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Autore: Alexiel Mihawk    31/05/2015    5 recensioni
Nami e Zoro non sono anime gemelle, ma questo non ha certo impedito loro di incontrarsi e innamorarsi l'uno dell'altra; Cavendish è sempre stato un esteta e la sola idea di potersi innamorare di una persona brutta lo ripugna; Rebecca ha trovato la propria anima gemella, ma ha scoperto, con orrore, di non essere la persona che lui stava aspettando; Law è sempre stato convinto di essere eterosessuale e ora vede le sue convinzioni andare in pezzi; Kidd è gay da una vita e detesta chi mente a sé stesso; Bonney ha dei problemi con la legge, Drake è la legge.
Soulmate!Modern!AU - In un mondo in cui ti viene detto, fin dalla più tenera età, che là fuori, da qualche parte, esiste qualcuno destinato ad amarti, destinato a stare con te, è possibile per una persona sentirsi davvero libera di amare senza imposizioni? Senza che il destino pesi come una condanna? Durante un roadtrip coast to coast Nami, Zoro, Cavendish, Bonney e Kidd si fermano a Peach Springs, cittadina dell'Arizona costruita attorno alla Route 66, qui incontreranno una serie di persone che cambieranno loro la vita.
[Zoro/Nami; Law/Kid; Bonney/Drake; Cavendish/Bartolomeo/Rebecca]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Cavendish, Eustass Kidd, Jewelry Bonney, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Nami/Zoro, Rufy/Nami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Far from any road – Parte #1
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 6473, senza testi delle canzoni.
Note: vi ricordate quando ho detto che questo sarebbe stato il penultimo capitolo? Ecco forse ho mentito, perché è venuto così lungo che ho dovuto tagliarlo a metà, quindi ora la smetto di dirvi quanti capitoli saranno visto che ogni volta cambio idea.
Qualche nota veloce prima di cominciare.
Mi dispiace che non ci sia tanto spazio per la coppia che volevate, non ho idea di quale sia, still credo valga per tutte, ma siccome la storia si dipana su tre giorni cerco di approfondirle tutte in modo più o meno uniforme, cercando allo stesso tempo di mantenere le cose credibili. Quindi non aspettatevi pornazzi (al massimo, l’unica che potrebbe allungare le mani è Bonney), non aspettatevi promesse di amore eterno, non aspettatevi grandi happy ending da vissero tutti felici e contenti: non è lo scopo della storia.
Quello che sto cercando di fare è di capire come possano avvicinarsi tra loro persone che non si sono mai conosciute e che si sentono imporre una cosa grande come “il vero amore”. Nella fattispecie in questo capitolo ho provato a parlar di poliamory, ovvero una relazione sentimentale tra più di due persone (no, non un orgia, una relazione romantica, romantica!!).
Ora, note più tecniche:
- la frase finale del pezzo ZoNami è volutamente messa senza specificazioni, così che siate voi a potervi immaginare chi la dice.
- quando si parla di famiglia mafiosa in relazione a Trafalgar, ovviamente mi riferisco a Donquijote.
- La Cittadella Rossa è un pub inventato di sana pianta, nonché una traduzione molto inventata di “Rogue Town”.
- Kendra è sempre proprietà di Axia.
- le canzoni di questo capitolo sono: The angry river, The Hat; Everybody’s changing, Keane; The rising of the moon, The Dubliners; Far from any road, The Handsome Family; The skye boat song, Outlander opening. Ho anche fatto una playlist, per il momento è su spotify (click), ma la sostuirò prima possibile con quella di 8traks perché mi scoccia che spotify sia linkato al mio facebook.
 
 
 
 
Walk like an Egyptian
4. Far from any road – Parte #1
 
 
 
La melodia leggera percorre tutto il canyon.
Kidd pizzica le corde con dita esperte e l’aria concentrata di qualcuno che sta impegnandosi a fare qualcosa che ama; la musica sembra accarezzarli tutti, mentre la voce di Bonney accompagna le prime note.
«The emptiness that we confess, in the dimmest hour of day. In Automatown they make a sound, Like the low sad moan of prey».
Nami chiude gli occhi, stringendosi a Zoro e cercando di non pensare; da qualche parte, nel cerchio che si è venuto a formare di fronte alla loro tenda, Bartolomeo scoppia a ridere e la voce stranamente delicata di Killer si unisce a quella di Bonney.
«The bitter taste, the hidden face of the lost forgotten child, the darkest need the slowest speed, the debt unreconciled. These photographs mean nothing to the poison that they take, before a moment’s glory the light begins to fade».
Law è seduto su una pietra accanto a Eustass, non ha detto una parola da quando è arrivato, ma è rimasto ad ascoltare con aria intenta, la sigaretta tra le dita sottili ha iniziato a consumarsi da sola, sotto la leggera carezza del vento della prima sera.
Mentre il sole tramonta, l’ombra del fuoco si solleva e il crepitio delle fiamme accompagna il ritmo delle parole.
«The awful cost of all we lost as we looked the other way, we’ve paid the price of this cruel device till we’ve nothing left to pay. The river goes where the current flows, the light we must destroy. Events conspire to set afire the methods we employ».
Seduto al fianco opposto di Roronoa, Rufy canticchia sommessamente, inventando le parole di una canzone che non conosce; Ace e Sabo lo osservano ridacchiando, mentre Sanji li costringe a dargli una mano con la griglia da campo.
«These dead men walk on water, cold blood runs through their veins. The angry river rises as we step into the rain».
Bonney è così impegnata a cantare che non si accorge della figura che si avvicina al campo, fermandosi a osservarla in piedi accanto al tronco sbilenco di un albero; Drake la guarda con aria seria, cercando di imprimersi bene in mente quella scena. Jewelry è diversa quando canta: dalla sua voce e dai suoi movimenti traspare tutta l’eleganza e la grazia che sono proprie di chi ha ricevuto un’educazione di alto livello.
Quando finalmente la canzone finisce, Bonney scoppia in una risata, lasciandosi cadere all’indietro; le fiamme di quel falò, che tecnicamente nemmeno avrebbero potuto accendere, le illuminano il viso arrossato e Francis trova il coraggio di avvicinarsi. Nel vederlo la giovane gli sorride e si sposta di lato, facendogli cenno di sedersi al suo fianco.
