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Autore: Roberto_Yoda    08/01/2009    1 recensioni
Un ultimo addio tra vittima e carnefice. Nei capitoli successivi a quelli della vicenda di Hitomiko, Naraku riceve una visita da un fantasma del passato, rivive eventi da tempo trascorsi ...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo, Naraku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una cosa in cui mi diverto, è cercare risposte alle incoerenze o, più semplicemente, alle domande lasciate in sospeso da un au

Una cosa in cui mi diverto, è cercare risposte alle incoerenze o, più semplicemente, alle domande lasciate in sospeso da un autore. In quest’ottica, mi ero posto da tanto alcune domande: perché Naraku non si prese la sfera dei 4 spiriti quando Kikyou morì per la prima volta? Perché Naraku all’inizio è un mutaforma e poi non lo è più (non in senso stretto).

Ecco, tra le altre cose, i tentativi di darmi risposta.

 

Io sono la nota stonata

 

Nell’armoniosa melodia del Fato

 

Io sono la volontà imprevista

 

Io sono Naraku

 

 

Occhi si aprono nella tenebra.

Quel vecchio ricordo. Chissà perché proprio ora.

 

Lui non dorme. Quasi tutte le creature che si aggirano nel mondo dormono. Perfino gli youkai, tranne i più potenti. Perfino i morti che calpestano la terra. Ma non lui.

Al più, scivola in uno stato simile a un trance, nel quale per brevi periodi sogna a occhi aperti. E’ questo tutto il riposo che gli è necessario. La sua mente è sempre desta, come argento vivo.

 

Ha rivissuto la sua prima battaglia, dopo tutto questo tempo. Forse perché da un po’ non riesce a sbarazzarsi di questa strana sensazione, così estranea per lui, che qualcosa gli sfugga, giocando a nascondino in qualche angolo scuro della sua coscienza. Ed è molto che non provava niente di simile.

 

C’è qualcosa … qualcosa che non va.

 

Stacca la schiena dalla parete della caverna e si alza in piedi, seccato. Si concentra.

E’ necessario capire. E’ sempre necessario.

 

Scivola facilmente nel ricordo, nei giorni della sua giovinezza, se così possono essere chiamati, quando poteva cambiare forma a suo piacimento. Gli era sempre piaciuto farlo. Quanto si era indispettito nello scoprire che la sciocca ragazzina, Kagome, facendo a pezzi il suo corpo originario, rimpiazzato dalla stregoneria del Kodoku, lo aveva privato di quella capacità costringendolo nell’aspetto del principe Kakewaki!

 

 

 

Ed eccolo ora, bene in vista ma occultato agli occhi, a suo agio nella forma di uno dei tanti, insignificanti contadini del villaggio, a cui ha spezzato il collo poco prima.

 

Quel giorno di sole sarebbe potuto essere, già allora, quello del suo trionfo, se non fosse stato così inopinatamente ostacolato, dalla miko e dal brigante.

 

Ecco Kikyou, la spalla lacerata quasi fino all’osso dai suoi artigli, la manica dell’hitoe zuppa di sangue, il corpo e l’anima in agonia per il tradimento di cui crede di essere stata vittima, barcollare verso la sfera, cadere infine in ginocchio mentre il fuoco bruciante della volontà e della rabbia che l’ha sostenuta comincia a scemare, spento da quell’ultimo sforzo fatto per sigillare lo stupido Inuyasha.

Vicino, ma non troppo vicino. Naraku si fa accanto per ascoltare le parole della donna. C’è un’altra voce che cerca di imporre la sua presenza, e lo disturba, rendendogli difficile udire. Quella voce maledetta, odiosa, che sussurra non al suo orecchio, ma nella sua testa.

 

Hai promesso. Hai promesso. Lei … lei deve essere mia … nostra.

Sta morendo.

Come può essere nostra, se muore?

 

Scintille d’ira nella voce fantasma. Cerca di blandirla.

 

Ti ho già spiegato, Onigumo. Questo è il momento. Non credi che sia un po’ tardi per diffidare di me? Mi hai permesso di colpirla. Non sei più convinto di quanto ti ho detto? Ora fai silenzio. Lasciami ascoltare.

 

Le parole della donna agonizzante alla sorellina, colpiscono con violenza pari a una tempesta di colpi di bokken sia Onigumo che Naraku; anche se certo, per ragioni assai diverse.

