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Autore: _Blanca_    20/06/2015    3 recensioni
| Assassin's Creed III | ● | Connor Kenway × Nuovo Personaggio | ● | storia in stand by |
1769. Colonia di Massachusetts Bay. Cecilia ha quattordici anni quando viene derubata di un'esistenza semplice e benestante. Rimasta sola in un mondo che si prepara alla rivoluzione e alla guerra, la ragazzina diventerà donna. E la donna scoprirà le difficoltà della vita e dell'amore.
"A Davenport Manor non si ricevevano mai visite. Così, quel tardo pomeriggio d'autunno, Cecilia, china sul focolare, quasi trasalì udendo un irruente bussare all'ingresso. Lasciò gli avanzi del pranzo a riscaldare nel caldaio, appeso sul fuoco, e attraversò di corsa la cucina: era l'ora del tramonto e rettangoli di luce si stiracchiavano pigramente sopra i porosi mattoni color tabacco del pavimento. [...] Nel buio salone da pranzo, [Cecilia] scostò qualche centimetro dei pesanti tendaggi verdi, odorosi di polvere e legna bruciata, e spiò oltre i pannelli di vetro della finestra. Era stata una giornata fresca e serena, ma nel fremere degli aceri gialli c'era un sentore di pioggia in arrivo. L'indesiderato visitatore era ancora davanti alla porta. [...] Era un nativo."
Genere: Generale, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Kenway, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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THE CORNFLOWER CAP 17


