«Non immaginavo fossi così brava».
«Con la musica è tutt’altra storia, cioè, pure a cantare da sola non sono male. Poi, vabbé, le nostre voci sono studiate per i duetti, mica canto con chi stona».
Drake sospira nel sentirla tornare a parlare come un’analfabeta sbronzo, ma non si sposta e le allunga, invece, un sacchetto di marshmellow che la ragazza ha lasciato per terra.
«Oi! Bonney passa qua che li arrostiamo!» esclama Ace tutto giulivo catapultandosi verso di lei e prendendoglieli molto poco delicatamente dalle mani.
«E com’è, esattamente, che vi conoscete voi due?» domanda Kidd osservando tutte le libertà che quel tizio di prende con la sua amica.
Jewelry scrolla le spalle e nicchia, borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Oh Cristo!» si schifa Kidd «Ci sei andata a letto! Ecco, grazie, cazzo, ora ho in testa un’immagine trucida».
«VAFFANCULO, KIDDO! No!».
Ace scoppia a ridere a quella reazione.
«No, certo che no. Ci siamo conosciuti a San Diego, diciamo che le circostanze sono piuttosto controverse».
«Cosa c’è di controverso nell’incontrarsi durante il pestaggio di uno spacciatore?» domanda Roronoa con tono sarcastico.
«La moralità probabilmente» ride Sabo.
«Ve lo dico io qual era l’unica cosa immorale di quella situazione» sbotta Ace stappandosi una birra «Puoi vendere ai tuoi clienti dell’erba così schifa? Non lo so io, dammi quella del giardino già che ci sei!»
«Appunto! Che poi mica ci eravamo organizzati, tipo ci siamo incontrati là e lo abbiamo pestato assieme. Come si chiamava?»
«Chi cazzo si ricorda! Maresciallo, no, aspetta, Marshall, credo. Comunque nella zona lo chiamavano il Barbanera, per via… Beh, ok, della sua barba da roncione schifo».
Persino Nami si riscuote dal suo mutismo per guardare con aria di commiserazione l’amica.
«Non posso crederci, vi hanno arrestato immagino».
«No, macché! Ci han dato una medaglia per avere ripulito le strade della città, certo che ci hanno arrestati, superoca!»
«Sono sempre più dispiaciuta per lei» borbotta Nami lanciando un’occhiata di commiserazione a Drake che solleva le spalle per tutta risposta.
«In compenso, proprio quando avevamo fatto amicizia» continua Ace ignorando tutti quanti «È arrivato suo padre a tirarla fuori. Vi giuro, quasi me la facevo sotto, mi ha tirato un cazzottone che pensavo volesse uccidermi!»
«Nessuno vuole avere a che fare con mio padre. Nemmeno mia madre vuole avere a che fare con mio padre, e lei lo ha sposato!»
«Dici così» borbotta Ace «Ma intanto è venuto a tirarti fuori! Mio nonno mi ha lasciato in cella una settimana! Un’intera settimana! Alla fine è dovuto venire a recuperarmi Marco!»
Zoro scoppia a ridere, portandosi le mani alla pancia per trattenere gli spasmi.
«Garp è proprio uno stronzo!»
«Oi, il linguaggio» borbotta Nami al suo fianco fissando un punto imprecisato del terreno e il suo tono non sembra convinto nemmeno un po’.
«Garp come Monkey D. Garp?» domanda Drake spalancando solo leggermente lo sguardo «Il Vice Ammiraglio? Quello distaccato alla sede di addestramento?»
«Oh, fico!» esclama Rufy o in piedi e avvicinandosi all’uomo «Lo conosci?»
«Ho fatto l’addestramento con lui».
«Ma fatemi il favore» sibila Nami tra i denti, a voce così bassa che a malapena Zoro, seduto al suo fianco, riesce a sentirla. La rossa si alza in piedi e sfila dalla tasca della camicia di Kidd il pacchetto di sigarette, rubandogliene una, quindi si allontana senza prestare troppa attenzione allo sguardo preoccupato del suo ragazzo.
Si avvicina alla cascata, sedendosi sul bordo della pozza d’acqua; il riverbero del fuoco che hanno acceso le arriva da lontano e se non fosse per la luna che ha iniziato a splendere probabilmente non vedrebbe a un palmo dal naso. Il rimbombo dell’acqua è sufficientemente forte da coprire la voce dei suoi amici – soprattutto quella di Rufy: non vuole udirla, non vuole sentirlo parlare, tantomeno ridere – ma non abbastanza da impedire alle note delicate della chitarra di Kidd di arrivare fino al suo orecchio.
«You're gone from here and soon you will disappear, fading into beautiful light, cause everybody's changing and I don't feel right».
La fiamma si sprigiona dall’accendino con un click, illuminando la sigaretta e le sue mani arrossate dal sole.
«Ne vuoi parlare?»
Zoro emerge dalle ombre alle sue spalle, non lo ha nemmeno sentito arrivare e nell’udire la sua voce Nami sobbalza leggermente.
«Mi piace questa canzone» nicchia, sviando il discorso.
«Non dire stronzate, hai sempre detto che Cavendish non sa rendere per niente i contenuti».
«Dico un sacco di cose» borbotta Nami ispirando il fumo e lasciando che il sapore acro della sigaretta le penetri nei polmoni.
«Lo so, avevi detto anche che non avresti più fumato» replica il ragazzo sedendosi al suo fianco e storcendo il naso.
«Mi puoi biasimare?» ringhia la rossa girandosi di scatto verso di lui «Sono due giorni che mi domando per quale stupidissimo motivo non siamo andati tutti in aereo».
«So little time, try to understand that I'm trying to make a move just to stay in the game, I try to stay awake and remember my name».
«Se non ricordo male quando lo avete proposto tu e Bonney lo avrete presentato come “il viaggio di una vita”» replica Zoro, immobile al suo fianco «Quasi profetica come cosa».
«Non dire puttanate. Non abbiamo fatto altro che abbronzarci, sbronzarci e sborsare soldi, sai quanti soldi abbiamo speso? E poi arriviamo in questo merdosissimo posto e la prendiamo tutti nel culo!»
«Disse colei che non faceva altro che redarguire il prossimo per il linguaggio scurrile…»
«Oh, vai a cagare Roronoa» borbotta espirando una boccata di fumo e avvicinandosi le ginocchia al petto.
