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Autore: Lily97    04/06/2015    2 recensioni
Annie Cresta è una ragazza del Distretto 4, lo stesso dal quale proviene il bel Finnick Odair, il giovane affascinante mentore che, nei 65esimi Hunger Games, vinse all'età di 14 anni.
Lei lo ritiene un ragazzo superficiale, attaccato più alla fama e alla sua bellezza che alla vita, eppure quella è l'unica facciata che Odair lascia trasparire.
Capitol City non è un luogo che realmente assicura un totale cambio di vita ai vincitori; gli abitanti dei Distretti rimarranno sempre tali e la Capitale non mancherà mai di ricordarlo.
"Prima le signore.. Annie Cresta"
Il mondo si fermò per la ragazza. Sentiva il suo nome rimbombare nelle sue orecchie e nella bocca di tutti. Si voltò, incrociando lo guardo terrorizzato di sua sorella.
Non poteva scoppiare a piangere, non davanti a lei.
Quante possibilità aveva di vincere contro altre ventitré persone, molte delle quali letteralmente superiori a lei?
Zero.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Solo un nome.
Finnick Odair.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CIAO A TUTTI RAGAZZI!
MI SENTO IL PEGGIOR VERME DELLA STORIA DI TUTTI I VERMI! ...
AVETE TUTTE LE RAGIONI DI ODIARMI, SICOME SONO SPARITA PER QUASI TRE EPOCHE SENZA FARMI SENTIRE!

NONOSTANTE NON IMPORTI, NON HO DEBITI ☺☺☺
SPERO DAVVERO CON TUTTO IL CUORE DI RIUSCIRE A POSTARE ALTRI CAPITOLI ABBASTANZA VELOCEMENTE!
DAL 16/06 AL !6/07 SARò IN INGHILTERRA, QUINDI IN QUEL PERIODO SPARIRO.. NON CHE SIA UNA NOVITA'!
SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI PIACCIA!
UN BACIONIE, LILY ♥♥♥

BUONA LETTURA DEI 70esimi HUNGER GAMES E POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE

 
 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
 
Treacherous Waters





Si dice che, qualche istante prima di morire, una persona possa vedere la propria vita passarle davanti agli occhi, avvenimento dopo avvenimento, senza tralasciare nessun particolare.
Come un veloce riassunto di ciò che è stato fatto, per constatare se realmente quello che si è vissuto, sia stato degno del il soggetto.

In quei brevi secondi che la separavano dalle rocce e dallo strapiombo, però, Annie Cresta non vide nulla. Nessun flash, nessun ricordo, nessuna immagine che potesse riportarle davanti agli occhi la sua vita.
Per quanto folle sarebbre potuto sembrare, la ragazza sperava in qualcosa. Non voleva morire senza aver ricordato nulla: sua sorella, il Distretto, Finnick, Euer, Jace, Lily...
Al momento, però, erano solo nomi senza volto perché, crudelmente, il suo cervello si stava rifiutando di fare un qualsiasi collegamento.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe finita in quel modo: Annie Cresta, tributo del Distretto 4, morta nell'Arena dei 70esimi Hunger Games, caduta da un crepaccio.
Il sasso di Finnick le bruciava a contatto con i pantaloni, sulla coscia. Avrebbe tanto voluto prenderlo per ammirarlo ancora un'ultima volta, ma sapeva che non avrebbe avuto tempo. L'aria le fischiava nelle orecchie e, per la prima volta nella sua vita, Annie si trovò a pregare.
Fu quasi buffo come la preghiera le si formulò nella mente, nitida come se l'avesse ripetuta centinaia di volte, quando in realtà non era stato così.
Annie non aveva mai pregato. Nonostante i suoi genitori l'avessero spinta a farlo molte volte, la ragazza fin da piccola non ne aveva trovato il senso pratico. Come avrebbe potuto credere a un Dio che permetteva tutto quello? Che permetteva il massacro annuale di 23 ragazzi?
Ancora più buffo fu che la preghiera le venne in mente ancora più velocemente del volto di Finnick.

Ti prego, a qualsiasi costo, salvali.

