Dietro al Velo
Minerva aprì gli occhi.
Il sole splendeva alto sopra di lei, ma stranamente poteva guardarlo
senza esserne accecata.
Era sdraiata su una superficie piatta e fredda, come un pavimento di
pietra, e chiedendosi dove fosse si mise cautamente a sedere. Si
aspettava di sentirsi indolenzita, ma il suo corpo reagì al comando
reagì con inattesa agilità.
Solo quando distese le braccia davanti a sé notò com’era vestita. Erano
passati anni dall’ultima volta che aveva indossato la divisa di
Quidditch dei Grifondoro, e non riuscì a trattenere un sorriso al
ricordo del suo passato da giocatrice: quanto le era mancato, quel
magnifico sport…
Infine, dopo quello che poteva essere un minuto o un giorno o un’ora,
alzò lo sguardo dalle sue vesti scarlatte e si guardò attorno.
Nonostante il cielo azzurro sopra di lei, si trovava in uno spazio
chiuso. Mura massicce s’innalzavano in lontananza attorno a lei,
delineando una sala enorme dall’aria familiare, ma surreale al tempo
stesso, perché i colori apparivano sfumati e i contorni indefiniti,
come se fossero avvolti dalla nebbia. Come se fossero fatti di
nebbia. Minerva alzò istintivamente le mani per controllare che le sue
lenti fossero pulite, ma si rese conto di non indossare i suoi occhiali
da lettura.
Si alzò in piedi per esplorare meglio il luogo, e dopo qualche passo si
rese conto che l’enorme stanza era arredata da quattro lunghi tavoli –
eppure, avrebbe giurato che un istante prima non fossero lì.
Sulle pareti erano appesi lunghi drappi rosso-oro, e Minerva stava
cercando di intuire quale animale vi fosse intessuto sopra quando sentì
un sibilo nell’aria.
Si girò d’istinto e vide la Pluffa appena in tempo per afferrarla.
“Bella presa, professoressa!”
esclamò la voce familiare di un giovane ragazzo dagli arruffati capelli
neri. La stava guardava con un sorriso sornione, e quel sorriso…
Poteva forse essere…? Ma no, no, non era possibile… Doveva essere…
“Harry…?” domandò, incerta.
Il ragazzo ridacchiò.
“Mi somiglia, non è vero?” disse orgoglioso. “Ma ha gli occhi di Lily”
aggiunse con dolcezza.
Non vedeva quegli occhi nocciola da quasi quindici anni, ma le erano
mancati terribilmente.
“James…”
“In carne e ossa! Almeno credo” scherzò lui.
“È… è un sogno?”
“Qualcosa del genere, sì. Bella tappezzeria, comunque” aggiunse con un
occhiolino, indicando le pareti.
Finalmente Minerva riconobbe che erano grifoni gli animali
rappresentati sui drappi, e capì dove si trovava – o dove sembrava
trovarsi. Col senno di poi, avrebbe potuto intuirlo fin dall’inizio, ma
per qualche inafferrabile ragione se n’era accorta solo in quel momento.
“Perché siamo a Hogwarts?” chiese, guardandosi ancora intorno. I tavoli
sembravano più definiti, ora. Più reali.
“Me lo dica lei, il sogno è suo!” esclamò James divertito. “Però non mi
sembra male, come scelta. Devo ammettere che questo posto mi è mancato
parecchio, sa?”
Minerva pensò che anche lui era mancato a Hogwarts, ma non osò dirlo a
voce alta per paura di emozionarsi troppo. Lasciò di nuovo vagare lo
sguardo, notando uno sgabello a tre gambe con sopra un vecchio cappello
logoro. Quanti undicenni ci aveva fatto sedere…
“Siamo qui perché Hogwarts è la mia casa…”
James annuì, il sorriso ancora sulle labbra. “Anche io mi sono
risvegliato a casa, quando sono morto.”
Minerva trasalì inorridita, mentre la terribile realtà la travolgeva,
mozzandole il fiato. Ecco cos’era successo, perciò… Ecco la ragione per
cui era lì… Quegli Schiantesimi l’avevano uccisa.