 

Sbalordito, Naraku vede la miko, che sia dannata, irretire la Shikon no Tama, avvilupparla con fili di potere alla propria stessa anima, tessere attorno ad essa un sudario al quale il gioiello non potrà sfuggire. Quale incredibile prova di coraggio! Come avrebbe potuto immaginare mai, che trovasse la forza per costringersi a compiere un tale sacrificio … un sacrificio di cui lui solo, ironia della sorte, può misurare le dimensioni.

Deve impedirlo. Deve fare qualcosa. Ma in quel momento, un grido folle gli investe la mente, sconvolgente come l’onda che segue il terremoto.

 

Hai detto che avrebbe usato la Shikon no Tama!

Hai detto di esserne certo. Che la disperazione del suo cuore e la debolezza del suo corpo non le avrebbero permesso di purificarla. E che usandola per guarirsi dalla ferita … la tenebra del loro reciproco odio, che la aspetta per prenderla, l’avrebbe resa nostra.

L’hai detto! Cosa succede?! Devi impedirlo. Devi fare qualcosa! Lei deve essere mia! Hai promesso. Avete promesso, voi, maledetti, schifosi, bugiardi …

 

Naraku stringe i denti con violenza. Barcolla all’indietro di alcuni passi. Nessuno lo sta guardando. Tutta l’attenzione è puntata sulla miko, sui suoi ultimi morenti sussurri.

 

Taci. Taci, piccolo, stupido, infido uomo. Ma tu hai creduto forse che io davvero volessi avere accanto una kuro miko di tale potere? Credi forse che avrebbe spartito la Shikon no Tama con me? Patetico brigante. Solo tu, che misuri il mondo sul tuo misero metro, e dagli altri ti aspetti solo ciò che gli altri si aspettano da te, potevi credere che Kikyou avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sciocco e debole! Ho sempre solo voluto la sua morte. E tu, mi hai permesso di uccidere la donna che brami. Con queste mani le ho strappato la vita. Le tue mani. Ricordalo, Onigumo. Tu mi hai lasciato libero. E ora, taci. Forse non è ancora troppo tardi. Se riesco a prendere la Shikon no Tama prima che brucino il corpo della donna …

 

Poi, un’esplosione nella testa. Il Ragno stende le sue sordide zampette, avvinghiandole tutte attorno alla sua mente. Il suo becco si pianta in profondità, stillando veleno e odio.

Naraku si volta, fugge non visto nel bosco, erigendosi dentro di sé, cupamente deciso a vincere la sua prima, più importante battaglia.

 

 

 

Quattro giorni dopo, sfinito, inginocchiato, ingobbito nella pelle di babbuino, fissa il suo riflesso che a sua volta lo rimira dal corso di un fiume. Solo il mento e la bocca sono visibili.

 

Chi sono io? Chi?

 

Un angolo della bocca si arriccia, mentre ode l’eco della risposta.

 

Io sono la nota stonata

 

Il Ragno è silenzioso, ora. Hanno lottato, stretti in una lotta mortale, ma adesso …

 

Anche l’altro angolo della bocca si piega all’insù.

 

Nell’armoniosa melodia del Fato

 

E’ fuggito, squittendo, sconfitto, rifugiandosi in qualche oscura, profonda caverna della mente. Ha provato a stanarlo ma, astuto quanto vile, scivola via ogni volta che crede di poterlo catturare. Immagina che dovrà rassegnarsi a conviverci. Ma

 

Le sue labbra si separano a mostrare denti bianchi e forti. Sente un’allegria fuori luogo salirgli dal fondo della gola. Barcollando, si alza in piedi.

 

Io sono la volontà imprevista

 

Onigumo non si riprenderà mai più da questa sconfitta. Oh, sa già che proverà a sibilare parole, insidiandolo. Ma la sua voce sarà solo un grugnito incomprensibile, il verso inarticolato di una bestia senza cervello.

 

Il corpo della miko è bruciato. La Shikon no Tama perduta. Nonostante questo, mentre si incammina esitante nel bosco silenzioso, non può né vuole trattenere una risata di trionfo, dapprima debole, ma che presto prende ad alimentare se stessa, facendosi sempre più forte, rimbalzando sulle pareti d’alberi attorno, e vieppiù alzandosi, fino a diventare un grido di trionfo levato a sfidare terra e cieli.

 

Io sono Naraku.

  
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