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Autore: Blackshadow90    13/06/2015    2 recensioni
Ginevra:una cicatrice e un tatuaggio che le ricordano sempre il passato.
Riccardo:arrogante e sexy, vuole a tutti i costi scoprire i suoi segreti.
Cosa lega questi due ragazzi?Le gare di moto,la scuola,ma soprattutto la casa che condividono con due amici.
Dal cap. 6:
-E se facessimo una gara?-disse Riccardo,amavo le sfide,non dicevo mai no.
-Una gara?-chiesi interessata
-Si:se vinci tu ,ti lascerò in pace,promesso,ma se vinco io...-lasciò la frase in sospeso.
-Se vinci tu,invece?-
-Quando vincerò allora ti dirò cosa voglio-era fin troppo presuntuoso.
-Affare fatto-amavo giocare con il fuoco.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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“LO SO CHE E’ DIFFICILE ,CHE A VOLTE SEI ARRABBIATA CON IL MONDO INTERO E SOPRATTUTTO CON TE STESSA,CHE VORRESTI GRIDARE E PIANGERE E SCAPPARE LONTANO DALLA FELICITA’ CHE HAI TROVATO PERCHE’ PENSI DI NON MERITARLA,MA LA VITA E’ UN DONO PAZZESCO E TU SEI SOLO ALL’INIZIO DI UN’AVVENTURA LUNGA E BELLISSIMA QUINDI VIVI, VIVI PER ME E PER TE E PER LE PERSONE CHE TI AMANO,E TI PROMETTO CHE VEGLIERO’ SEMPRE SU DI TE. E’ UNA PROMESSA.”

 

POV ANDREA:

Quel pomeriggio Alice aveva voglia di fare acquisti e soprattutto doveva comprare un regalo per mio padre e per questo mi aveva trascinato con sé; voleva fare bella figura anche se le avevo ripetuto più volte che lui già la adorava e qualsiasi regalo avesse scelto, sarebbe stato perfetto. Eravamo nel reparto vini e liquori del centro commerciale e stava leggendo ogni singola targhetta dei vini per scegliere “il migliore” e cercavo di aiutarla come potevo, quando sentii il telefono squillare:era Ginevra.

-Pronto?- mentre risposi Alice scoppiò a ridere e mi indicò la scritta rossa di un vino:Bricco dell’Uccellone e mi trattenni dal ridere.

-Andrea sei con Riccardo?-

-Pensavo fosse con te- quando io e Alice eravamo usciti, lui guardava la tv col volume basso e accarezzava la fronte di Ginevra.

-No, mi ha solo lasciato un bigliettino dicendo che sarebbe tornato presto, sai dove potrebbe essere?- ci riflettei un secondo e poi risposi.

-Prima che noi uscissimo stava parlando al telefono con il cugino Christian, ma non lo conosco, ho solo sentito che parlavano del quartiere Barona- non rispose.

-Gin, ci sei?-

-Si, grazie per l’informazione devo andare-

-Non vorrai mica andare in quel quartiere?-

-No tranquillo-tirai un sospiro di sollievo

-Ci vediamo stasera-

-A stasera-chiusi la telefonata e andai verso Alice che mi sorrideva soddisfatta con una bottiglia di vino in una mano e una bottiglia di grappa nell’altra.

-Stasera farai ubriacare mio padre- le sorrisi e ci avviammo alla cassa. Posò le bottiglie solo per consegnarle alla cassiera che la guardò male, e pagò in fretta senza degnarla di uno sguardo.

-Allora adesso che facciamo?- sapevo per certo che voleva perlustrare ogni singolo negozio alla ricerca di qualche borsa o vestito.

-Potremmo entrare lì, ho visto un completo bellissimo- come immaginavo.

Girammo in lungo e in largo tutto il negozio e dopo che ebbe provato due vestiti che aveva scartato mi guardò mettendo il broncio.

-Uffa oggi non è giornata per fare shopping-scoppiai a riderle in faccia e mi fulminò. Il telefono squillò di nuovo e vedendo il nome di Ginevra pensai che avesse bisogno di qualcosa ma la voce che mi rispose non era la sua bensì quella di un uomo.

-Pronto con chi parlo?-chiese una voce rauca

-Sono io che lo chiedo a lei perché il telefono da cui mi sta chiamando è di una mia cara amica-risposi irritato

-Sono un operatore del 118, ho digitato il suo numero a caso nelle chiamate effettuate e la informo che la sua amica ha avuto un grave incidente in moto e la stiamo trasportando all’Ospedale Maggiore- fu come una doccia ghiacciata e Alice mi guardò capendo dalla mia espressione che qualcosa non andava.