Be’, suo padre sarebbe stato contento di sapere che perfino una strega
poteva guadagnarsi un posto in Paradiso, o ovunque si trovasse in quel
momento – non sembrava essere l’Inferno, quantomeno.
“I drappi non dovrebbero essere neri in segno di lutto, visto che ho
tirato le cuoia?” scherzò.
Era una battuta pessima, ne era consapevole – in sua difesa, aveva
appena scoperto di essere morta – ma non si sarebbe comunque aspettata
che James inorridisse a tal punto.
“Oh, no, no, per Godric, lei non è ancora morta, professoressa!” si
affrettò a chiarire James, afferrandola per le spalle come per
assicurarsi che avesse colto il messaggio.
Minerva rimase tramortita per un attimo, prima di fare un lungo
sospiro. Un secondo dopo colse il vero senso di quelle parole.
“Ancora no?”
“Ecco…” borbottò James, passandosi una mano tra i capelli – Dio, si era
dimenticata di quell’insopportabile abitudine; nonostante stessero
discutendo della sua possibile morte non riuscì a trattenere un
sorriso. “Lei può ancora scegliere di tornare indietro. Indietro davvero.”
C’era una certa nostalgica malinconia, in quelle parole, e a Minerva
non serve molto per capire perché.
“Tu… tu non hai potuto?”
James fece un profondo respiro.
“A me è stata offerta una scelta diversa” rispose serio. “Una non
altrettanto interessante.”
Minerva non era certa di aver capito cosa intendesse, e James dovette
leggerglielo nello sguardo.
“Mi hanno dato la possibilità che viene proposta a tutti i maghi”
spiegò con una scrollata di spalle. “Quella di diventare un fantasma.”
“E tu hai rifiutato…”
James annuì, e Minerva si chiese quanto dovesse essere stato difficile
per un ragazzo così giovane e vitale rinunciare all’eternità.
“Perché?” gli domandò.
“Ho pensato che fosse meglio attendere qualche anno per riabbracciare
per sempre le persone che amo, piuttosto che vederli vivere e morire
per poi trascorrere un’eternità senza di loro. E poi… volevo esserci
per accogliere Lily e Harry, nel caso… nel caso non fossero riusciti a
scappare.”
Minerva sentì un nodo alla gola, tristemente consapevole del fatto che
alla fine anche Lily aveva dovuto morire, affinché Harry vivesse.
“Ma perché stiamo parlando di me!?” esclamò James con allegria forzata.
“Questo è il suo momento, professoressa. La sua scelta.”
James la stava fissando con intensità, e lei si sentì stranamente
esposta sotto al suo sguardo. Sarebbe dovuta essere una scelta
semplice, lo sapeva, ma era così bello, lì, così pacifico e calmo…
Minerva sospirò. “Tu… tu cosa faresti al mio posto?”
“Io tornerei.”
Aveva parlato senza esitazione, e lei rimase sorpresa da tanta
convinzione. “Lasceresti qui Lily?”
James deglutì. “Sì… lo farei. Per lo stesso motivo per cui lo farà lei,
professoressa. Per i nostri figli.”
Ma certo, pensò lei. Anche se Lily era lì, Harry era ancora vivo. Era
ovvio che volesse tornare da lui, Lily stessa avrebbe preferito così.
Questo però non spiegava come mai quel ragionamento dovesse valere
anche per lei.
“Io non ho figli” disse, pur essendo certa che James lo sapesse
benissimo.
“Ne è davvero sicura?” ribatté lui, indicando le lunghe tavolate.
Minerva si portò una mano al cuore quando le vide strapiene di ragazzi
senza volto con addosso l’uniforme di Hogwarts. Un attimo dopo avvertì
anche il brusio allegro e festante degli studenti e il profumo delle
prelibatezze del banchetto. Fino a quel momento non si era nemmeno resa
conto di quanto la Sala Grande fosse insolitamente silenziosa.