Zoro sbuffa e allunga la mano a rubarle la sigaretta dalle dita, se la porta alle labbra e sotto lo sguardo allibito di Nami inizia a fumare. La rossa lo osserva senza parole, ben consapevole delle manie di salutismo del suo partner che tra i vizi accetta davvero solo il sesso e il bere. Probabilmente questa storia ha sconvolto anche lui, molto di più di quanto non voglia dare a vedere e improvvisamente Nami si sente in colpa; se non riesce a giustificare a sé stessa di essersi chiusa a riccio con i suoi migliori amici come può giustificare il suo mutismo nei confronti della persona che ama?
«Forse era destino davvero» lo sente mormorare, lo sguardo perso verso la cascata «Pensaci: è Rufy. È sempre stato Rufy e io lo conosco da tutta la vita. Non ricordo la faccia di mia madre, ma non riesco a rammentare un periodo in cui lui non ci fosse. Ed era solo questione di tempo prima che tu lo conoscessi».
C’è una nota stonata nella voce di Zoro, un’incrinatura sottile, un principio di rottura; non è mai stato facile per lui vedere Nami a pezzi, la donna di cui si è innamorato ha un animo di ferro e il cuore di un usuraio, è dispotica e spesso arrogante e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno. Ma questa volta, solo per questa volta, Zoro sente di capirla. Vede scivolargli dalle mani ciò che ama di più, vede la sua realtà disfarsi e traballare, e la colpa non è di nessuno. Ciò non toglie che per un intero minuto, prima, quando quella cicatrice ha iniziato a scottare, ha provato invidia per la prima volta, ha desiderato che un’altra persona non esistesse. E come puoi sentirti quando la persona in questione è il tuo migliore amico? Colui che per te è un compagno, un fratello, un membro della tua famiglia? Che essere umano diventi?
«Puoi scappare quanto vuoi, ma puoi scappare da questo?» le domanda espirando debolmente.
«Io non ci credo» borbotta Nami, girandosi verso di lui e cercando il suo sguardo «Mi rifiuto di accettarlo. Io ho scelto te e non mi interessa chi sia questo sconosciuto, non mi importa che sia il tuo migliore amico o che sia l’uomo migliore del mondo. Non lo conosco, Zoro. Io ho scelto te».
Roronoa sorride debolmente, attirandola a sé con un braccio e affondando il viso nei suoi capelli come a perdervisi.
«Il punto non è chi hai scelto prima, Nami. Prima la vita era facile, prima la scelta era facile. Quello che conta, quello che cambia tutto è chi sceglierai adesso».
«I try to stay awake and remember my name, but everybody's changing and I don't feel the same».
«Ti amo, lo sai vero?»
 
«Così alla fine siete tutti in grado di cantare, o sbaglio?» domanda Traflagar seguendo con occhi attenti le dita di Kidd che si muovono sulla chitarra.
«Dipende dal testo, dalla voce che ci si sposa meglio, ma sì. In realtà perfino la figlia di Satana sa cantare, semplicemente non ama farlo, devi prenderla in buona. Quindi finisce che lo fa quasi sempre Bonney».
«Il biondo però non è male» continua Law guardando prima Killer e poi Cavendish «Nessuno dei due».
«Cosa pensavi, che mettessimo su una band di cazzoni incompetenti? Sembrerò anche uno scappato di casa, ma non sono un idiota» borbotta il rosso senza alzare lo sguardo.
«E sul resto? Lo sei?»
Eustass aggrotta le sopracciglia, interdetto, cercando di seguire sia la voce di Cavendish che canta Keane, sia il filo dei pensieri del moro.
«Cosa?»
«Uno scappato di casa, intendo» Law si allunga sul terreno, appoggiandosi con la schiena a un albero e socchiude gli occhi, come a indicare che la risposta gli interessa, sì, ma non abbastanza da sporgersi verso di lui.
«Forse» la voce di Kidd è meno dura di quanto si aspettasse e c’è in essa una vena di malinconia malcelata «Ma con il tempo ho capito che una casa non è qualcosa con pareti di pietra e finestre di vetro».
È la frase più lunga che Trafalgar gli abbia sentito pronunciare senza parolacce o bestemmie e deve trattenersi dal chiedergli se si senta bene; segue invece lo sguardo del ragazzo, che si posa sui membri di quella comitiva sgangherata, fissando ognuno dei suoi compagni con malcelato affetto.
«Siete veramente un gruppo del cazzo, sembrate assemblati assieme con il vinavil e dello scotch di carta da un ubriaco sotto anfetamine».
Kidd lo ignora e alza le spalle.
«Dì, quel cazzo che ti pare, ma almeno noi siamo assieme».
«Oh, dovrei commuovermi? Perché siete una famiglia che non è legata da legami di sangue? Bella merda, Eustass-ya. L’ultima “famiglia” di questo genere mi ha quasi ammazzato, letteralmente».
«Non mi dire» borbotta Kidd girandosi verso di lui e appoggiando la chitarra a terra a canzone finita «Se frequenti dei fottuti mafiosi non è colpa mia, stronzo».
«Sarà bello il tuo di passato» ringhia Law, seccato per essersi esposto un po’ troppo con quel tizio che ancora non lo convince per niente. Cristo quelle unghie laccate di nero sono inguardabili.
Il silenzio tra loro si fa più pesante e per qualche istante è così pesante che potrebbero tranquillamente tagliarlo con il coltello e servirlo per cena, almeno finché Law, sbuffando come una locomotiva a vapore, non si gira verso Kidd, fissandolo finalmente negli occhi.
«Non hai detto che cantate anche roba irlandese?» domanda prendendolo completamente in contropiede.
«Cos- Sì, l’ho detto» replica il giovane, che in realtà si aspettava l’ennesimo tentativo passivo aggressivo di rissa.
«Mi fai sentire qualcosa?»
«Cristo, sei strano forte tu» borbotta Eustass divertito, per poi riprendere in mano lo strumento e piegare la bocca in un ghigno divertito «Ricorda, stronzetto, me lo hai chiesto tu. Oi, Killer!» urla girandosi verso l’amico, impegnato a sistemare una tavola di fortuna.
«Che vuoi, Kiddo?»
« Oh! then tell me, Shawn O'Ferrall, tell me why you hurry so?».
