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Autore: Ghost Writer TNCS    10/06/2015    2 recensioni
Secondo racconto della saga La via degli assassini (sequel di VdA - 1 - La Contessa di Genseldur).
Hélene Castillon, forte dei suoi innumerevoli successi, ha sia il talento che la volontà per essere la migliore, ma per chi percorre la via degli assassini, vanità e senso della giustizia sono sentimenti pericolosi.
Un giorno si sveglia in una stanza sconosciuta, con un occhio bendato e il corpo indolenzito. I ricordi sembrano inaccessibili, invece le basta vedere la sua immagine riflessa per ricordare ogni cosa e scoppiare in un pianto irrefrenabile.
Cosa può aver spinto una sicaria nobile e infallibile come lei a versare tutte quelle lacrime?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Doppia vita

Hélene raggiunse faticosamente il suo confortevole letto a due piazze e si abbandonò sul materasso morbido, crogiolandosi nella piacevole sensazione delle lenzuola.

Non era neanche metà pomeriggio, eppure si sentiva stanchissima: ultimamente la sua doppia vita la stava impegnando molto più del solito, con le incombenze di Hélene a riempirle le giornate e le ricerche della Contessa a occuparle le nottate. Di certo non poteva rinunciare a nessuno di questi oneri ­­–­­­­­­­­ la sua vita sociale e la sua vita da assassina avevano per lei uguale importanza – tuttavia non le sarebbe dispiaciuto staccare la spina per un po’. Per sua sfortuna, quello non era proprio il momento adatto per riposarsi: la sua amica Morgaine avrebbe presto compiuto diciannove anni e stava organizzando una grande festa, allo stesso tempo non poteva permettersi di perdere tempo proprio ora che Hanzo de Sauze si trovava in città. Cavolo, la sua pelle di certo non le avrebbe perdonato tutte quelle ore di veglia forzata!

Accarezzò il copriletto viola scuro con sopra raffigurata un’alba dai colori tenui e soffusi. Era in momenti come quello che apprezzava ancora di più quella casa lussuosa e tutta per lei, il più bel regalo che suo zio le avesse mai fatto. La prima volta che era entrata, tutto quanto era ricoperto da uno spesso strato di polvere, col tempo però aveva provveduto ad abbellire ogni stanza grazie ai proventi delle sue imprese. E grazie alla sua fama poteva permettersi di chiedere compensi piuttosto considerevoli.

Guardandosi intorno, riusciva a rivivere le emozioni di alcune delle sue imprese più importanti: le tende davanti alla portafinestra del balcone le aveva comprate dopo aver fatto fuori un mercante di animali esotici che aveva messo nei guai un ricco politico; lo specchio col bordo decorato da bassorilievi dorati se l’era potuto permettere grazie alla testa di un ladro che aveva derubato un potente criminale di una città vicina; il busto in marmo di un filosofo dell’antichità l’aveva pagato con i proventi derivati dall’uccisione di un trafficante di artefatti magici piuttosto disonesto; senza dimenticare il quadro posto di fronte al letto raffigurante un’epica battaglia fra esseri semidivini, acquistato con i soldi di Marcel Aubierre dopo aver ucciso Novik “Freccia Blu” e la sua banda. Gli ultimi tre erano in realtà dei falsi, riproduzioni relativamente economiche ben lontane dal costo stellare degli originali, ma tutto sommato a lei andava bene così: delle copie ben fatte erano più che sufficienti per permetterle di dimostrare il suo buongusto.

In quel momento il suo golem-cameriere aprì la porta e fece un passo avanti. «Signorina, le ricordo che questo pomeriggio aveva in programma di andare a comprare un vestito nuovo per la festa della signorina Morgaine.»

Hélene chiuse gli occhi e si mise prona, il viso abbandonato nel copriletto. Come la casa, anche quell’automa era un regalo di suo zio, che sicuramente si era premurato di scegliere il modello più pignolo in circolazione. Tutto sommato però quell’ammasso di ingranaggi, pistoni e congegni magici era riuscito a conquistarsi la sua simpatia.