“Credo che loro abbiano ancora bisogno della loro insegnante di
Trasfigurazione, non trova?”
A quelle parole, Minerva cominciò a riconoscere le facce gioiose di
tutti suoi studenti.
Sapeva istintivamente che se si fosse avvicinata sarebbero svaniti,
così li guardò da lontano, camminando lungo lo spazio di solito
occupato dal tavolo degli insegnanti.
Erano mischiati indifferentemente, quelli presenti vicino a quelli
passati, i padri con i figli, i vivi con i morti, i Grifondoro con i
Serpeverde. Sembravano tutti dei ragazzi, anche quelli che ormai
avevano figli a Hogwarts a loro volta.
“Eccomi” esclamò James entusiasta, indicandosi. “E quello splendore
accanto a me è… Ginny Weasley?” domandò incerto, e Minerva sorrise
divertita quando riconobbe la ragazza.
“No, lei è Molly Prewett, sua madre.”
James – quello in piedi accanto a lei – fischiò il suo apprezzamento, e
Minerva non riuscì a trattenere una risata.
Continuò a osservare i suoi studenti, e il suo cuore mancò un battito
quando vide Cedric Diggory seduto accanto a suo padre Amos.
James le mise una mano sulla spalla in segno di conforto, Minerva
realizzò che doveva starli fissando da svariato tempo, così fece un
sospiro e si sforzò di spostare lo sguardo su un altro tavolo. Fu
allora che i suoi occhi caddero su una cicatrice a forma di saetta.
“Guarda là, James! Scommetto che riesci a riconoscerlo” gli disse con
un sorriso.
“Ha qualcosa di familiare, sì” scherzò lui, ma a lei non sfuggì che
aveva gli occhi lucidi. “Mai visti capelli così osceni, però” aggiunse
con un ghigno, e lei non poté trattenere una risata.
Il suo sorriso svanì all’istante quando riconobbe il ragazzo seduto di
fronte a Harry.
“Regulus Black…” mormorò, scuotendo piano la testa. “Mi sono sempre
chiesta se avremmo potuto fare di più…”
James fece un profondo sospiro. “Già, ce lo siamo chiesti tutti,
immagino. Ma alla fine dei conti ha fatto le sue scelte, come tutti
noi.”
“Era solo un ragazzo…”
“Lo eravamo tutti” ribatté James. “E lo sono anche loro” aggiunse, lo
sguardo fisso sul figlio.
Minerva guardò di nuovo verso i due ragazzi, notando che erano rimasti
da soli. Con suo stupore, stavano chiacchierando vivacemente, ma
nonostante la rinnovata quiete erano troppo lontani perché lei potesse
sentirli.
“Chissà di cosa stanno parlando…”
“Staranno dicendo che fare il Cercatore è la cosa più bella del mondo,
ma da Cacciatori estremamente talentuosi noi sappiamo che la loro è una
mera illusione” sorrise James, facendole un occhiolino.
“Temo proprio tu abbia ragione” disse Minerva divertita. “Ciò non
toglie che Harry vola meglio di te” lo canzonò con affetto.
“Cosa?!” esclamò lui, gli occhi sgranati e la bocca comicamente
spalancata per fingersi attonito. “È solo che adesso fanno scope
migliori!”
“Se ne sei convinto…” disse Minerva stando al gioco, perfettamente
conscia quando fiero James doveva essere per il talento del figlio.
“Per la cronaca, a me Sirius non ha mai comprato una scopa da corsa, il
bastardo. E neanche lei”aggiunse con un finto broncio, e
Minerva si sentì un po’ in imbarazzo realizzando che in qualche modo
James sapeva che lei aveva personalmente pagato quella Nimbus Duemila,
probabilmente rompendo svariate regole di Hogwarts non scritte – non
che Albus se ne fosse mai lamentato.
L’avrebbe fatto di nuovo senza alcuna esitazione, comunque, e stando
all’espressione di James, lui ne era perfettamente cosciente.
“Be’, che vuoi che dica? Sarebbe stato un peccato sprecare tutto quel
talento su una scopa della scuola, non trovi?”