Segue qualche secondo di silenzio, quando parte della comitiva si zittisce girandosi verso di lui, perplessa per quella domanda posta con un nome che chiaramente non è di nessuno, poi Bonney scoppia a ridere ed estrae da uno degli zaini un’armonica a bocca, iniziando a suonarla.
Killer attacca con la prima strofa, sorridendo; erano anni che non cantavano quella canzone tutti insieme, lui, Kidd e Bonney. Sembra passata una vita da quando, dopo essersi incontrati per la prima volta, avevano deciso di mettere su una band e per distinguersi da tutti gli altri avevano cominciato a cantare canzoni improponibili e folkloristiche provenienti dall’Irlanda e dalla cara vecchia Europa.
«Hush ma bouchal, hush and listen, And his cheeks were all a-glow. I bear orders from the captain, get you ready quick and soon, for the pikes must be together at the risin' of the moon". At the risin' of the moon, at the risin' of the moon, for the pikes must be together at the risin' of the moon».
Già a partire dalla seconda strofa, alla voce armoniosa di Killer si uniscono quelle di Kidd e Cavendish, mentre Rufy, presi Bartolomeo e Sabo per un braccio, si lancia vicino a falò, iniziando a ballare con un ritmo e delle movenze completamente inventate.
«Oh! then tell me, Shawn O'Ferrall, where the gatherin' is to be? In the ould spot by the river, right well known to you and me. One word more—for signal token whistle up the marchin' tune, with your pike upon your shoulder, By the risin' of the moon. By the risin' of the moon, by the risin' of the moon, with your pike upon your shoulder, by the risin' of the moon».
Quando Killer si è trasferito, Kidd e Bonney hanno fatto di tutto affinché il gruppo che avevano creato non si perdesse nel nulla; poi Jewelry aveva conosciuto Nami ed era stata lei la ruota motrice di tutto quanto. Aveva assemblato i pezzi di quel puzzle dalla forma strana, portandoli a combaciare, flettendoli e plasmandoli affinché riuscissero a fissarsi. Aveva trovato le voci, le location, gli sponsor e soprattutto aveva trovato gli altri membri.  Bonney ricordava ancora la fredda sera invernale in cui si erano conosciute, nevicava a Boston e ogni cosa era sommersa da una spessa coltre bianca.
«Se continui a fare quella faccia, come se ti fosse morto il gatto, non ti si filerà mai nessuno» le aveva detto, sedendosi al suo tavolo con due pezzi di pizza al trancio.
«Out from many a mudwall cabin eyes were watching thro' that night, many a manly chest was throbbing for the blessed warning light. Murmurs passed along the valleys like the banshee's lonely croon, and a thousand blades were flashing at the risin' of the moon. At the risin' of the moon, at the risin' of the moon, and a thousand blades were flashing at the risin' of the moon».
Tutti cantano, chi inventando le parole, chi seguendo perfettamente il ritmo; Kidd sorride, perché lui lo sa. C’è qualcosa di magico in quella canzone e nel ritmo flautato delle melodie della sua terra; riescono a mettere a suo agio anche il peggiore degli stronzi, basta vedere il sorriso rilassato che increspa le labbra di Law, i movimenti sincopati (che dovrebbero rappresentare un ballo) dell’amico di Zoro, le risate della biondina seduta accanto a Cavendish, o, ancora meglio, il fatto che finalmente Nami e Zoro siano tornati nel gruppo. Non sfugge a Eustass l’occhio lucido dell’amica, così come non gli sfugge la stretta serrata della mano di Zoro attorno alla sua vita; non sono mai stati una coppia da palesi gesti d’affetto in pubblico, ma qualsiasi domanda possa farsi, si dissolve nel nulla quando la voce delicata di Nami si unisce al coro.
«There beside the singing river that dark mass of men was seen, far above the shining weapons hung their own beloved green. Death to ev'ry foe and traitor! Forward! strike the marchin' tune, and hurrah, my boys, for freedom! 'Tis the risin' of the moon. 'Tis the risin' of the moon, 'Tis the risin' of the moon, and hurrah my boys for freedom! 'Tis the risin' of the moon».
Zoro, Nami, Kidd, Killer, Eustass, Cavendish e per quell’ultima strofa persino Bonney smette di suonare l’armonica e si unisce al coro, mentre le fiamme del falò si riverberano sui loro visi e la risata felice di Rufy e Ace rimbomba nella valle. Lo sguardo attento e divertito di Sabo, quello rilassato di Drake, le mani strette di Rebecca e Bartolomeo, il canticchiare sommesso di Sanji ai fornelli, persino il sorriso tranquillo sul volto di Trafalgar, ogni cosa in quel momento trasmette calore e il tempo sembra fermarsi per un istante.
«Well they fought for poor old Ireland, and full bitter was their fate (Oh! what glorious pride and sorrow fill the name of Ninety-Eight). Yet, thank God, e'en still are beating hearts in manhood's burning noon, who would follow in their footsteps, at the risin' of the moon! At the rising of the moon, at the risin' of the moon, who would follow in their footsteps, at the risin' of the moon».
«Non sapevo sapessi cantare, troglodita» ride Sanji portando sulla tavola improvvisata piatti ricolmi di carne alla griglia «Rufy non ci provare, fai servire tutti o ti trancio le mani».
«Uffa».
«So fare un sacco di cose, coglionazzo».
«Certo, amore» celia Nami sedendosi a tavola tra Ace e Trafalgar «E quella che ti riesce meglio è perderti».
«Vaffanculo pure tu, cazzo!»
«Linguaggio!».
«Minchia, ‘Ro, ma pure te cerca di controllarti quando parli, no?» esclama Bonney accomodandosi a fianco a Drake.
«Disse la voce della verità».
«Stai zitto, Kiddo».
«Già sta zitto, Kiddo» rincara la dose Killer piazzandogli davanti al naso una salsiccia arrostita «Sei sempre il primo quando si tratta di linguaggio scurrile. Infilati ‘sta salsiccia in bocca e taci».
«Così? Davanti a tutti?»
«Fottiti, Kidd» borbotta Killer tra i denti, cercando di nascondere un sorriso.
«Grazie, più tardi lo farò di sicuro!»
