19
HOTEL
«È
andata bene, no?»
«Sì». Quando tornano da una visita ai
genitori, Federico non è mai
particolarmente loquace. Non più del solito, almeno. Ogni
volta che vanno trovarli
devono mantenere un atteggiamento
distaccato, comportarsi come ogni altra coppia di fratelli farebbe. Non
come
vorrebbero loro, quindi. Quest’ultimo incontro, in
realtà, è stato più facile
del solito: la loro zia, Adriana, ha da poco partorito,
perciò i discorsi si
sono rivolti principalmente al pargoletto che, per tutta la durata
della cena,
ha placidamente ronfato nella
sua culla
di seconda mano.
«È tutto ok?»
chiede Edo poggiandoli una mano sulla gamba.
Fede rilassa un po’ la presa sul
volante, evitando di ridurlo in un mucchietto di atomi vaganti.
È sempre un po’
nervoso dopo questi incontri. Solo un
pochino. «Sì – risponde
portandosi la
mano del fratello alle labbra e baciandone il dorso – ma sono
preoccupato per
tutta questa grandine... se continua così, non arriveremo
mai a casa».
Edo sa
che non è solo questo a turbarlo, ma lascia correre, certo
che verrà tutto
fuori quando saranno avvolti dal calduccio del loro letto. Con un
sospiro,
volge lo sguardo fuori dal finestrino: in effetti, quella che
è partita come
una leggera spruzzata di grandine, ora si sta facendo un po’
troppo violenta.
Un po’ tanto, ad essere sinceri. Abbassa il vetro e allunga
una mano fuori: in
un paio di secondi si ritrova a stringere una manciata di chicchi di
grandine
grossi come ceci. La getta a terra con un’aria un
po’ schifata, poi richiude il
finestrino e infila le dita congelate fra le cosce, tentando di
riscaldarle.
«Al prossimo incrocio svolto a sinistra: poco
più avanti c’è un Motel.
Ci fermiamo lì». La voce di Fede, che ha osservato
tutto con la coda
dell’occhio, arriva fredda e autoritaria, ed Edo sa benissimo
cosa questo
significhi: non ammette repliche.
«Ma Fede-»
«No. Non ho alcuna intenzione di finire fuori strada e
schiantarmi
contro un albero» lo ferma subito l’altro.
«Ma Lope...»
«Lope è dalla signora Parisi, Edo.
Questo vuol dire che le probabilità
che muoia di fame sono del tutto assenti e quelle che abbia fatto una
decina di
bagni molto alte. Starà benissimo» conclude
avvertendo la sua preoccupazione.
«D’accordo...» mormora Edo poco convinto.
Si tortura le mani quando suo
fratello, invece di proseguire dritto, svolta a sinistra per
raggiungere il Motel.
Quando scendono dall’auto, il freddo e l’acqua li
travolgono in pieno,
penetrando fin nelle ossa. Si guardano intorno con diffidenza: le luci
al neon
dell’edificio spiccano tra il buio della sera come la luce
alla fine di un
tunnel. Una delle lettere rosse dell’insegna trema
minacciando di spegnersi da
un momento all’altro, un’imposta vittima del vento
imperioso sbatte
ripetutamente contro il muro e la grondaia sembra aspettare solo loro
per
cadere e colpirli sulla testa. Considerando tutto questo e sommandolo
all’aria
colma di cigolii e crepitii e all’aria transilvanica...
sembra di stare proprio
nel film “Non aprite quella porta”. Che in questo
caso consisterebbe in quella
del Motel.
«Bene
– conclude Edo battendo le mani – Si torna a
casa» e fa dietrofront per
rientrare in macchina. Non riesce a fare neppure un passo,
perché suo fratello
lo afferra per la giacca e lo trattiene con aria impassibile,
costringendolo
ad una buffa camminata sul posto. «Frena, caro, dove credi di
andare?»
«Ti prego! – implora Edo saltellando
sul posto – Grandina, sono bagnato
come un pulcino e sto morendo di freddo. E quel hotel mi fa una paura
del
diavolo» ammette con un brivido involontario.
«Non c’è niente di cui aver
paura, pulcino mio» risponde lui
scompigliandogli i capelli fradici. L’altro lancia
un’occhiata poco convinta
all’edificio fatiscente.