-La ringrazio- chiusi la chiamata e guardai Alice con gli occhi lucidi

-Amore, Ginevra ha…avuto un incidente-spalancò gli occhi e mi fissò come se non avesse capito

-Lei è…-balbettò iniziando a piangere ma capii cosa voleva dire

-No tesoro, è viva andiamo- sembrava in stato di shock così la presi per mano.

Guidavo piano e ogni tanto le lanciavo qualche occhiata preoccupato quando, arrivati all’ospedale, finalmente parlò.

-Starà bene vero?Lei ne ha passate tante e merita il suo lieto fine- non aveva smesso un attimo di piangere ma era un pianto silenzioso, composto.

-Starà bene-avrei voluto essere più di conforto ma nonostante Ginevra fosse forte non sapevo cosa ci avrebbero detto i medici anzi avevo il terrore che un medico ci dicesse che era deceduta in ambulanza o all’arrivo in ospedale.

All’entrata chiesi informazioni all’infermiera seduta davanti il computer e ci disse di andare in reparto Rianimazione; prendemmo in fretta le scale e intanto pregavo che stesse bene  e che tutto si sarebbe risolto. Arrivati nel reparto non sapevamo cosa fare e ci guardammo intorno così appena vedemmo un uomo alto con i capelli grigi e il camice bianco gli andammo incontro e lo fermammo.

-Ci scusi, una nostra amica ha avuto un incidente in moto e l’infermiera ha detto che era in questo reparto- l’uomo probabilmente sulla cinquantina ci guardò con comprensione e sospirò.

-La ragazza in seguito al grave incidente ha riportato un trauma cranico interno che ha causato uno stato comatoso-

-Quindi adesso Ginevra è in coma?-domandai terrorizzato mentre Alice tremava

-Si e faremo numerosi esami medici per controllare i suoi parametri vitali, speriamo solo che esca dal coma entro massimo otto settimane altrimenti entrerà in uno stato di coma vegetativo e raramente i pazienti in questo stato si risvegliano- ci salutò e se ne andò, lasciandoci muti e immobili. Alice mi guardò sperduta cercando di trattenere le lacrime e mi fece una domanda a cui non avevo risposta:

-Come lo diciamo a Riccardo?-già…come glielo dicevo?Lo conoscevo fin da quando era piccolo e sapevo che quando qualcuno toccava la famiglia o suoi amici lui lottava come un leone in gabbia e sarebbe impazzito, me lo sentivo.

-Non lo so ma devo chiamarlo adesso e dirglielo- strinsi il telefono e fissai lo schermo nervoso come se da un momento all’altro potesse comparire una risposta e in effetti in quell’istante il cellulare iniziò a vibrare e sulle schermo comparve l’immagine di Riccardo,mi stava chiamando. Presi un respiro e risposi.

 

POV RICCARDO:

La sua chiamata mi aveva mandato in paranoia per questo ero stato velocissimo nell’aiutare gli amici di mio cugino: prima avrei finito e prima sarei andato da lei o meglio era lei che stava venendo da me. Non volevo che venisse eppure era dannatamente cocciuta e adesso che salutavo Christian non facevo altro che pensare a dove diavolo fosse finita; non era mai stata da questa parte di Milano e sicuramente si era persa.

-Grazie per l’aiuto cugino, se ti serve qualcosa basta un fischio-

-Certo Chri, ci vediamo-

Da lontano sentivamo rumori di sirene ma sia io che lui ce ne stavamo andando tranquilli perché ormai il furgone con il carico era lontano eppure il rumore era insistente e sembravano molte così mentre provavo a chiamare Ginevra mi avvicinai al punto da cui sentivo provenire le sirene. C’era stato un grande incidente e tre macchine erano in parte distrutte; due ambulanze stavano per andarsene mentre la polizia e la gente creava una gran confusione. Mi avvicinai al punto per cercare di capire qualcosa e notando un uomo che stava uscendo dal centro della confusione, sudato e con lo sguardo triste, lo fermai.

-Mi scusi, ma cos’è successo?- sollevò gli occhi stanco e vedendomi sulla moto scosse la testa.