Non si curano troppo del casino che stanno facendo, né che tra loro ci siano persone che hanno appena incontrato o che una di queste sia uno sceriffo; in quel momento sono solo un gruppo di persone lontane dal mondo che si divertono assieme, e questo è abbastanza per tutti.
«Siete sempre così…» Sabo si interrompe per cercare il termine appropriato «Vivaci?»
«Credo si stiano tutti dando un contegno per via degli sconosciuti al tavolo» mormora Nami lanciando un’occhiata di disgusto a quelle capre dei suoi amici «Di solito sono molto peggio».
«A me piacciono!» esclama Ace giulivo, affondando i denti in un cosciotto d’agnello per poi utilizzarlo per indicare Bonney «Mi aveva accennato al fatto che sareste venuti sulla costa est, ma non immaginavo che veniste al matrimonio di Sanji».
«Oh, no tranquillo, solo io e Zoro parteciperemo, gli altri beh, il giorno del matrimonio saranno la band, ma per il resto si arrangeranno, mica devo fargli la balia tutti i giorni».
«Sei davvero sicura di non voler fare da balia a Bonney?» domanda Ace con un sopracciglio alzato.
«Se la mettono dentro di nuovo, questa volta chiama suo padre».
«O potremmo sempre mandare Ace» propone Sabo, battendo una passa sulla spalla del fratello «A quanto pare si è fatto qualcuno del distretto e adesso i poliziotti lo evitano, non ci arrivano nemmeno più le multe».
«Non mi sono fatto nessuno» borbotta il ragazzo imbronciato «E poi perché lo dici solo a me? Nemmeno a Koala arrivano le multe».
«Sì, ma lei non ne prende» ride Sabo, girandosi poi verso Nami «Koala è la mia ragazza! Ti faccio vedere, guarda!»
«Ehrr, non è necessario, davvero».
«No, no, insisto. È troppo carina, tutti devono vederla» esclama il giovane estraendo lo smartphone e piazzando una foto sotto il naso della rossa.
«Non è un amore?» domanda arrossendo leggermente, e Ace sospira sconsolato perché suo fratello, quando si parla di Koala, è un caso perso.
«Un giorno o l’altro scoprirà che vai in giro a mostrare la sua foto a chiunque incontri e ti prenderà a pedate, lo sai vero?» domanda Ace agitandogli la forchetta sotto il naso con fare saccente.
«Piantala con queste arie da fratello maggiore, prima di tutto il maggiore sono io! E secondo, pensa per te, che passi di persona in persona, manco fossi un’ape».
«Si fa quel che si può» replica il moro con aria di chi sta facendo un gran sacrificio.
«Tu fai anche troppo!».
«Finitela» borbotta Sanji sedendosi accanto a loro «Non vorrete mica che la dolce Nami si spaventi e non venga al mio matrimonio? Questo sì che mi spezzerebbe il cuore a metà!»
«L’unico cuore che si spezzerà al tuo matrimonio sarà quello di Kendra, minchione» ruggisce Roronoa dall’altro capo della tavolata.
«Stai zitto, caprone! Seriamente, mi chiedo come una donna meravigliosa come te possa rimanere con un troglodita come lui!»
«Ti ho sentito! Sappi che pagherò Matt per ucciderti!»
«E lui lo farà gratis» sussurra Sabo nell’orecchio di suo fratello ridacchiando, ricevendo un dito medio per risposta «Minchia, quando si tratta si insulti ci sentite tutti benissimo».
Nami sorride, trattenendosi dallo scoppiare a ridere in faccia a tutti quanti.
«No, seriamente, come fai?» domanda ancora Sanji guardandola esasperato.
«Sono curiosa pure io» esclama Bonney allungandosi sulla tavola e piazzando il suo didietro quasi in faccia a Drake, che deve trattenersi dall’allungare le mani per rimetterla seduta.
«Ma siete seri?» borbotta la rossa arrossendo di colpo «Fatevi i fattacci vostri!»
«A me non sembra strano» la voce di Rufy zittisce tutti per un attimo, anche Nami, soprattutto Nami «Beh, Zoro è gentile e simpatico e attento alle necessità degli amici» conclude iniziando a scaccolarsi.
«E poi vi ricordate quella volta che mi ha salvato quando quella balena voleva schiacciarmi?»
«Non era una balena, era una donna grassa» borbotta Sanji.
«E non voleva schiacciarti, Rufy, Alvida voleva solo abbracciarti».
«È stato orribile» celia il ragazzo accasciandosi sul tavolo e allungando le braccia fino all’altra estremità «Ho pensato che sarei morto. Ora ho paura delle balene!»
«NON ERA UNA BALENA!» ringhiano in coro i suoi amici.
«Beh, allora quella volta che è venuto alla Cittadella Rossa, che per chi non lo sapesse è un Pub, e mi ha aiutato quando avevo bisogno?»
«Rufy» Zoro si passa una mano sugli occhi con l’aria di chi preferirebbe tanto che quella storia non venisse tirata fuori.
«Oh, ricordo!» esclama Sabo, mentre al suo fianco Sanji si strozza col fumo della sigaretta «È stato quella volta che ti sei imbattuto in quel tizio che lavora al circo?»
«E gli hai accidentalmente fatto notare quanto fosse grosso e rosso il suo naso» continua Ace iniziando a ridere «E pensando che fosse ancora un naso finto hai iniziato a tirarlo!»
«E ha scatenato una rissa» mugugna Zoro.
«Nella quale siamo finiti in mezzo anche noi» aggiunge Sanji.
«Kendra non era molto felice in effetti» celia Rufy sorseggiando un succo di frutta.
«Certo che non era felice, mentecatto!» gli ringhiano gli amici «L’hai sollevata per la vita e l’hai lanciata addosso a quel Buggy, urlando “Per arrivare a me dovrete prima superare la gemma viola!”»
Rufy fa una smorfia dispiaciuta e gonfia le guance, avvicinandosi a Zoro,  e fissandolo negli occhi con aria da cucciolo.
«Ma Kendra sa difendersi e poi ha davvero i capelli viola!»
«NON È QUELLO IL PUNTO, PIRLA!»
«Come siete noiosi, quel tizio mi aveva fatto bere dell’alcool».
«Non mi sembra una valida ragione per lanciare i tuoi amici come se fossero fatti di gomma!» esclama Sanji ciccando per terra.