La caduta durò meno di quanto si era aspettata, perché dopo un attimo la schiena di Annie sbatté contro il suolo roccioso.
L'impatto non fu devastante, ma le conseguenze non furono così salutari per il suo corpo: non aspettandosi una discesa così breve, non aveva nemmeno pensato di espellere tutta l'aria dai polmoni, come le avevano insegnato durante le lezioni precedenti agli Hunger Games. Quindi questa le rimase nella cassa toracica e le fece da rinculo non appena si schiantò a terra.
La testa le esplose e la vista le si oscurò immediatamente.
Un dolore lancinante le spaccò la testa e iniziò a sentire un liquido caldo e denso colarle nelle pieghe del collo della sua maglia e scivolarle sulla pelle della schiena.

Sangue.

L'odore di sangue iniziò ad impregnarle le narici e i conati di vomito si presentarono prepotentemente, sconquassandole lo stomaco e puntellandole la testa di fitte sempre più aggressive.
Sapeva che se fosse rimasta sdraiata supina, avrebbe potuto morire asfissiata o soffocata dal suo stesso vomito.
Reprimendo un gemito di dolore fece leva sul gomito sinistro, che le permise di sollevare parzialmente il busto, per poi lasciarsi cadere su un fianco, senza fiato.
Non si sarebbe potuta alzare velocemente, perché sul piano fisico sapeva che non ne avrebbe avuto la forza, quindi si mise a controllare che la caduta non le avesse provocato danni irreversibili.
Siccome aveva fatto leva su quello, sapeva che il braccio sinistro non aveva subito grossi danni, ciononostante mosse lentamente le dita della mano e quando fu sicura che tutte e cinque rispondevano ai suoi comandi passò al braccio destro.
Si accorse subito che era messo peggio dell'altro, perché anche tenendolo fermo lo percepiva bollente e pulsava in maniera inquietante. Era come se qualcuno lo avesse circondato con un panno bollente e stretto ben saldo.
Ciò che preoccupava maggiormente la ragazza erano le gambe. La frattura di una di queste avrebbe rappresentato una morte pressoché sicura per lei, se avesse dovuto affrontare uno scontro corpo a corpo.
Mosse lentamente le dita dei piedi e successivamente le caviglie, respirando affannosamente tra i denti serrati, terrorizzata dal ricevere altre stilettate di dolore.
Questo non si presentò, nemmeno quando, con molta calma, sollevò prima una e poi l'altra gamba da terra.
Nonostante fare quei movimenti rappresentasse una fatica fisica quasi insostenibile, Annie tirò un sospiro di sollievo nel constatare che, per essere caduta da un'altezza rilevante, ne fosse uscita solo con un braccio fratturato.
Non aveva ancora tenuto conto della botta alla testa, che avrebbe esaminato una volta in piedi.
Devo alzarmi.., pensò, sbattendo le palpebre più e più volte, per mettere a fuoco ciò che la circondava.
Il primo tentativo per mettersi seduta fu fallimentare: non riuscì a sopportare i giramenti di testa e le macchie scure davanti agli occhi.
Dopo qualche prova, finalmente si sedette abbastanza stabilmente, ancorando le mani sul suolo.
Si concesse qualche respiro profondo, non riuscendo a trattenere una smorfia di dolore quando strinse. Cercò di scacciare il male alla nuca e sollevò la testa, per constatare quanto tempo ci avrebbe rimesso per la salita: non era molta come distanza, ma dopo un colpo alla testa aveva meno probabilità di scalare senza nessun problema.