“Ma certo, ma certo” annuì lui. Era apparentemente serio, ma dal modo
in cui stringeva le labbra Minerva sapeva che stava lottando per non
sorridere. “Sono sicuro che non avesse nulla a che fare con il fatto
che Harry è il figlio del tuo studente preferito in assoluto.”
“Così hai scoperto di Lily, alla fine” disse lei, provando a sua volta
a mantenere un’espressione composta, e fallendo miseramente.
“Oh, per favore. Sappiamo entrambi che lei è troppo scarsa a
Quidditch per essere la tue preferita, e chiaramente non è lei la più
talentuosa. O devo ricordarle che io ero più giovane di
lei quando sono diventato Animagus, professoressa? E a me non
è servito che Silente facesse i compiti per me” ghignò James. “Il
verdetto è palese, non trova?”
Lei scosse la testa divertita, ricordando il giorno in cui Albus le
aveva raccontato che i cosiddetti ‘Malandrini’ erano riusciti a fare – illegalmente,
per di più. Guardando l’espressione soddisfatta di James, però, un
ricordo molto più vecchio le riaffiorò in mente.
“Non posso credere a cosa sto per dire, ma –”
“Merlino, sta davvero per ammettere che io sono il suo studente
preferito?! Dopo tutti quegli anni in cui ho provato a convincerla,
tutto quello che serviva erano una logica stringente e che lei
rischiasse la morte?!”
“Oh, no, non sono neanche è neanche lontanamente sufficiente” disse
Minerva con un sorrisetto. “Stavo solo per ammettere che diventare
Animagus a quindi anni senza una guida è piuttosto sorprendente, dopo
tutto.” Stava quasi per aggiungere che non aveva idea di come avessero
fatto a insegnarlo anche a Peter, ma si fermò in tempo.
“E per la prima volta in vita mia ammetterò anche che ci rimasi
piuttosto male quando hai impunemente rifiutato la mio offerta di
insegnarti a diventare un Animagus a tua volta. Credo tu abbia detto
qualcosa tipo A differenza sua, professoressa, a me non servono
pretesti da quattro soldi per mostrarmi come mamma mi ha fatto durante
una lezione di Transfigurazione. Ma se è ciò che la fa eccitare, chi
sono io per giudicare?”
James rise con gusto. “Godric, se la ricorda piuttosto bene, eh? Che
posso dire, dovevo assicurarmi che non me l’avrebbe mai più chiesto. È
valsa tutta la notte in punizione, per la cronaca.”
“Oh, non ne dubito” sorrise Minerva. “Ma toglimi una curiosità, avresti
accettato la mia offerta, se non avessi già imparato?”
“Certo che avrei accettato” Non avrei mai rifiutato una così
interessante esperienza d’apprendimento offerta dalla mia
insegnante preferita. Visto, non è tanto difficile da dire” disse
James, facendole un occhiolino; Minerva scosse il capo incredula, ma
non riuscì a nascondere di essere terribilmente divertita. Oh, aveva
dimenticato quanto la facesse ridere quel ragazzo…
Stava finalmente per ammettere che sì, in fondo era davvero lo studente
più talentuoso che avesse mai avuto, ma all’improvviso il cielo si
scurì, mentre il sole tramontava a Ovest.
James mise di nuovo una mano sulla sua spalla.“Credo sia ora di
scegliere, professoressa” disse con gentilezza.
“Lo credo anche io” annuì lei. “Allora, cose dovrei fare adesso?”
“Deve solo scegliere, suppongo.”
“Supponi?”
“Ehy, è la prima volta che partecipo a questa cosa dell’accoglienza! E
per la cronaca nessuno si è preoccupato di spiegarmi tutti i tecnicismi
prima di spedirmi qui. La buona notizia è che sono abbastanza
intelligente da capirlo da solo” disse con un ghigno.
Questa volta, però, la sua allegria non la contagiò. Era stato bello
rivedere James, e il tempo passato insieme non era neanche
lontanamente sufficiente, ma finalmente Minerva sapeva che strada
prendere, e questo significava che era giunta l’ora dei saluti.
