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Autore: Cladzky    03/06/2015    6 recensioni
Mike Schmidt conoscerà molto da vicino cosa significa essere un animatronic.
Genere: Malinconico, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Mi risvegliai stanco. Basta.
Nel senso che non ero dolorante, con un terribile mal di testa o frastornato.
Solo stanco. E mi bastava
Ero nel mio caldo letto solo la finestra. Era notte ed una luce spettrale, traspariva dalla zanzariera, illuminando la zona delle coperte dove sotto erano situate le mie cosce. Ero nella mia stanza, sveglio verso le tre e mezza circa della notte, con il mio pigiama addosso, e un espressione che un ritardato mi avrebbe dato del ritardato.

TUTTO NELLA NORMA, NO?
Se avete risposto no, allora, significa che siete più svegli di me.
A proposito, non mi sono presentato.
Da queste parti mi chiamo Artista Regista Scrittore, ma potete chiamarmi ARS, Più o meno come una malattia virale, come ho già detto ad un tizio tempo fa'.
Piacere quindi, ARS, qua la mano! Ah, già, non sono presente qui fisicamente. Immagina che ti ho stretto la mano, Okay?
Molto bene, continuiamo con il racconto.
Mi misi a sedere sul letto e strizzando gli occhi, scavai nell'oscurità per vedere se mio fratello, nel giaciglio accanto al mio, stava ancora dormendo. E qui cominciano le cose strane.
Mio fratello non c'era.
Perplesso, mi grattai la nuca. Probabilmente era sabato, e mentre i miei due fratelli andavano a scuola, io, che ero alle medie, restavo a casa la mattina.
Ma effettivamente non era sabato. Ieri lo era. Quindi che era successo di tale importanza che aveva spinto i miei familiari a lasciare la casa, di così urgente?
Una catastrofe atomica, cui io, essendo considerato quello più inutile del nucleo familiare avevano lasciato indietro, barricandosi in un rifugio situato due metri sotto terra?
Probabilmente no.
Alzandomi, feci un rapido giro del primo piano, muovendomi silenziosamente nel buio, arrancando ad ogni passo. Nè madre, padre, sorella e fratello erano in casa.
Scesi le scale, fredde in cotto ed arrivai al piano terra, controllando le oscure stanze del salone e della cucina. Nessun essere vivente nel giro di diversi metri. Dove diavolo erano finiti?
Forse era vera la storia della catastrofe nucleare?
No, sicuramente qualcosa di più credibile, li avrebbe spinti ad abbandonarmi in casa da solo. Magari, stanchi di avere una bocca da sfamare, hanno deciso di riempire le fondamenta di tritolo e far esplodere la casa con me dentro, potendo poi abbuffarsi delle mie interiora.
Ma anche questa teoria era da scartare. Almeno al momento.
Mi sdraiai sul divano e mi misi le mani al volto. Mi ero forse dimenticato qualcosa che riguardava la giornata di oggi? No, non mi veniva in mente niente. Non accadeva niente di particolare oggi. Ma qualcosa di particolare stava per accadere.
Guardai l'orario dell'orologio a parete. Le quattro del mattino. Non che questo mi avrebbe aiutato. Tornai al piano superiore, appoggiato al corrimano. L'oscurità tornò sovrana del mio sguardo, non appena arrivai in cima alla rampa di scale.
Tornai in camera mia e accendendo la luce mi spogliai del pigiama blu e bianco, ed indossai una maglietta sempre blu con disegnato Mazinga Z e jeans corti. Indossai le ciabatte viola accanto al mio letto e varcando la soglia della porta della camera da letto, spensi la luce. E lì, da strano il mio racconto comincia a diventare inquietante.
La musica di un carillon. Quante volte l'ho sentita questa melodia. E non era mai stata qualcosa di buono. Mi girai lentamente, ancora con la musica che, nonostante la delicatezza, mi dava un fastidio atroce. 
Lui era lì.
O perlomeno la sua faccia, illuminata da una fonte di luce non bene specificata, che ad intermittenza, rischiarava un sorriso e due occhi azzurri. E non erano umani.
Probabilmente penserete che sia rimasto come un deficiente a guardare quello che era presumibilmente uno strupratore, paralizzato dalla paura e robe simili. Invece senza tanti complimenti, in meno di due secondi, la mia mente aveva progettato un piano di fuga sopraffino: Correre.
Stavo letteralmente per alzare i tacchi e attuarlo, ma non avevo fatto i conti che effettivamente negli incubi non va' sempre come vuoi tu. E quello era esattamente un incubo.
Mi ritrovai davanti, una volta voltato, un petto metallico azzurro, liscio e senza nessuna scalanatura. Sollevando lo sguardo, terrorizzato, osservo il volto di chi mi è davanti. E il suo sguardo incrocia il mio.
E' un orribile coniglio antropomorfizzato, guancie arrossate, carnagione bluastra e due occhioni verdi, luminosi, il tutto sovrastato da orecchie lunghe e spezzate in due da un'articolazione artificiale.
In pratica ero circondato da robot. E la mia risposta a cotale situazione era un grido che Ann Darrow mi avrebbe invidiato.