XVII

La legge del taglione










Wheeler's Inn. Due miglia da Braintree. 6 settembre 1774

«Signore... aspettate!»
Cecilia sollevò le palpebre ― i sassi le si stava conficcando nella ginocchia, il cuore martellava nelle orecchie ― e ritrovò l'occhio cieco della pistola puntato verso il suo viso.
«E perché mai aspettare, signor Sloper?» volle sapere l'ufficiale.
«Magari... prima... possiamo farci qualcosa» rispose il soldato che vigilava su Elizabeth e sul corpo inerte del signor Wheeler.
Cecilia era troppo agitata per comprendere. Guardò Sloper. Era palesemente il più giovane. Non mostrava un filo di barba, aveva un naso schiacciato e storto, come se in passato fosse stato rotto da un pugno, e occhi di un grigio acquoso che stavano ricambiando lo sguardo di Cecilia con malsana insistenza.
«Non vi bastano tutte le puttane di Boston?» sospirò l'ufficiale.
«Sì ― ma mi piacciano di più quando non le devo pagare. E quando sono spaventate.»
Cecilia comprese di cosa stavano discutendo e il respiro le tremò nel petto, che si alzò e si abbassò con violenza. Ma l'orrore non soverchiò l'orgoglio. Continuò a fissare Sloper, concedendosi solo di battere le palpebre, sforzandosi di ignorare il gelo che le aveva invaso le guance. Doveva essere diventata pallida come uno straccio.
«E sia» concedette l'ufficiale, dopo un attimo di apparente riflessione. Abbassò la pistola. «Che le sia di lezione» scandì. «Sulla forca ci finirà ugualmente. Nel frattempo, che le venga ricordato qual è il suo posto.»
Cecilia portò lo sguardo sulla corda attorno ai polsi. Contrasse la mascella e rimase muta e immobile, a dispetto della nuova ondata di furia che le correva nelle vene, come lava, tanto incandescente da annichilire la paura e il dolore fisico. Ma chi erano loro per credersi autorizzati a darle una lezione, a umiliarla e a violarla, a decidere quale fosse il suo posto? Chi li aveva elevati a giudici e giustizieri?
Elizabeth ebbe un fremito di rabbioso coraggio. «Siete delle bestie!» sputò, tra lacrime.
«Taci!» le intimò l'ufficiale. «O sarai la prossima.» Con un pigro movimento della mano, coperta dal guanto nero e scricchiolante, fece cenno a Sloper di servirsi.
Quello venne avanti soddisfatto, con un sorriso trattenuto a stento. Si rivolse al soldato alle spalle di Cecilia: «E tu ― non ne vuoi un pezzo?»
«No.»
Sloper rise.
«Scommetto che se fosse stato un ragazzetto ― ma da dietro, che differenza ti fa?» Con la coda dell'occhio, Cecilia lo vide portarsi una mano all'inguine, mimando un gesto osceno.
«Non ho voglia di fottere a pochi metri dai cadaveri ancora caldi dei miei commilitoni» fu la secca risposta del terzo soldato.
«Bell, sei sempre stato un gran―»
«Signor Sloper!» lo interruppe l'ufficiale. «Abbiamo intenzione di impiegarci tutto il giorno?»
«Signore» disse Sloper, «non... non credo di riuscirci... con un pubblico...»
Allora fu Bell a ridere di scherno.
L'ufficiale sembrava al limite della pazienza. Gesticolò, stizzito, verso le stalle e porse la pistola a Sloper. Il soldato si cavò il tricorno dal capo e lo affidò, assieme al moschetto, alle mani di Bell. Costrinse Cecilia ad alzarsi in piedi, afferrandole un braccio, e le fece sentire la presenza della pistola premuta tra i reni.
Cecilia non oppose resistenza. In silenzio, con gli occhi lucidi e bassi, si lasciò condurre dentro le stalle come svuotata di energia e volontà, come un debole involucro di carne alla mercé dei più bassi istinti del suo carceriere.
Lo fece di proposito.
Una volta nelle stalle, Cecilia venne investita dal lezzo pungente del bestiame misto al polveroso odore di fieno. C'erano solo due cavalli da posta: due robusti pezzati che scossero il capo, e le criniere nere, quando Cecilia e Sloper passarono loro davanti. Il soldato spinse la ragazza fin sul fondo della stalla, oltre l'ultimo tramezzo, che avrebbe nascosto la scena che stava per consumarsi a chiunque si fosse affacciato all'ingresso. Cecilia udì il ronzio di una mosca. C'era una piccola finestra lasciata socchiusa ― le ante rivolte verso l'esterno; resti di paglia sulle assi del pavimento e ganci per le coperte alle pareti. Sotto la finestra, una panca sulla quale era sistemata un piatto cesto di vimini, pieno di attrezzi da maniscalco. Tra tenaglie e raspe, chiodi e tirachiodi, Cecilia individuò un martello.