Guardò James con tristezza, e sussultò quando lui la strinse forte tra
le braccia, quasi sollevandola da terra.
La lasciò andare troppo presto e la fissò dritto negli occhi.
“Harry è un bravo ragazzo, non è vero?” le domandò con malinconia
venata di desiderio.
“Il migliore.”
“E si prenderà cura di lui, vero?”
“L’ho sempre fatto, James.”
“Lo s –”
“Godric, questa è una di quelle scene che si possono vedere solo da
morto, scommetto” commentò una voce ironica in lontananza.
Minerva e James si girarono per capire chi avesse parlato: un giovane
ragazzo, bello da mozzare il fiato, li guardava divertito.
“Sapete, non mi aspettavo mica che il mondo dietro al Velo fosse tanto
simile a Hogwarts” disse con il tono di chi sta commentando le nuove
tende del salotto. “E certo non mi aspettavo di vederla qui, prof.
Bella divisa, comunque” aggiunse con un ghigno, e Minerva sentì gli
occhi inumidirsi.
“Felpato…” mormorò James, la voce incrinata dal dolore.
“Di contro, mi aspettavo un’accoglienza senz’altro più festosa, Ramoso”
lo rimproverò bonariamente Sirius. “E levati quella faccia da funerale,
neanche fosse morto qualcuno!” scherzò.
Fu l’unico a trovare la battuta divertente.
“Cosa è successo?” chiese Minerva, il volto contratto.
“Potrei farle la stessa domanda, professoressa.”
“Lei non è qui per restare” spiegò James.
“Be’, io sì, grazie alla mia carissima cugina.”
Sirius sorrideva sornione, ma a Minerva si strinse il cuore quando capì
che adesso aveva un altro addio impossibile da affrontare. Avrebbe
volentieri scambiato posto con il suo, ma era certa che non fosse così
che funzionavano le cose.
“In ogni caso, esimia professoressa,” riprese Sirius con un tono
ironico e pomposo, facendole un piccolo inchino, “è evidente che io mi
sia ritrovato nel bel mezzo della sua mancata dipartita, e imploro
umilmente perdono per l’inopportuna intrusione”
Finalmente, un lieve sorriso tornò a incresparle le labbra. “Perdono
accordato” concesse con un cenno del capo.
“Visto che sono qui, però,” disse Sirius “per me sarebbe un grande
onore fare un’ultima corsa con lei, professoressa.”
Un attimo dopo si era trasformato in un grosso cane nero, che abbaiò e
scodinzolò festante.
Minerva capì, e presto accanto al cane apparve un gatto soriano con dei
segni squadrati sul muso. Ormai era calata la sera e i loro occhi
brillavano come luminose capocchie di spillo.
Quando anche un maestoso cervo si unì a loro, avanzarono lentamente tra
le due tavolate centrali, mentre la pietra si tramutava in erba sotto
le loro zampe e le mura del castello scomparvero nella nebbia.
Davanti a loro, in lontananza, si ergeva il Platano Picchiatore, i suoi
rami stagliati immobili contro il cielo notturno, le sue foglie mosse
dal vento.
Il cane guaì allegro e cominciò a correre, invitando gli altri a farlo
con lui. Il gatto sarebbe dovuto essere più lento e il cervo più
veloce, ma in qualche modo rimasero tutti fianco a fianco, e nessuno
venne lasciato indietro.
Quando arrivarono in prossimità del Platano, i rami cominciarono ad
agitarsi inferociti, ma il soriano li schivò agilmente e premette le
zampe su un nodo alla base del tronco.
L’albero si immobilizzò, e cervo e cane andarono ad accucciarsi vicino
al gatto, che li sfiorò con una zampa. Il soriano lanciò loro un ultimo
sguardo, prima di sparire nel passaggio segreto.
*****
“Riesce a stringermi la mano, professoressa?”
Minerva percepì quella richiesta lontana e si sforzò di eseguire il
compito, riuscendo a imprimere alle dita una discreta forza.
