammy non aveva che sei mesi. Lo guardò addormentarsi con le sopracciglia aggrottate e i muscoli ancora tesi e pian piano parve rilassarsi. Ecco che arrivano i guai, pensò Dean tra sé e sé.


«Una serie televisiva?» Dean camminava avanti e indietro davanti alle due ragazze, sfinite e con la gola dolorante per quante volte gli avevano ripetuto quella storia. «Una serie tv... Quindi voi venite da Terra2!» disse sogghignando. «E avete viaggiato con un alieno!»
A Silvia scappò un grugnito. «Sì» disse stizzita.
Catherine le lanciò un'occhiataccia poco amichevole e vide l'amica sgranare gli occhi e alzare le spalle. Non ci posso far nulla se è più tonto di come sembra, sembrava le stesse dicendo.
Dean fissò per un momento il viso corrucciato di Sam. Notò i capelli lunghi e pensò che un giorno o l'altro avrebbe fatto le scarpe a Rapunzel. Quel gigante... Sentiva ogni giorno il bisogno quasi fisico di salvargli la pelle, perché è così che gli aveva detto suo padre e lui avrebbe portato a termine la missione fino in fondo, fino al suo ultimo respiro. Lui, Dean Winchester, nato il 24 gennaio del 1979, avrebbe salvato sempre il culo a suo fratello, anche a costo della sua stessa vita.
Poi, all'improvviso, come se gli avesse letto nel pensiero, Sam spalancò gli occhi e si irrigidì. Dean si precipitò da lui e gli afferrò un braccio. Gli parve più solido del marmo e glielo strinse per farsi sentire. «Ehi, rilassati, okay?» gli sussurrò.
Silvia e Catherine rimasero un po' in disparte per lasciargli modo di riprendere fiato. Ma poi Catherine intercettò qualcosa negli occhi di Sam. Una scintilla, un lampo, un qualcosa che le ricordò l'attimo in cui avevano lasciato l'astronave. Stava già svanendo, ma lei riuscì ad afferrare al volo quel momento. E le fu tutto un po' più chiaro.


Dong... Dong... Dong...
Più di mille anni. Più di mille anni spesi a sistemare l'Universo. Talvolta anche in luoghi in cui era poco tollerata la sua presenza. Anzi, quasi mai era tollerata la sua presenza. E perché? Perché assumere un comportamento così ostile nei suoi confronti? Alcune volte aiutava anche chi non se lo meritava. Per poi ricevere cosa? Un calcio nel di dietro e tanti saluti. Ma non stavolta, no. Questa volta sarebbe andata diversamente. Innanzitutto aveva ricevuto un chiaro “ordine”: lasciarle esattamente a quelle coordinate.
Quella mattina, lui e le due ragazze erano andati su Fervos24, nell'anno 34908, dove alle bancarelle del mercato di Joiké si possono gustare frutti che regalano sensazioni di caldo o di freddo in base all'umore di chi li assapora e questo divertiva molto il Dottore poiché la sua sensazione era sempre altinelante.
Silvia e Catherine stavano ammirando un giocoliere di strada che lanciava in aria palle infuocate mentre allungava la testa come un elastico e prendeva al volo tra le labbra le rose verdi che gli lanciavano alcune fanciulle, quando una fervosiana dall'aspetto giovane si avvicinò tremolante al Dottore e lui capì che, in realtà, aveva molto più di duecento anni.
«Lei non viaggia da solo, dico bene?» gli disse con uno strano sorriso sulle labbra. «Oh, non voglio soldi» si affrettò a chiarire la signora, creando nell'animo del Dottore un minimo di curiosità.
«Chi è lei, se posso saperlo?» le chiese aggiustandosi il farfallino color mattone.
«Mi chiamo Delida e ho 267 anni. Sono estremamente vecchia e mi mancano sì e no ottant'anni di vita. La mia sarà un'infanzia tranquilla» disse con un sorriso amaro.
Giusto, pensò il gallifreyano. Le loro vite scorrono al contrario. È il prezzo che devono pagare per il loro dono di poter vivere così tanto a lungo. Il Dottore notò solo in quel momento l'abito verde agghindato con numerosi anelli intorno alla vita della fervosiana: segno che era sì di alto rango, ma anche molto sola e vecchia e i suoi cuori ebbero un singulto.
«Ma comunque non importa chi io sia» riprese lei. «L'importante è che lei mi ascolti.» La fervosiana gli si avvicinò ancor di più, ma lui non accennò ad arretrare. Notò con piacere che lo straniero non aveva paura di lei. «Lontani da qui, da questo tempo, su un pianeta assai piccolo e rumoroso, vi sono due fratelli. Due fratelli umani che, come lei, danno la caccia al maligno, per così dire. Lei non può trovarli né vederli e saranno guai se oltrepasserà quel limite prima che le cose si sistemino perché causerebbe solo distruzione! Ma le due ragazze...» La fervosiana si fermò un secondo a riflettere.
Al Dottore parve che la signora fissasse il vuoto, ma non era così: era un'indovina e stava studiando il futuro dello straniero. Quando pensò che, forse, si trattava solo di una truffatrice e le sorrise per poi accennare ad un saluto, ecco che la fervosiana lo trattenne per un braccio. Gli sembrò troppo forte per essere un'amichevole stretta di una signora anziana.
«Le due ragazze. Loro... Loro sono quelle destinate ad aiutare i due fratelli! Le deve lasciare andare. Non sarà per sempre» gli stava dicendo. La sua voce, morbida e vellutata, venne sovrapposta da una più rauca e sovrannaturale, da brividi, come quelli che percorsero la spina dorsale del Dottore. «No, non per sempre: le rivedrà. Segua le mie istruzioni e l'Universo sarà al sicuro. Come li chiama lei, questo è uno di quei punti fissi nel Tempo a cui ci si deve sottomettere!»


Dong... Dong... Dong...
«Buona fortuna, ragazze» pregò il Dottore con gli occhi pieni di stelle. «Ci rivedremo presto.»

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[1] Certo, perché noi fangirl (e fanboy) aspettiamo la programmazione italiana, ah-ah ^^/


[2] Descrizione non del tutto soggettiva del TARDIS, l'astronave del Dottore.

   
 
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