Annie sapeva perfettamente che si sarebbe dovuta ristabilire per poter tornare, ma negli Hunger Games non esisteva il lusso del riposo. In quel momento le sarebbero potuti piombare addosso tutti i tributi avversari e lei non sarebbe stata in grado di reagire.
Fece leva sulla mano sana e, aggrappandosi alla parete della roccia, si sollevò.
Non riuscì a reprimere un sospiro di sollievo quando notò che le sue gambe l'avevano retta e probabilmente avrebbero continuato a farlo.
Iniziò a scalare la parete rocciosa, mentre il dolore sordo alla nuca le picchiava contro il cervello e il sole del tramonto stranamente caldo e battente non le dava tregua. Con un braccio rotto, poi, l'impresa le appariva quasi paradossale e di fatti non passarono due minuti che dovette abbandonare l'idea.
Se ci fossero stati Jace o Euer sicuramente avrebbero saputo cosa fare, come medicarla.
Rifletti Annie, si disse, pensa come loro.
“Devo steccare il braccio” mormorò tra sé e sé.
Ovviamente non c'era niente in quel posto, se non un mucchio di sassolini e macerie; non spuntava nemmeno un filo d'erba e neanche un legnetto.
Stava quasi per abbandonare l'idea che il suo occhio cadde sull'arco, caduto poco più in là con lei.
Non aveva mai fatto nulla del genere; non si era nemmeno mai presa la briga di cimentarsi in infermieristica al Distretto 4. D'altronde chi potrebbe pensare che negli Hunger Games qualcuno abbia bisogno di un'infermiera. In quei giochi spietati e tirannici esisteva solo la morte e chi era troppo debole per sopravviverle.
Prese il manico dell'arma, ben conscia che non avrebbe più avuto nulla con cui difendersi, in caso di attacco e staccò la corda. Questa vibrò nell'aria, schioccando rumorosamente quando venne liberata.
Si appoggiò la parte in legno sotto il braccio ed iniziò, con qualche difficoltà, ad avvolgerle intorno il filo, facendo ben attenzione a non stringere troppo, finché non si ritrovò un braccio rozzamente steccato.
La difficoltà sarebbe stata aggrapparsi alla pietra nuda con la mano, che iniziava a gonfiarsi e ad assumere un malsano colorito blu.
Stringendo i denti, Annie ricominciò la salita.
Decise di puntellarsi facendo leva sul gomito del braccio fratturato, per non peggiorare troppo le condizioni, scoprendosi abbastanza agile per avere un braccio rotto.
Centimetro dopo centimetro si arrampicò tra le insenature della parete rocciosa.
Salì sempre di più, fermandosi brevi secondi per controllare la steccatura e per riprendere fiato.
La testa le martellava ed il senso di nausea non l'aveva mai abbandonata, ma non poteva mollare proprio in quel momento, non quando aveva promesso ad Euer che sarebbe tornata.
Finalmente raggiunse uno spiazzo piano, su cui si issò per riposare. Affacciandosi, poté constatare che di aver guadagnato parecchia distanza dal punto in cui era caduta.
Fu in quel momento, mentre stava fissando l'orizzonte e il panorama dell'arena, che al suo orecchio giunse un suono nuovo, un rumore soffocato, non molto lontano da dove si trovava.