«Anche perché è finita con voi due che le avete prese da Kendra e siete stati arrestati dalla polizia per disturbo della quiete pubblica» ridacchia Sabo.
«Già» mugugna Roronoa «E voi stronzi ci avete lasciato dentro per tutta la notte! E due ore dopo che siamo entrati hanno portato dentro l’intero giro di mignotte del giro di travestiti di Ivankov!»
«Tutta vita, bello mio» balbetta Ace tra i singulti di riso.
L’intera tavolata scoppia in un riso convulso; per l’euforia, Cavendish si sbilancia e cade dalla sedia, facendo aumentare ancora di più il livello generale di isteria. Bonney si lascia scivolare all’indietro, finendo per ritrovarsi seduta sulle ginocchia di Drake.
«Sei comoda?» le domanda con una vena sarcastica nella voce.
«Parecchio» Jewls sorride facendo scorre le sue gambe su quelle dell’uomo, mentre lo sguardo rimane fisso a osservare Bartolomeo e Rebecca che aiutano Barbie a rialzarsi.
«Quindi quante volte sei stata dentro?» domanda lo sceriffo allungando il braccio verso il tavolo per prendersi il suo bicchiere.
«Qualcuna» borbotta lei, versandogli della birra «Ma mai per motivi seri».
«Tipo?» il suo viso è così vicino che può sentire il soffio leggero delle sue parole sulla cima del capo, ma non si sposta, anzi continua a sorridere e si sistema meglio sulle sue gambe.
«Tipo… Oh, beh, un paio di volte per rissa, schiamazzi, possessione di stupefacenti – ma ti assicuro che era erba e in quantità legale – oltraggio al pudore e oltraggio a pubblico ufficiale. O e turpiloquio».
«Chissà perché non sono stupito, soprattutto per l’ultima».
«E non hai ancora visto niente» sussurra Bonney piegando la testa all’indietro e chinandosi sul suo orecchio «Dovresti sentire cosa posso dire a letto».
Drake quasi si strozza con la birra e inizia a tossire convulsamente, spostandola di lato.
«Vado a fare due passi» borbotta.
«Vuoi che venga con –»
«No! PER l’AMOR DEL CIELO! Resta lì».
«Ti ha liquidata?» domanda gentilmente Nami sedendosi di fianco all’amica.
«Forse ho esagerato con le provocazioni» ammette pacatamente Bonney sollevando le spalle e appoggiando la testa sulla spalla dell’amica «Nami…»
«Che c’è?»
«Mi canti qualcosa?»
«Sai che non –»
È la testa mora di Rufy quella che le compare davanti e che con occhi da bambino le sorride; Nami non si aspettava una persona simile, non qualcuno con un cuore così puro e un sorriso così gentile, sbuffa, mentre il ragazzo non smette di fissarla.
«Anche io vorrei sentirti cantare».
Si sente arrossire leggermente e si dà della cretina, perché quando mai lei arrossisce?
«Va bene» borbotta «Ma solo se Zoro canta con me».
«Una in coppia e una da sola?» cerca di intercedere Bonney.
«Ma così canterei due volte! La mia voce non è mica qui perché possiate tutti bearvene! Cos’è mi pagate?! Vi addebiterò dieci dollari a testa!» borbotta avvicinandosi a grandi passi a Roronoa e piegandosi sul suo orecchio.
«Strozzina merdosa» sibila Kidd tra i denti, ricevendo un accendino dritto in mezzo agli occhi «PSICOTICA!»
«Sai Kidd» borbotta Killer fissandolo con aria di commiserazione mentre gli prende la chitarra dalle mani e attacca con una melodia ben nota «A volte mi chiedo se tu non sia un po’ masochista nel profondo»
Il rosso gli sventola il dito medio in faccia e va ad accasciarsi per terra, appoggiandosi a un albero e accendendosi una sigaretta, mentre la voce di Roronoa inizia a sillabare le prime parole.
«From the dusty mesa, her looming shadow grows, hidden in the branches of the poison creosote».
«Pff, non è nemmeno una vera canzone» sibila tra i denti ispirando.
«Ma gli Handsome Family sono un vero gruppo» replica Law.
Eustass non saprebbe dire quando sia arrivato, né capisce davvero cosa voglia da lui, ma solleva le spalle senza replicare e gli allunga il pacchetto di sigarette oramai semivuoto.
«She twines her spines up slowly towards the boiling sun, and when I touched her skin, my fingers ran with blood».
«No, grazie, non ne fumo mai più di tre al giorno».
«Peggio per te».
«Non credo. Quella roba ti ucciderà Eustass-ya».
«Piantala» borbotta il ragazzo, sbuffando, mentre Nami attacca a cantare.
«In the hushing dusk, under a swollen silver moon, I came walking with the wind to watch the cactus bloom».
«Di fare cosa?» le dita di Law sono lunghe e affusolate e gli rubano la sigaretta di mano ancora prima che se ne accorga, come a contraddire ciò che gli ha appena detto.
«Di chiamarmi così».
«È per il “ya”? È solo una vecchia abitudine, o è il tuo nome nella mia bocca a infastidirti, Eustass?» aspira piano e gli ripassa la sigaretta mentre volute di fumo sottile si sollevano verso l’alto.
«A strange hunger haunted me; the looming shadows danced. I fell down to the thorny brush and felt a trembling hand».
Kidd storce il naso e si gira verso di lui.
«Anche se mi chiami per nome non riesci a nascondere il velo di disgusto che provi nel guardarmi; fai un favore a entrambi Law, non chiamarmi proprio».
Fa per alzarsi, ma Trafalgar allunga il braccio e lo afferra per il polso ritirandolo a terra; ignora il ringhio che si forma sulle labbra semi aperte del ragazzo e prende a parlare.
«Ti sbagli. Non è disgusto».
«Allora cos’è? Commiserazione? Pietà? Anche peggio, direi».
«Dammi tregua, Eustass-ya».
«When the last light warms the rocks and the rattlesnakes unfold» la voce di Zoro e quella di Nami si mescolano nelle loro orecchie, ma i due giovani non paiono accorgersene «Mountain cats will come to drag away your bones».
«Ero davvero convinto di essere etero fino a ieri, non ti guardo con disgusto, sono solo curioso».