-Ho visto tutto, è stato un brutto incidente-

-Ma è morto qualcuno?-era brutto assistere a scene del genere

-Forse la ragazza- guardò la mia moto e continuò - guidava anche lei una moto solo che ad un certo punto alla curva invece di girare si è andata a schiantare…due macchine una di sinistra e una di destra per evitare la ragazza hanno fatto un frontale e una terza macchina non riuscendo a frenare le ha tamponate-

-Grazie dell’informazione-

-Guida piano ragazzo- si voltò e se ne andò

Rimisi e in moto e aggirando piano il luogo dell’incidente osservai le macchine coinvolte finché non si vide la moto distrutta, tutta nera e una paura cieca mi assalì; l’uomo aveva parlato di una ragazza ma non per questo doveva trattarsi di Lei. Poco più in là c’era un carabiniere, lasciai la moto accesa e corsi verso di lui.

-Scusi, sa il nome della ragazza della moto?-

-Tu chi sei?-

-La prego, sa il suo nome?- non poteva, non doveva essere lei.

-No, non abbiamo trovato documenti di riconoscimento-

-D’accordo grazie-

Salii sulla moto e provai a richiamare Ginevra ma dato che non rispondeva, chiamai Andrea per dirgli dell’incidente.

-Riccardo stavo per chiamarti-

-Se ti serve qualcosa va bene ma prima devi aiutarmi a trovare Ginevra perché alla barona c’è stato un incidente e..-

-Riccardo io so dov’è Ginevra-

-Ma certo è con Alice a fare shopping vero?- ero stato stupido a non pensarci prima

-Non è con Alice- non capivo

-E allora dove?-

-Lei…senti non mi va di dirtelo per telefono possiamo incontrarci?- iniziavo ad agitarmi

-Andrea dimmi dove cazzo è-

-Richi per favore…-

-Per favore il cazzo!Dimmi dov’è!-

-E’ lei la ragazza coinvolta nell’incidente…è in coma- non feci nemmeno in tempo ad incazzarmi, piangere, disperarmi o rompere tutto quello che mi capitasse sottomano perché volevo solo raggiungerla. Dopo aver chiesto il nome dell’ospedale accesi la moto e mi concedetti di crollare, di piangere e maledirmi perché forse stavo perdendo la persona più importante della mia vita;lei era la mia vita.

 

1° GIORNO DI COMA

POV GINEVRA:

 

Iniziai a sentire in lontananza uno strano rumore che faceva bip ogni due secondi così aprii gli occhi per cercare di capire dove mi trovavo: bianco. Vedevo solo bianco intorno a me e nient’altro, come se fossi stata rinchiusa in una camera senza mobili; ma non era un bianco triste come quello degli ospedali, era un bianco luminoso che infondeva tranquillità e pace. L’ultima cosa che ricordavo erano i freni che non funzionavano e il guard-rail che si avvicinava; non sapevo se ero morta eppure era strano pensare che la mia vita si era interrotta, avevo ancora tante cose da fare e soprattutto la cosa che non avrei mai sopportato era non aver detto addio.

Una voce mi chiamò e tremai perché non era una voce qualsiasi, era una voce che pensavo non avrei mai più sentito in vita mia, una voce che mi fece venire le lacrime agli occhi e le gambe molli e quando mi voltai lo vidi in tutta la sua bellezza e semplicità.

-Nicolò…- pronunciai quel  nome sottovoce perché avevo paura che pronunciandolo ad alta voce lui sarebbe scomparso come un bel sogno e questo non lo avrei potuto sopportare. Gli corsi incontro più veloce che potevo e lui mi prese in braccio al volo ridendo come un bambino e accarezzandomi la testa protettivo.

-Stellina mia non sai quanto mi sei mancata- la voce gli tremava mentre io singhiozzavo per la felicità di rivederlo.

-Oddio Niki…ti prego non scomparire, non lasciarmi di nuovo per favore- mi strinsi ancora più forte a lui e nascosi la testa sul suo petto

-Ginny io sono…-

-Ti prego non dirlo- dirlo ad alta voce sarebbe stato troppo doloroso e reale

-Piccolina non sono vivo ma questo non vuol dire che non starò accanto a te…sai, hai fatto un brutto incidente ed ora sei in coma, io ti ho protetta come potevo ma adesso sta a te essere forte e risvegliarti-

In pochi secondi il desiderio di vivere era stato sostituito dal desiderio di rimanere in quel limbo con il mio adorato  Nicolò.