Acqua.


Riprese a camminare e ben presto i suoi stivali iniziarono a calpestare sassolini bagnati, che scricchiolavano sommessamente sotto i suoi piedi. Anche l'aria si impregnò dell'umidità tipica di quando si è nei paraggi di una distesa d'acqua.
Eppure Annie, per quanto si guardasse intorno non riusciva a scorgere nessun bacino, nessun fiume né ruscello e neppure una flebile sorgente di montagna.
Non è possibile, pensò facendo scorrere gli occhi verde mare intorno a sé. Il rumore era aumentato notevolmente e, si accorse la ragazza, gli animali che popolavano il sottobosco che aveva intravisto nell'Arena erano scomparsi.
Addirittura gli uccelli sui rami avevano smesso di cantare e la osservavano curiosi, scuotendo le piccole teste colorate, come ad avvertirla di non spingersi oltre.
Annie iniziò a sentire il suo cuore battere veloce e prepotentemente. Nonostante cercasse di concentrarsi, il suo cervello rimaneva come avvolto da una una coltre di nebbia.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un rivolo d'acqua cristallina zampillava da una spaccatura di una parete rocciosa alta quasi dieci metri.
La ragazza si avvicinò alla sorgente, che non mostrava nulla di minaccioso o terrificante. Anzi, l'acqua appariva decisamente fresca e pura, esattamente ciò che ci si aspetta di incontrare in alta montagna.
Annie bevve avidamente e si bagnò i capelli e il taglio sulla nuca, toccandolo per la prima volta.
Subito le sue mani e l'acqua si macchiarono di sangue rosso carminio, che iniziò a gocciolarle lungo il collo e sotto il mento, mentre lei si fregava delicatamente la ferita: al tatto non sembrava molto profonda, ma era probabile che il colpo le avesse causato un trauma cranico, seppur lieve.
Dopo aver bevuto ed essersi rinfrescata, un dubbio iniziò a consolidarsi nella sua mente: com'era possibile che dell'acqua fuoriuscisse da una parete rocciosa?
Scartò immediatamente l'idea della falda acquifera, perché in tal caso sarebbe stata leggermente calda e non così pulita.
Alzò lo sguardo verso la cima della parete: non era affatto una buona idea e il tempo stringeva, ma dentro di sé sentì che era fondamentale salire.
Questa volta, per sua fortuna, trovò molto più semplice la scalata, siccome la parete era costellata di prese e appigli comodi e larghi, che le facilitarono anche l'uso del braccio rotto.
Più saliva, più percepiva sulla pelle leggere e delicate gocce d'acqua posarsi sulla pelle ed il suono farsi via via più forte.
Si issò sulla cima della parete e subito si coprì gli occhi con una mano, accecata da un improvviso bagliore dorato.
Levò lentamente le dita dal volto e si rese conto che ciò che aveva scambiato per una distesa dorata, in realtà era il riflesso del sole sull'acqua.
Il cuore le fece una capriola nel petto e il fiato le si mozzò in gola: davanti a lei, per chilometri interi, si stendeva un'immensa distesa d'acqua furiosa e agitata.
Ciò che più la terrorizzò di quello scenario, fu constatare che quel mare o lago premeva prepotentemente contro la parete rocciosa, così sottile e fragile rispetto al gigante maligno che cercava di contenere.
Mentre gli occhi di Annie osservavano sgomenti la roccia, si udì un crack sinistro e una minuscola crepa si aprì nella pietra, segno che non avrebbe retto ancora per molto.





Non reggerà molto.
Fu il primo pensiero di Annie.
A occhio e croce, contro la parete stavano battendo qualche migliaia di tonnellate d'acqua e queste non davano l'impressione di voler abbandonare l'impresa.
Quando ci avrebbero impiegato a sfondare la roccia? Mezz'ora? Un'ora massimo?
Sarebbe stata spacciata in qualunque caso.
Un sentimento bruciante ed intenso le ribollì nel petto: non sarebbe morta per mano dell'acqua, il suo elemento. Non avrebbe mai dato la soddisfazione agli abitanti di Capitol City di ridere alle spalle del suo Distretto.
Il terrore le schiarì la mente ed il suo corpo le dettò ciò che doveva fare, senza che il cervello inviasse l'ordine.
Annie iniziò a scendere, senza preoccuparsi degli appigli o del braccio rotto: il dolore le sembrava qualcosa di lontano ed insignificante, mentre l'adrenalina le ribolliva nelle vene, dandole la forza necessaria per correre al rifugio di Euer e Jace.
Alle sue spalle sentiva gli scricchiolii sinistri della parete, che gemeva disperata nel tentativo di contenere la distesa d'acqua.
Ad ogni cigolio, il cuore della ragazza si stringeva e le martellava assordante nelle orecchie, come se le stesse urlando di correre più velocemente.
Nonostante sapesse gli effetti quasi miracolosi dell'adrenalina, non avrebbe mai pesato che le avrebbe cancellato qualsiasi percezione del dolore.
Dovette sforzarsi per ricordare il dolore alla nuca.
Iniziò ad urlare ancora prima di vedere i due ragazzi.
“L'ACQUA! LA DIGA SI STA ROMPENDO!! SCAPPATE!!”.
Vide Euer voltarsi di scatto e sguainare la spada e Jace balzare in piedi.
“CORRETE! LA DIGA SI ROMPE! AFFOGHEREMO!!” strillò.
Jace si voltò completamente verso di lei e dall'espressione che si dipinse sul volto del ragazzo, Annie seppe che aveva capito. Gli occhi del tributo scattarono verso l'alto, in direzione della lontana parete rocciosa.
Prima che qualcuno potesse muovere un dito, una freccia si conficcò nel ventre di Jace.
   
 
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