«Sicuro?» chiede mordendosi un labbro. Fede non
risponde, ma se lo tira addosso e gli attacca la bocca con la sua,
stringendoselo contro quasi fino a soffocare. Gli morde le labbra, gli
passa la
lingua sui denti e gli solletica il palato, dando il via ad uno scambio
di
saliva vissuto mille e mille volte ma pur sempre nuovo.
«Wow,
un bacio sotto la pioggia... romantico» commenta Edo
strofinandogli il naso
sotto il collo.
«Oh, certo,
davvero romantico rischiare di prendersi una polmonite –
ribatte Fede con tono
sarcastico – Andiamo dentro, avanti».
*
* *
Il
motel è carino, davvero. Cade a pezzi, ma è
carino e pulito. Il bancone
dell’ingresso deve avere almeno settant’anni
(portati molto male), le
poltroncine sembrano appena uscite da una zuffa – persa
– con un gruppo di
gatti randagi, i quadri sono così storti che solo un
miracolo può tenerli su e
la moquette rossa – per quanto pulita –
dev’essere ancora più vecchia del
bancone. L’ambiente è illuminato da una soffusa
luce gialla che lo rende caldo
e accogliente, benché questo possa sembrare improbabile. Il
tutto è completato
da un’adorabile vecchina vestita quasi in stile ottocentesco
che li guarda con
un sorriso un po’ inquietante. Solo un pochino. Edo
rabbrividisce e si aggrappa
alla mano del fratello, nascondendosi dietro la sua schiena.
«Benvenuti, miei
cari – li saluta la donnina – Oh, poveri bambini,
ma siete tutti bagnati!
Entrate, prego» li invita con un gesto della mano. La sua
voce è così acuta che
Federico per poco non scoppia a riderle in faccia, domandandosi come
faccia suo
fratello ad averne paura.
«Salve, signora.
Siamo rimasti bloccati qua fuori per la grandine e abbiamo pensato di
prendere
una camera per la notte, se ce ne sono ancora di libere»
spiega con calma.
«Oh, ma certo,
ma certo. Datemi pure le vostre giacche, ragazzi, le metterò ad asciugare accanto alla
stufa» propone
tendendo le braccia in avanti.
«Grazie molte, è davvero gentile».
Federico si sfila velocemente la
giacca e la consegna alla donna, facendo lo stesso con quella di Edo.
L’anziana
signora esce dalla stanza sciabattando allegramente e lasciandoli soli
i mezzo
all’atrio.
«Non è normale che non ci sia nessuno
in giro in questo motel» è la
prima cosa che butta fuori Edo rabbrividendo impaurito.
«Sarà
semplicemente pieno di giovanotti come la padrona di casa a cui piace
andare a
nanna presto».
«Questa
storia mi sa troppo di Hansel e Gretel» rivela il
più piccolo.
«In quel
caso, tu sei Gretel» lo provoca lui.
«Nessun
problema».
La risposta arriva così inattesa che Fede aggrotta le
sopracciglia:
se Edo no si arrabbia o indigna ad una su provocazione, allora
c’è qualcosa che
non va. «Ehi – gli bacia un orecchio – va
tutto bene, eh?»
L’altro
annuisce, un po’ più sereno.
«Ecco fatto – esclama la donna
tornando nell’atrio – Ora vediamo cosa
posso fare per voi, d’accordo?»
«Certo, grazie» concorda Fede con un
sorriso.
«Bene, per cominciare, io sono Madame Colette» si
presente la
vecchina.
«Oh, francese! Noi siamo Federico e
Edoardo».
La
donna annuisce tirando fuori da dietro il bancone uno spesso
– e polveroso –
libro che si rivela essere il registro delle prenotazioni.
«Vediamo, vediamo...
Ah, ecco: ho una camera libera al primo piano. – indica le
scale con una mano -
La preferite matrimoniale, vero?» domanda con
semplicità. Entrambi sbarrano gli
occhi, presi in contropiede.
«V-va bene una qualunque» mormora Fede tentando
nel frattempo di riprendersi un po’.
«Allora questa è la
chiave! È l’ultima matrimoniale che mi
è rimasta».
Mentre ringrazia, Federico
sente suo fratello borbottare fra sé e sé...
sicuramente chiedendosi in quanti
abbiano avuto il coraggio di fermarsi lì dentro.
«Buona notte» augura loro la donna con
un inquietante sorriso a
trentadue denti.