Sloper le tirò i capelli, costringendola a piegare la testa all'indietro, mentre la spingeva verso la parete. Poi, la fece voltare e Cecilia urtò la schiena contro la parete. Il ragazzo le circondò il collo con la mano libera. «Ora ― vediamo come si apre questo tuo bel vestitino.» Abbassò la pistola, per assicurarla alla cintola. Nel farlo, per un misero istante, uno e uno soltanto, distolse lo sguardo da Cecilia e chinò il mento.
Il quel medesimo istante, il collo del piede sinistro di Cecilia si abbatté tra le gambe del soldato e entrambe le mani colpirono l'incavo del braccio steso. La presa sulla gola, già allentata dall'inaspettato dolore, cedette.
Accadde tutto con la rapidità di un lampo.
Sloper, rosso in viso, si piegò in avanti, con una mano tra le gambe, l'altra in cerca della pistola.
Ma la pistola era caduta sul pavimento.
Cecilia lo afferrò per i capelli sulla nuca, lo spinse ancora più in basso e una violenta ginocchiata raggiunse Sloper in pieno viso.
Il ragazzo imprecò, con la voce soffocata dal dolore, e dalla mano premuta sul viso sporco di sangue, e Cecilia scattò verso la panca.
Sloper, la cui vista doveva essersi annebbiata quanto la mente, colse il movimento con un attimo di fatale ritardo.
Cecilia sfilò via il martello. Ruotò su sé stessa. L'arnese colpì la testa del soldato, come una mazza da cricket si sarebbe abbattuta su una palla, e Sloper cadde steso su fianco. Aveva una tempia sfondata.
Cecilia non volle guardarlo. Sicura che gli altri due soldati stessero per accorrere, si gettò nella forsennata ricerca di qualcosa, tra gli attrezzi, in grado di liberarla dalla corda. La punta di grosso chiodo si rivelò capace di spezzare qualche filo della treccia e il nodo si allargò il poco sufficiente per permettere a Cecilia di sfilar via il polso destro, proprio mentre udiva dei passi dietro il tramezzo.
Scivolò verso la pistola.
Bell comparve davanti a lei.
Lo sparo riempì l'aria di scintille e fumo bianco. I cavalli spaventati si impennarono, nitrendo e scalpitando, e Bell fu lasciato ad agonizzare sul pavimento della stalla, con una pallottola nello stomaco.
Cecila salì sulla panca, spalancò le ante e balzò oltre la finestra. Corse dietro al carretto, abbandonato sul retro della stalle, nel timore di essere seguita dall'ufficiale. Tremava: minuscoli, incontrollabili tremiti che le scuotevano i muscoli brucianti di dolore.
Un grido la fece sobbalzare.
Era Elizabeth.
«Vieni fuori!» urlò l'ufficiale. «Vieni fuori, dannata puttana, o ammazzo quest'altra!»
Cecilia inghiottì un'imprecazione e abbandonò il riparo.
«Sei scappata?» continuava a sbraitare l'ufficiale. «Tanto ti ritrovo! Giuro su Dio, ti ritrovo e ti impiccho con le mie mani!»
Cecilia aveva percorso il lato corto delle stalle, tenendosi accanto al muro. Sbirciò oltre l'angolo: l'ufficiale era al centro del cortile, teneva Elizabeth per i capelli e il filo della spada premuto sul collo della ragazzina. Ma Cecilia vide anche altro. Qualcosa che l'ufficiale, nel pieno dell'ira, non stava notando. Velocissima ripercorse i suoi passi. Gettò via la pistola scarica, balzò sul carro e ne sfruttò il rialzo per aggrapparsi alla sporgenza del tetto, con un tale sforzo delle braccia che credette di essere sul punto di cedere.
«Lasciatela andare!» gridò, in piedi sul tetto.
L'ufficiale vide Cecilia. Sarebbe potuto correre a raccogliere un moschetto. Invece, non lasciò Elizabeth e non abbassò la spada.
«Fai una mossa e la sgozzo!»
«No ― non lo farete. La vita della signorina Wheeler è la sola cosa che vi salverà dalla morte» esclamò Cecilia di rimando. Le mancava il fiato ma doveva tenere lo sguardo in quello dell'ufficiale, senza lasciarsi tentare dal guardare oltre la figura in divisa. Doveva far in modo che lui guardasse lei e lei soltanto. «Torcetele un capello e io ammazzerò voi. Come ho appena fatto con i vostri soldati. E non ho neppure avuto bisogno delle mani libere per farlo. Perciò non sottovalutate la mia minaccia!»
L'ufficiale parve vivere un istante di reale e allarmata esitazione.
«Tu―strega! Cagna indemoniata!»
«Vi prego di non consegnare ad altri i miei meriti» ribatté Cecilia.
L'ufficiale venne privato dell'ultima parola. Ansimò. Sgranò gli occhi. La spada si allontanò dal collo di Elizabeth, dapprima lentamente, poi come trascinata giù da un peso invisibile, e l'uomo seguì il destino della sua arma, crollando tra la polvere e i sassi.
Un passo dietro al cadavere, il signor Wheeler, pallido e ansimante, stringeva la daga di Cecilia.