«Mmh, arrivo…»

Si tirò su dal letto e si diede un paio di pacche sulle guance. Quella era la vita, anzi la doppia vita che si era scelta, e intendeva viverla fino in fondo!


***


Come nei giorni precedenti, anche quella sera la Contessa raggiunse il riservato locale di Sam per tenersi aggiornata sugli spostamenti di Hanzo. Prima di partire, aveva anche preso un filtro per cercare di combattere il senso di stanchezza, con il risultato che, una volta riacquisita una certa lucidità, si era chiesta se la sua fosse stata una scelta saggia: forse l’incantesimo stimolante avrebbe potuto andare in conflitto con quello che mutava il suo aspetto, con il risultato di mettere a rischio la sua vera identità. Nonostante quel velato timore, aveva deciso di agire lo stesso, convinta che la mascherina e il cappuccio avrebbero comunque potuto proteggerla a sufficienza.

Dallo sguardo di Sam mentre si sedeva al banco, capì subito che quella poteva essere la notte buona. «Novità?»

L’uomo sorrise e si avvicinò a lei per non farsi sentire troppo dagli altri clienti. «Ci puoi scommettere. I miei amici mi assicurano che Hanzo colpirà stanotte, però mi hanno detto che nemmeno lui sa ancora dove agire. Si deve incontrare con qualcuno, forse una spia dei Tadarés che si è infiltrata tra gli uomini di Aubierre; sarà proprio questa spia a dirgli dove andare.»

La Contessa non riuscì a trattenere un leggero fremito: era finalmente arrivato il momento. «Dove si incontreranno?»

«Nel parco vicino alla Piccola Chiesa, probabilmente nella zona dei malliri.»

La giovane avrebbe voluto scattare e dirigersi là, ma il precedente episodio la indusse a chiedere ulteriori informazioni: «Qualcun altro sa di questo incontro?»

Sam sollevò leggermente le spalle. «Ne dubito. Le voci che ho sentito erano piuttosto flebili, credo che nemmeno Aubierre ne sia al corrente…»

La Contessa si concesse un sorriso soddisfatto. «Grazie Sam, ti devo un altro favore.»

Lui ricambiò il sorriso. «Sai com’è, neanche io provo grande simpatia per i Tadarés…»

Anche se non aveva consumato niente, la giovane lasciò qualche moneta sul banco e abbandonò il locale. Sam era davvero incredibile, al punto che a volte si chiedeva come facesse ad essere così ben informato su tutto ciò che succedeva a Genseldur.

Sollevò lo sguardo verso il cielo stellato e mosse la braccia, lasciandosi trasportare verso l’alto dalle Ali di Vento. La Piccola Chiesa non era molto lontana da lì, con un po’ di fortuna sarebbe potuta arrivare nel giro di qualche minuto.

Con movimenti eleganti si librò fra i tetti, alternando sapientemente volo e corsa, fermandosi solo quando fu su uno dei raffinati edifici affacciati sul parco. Dunque, per quel che ne sapeva, il malliro era una pianta da frutto dalla chioma ampia, con i fiori rosati e gradevolmente profumati, purtroppo però non aveva ben presente dove si trovassero. In ogni caso questo non bastò a buttarla giù di morale. Soffocò uno sbadiglio e si lasciò cadere nel vuoto, quindi sfruttò le Ali di Vento per controllare la caduta fino ad atterrare abilmente all’interno del parco.

In quel grande giardino l’illuminazione era fornita solo da alcuni radi lampioni, questo però non era un problema: il filtro che prendeva abitualmente per alterare il suo aspetto serviva anche per migliorare la sua vista, permettendole così di vedere abbastanza bene anche nelle velate tenebre della notte.

Con passo felpato cominciò a girare per il parco, scrutando le varie piante alla ricerca dei malliri. Andò avanti a muoversi tra le ombre per quasi un quarto d’ora, tempo che a lei parve durare dieci volte tanto, alla fine però i suoi sforzi vennero ricompensati: due uomini, entrambi incappucciati, stavano parlando vicino ad un alto albero dall’ampia chioma, sicuramente un malliro. Dovevano essere Hanzo e il suo informatore.