«Buona notte» rispondono loro in coro avviandosi
verso la
camera da letto. I gradini delle scale sono così alti e
stretti che Federico
prende per mano suo fratello e fa attenzione che non inciampi. Si china
per
evitare lo spigolo del soffitto basso che mira proprio alla sua fronte
– ma chi
diavolo ha dato il consenso ad usare un posto così
sgangherato per ospitare
della gente? – ma si scorda di avvisare Edo, che ovviamente
ci sbatte contro
neanche avesse preso la rincorsa.
«Ahia! – strilla portandosi una mano alla
fronte e guardandolo con gli occhi lucidi – Ahia»
ripete mentre una lacrima
solca la sua guancia. Fede impreca sotto voce e se lo stringe
immediatamente al
petto, baciandogli più volte la parte lesa.
«Scusami amore, mi sono dimenticato
di avvisarti. Mi dispiace tanto – lo bacia velocemente sulle
labbra – È
passato?»
«No» mugugna Edo contro la sua maglia.
Lui scoppia a ridere e lo riempie
di piccoli bacetti su tutto il viso. «Entriamo,
su». Infila la chiave nella
serratura e gira a destra. Niente.
«Ma che-?» Prova a spingere la porta
con una spalla, ma questa non si
muove.
«Tutto bene?» chiede Edo sbirciando da sopra
la sua spalla.
«Come no...» risponde lui scuotendo la
chiave con forza. Dopo cinque
minuti di tentato – e riuscito – scasso, finalmente
la porta si apre, cigolando
come in un film dell’orrore di quarta categoria.
«Be’, almeno si è aperta -
commenta Edo guardandosi furtivamente intorno – Vai prima
tu» dice poi al
fratello prendendolo per mano. L’altro fa per ribattere, ma
alla fine si
rassegna e fa un passo nella stanza. E non ci trova nulla di
spaventoso.
L’ambiente è piccolo, spoglio ma tutto sommato
pulito. In un angolo, un armadio
di almeno cent’anni per anta – e non ne ha solo due
– minaccia di cadere a
pezzi sotto l’assalto delle termiti. Alla parete accanto, una
scrivania di
mogano con una gamba diversa dalle altre fa a pugni con la sedia in
stile
shabby-chic accanto. Al centro della camera troneggia un letto in ferro
battuto
– dall’aria un po’ più solida
del resto della mobilia – affiancato da due
comodini da notte che assomigliano troppo alle cassette di frutta del
mercato.
A completare il tutto c’è un grosso crocefisso
– storto – appeso proprio sopra
la testiera del letto.
«Mi fa sentire un po’ osservato
– commenta Edo sporgendo il labbro inferiore, mentre il
più grande chiude la
porta – Ma non importa: prima ci addormentiamo, prima ce ne
andremo da questo
posto» conclude con un’alzata di spalle.
«Sai, conosco un altro modo per far
passare in fretta il tempo» bisbiglia Federico al suo
orecchio abbracciandolo
da dietro. Lentamente, lascia scivolare una mano sotto il maglioncino
del
fratello e ne vezzeggia la pancia, solleticando la pelle calda. Edo
poggia la testa
sulla sua spalla e comincia a respirare pesantemente, gli occhi chiusi
e il
petto che si alza e si abbassa velocemente.
«Lo vuoi fare qui?» chiede sorpreso
rigirandosi nell’abbraccio e strusciandosi contro di lui.
Fede sogghigna contro
il suo collo.
«Non
l’abbiamo mai fatto in un motel... potremmo aggiungerlo alla
lista» mormora
seducente sfilandogli il maglioncino.
«Tu
hai una lista dei posti dove abbiamo fatto sesso? Davvero?»
chiede Edo
guardandolo ora sbalordito.
«Vuoi seriamente parlarne adesso?»
ribatte lui sfilandogli la cintura e
abbassandogli i pantaloni.
«Magari più tardi»
è la risposta affamata del più piccolo che, ormai
rimasto in boxer, gli salta i braccio e gli aggredisce il volto a suon
di baci.
Mentre gli sfila la maglia, avverte Fede togliersi scarpe e jeans alla
velocità
della luce.
«Abbiamo fretta, eh?» sghignazza Edo succhiando un
angolo della sua
spalla. L’altro gli stringe le natiche da sopra la stoffa
delle mutande,
portandolo a gemere oscenamente.
«Non
sei mai così intraprendente... meglio approfittarne,
no?» ribatte
mordicchiandogli un capezzolo. Poi, cogliendolo di sorpresa, lo butta
di peso,
portandosi immediatamente sopra di lui. E lì, il disastro.