«Fattela passare, non sono un paziente. Non devi studiarmi».
«E io che pensavo che giocare al dottore potesse piacerti» le sue labbra si stirano in un sogghigno divertito, perché ha appena scoperto che prendere in giro Kidd è molto più appagante che guardarlo da lontano e lanciargli contro madonne.
«Vaffanculo, Tafalgar» sbotta il giovane alzandosi in piedi e questa volta allontanandosi per davvero.
«Ti piacerebbe» mormora Law, quando oramai Eustass è troppo distante per sentirlo.
«And rise with me forever across the silent sand, and the stars will be your eyes and the wind will be my hands».
«Hai stonato una volta» sbotta Kidd sedendosi al tavolo e lanciando un’occhiataccia a Zoro, come se avere stonato comportasse l’inizio di una qualche impellente catastrofe.
«Tu di stonato hai solo il cervello, pirla».
«Oh, ma la finite, che Nami è in buona e magari ci fa un solo?» borbotta Bonney prendendoli a calci negli stinchi, mentre la rossa scoppia a ridere e attacca nuovamente. Questa volta la voce è più sommessa e più pacata; Nami non è abituata a cantare a lungo, non ha la stessa potenza canora di Bonney, né il timbro marcato dei suoi amici, ma non è male e ogni tanto riscopre il piacere di far uscire con la musica le emozioni che le attanagliano il cuore.
«Meh, ma questa è solo un’altra cazzo di sigla» borbotta Kidd attaccandosi al collo della bottiglia di gin.
«Stai zitto, Kiddo, e rilassati».
 
«Sing me a song of a lass that is gone
Say, could that lass be I?
Merry of soul she sailed on a day
Over the sea to Skye
Billow and breeze, islands and seas
Mountains of rain and sun
All that was good, all that was fair
All that was me is gone
Sing me a song of a lass that is gone
Say, could that lass be I?
Merry of soul she sailed on a day
Over the sea to Skye»
 
«Non sono sicuro che sia una buona idea».
«Fantastico, grazie per avere condiviso il tuo pensiero, ora continua a camminare».
«E se Rebecca dovesse cadere?»
«Non cadrò, non preoccuparti».
«Sentito? Non cadrà, muoviti».
«Piantala di darmi, anzi darci, tutta questa confidenza. Non ti sei nemmeno scusato per oggi».
«Cosa vuoi farci, la carta da lettere l’ho finita».
«La piantate? Già non vedo niente, se poi mi distraete pure ci perdiamo sicuro!»
«Scusa».
Hanno superato da qualche minuto l’area illuminata di Supai e si sono lasciati il campeggio alle spalle; la luna illumina il cammino, facendo capolino tra le fronde degli alberi, mentre alle loro spalle il chiacchierio allegro dei loro amici e degli abitanti del villaggio va facendosi sempre più vago.
Non sanno bene di chi sia stata l’idea, chi l’abbia proposta la prima volta; forse è partito tutto da un desiderio di Rebecca, o dalla volontà di Cavendish di non mandare tutto a madonne ancora una volta (perché anche se non tutti lo sanno, in realtà è un esperto nel mandare a monte relazioni), o forse, ancora, dal tentativo di Bartolomeo di fare qualcosa di diverso, di piacevole, qualcosa di unico.
Così continuano a camminare, a tratti uno di fianco all’altro, a tratti in fila indiana, alla ricerca di uno spiazzo adatto su cui sdraiarsi e guardare le stelle; la spessa coperta che Bartolomeo porta sulle spalle pare stranamente leggera e la brezza che li investe sembra invitarli a proseguire.
«Non li trovo…»
«Beh, tu cerca meglio, sono qui da qualche parte».
«Scusate, ma se facessi luce col cellulare?»
«Sei impazzita? Vuoi che ci scoprano!?»
«Senza contare che un vero uomo non ha bisogno di alcun aiuto, ti ricordi quell’episodio di –»
«NO. Non l’ho visto. Non lo voglio vedere. Cerca. Le. Scale».
«Se avete finito, le ho trovate».
«Sei fantastica, Rebecca».
«Se le saliamo anche, anzi, fermi tutti. Vado avanti io. La mia brillante presenza non può che illuminarvi il cammino».
«Ouch!»
«Muoviti!»
«Volete fare piano?! Se ci scoprono ci multano di sicuro!»
«Oddio, sono morto. Nami mi affoga nel lago…»
«No, se cammini e stai zitto».
«Zitto tu, gallinaccio!»
«Silenzio!»
Ci mettono qualche minuto a risalire tutte quelle scale, sono umide e sconnesse e richiedono una buona dose di attenzione, soprattutto al buio. Quando raggiungono la cima, si trovano sulla mesa, l’altopiano roccioso che circonda Supai come in un abbraccio; hanno le mani escoriate e sono di nuovo sporchi di terra, ma a nessuno di loro importa davvero, perché da lassù ogni cosa è illuminata dalla luce della luna, e le stelle brillano alte nel cielo, più visibili che mai.
Rebecca si fa passare la coperta da Bartolomeo e con cura la stende per terra, allontanandosi sapientemente dal bordo del precipizio; il terreno è sconnesso, brullo e pieno di sassi, e tutti e tre sono consapevoli che si fracasseranno la schiena, ma ne vale la pena.
Rebecca si sdraia nel mezzo, Bartolomeo alla sua destra, Cavendish alla sinistra, sono sdraiati quasi in cerchio e le loro teste si incontrano al centro della coperta; è una sensazione strana la sua, si sente in equilibrio, come appesa a un filo, sente che sta camminando sul limite e che alla minima folata di vento potrebbe cadere e vedere tutti i suoi sogni e le sue speranze per il futuro infrangersi. Allunga una mano a cercare la stretta calda e rassicurante di Bartolomeo, ma non osa girarsi, non osa guardarlo negli occhi per timore di vederci riflessa una verità a cui sono ore che cerca di non pensare.
«Qualcuno di voi conosce le stelle?» domanda Cavendish con voce vagamente perplessa.
«Certo, ho visto tutti gli episodi dei Cavalieri dello Zodiaco! Sono espertissimo!» esclama Bartolomeo, forse un po’ troppo esaltato, strappando una risata ad entrambi i presenti.
«Sentiamo l’esperto» ironizza il biondo sorridendo.