“Bene, molto bene! Ora, perché non prova ad aprire gli occhi?”
Minerva sollevò faticosamente le palpebre e fu costretta a sbatterle
più di una volta prima di abituarsi alla luce dell’ambiente. Si trovava
in un’asettica stanza d’ospedale con pareti e mobilio bianchi, perciò
il suo occhio colse subito la macchia di colore accanto a lei: una
Pluffa giaceva posata sul suo comodino. Ricordava di averne tenuta in
mano una all’inizio di quello strano sogno, ma doveva essere svanita
senza che lei se ne accorgesse.
“Un regalo di Gwenog Jones, professoressa” le disse la Guaritrice con
un sorriso gentile, e Minerva quasi si commosse riconoscendo una sua
vecchia studentessa Corvonero. “Le hanno mandato anche tanti fiori, ma
da quando un nostro paziente è stato strangolato da un Tranello del
Diavolo siamo obbligati a rimandarli al mittente. Ordini dall’alto,
purtroppo, ma ho conservato i biglietti nel suo cassetto.” Minerva
annuì cortese. Dei fiori e dei biglietti, però, non le importava
affatto.
“Posso averla?” chiese, indicando la Pluffa. In altre circostanze il
suo cuore da tifosa avrebbe gioito per l’autografo della Jones, ma
adesso tutto ciò che Minerva riusciva a pensare è che era stato James
Potter a regalarle quella Pluffa.
*
Minerva si era ripresa da meno
di un’ora quando una fenice argentea apparve nella sua stanza e la voce
di Silente si alzò nell’aria, rallegrandosi del suo risveglio e
aggiornandola sugli ultimi avvenimenti.
Solo alla fine le annunciò la terribile notizia della morte di Sirius.
Solo allora Minerva capì che forse non era stato solo un sogno.
****
Il cane e il cervo corsero e giocarono nel prato fino allo
sfinimento, la luna piena a illuminare i loro passi. Alla fine si
abbandonarono stremati sotto al solito faggio sulle sponde del Lago
Nero, riassumendo le loro sembianze umane.
Rimasero in silenzio per un po’, riprendendo fiato e godendosi la
frescura della sera.
Sirius fu il primo a rompere il silenzio.
“Sono un padrino terribile” confessò di punto in bianco, ma James non
si scompose.
“Harry ti adora” ribatté con dolcezza.
Sirius fece un profondo sospiro, i suoi occhi fissi sul terreno. “È
così sbagliato che io sia più contento di rivedere te, che distrutto
perché non posso essere al suo fianco?”
James scosse la testa. “È tutto ok, Felpato. Anche tu mi sei mancato.”
Sirius di nuovo in silenzio per un po’, prima di trovare il coraggio di
parlare. “Mi dispiace di averti fatto dubitare di Lunastorta” mormorò.
“Lo so.”
“Se io non vi avessi proposto lo scambio…”
“Voldemort non sarebbe caduto e la guerra non sarebbe finita. Chissà
quanti altri innocenti sarebbero morti…”
Cadde il silenzio per l’ennesimo volta, e lo sguardo di entrambi volò
verso le stelle.
“Sirio è particolarmente luminosa, oggi” sorrise James, indicandola.
Sirius ghignò.
“Ehy!” esclamò James, assestandogli un pugno gioviale sul braccio in
finta indignazione. “Non puoi mica ridere così di me! Abbi un po’ di
rispetto per i morti anziani, per Godric!”
“Sirio è particolarmente luminosa, oggi” lo scimmiottò
Felpato. “Hai ammazzato il tempo prendendo lezioni dai Centauri, per
caso?”
“Ci ho provato, ma mi hanno tristemente negato l’ingresso. Alla fine
pur di non annoiarmi mi è toccato portarmi a letto Lily.”
Sirius ghignò divertito. “Che sfiga, eh?”
“Già, una vergogna” rise James. “Scommetto che erano troppo invidiosi
delle mie gambe per accettarmi, comunque. Che ci vuoi fare, sono tipi
sensibili.”