-Non voglio, io voglio rimanere con te, tu sei il mio fratellone non posso vivere senza di te-ripresi a piangere e a guardarlo per cercare di memorizzare ogni singola espressione che faceva. Avrei tanto voluto avere in quel momento una macchina fotografica per scattargli una foto e ricordare ogni singola cosa: la ruga che si formava tra gli occhi quando era preoccupato, i suoi occhi tanto uguali ai miei, il suo sorriso, la fossetta sulla guancia destra.

-Ginny io ci sono sempre stato: c’ero quando mamma e papà ti mandavano dallo psicologo e tu gli rispondevi male, c’ero quando insultavi mamma perché volevi che lei ti odiasse come tu odiavi te stessa, c’ero quando hai tentato di ucciderti e c’ero quando hai conosciuto Riccardo. Per tutto questo tempo non ho fatto altro che starti dietro perché volevo salvarti, ma sono morto e così quando ho visto come Riccardo ti guardava e come si comportava con te, ho capito che era lui la persona più adatta per salvarti  e proteggerti ed è l’unico a cui ti affiderei perché so per certo che ti ama con tutto il suo cuore-

-Lo amo anche io è vero ma tu sei mio fratello e mi manchi da morire, mi mancano i nostri litigi, le nostre serate in poltrona,le nostre pazzie e quando sento il tuo nome è come se una lama mi trafiggesse il cuore perché lo so che sei..morto- piansi ancora e continuai

-ma ho paura, ho paura che con il tempo dimenticherò la tua voce, la tua risata, ogni cosa, anche la più stupida e io non voglio dimenticare niente perché mi sentirei persa, ho paura di andare avanti e lasciarti indietro-

-Piccolina non mi dimenticherai mai e anche se fosse io resterò sempre nel tuo cuore, la morte non è una cosa brutta vedila come un’avventura e di certo non potrà separarci-

-Non ne vale la pena, rimango con te-

-Lo so che è difficile, che a volte sei arrabbiata con il mondo intero e soprattutto con te stessa, che vorresti gridare e piangere e scappare lontano dalla felicità che hai trovato perché pensi di non meritarla, ma la vita è un dono pazzesco e tu sei solo all’inizio di un’avventura lunga e bellissima quindi vivi, vivi per me e per tutte quelle persone che ti amano e ti prometto che veglierò sempre su di te-

-Davvero?-

-E’ una promessa- ci abbracciammo stretti e non potei impedire alle lacrime di scendere

-Lo senti?- mi domandò e fu in quel momento che sentii in lontananza un pianto silenzioso ed ebbi come la sensazione che qualcuno mi stesse accarezzando la mano.

-Cos’è?-

-E’ Riccardo, quando ha saputo di te è corso in ospedale; è disperato, tu sei la cosa che più conti per lui e adesso si incolpa del tuo incidente-

-Ma non è colpa sua- era straziante sentirlo piangere

-Lo so come non è stata colpa tua la mia morte, quindi non colpevolizzarti più e torna da lui, ti aspetta insieme a mamma e papà e a tutti i tuoi amici. Anche loro stanno soffrendo molto perché sei una persona stupenda e riesci a farti voler bene da tutti-

-Tu sei sempre stato il mio angelo custode, lo sai?-

-Sarò sempre il tuo angelo custode- ci abbracciammo un ultima volta e poi lo guardai triste

-E’ arrivato il momento di dirci addio- dissi sottovoce

-*Non dire mai addio, perché dire addio significa andare via e andare via significa dimenticare- sorrise lui

-Ho sempre amato Peter Pan- poi mi spinse e mi sentii trascinata lontana finché non sentii un odore di disinfettante e spalancai gli occhi all’improvviso.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Hola a tutti :) La scuola finalmente è terminata e quindi avrò moltissimo tempo per scrivere gli ultimi due capitoli di questa storia che fin dall’inizio mi è entrata nel cuore, già adesso sto piangendo, ok la smetto ;) E’ solo che sono particolarmente legata al personaggio di Ginevra perché anche io, senza entrare nel dettaglio, ho avuto dei problemi in passato che mi hanno portata sul fondo ed è stata dura risalire in superficie quindi adesso che tutto sta per finire è come se stessi per chiudere un capitolo della mia vita. Ringrazio tutte le persone che seguono con tanta pazienza la mia storia nonostante i numerosi ritardi e chiedo scusa se sono presenti errori grammaticali.

Un bacio,

Blackshadow

 

 

   
 
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