«Allora vedi quella roba là? Quella che tipo sembra un carretto? Ecco quella lì è l’orsa minore, quella indica il nord, anche se quella figa nell’anime è l’orsa maggiore, che è il carro grosso di fianco, perché ci sono tipo i cavalieri di Asgard che rappresentano le stelle».
«Oh. Cristo».
«Sei una piaga, biondino, Rebecca mi ascolta sempre senza lamentarsi!» borbotta Bartolomeo stringendo leggermente la mano della sua ragazza «Vero?»
«Certo, ma non è che Cavendish abbia proprio, proprio torto…» mormora lei trattenendo un sorriso.
«Vi siete coalizzati contro di me? Oh, beh, allora ammirate quelle là. Guardate si vedono anche l’Ofiuco e l’Aquario!»
«Quelle là quali?!»
«Quelle lì, che girano e tipo fanno un quadrato e l’altra fa una retta e tipo, oh, insomma! Non le vedete?»
«NO!» esclama Cavendish «Ti esprimi come un australopiteco sbronzo, cazzo!»
«Scusa tanto, signorino perfezione, cercatele da solo se sei tanto bravo!»
«Bambini, finitela, non potete semplicemente ammirare le stelle e basta? È stata una giornata impegnativa per tutti, non credete?» li interrompe Rebecca stringendo la mano di Bartolomeo e allungando la sinistra ad afferrare quella di Cavendish.
Il biondo trattiene un moto di sorpresa nel ritrovarsi improvvisamente con quella piccola mano nella sua, è un gesto inaspettato e gentile eppure lo colpisce come un pugno nello stomaco, perché per la prima volta il ragazzo si rende conto che non si tratta solo di lui e Bartolomeo. In quella storia è coinvolta anche Rebecca, col suo sorriso gentile e i suoi occhi pieni di amore; e per la prima volta quel giorno, Cavendish si domanda come possa sentirsi lei e si dà mentalmente dell’idiota.
«Mi dispiace» borbotta seccamente.
«Cos-? Ti stai scusando? Per cosa?» domanda Bartolomeo cadendo dalle nuvole.
«Stai zitto, imbecille, fammi parlare. Mi dispiace per avervi rovinato la vacanza, ecco».
«Credimi, biondino, ho sempre saputo che saresti stato un bastardo, me ne ero fatto una ragione».
«No» borbotta Rebecca, lasciandoli senza parole. Lascia le loro mani e si mette a sedere, girandosi verso di loro, che si rialzano quel tanto che basta per guardarla in faccia con gli occhi spalancati.
«Come, scusa?»
«Ho detto “no”. Nel senso, non è colpa tua – cioè sì, essere uno stronzo è colpa tua! Come puoi pensare che stia davvero bene a qualcuno sentirsi dire una cosa simile?! – ma non è colpa tua se vi siete incontrati. Non sei tu a scegliere il tuo Basher, è il Basher che sceglie te».
Cavendish sospira, lanciando un’occhiata di traverso a Bartolomeo, che lo guarda scuotendo il capo come a dire “E ora che facciamo?”. E non sa cosa lo irriti di più, se il fatto che riescano a capirsi pur non conoscendosi affatto, o che nessuno dei due sappia come consolare Rebecca, perché le parole non sempre sono facili da trovare quando in gioco che la felicità di qualcuno.
«Rebecca» comincia il biondo fissandola negli occhi «Ci credi davvero? Io sono convinto che Nami abbia ragione, è una questione di scelte, anche quando sembra che tutto sia già predestinato. C’è sempre una scelta, l’importante è cercare di fare quella giusta».
Le appoggia una mano sul capo, in una carezza gentile, mentre Bartolomeo tira su col naso e l’attira verso di sé, in un abbraccio.
«Non voglio che tu te ne vada» piagnucola, affondando il viso nel suo collo e strappandole un sorriso «Non mi importa del tatuaggio, voglio stare con te».
Continua a piagnucolare per qualche minuto, come un bambino che stringe a sé il suo tesoro, nel momento in cui vede che potrebbe venirgli strappato dalle mani; e non importa se è il contrario di quanto potrebbe accadere in quel momento, Rebecca è tutto e non vuole vederla andare via. Rebecca c’era quando guardandosi allo specchio Bartolomeo non vedeva altro che un mostro sproporzionato, c’era quando si sentiva depresso e non riusciva a fare a meno di pensare a quelle parole tatuate sulla sua pelle, c’era quando nel cuore della notte si svegliava per un incubo; Rebecca c’è, c’è sempre stata e lo ha sempre accettato per la persona che è, arrivando a innamorarsi di lui nonostante tutto.
No, Bartolomeo non vuole lasciarla andare, non importa quanto sia attratto da Cavendish, non importa quanto il ragazzo lo incuriosisca (e non può negare di esserne affascinato, perché sarebbe una menzogna), Rebecca viene prima di tutto il resto.
Il biondo si alza in piedi e sospira con aria teatrale, dopotutto era solo logico che non sarebbe andato tutto bene, quando mai le sue relazioni andavano bene?
«Credimi, Rebecca» borbotta portandosi una mano alla fronte «Fa più male a me che a te, ma tutto questo non può funzionare! Adios, mis amigos!»
Bartolomeo e Rebecca lo fissano in silenzio per qualche istante, quindi si guardano negli occhi e scoppiano a ridere entrambi; non che gli dispiaccia sapere che il suo gesto è apprezzato, ma vederli ridere? E lui che si stava impegnando per fare qualcosa per qualcun altro. Fanculo l’altruismo!
Si gira piccato e fa per incamminarsi verso la scala, pregando silenziosamente di non cadere di sotto, quando la voce di entrambi lo richiama indietro.
«Cavendish, aspetta!»
«Cosa?» borbotta girandosi, per poi spalancare gli occhi alla vista di due mani tese verso di lui.
«Resta» dice semplicemente Rebecca sorridendo, mentre Bartolomeo lo fissa con aria vagamente imbronciata, una mano verso di lui, l’altra stretta intorno alla vita della ragazza, come a dire che c’è spazio per entrambi.
Si sente scoppiare a ridere, mentre le sue dita si intrecciano a quelle di due persone diverse; ed è una sensazione insolita e strana, ma va bene così, si dice avvicinandosi, per la prima volta va bene così.






   
 
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