* * *

Cecilia si fissò le mani: piccole, sporche e spellate. Aveva le nocche rosse e le dita così indolenzite da far quasi fatica a muoverle. Era sempre stata convinta che uccidere costituisse una scelta a volte necessaria, ma inevitabilmente terrificante, e impossibile da portare a termine senza sacrificare una parte di sé stessi. Era sempre stata convinta che l'omicidio fosse qualcosa di cui non sarebbe mai stata capace. Ma quel giorno aveva ucciso. E adesso dov'era l'orrore? Dov'erano la vertigine e il rimorso? Non l'attanagliava nessuna vergogna. Nessun senso di colpa. Nessuna voglia di piangere né desiderio di poter tornare indietro e non lasciare la fattoria. Era rimasto solo uno sbiadito eco di rabbia e disgusto, avvolto attorno al cuore, come una sottile guaina di cuoio.
E restava il dolore fisico: mai in vita sua ne aveva provato tanto e tutto insieme. Si sentiva come se fosse stata investita da un tiro un sei. I muscoli della cosce bruciavano, quelli delle spalle erano come stretti in una tenaglia, respirare era forse il solo azzardo che poteva permettersi, senza che da una qualche parte del suo povero corpo non giungesse immediatamente in risposta una fitta di dolore. Elizabeth le aveva tastato con delicata attenzione i polsi e le dita, il busto e la schiena. Non c'erano niente di rotto e niente fuori posto.
Cecilia le aveva chiesto come ne sapesse tanto di ossa rotte.
«Nostro zio ha una farmacia a Braintree» aveva risposto Elizabeth. «L'ho assistito per mesi. Fino a quando non ha trovato un vero apprendista.» [1]
«Un apprendista vero?»
«Un uomo.»
Per essere una ragazzina, Elizabeth Wheeler si era ripresa sorprendentemente in fretta dallo spavento. Non erano serviti sali o divanetti sui quali svenire. Passato il pericolo, si era asciugata le guance e aveva aiutato Cecilia a trasportare il signor Wheeler all'interno della locanda. Poi, l'aveva controllato e medicato, mentre Cecilia spostava i cadaveri dentro le stalle.
Un gemito si levò dal letto: il signor Wheeler, spogliato della camicia, stava tentando di sollevare il busto. Cecilia, al momento sola con lui, non aveva tempo di imbarazzarsi. Josiah poteva reggere il confronto con l'Apollo di Fidia, ma era stato ridotto a un tappeto di lividi e il gonfiore gli stava fagocitando il bel viso, trasformandolo in una maschera deforme, con un labbro rotto, un sopracciglio spaccato e del sangue rappreso sotto il naso. Elizabeth gli aveva trovato due costole incrinate e la macchia scarlatta, sul fazzoletto al braccio sinistro, diventava ogni secondo più scura e più larga: si era guadagnato un taglio di un baionetta nel suo folle tentativo di tenere testa ai soldati inglesi.
«Vostra sorella ha detto che non dovete muovervi» gli ricordò Cecilia. Con un braccio a circondare mollemente il costato, se ne stava vicino alla finestra, sulla sedia appoggiata alla parete bianca. Erano nell'ala della locanda che fungeva da abitazione per i proprietari; la camera, spoglia e pulita, era quella che Elizabeth condivideva con la sorella minore. Quest'ultima, insieme alla madre ― aveva saputo Cecilia ― era a Braintree, dove sarebbe rimasta ospite dello zio per l'intera settimana.
Una smorfia del signor Wheeler le lasciò intendere quanto poco tenesse conto delle raccomandazioni della sorella.
«Perché vendete armi di contrabbando?» domandò allora Cecilia.
«Non... non sono in vendita» rispose l'uomo, ansimando per la fatica. Strinse i denti. Dovette tornare a distendersi. «Sono state raccolte e nascoste per la milizia. Verranno a prenderle questa notte. Se solo le giubbe rosse fossero rimaste alla larga da qui ancora per qualche ora!»
«Come sapevano che nascondevate delle armi?»
«Non lo sapevano. Vanno setacciando casa per casa.»
«Perché?»
«Non sapete degli ultimi piani di Gage?»
«So solo che ha fatto posizionare dei cannoni a Beacon Hill e che un reggimento si è accampato al Neck. Non riceviamo molte notizie alla fattoria. E quando arrivano, arrivano in ritardo.»
«Gage ha ordinato il sequestro di tutta la polvere da sparo della provincia. A Boston, il colonnello Brattles ha consegnato le chiavi della polveriera agli ufficiali inglesi e, a un miglio da Winter Hill, Maddison ha svuotato la Powder House.»  [2]
«Perché il governatore ha tanta paura di lasciare la polvere da sparo in giro? Non siamo in guerra.»
Wheeler sospirò rauco, gli occhi azzurri al soffitto.
«Non lo siamo, signorina Carter?»
Cecilia fu scossa da uno spasmo che non aveva nulla a che fare con il dolore.
«No. E se mai ce ne sarà una, non sta a voi deciderlo. Men che meno ai Figli della Libertà. Perché credete che sia stato convocato un Congresso?»
«Vi assicuro che l'attesa di una decisione da parte del Congresso è l'unica cosa che trattiene il popolo. Ma la pazienza è agli sgoccioli e la gente... la gente è furiosa. Avete appena visto, con i vostri occhi, quale trattamento ci riservano gli inglesi. Dovremmo lasciare che ci disarmino? Che ci rendano incapaci di reagire? Di difenderci?»
«Io ho incontrato sei uomini di scarsa intelligenza e morale inesistente. Mi rifiuto di credere che tutti i soldati e tutti gli inglesi siano inclini a un comportamento simile.» Mio padre era un soldato. E un inglese. Il pensiero colpì Cecilia inaspettatamente. Non pensava mai a suo padre.
«Il cuore tenero delle donne» commentò, amaro, il signor Wheeler.
«Questo non è il giorno più adatto per sostenere la tesi della tenerezza del mio sesso.»
L'uomo voltò il capo per guardarla e Cecilia colse nitidamente un cruccio tra il gonfiore. Non le fu difficile prevedere quale dubbio stava iniziando ad agitarsi dietro la fronte del signor Wheeler.
«Come ci siete riuscita?» esalò lui. «Uno dei soldati ha il cranio fracassato... voi combattete? Voi combattete come...»
«Come un selvaggio?» lo anticipò Cecilia, quasi a sfidarlo a pronunciare il termine. «Erano uomini vili e arroganti» tagliò corto. «Si sono scavati la fossa da soli.»
«Sì, ma voi siete solo una piccola don—»
«Quello che mio fratello sta cercando di dirvi» Elizabeth rientrò nella camera, portando con sé una scatolina di legno, «è che siamo in debito con voi, signorina Carter.» Mise la scatola sul tavolo, già occupato da un catino di acqua. Trasse dalla scatolina un ago e un rocchetto di filo di cotone. Poi, sedette sul bordo del letto e iniziò a occuparsi del taglio sul braccio del fratello. Dovette avvertire lo sguardo di Cecilia sulle sue mani, perché dopo qualche attimo disse: «Non è più difficile che rammendare una vecchia camicia.»
Il signor Wheeler grugnì quando l'ago bucò la pelle. «Sta attenta, donna.»
«Le vecchie camice piagnucolano di meno.»
«Che ne farete dei cadaveri?» chiese Cecilia.
«Quelli» disse il signor Wheeler, succhiando aria tra i denti per sopportare il dolore, «hanno bisogno di un nascondiglio migliore.»
Cecilia restò in silenzio per un lungo momento, il viso basso, in contemplazione degli stivali impolverati.
«Dovreste depredarli.»
«Prego?» Elizabeth interruppe il suo lavoro di sutura per rivolgerle un'occhiata sorpresa.
«Erano soldati» riprese Cecilia. «Quanto ci vorrà prima che altri si accorgano della loro scomparsa? Tutti sanno che in, questa zona, ci sono stati attacchi di briganti negli ultimi tempi. Dobbiamo togliergli qualsiasi oggetto di valore abbiano addosso. Bruciare il bruciabile. Sbarazzarci del resto. E abbandonare i corpi nel bosco, almeno a due o tre miglia da qui. — Oh, e anche il sangue va fatto sparire.»
I due fratelli la stava fissando. E lei capì cosa vedevano: la signorina Carter, l'orfanella della fattoria Adams, che senza batter ciglio illustrava un modo per occultare una serie di omicidi.
Uno spettacolo grottesco.
«Se ne occuperà la milizia...» sussurrò il signor Wheeler.
«No. Nessuno al di fuori di noi tre dovrà mai sapere che cosa è successo. Se dovessero venire a portarmi via con un mandato d'arresto, saprò chi è stato a parlare. Nasconderò io i corpi. Voi avete un carretto e dei cavalli, io so come confondere le tracce. E venendo qui ho visto più di un posto, in mezzo alla vegetazione, dove abbandonerei una cadavere, se fossi un brigante.»