“Sai che ti dico? Peggio per loro, Ramoso.”
“Credo di sentissero anche minacciati dalle mie magnifiche corna.”
“Ehy, parlando di corna, non è che Lily te le ha messe per qualche
centauro? Sono piuttosto offeso che non sia accorsa a salutarmi
festante, se proprio devo ammetterlo.”
“La McGranny non ti è bastata?”
“Lei ha le rughe.”
“Questo pomeriggio non le aveva.”
“Ma ce le ha. E non credere che non mi sia accorto che tu hai
cambiato argomento. Dov’è Lily?”
“Verrà presto” rispose James.
“No che non verrà, se non sei a letto con lei” ghignò Sirius. “A meno
che non sia con il suo amante centauro...”
“Pensavo avessimo stabilito in modo definitivo che avere le corna è più
decisamente cool.”
“Forse. Ora, dov’è Lily?”
James sospirò. “È andata a cercare qualcuno.”
“Vuoi davvero rendermi le cose difficili, eh?”
James sollevò le mani in segno di sconfitta. “Ok, ok, te lo dico… ma
solo se prometti di ascoltare tutto ciò che lui avrà da dire, va bene?”
“Lui? Mmm, si parla di un uomo, quindi. Che ne diresti di
fornirmi accidentalmente qualche altro indizio?”
“Padfoot” lo ammonì James.
Sirius lo guardò con sospettoso, ma alla fine annuì. “E va bene, e va
bene, lo prometto. Ora ti decidi a dirmi chi?”
James sorrise enigmatico.
“Anche Regolo è particolarmente luminosa, stanotte.”
************
Ciao!!
Prima di tutto ringrazio Sara.H per avermi dato concessione della sua idea. Il contest chiedeva di far vivere a un personaggio un’esperienza simile a quella di Harry, decidendo posto e persona all’accoglienza. Questa doveva dare al quasi defunto un motivo per restare, poi lui doveva decidere se tornare o restare.
Ho scelto Minerva perché l’adoro e perché la situazione citata all’inizio si prestava a far rimanere la situazione canon. Per me è una sorta di Missing Moment ^^
Per quanto riguarda le tempistiche, siete liberi di immaginare che il tempo scorresse diversamente nel sogno (cioè, il sogno potrebbe essere iniziato appena l’hanno schiantata, o poco prima che si risvegliasse). Comunque, Minerva si riprende dopo la visita di Harry all’Ufficio Misteri, quindi Sirius muore mentre lei è in ‘coma’ (?).
Perché ho scelto James? Da Pottermore, Minnie era molto più affezionata al padre che alla madre, ma lui era Babbano – era un reverendo, ecco perché ho inserito il riferimento all’Inferno e al Paradiso – e ho immaginato che non potesse vivere tutto ciò. Stesso vale per il suo primo, unico vero amore. Ho escluso da subito che potesse presentarsi suo marito: per quanto le fosse affezionata, non l’amava.
Restano quindi gli studenti: l’unico vero dubbio che ho avuto è con Lily, ma confesso che l’ironia affettuosa di James e l’idea del Quidditch come passione comune mi hanno fatto propendere per lui. La McGranitt – a detta di Pottermore – è stata un’ottima giocatrice di Grifondoro e ha sempre tenuto molto alla squadra anche come ‘tifosa’, tenendo gli occhi aperti per i nuovi talenti. Ho immaginato che potesse tifare – oltre che per i Grifondoro – anche per l’unica squadra interamente femminile. Non ho idea della casa di appartenenza di Gwenog Jones, ma ho pensato che Lumacorno non potesse essere l’unico fan tra i suoi ex professori ^^
Infine, specifico che James non dice nulla di Regulus alla McGranitt perché a mio avviso sarebbe un ‘abuso di potere,’ diciamo, raccontare i fatti della gente dietro il Velo a chi ha deciso di riattraversarlo.
Grazie mille per aver letto!
Isidar
Ps questa versione è ampliata e corretta ^^