-Freddy,pensi che siamo stati troppo diretti?

 

Una voce metallica,ma indubbiamente umana,appena uscita da quel fantoccio elettronico. C’era forse qualcuno dentro quei costumi? E Freddy, quel nome… Oddio, speravo che mi stessi sbagliando.

-Probabilmente sì, ma cosa volevi che facessimo? Che lo chiamavamo nel sonno? No, gli avremmo fatto venire un infarto.

Stavolta la voce veniva da quello che il coniglio aveva chiamato Freddy.

-Bhe amico – Si rivolse a me la macchina azzurra –Puoi considerarti fortunato. Se ti fossi trovato Old Bonnie, lì sì che ti saresti cagato addosso.

I loro dialoghi, il loro aspetto, tutto cominciava ad avere un senso!

-Amico, mi senti?

Stavo assistendo ad un fatto, che per anni e anni mi ero immaginato.

-Secondo me si è cagato addosso sul serio.

QUESTI ERANO…

-Che faccio gli tiro due sberle?

I PERSONAGGI…

-No, dai che dopo un infarto e mutande sporche gli rifili pure dei ceffoni.

I PERSONAGGI DI FIVE NIGHTS AT FREDDY’S!

*SBAM!*  Una botta improvvisa e fredda sulla cervice mi fece perdere i sensi. Ricordo solo che prima di chiudere gli occhi ascoltai i dialoghi dei due animatronics.

-Ma che sei scemo? – Sbottò Freddy –Ti avevo detto di non tirargli le cinquine!

-E che dovevo fare? –Rispose seccato il robot dalla forma a coniglio –Questo se ne stava immobile con gli occhi sgranati, manco fosse un drogato.

-E certo, che vuoi che faccia? Si ritrova due sconosciuti in casa, che fai, torni a dormire, ma dico io!

-Sì, sì dici sempre tu, orso Yogi deforme!

-Ohè, bello, a chi dai del frocio?

-Ti parlo dell’orso Yogi e mi tiri fuori i froci! Ma solo tu sei capace di queste cose, solo tu…

-Sta zitto e aiutami a spostarlo che secondo me il pavimento non è il luogo adatto per dormire.

-Strano che tu dici questo, visto che abbiamo dormito su quello di una pizzeria per anni.

-Taci, porca Chica!

-Come prego? –Chiese incazzata una voce femminile in lontananza. E all’unisono risposero le due macchine.

-Niente!

#ANGOLO DELL'AUTORE#
Buondì cari amici lettori! Ora vi starete chiedendo: Che cazzo hai scritto e che centra con la storia?
Principalmente ho scritto per due motivi questo capitolo.
1) Darvi qualcosa da leggere, dopo più d'una settimana d'assenza.
2) Perché fra un capitolo e un altro, mettere qualche breve pausa, che riguarda la mia vita alle prese con la scrittura della storia, interagendo con "certi" personaggi.

Quindi se siete d'accordo con l'idea, fatemelo sapere nei commenti. Arrivederci al prossimo capitolo! Ciao!

?!$Grazie!$!?
 

   
 
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