Una parte di lei le diceva di agire, di colpire fintanto che ne aveva la possibilità, ma per una volta decise di agire con cautela: il suo corpo non era al meglio e contro un avversario del genere avrebbe rischiato molto grosso.

In ogni caso non ebbe il tempo di fare la sua mossa, infatti ben presto uno dei due uomini si allontanò, sparendo tra i tronchi degli alberi come uno spettro.

La ragazza rimase ad osservare l’altra figura, che dopo poco si tolse il cappuccio. Si trattava di un uomo smilzo con il viso lungo dominato da un naso aquilino, quindi non poteva che trattarsi dell’informatore. Doveva scoprire ciò che aveva detto a Hanzo.

Senza produrre alcun suono gli si avvicinò, sfruttando le ombre per passare inosservata. Lo prese alle spalle, lo bloccò con un braccio intorno al collo e gli puntò una lama alla gola. «Con chi stavi parlando?»

Non era ciò che voleva sapere, ma dopo una pessima figura fatta qualche tempo prima, aveva imparato ad accertarsi se la persona che stava minacciando era quella giusta.

«Chi… lo vuole sapere?» esalò l’uomo con voce titubante: era chiaramente nervoso.

La Contessa non rispose, avvicinò la lama e gli causò un leggero taglio.

«D’accordo, d’accordo.» gemette il malcapitato «Era de Sauze…! Hanzo de Sauze! Ti prego, ora lasciami andare…»

La ragazza espirò a denti stretti, quasi come un pazzo sadico. «Cosa gli hai detto?»

L’uomo, tutto tremante, deglutì. «Il signor de Sauze voleva… voleva sapere quando il mercante Jerard Roulé avrebbe lasciato la città… e io… io gli ho detto che sarebbe passato dalla porta sud-ovest questa mattina prima dell’alba… Ve lo giuro, è la verità…! Ora lasciat-»

«Perché lo voleva sapere?» ringhiò la Contessa, il braccio ancora più stretto intorno al collo dell’uomo.

«Io… io…»

«Parla!»

«Roulé supporta Aubierre, quindi de Sauze lo deve uccidere! Fa parte della guerra tra Aubierre e i Tadarés! Vogliono mandare a monte i suoi affari! È una guerra economica!» L’uomo aveva parlato tutto d’un fiato, con disperazione, come se non avesse più nemmeno il coraggio di respirare.

«Dove colpirà Hanzo?» Questa volta la Contessa cercò di usare un tono fermo ma più gentile, in modo da indurre la vittima a fidarsi di lei e a credere che presto sarebbe tutto finito.

«Subito prima di lasciare la città… De Sauze si apposterà nella vecchia tessitoria, e al momento giusto attaccherà la carrozza di Jerard Roulé e lo ucciderà… Ve lo giuro, non so altro…»

L’uomo, ormai sul punto di scoppiare in lacrime, cadde in ginocchio appena la Contessa lo lasciò. Si voltò tremante, ma tutto ciò che vide fu una sagoma incappucciata.

«Noi non ci siamo mai incontrati.» sentenziò la ragazza «E tu di certo non vorrai far sapere in giro che hai spifferato tutto, dico bene?»

 La sua vittima si affrettò ad annuire.

Senza aggiungere altro la Contessa gli voltò le spalle e con passo felpato si immerse fra le ombre degli alberi, svanendo dalla vista dell’uomo. Una volta che fu abbastanza lontana, lasciò la sicurezza delle tenebre per uscire allo scoperto e controllare il dispositivo magico che aveva al polso. Aveva ancora qualche ora prima di tornare al suo vero aspetto e aveva già in mente un piano, in ogni caso doveva sbrigarsi.

Una cosa era certa: entro l’alba, avrebbe dimostrato a tutti chi era davvero la migliore.

   
 
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