Come se fossero
sotto la guida di un direttore d’orchestra –
incapace – le molle del materasso
danno il via ad un concerto di cigolii e rumori sinistri che si
diffondono
nell’aria ad ogni loro minimo movimento.
«Sta scherzando?» sbotta Federico fissando il letto
con aria
stralunata.
«Non importa, continua» sussurra languidamente Edo
sollevando il bacino
e sfregando con insistenza contro quello del fratello.
L’altro si china su di
lui e comincia a ricoprire la pelle del suo collo di piccole leccatine.
Fede
sente le mani del più piccolo scivolare sulla sua schiena,
afferrare i suoi
boxer e trascinarli giù, aiutandosi con i piedi. Lui si
solleva sulle ginocchia
per sfilarseli, e subito ricomincia l’allegra sinfonia di
cigolii.
«Non è possibile...» bofonchia
lasciandosi cadere sul corpo nudo di suo fratello, che immediatamente
lo
avvolge con le sue gambe lunghe. Quando finalmente la stridula serenata
finisce, un pacifico silenzio li avvolge, permettendo loro di avvertire
meglio
la presenza dell’altro. Ad un certo punto, Fede sente Edo
tremare sotto di sé.
«Stai ridendo?» domanda guardandolo sbalordito. Per
tutta risposta, l’altro
continua a ridere ancora più forte.
«Non ci credo... ogni singola, maledetta
molla di questo fottuto letto cigola più di un vecchio
cancello arrugginito e
tu ridi?»
Edo nasconde la faccia nell’incavo del suo collo e vi
deposita tanti
piccoli bacini.
«Non
riuscirai a cavartela così facilmente» mugugna
Fede con un tono molto meno duro
rispetto a quello che avrebbe voluto.
«Okay,
magari sì... - esala quando l’altro gli mordicchia
il lobo di un orecchio –
Dimmi tu se uno deve andare in bianco per un letto che
cigola» borbotta. L’altro
gli bacia scherzosamente il naso. «Hai davvero una lista di
tutti i posti in
cui l’abbiamo fatto?» chiede dubitoso.
«Oh sì – ghigna lui
– È tutto qui» rivela picchiettandosi un
dito contro
la tempia.
«Davvero?»
«Già. E c’è anche una dei
posti e delle posizioni in cui vorrei farlo –
Edo rabbrividisce – Vuoi sentirne qualcuno?» Senza
aspettare un cenno d’assenso
di suo fratello, si allunga sul suo corpo – strusciandocisi
sopra a dovere
- e mormora con
voce bassa e roca ogni punto
della lista. Parola dopo parola, per Edo diventa sempre più
difficile riuscire
a stare fermo. Si contorce come un’anguilla, mentre cerca un
po’ di sollievo
contro il corpo di Fede e il suo viso raggiunge una tonalità
vermiglia.
«Scommetto che il punto tre ti piace, non
è vero?»
>Angolino
Autrice:
Ecomiiii!
Buonasera a tutti! Vorrei
immediatamente scusarmi con tutti per l’enorme e
imperdonabile ritardo, ma tra
scuola e il lavoro (che è cominciato lunedì...
neanche un attimo di tregua!) riuscire
a respirare è già un’impresa. Ma
almeno, lavoriamo tutti e tre nello stesso
posto, quindi ho sempre una buona dose d’ispirazione!
Sì,
lo so che Edo è sempre più intraprendente (come
lo definisce Fede) ma che ci
posso fare? Personalmente, a me piacciono anche così...
cambiano, ma sono ogni
giorno più innamorati di prima!
Ho
notato che lo scorso capitolo ha avuto meno recensioni rispetto al
solito e spero
che questo non abbia a che fare con il ritardo negli aggiornamenti
(meglio
sapere che siete troppo occupati a prendere il sole in spiaggia...
almeno voi
non sgobbate al caldo della città!) Che fate di bello in
questo periodo?
Raccontatemi tutto - sono curiosissima – e ditemi come vi
sembra il capitolo!
Vi
lascio, perché siamo da poco tornati tutti e tre a casa e
non vedo l’ora di
fare una doccia... Loro due credo abbiano altri progetti, visto come si
stanno assalendo
sul – mio – letto. Perciò, che loro si
sfoghino pure, a voi un mare di baci e scuse!
P.S. Il
prossimo capitolo è quello dell’intervista!!