NOTE STORICHE
[1] Nel diciottesimo secolo, il ruolo e le capacità dei farmacisti coincidevano quasi interamente con quelle dei dottori e non pochi esercitavano anche il mestiere di dentisti, chirurghi e ostetrici. Esistevano scuole di medicina ma la maggior parte imparava il mestiere attraverso un apprendistato.
[2] L'episodio storico che fa da sfondo a questo capitolo, e al precedente, è quello del Powder Alarm. Tra il 31 agosto e il 1 settembre 1774, il governatore Gage, per stroncare sul nascere i tentativi di rivolta dei coloni, decise di rimuovere tutte le forniture militari presente sul territorio della colonia, a partire da Boston. Benché si trattasse inizialmente di un'azione segreta, la notizia si sparse in fretta e la voce (falsa) che gli Inglesi stessero cercando di ridurre al minimo le armi dei coloni perché sul punto di iniziare una guerra gettò panico e agitazione.








NOTE AUTRICE
Eccomi qui — a pubblicare in un ritardo a dir poco vergognoso. Prometto che non accadrà o almeno non dovrebbe accadere più, perché i restanti capitoli di questa seconda parte della fan fiction sono praticamente tutti scritti e completi. A questo proposito, per chi si stesse giustamente chiedendo quando torneremo a vedere Connor e a riallacciarci alla trama principale del videogioco, la risposta è: negli ultimi due capitoli della seconda parte — e ciascuna parte è formata da undici capitoli. Detto ciò vado finalmente a rispondere alla ultime recensioni — che non pensiate che non le abbia lette e apprezzate fino alla commozione *sniff* ❤❤❤
E un bacione e grazie a chiunque passi di qui! 


   
 
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