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Autore: voiangel    24/06/2015    1 recensioni
Finch Crossly è una diciassettenne come tante che, insieme al padre Andrew e ai due fratellini più piccoli, Sam e Sarah di dodici e nove anni, vive nel Distretto 5, dove lavora nel negozio di piante della famiglia Crossly. La madre Ariana, morta cinque anni prima in seguito allo scoppio di una centrale nucleare alla periferia del Distretto, lascia nel cuore di Finch un vuoto che si rivelerà incolmabile. A causa del suo carattere riservato e altruista preferisce però non parlare di questo nemmeno a suo padre. Conosciuta nel suo quartiere per la sua intelligenza e bontà, scoprirà che queste caratteristiche non sono passate inosservate solo agli abitanti del suo Distretto. Infatti, prima che Katniss Everdeen la rendesse a noi nota come Faccia di Volpe, Finch aveva una vita che, pochi giorni dopo la mietitura, aveva iniziato a prendere una piega strana. Convocata dalle cariche massime di Capitol City per affidarle uno tra i compiti cruciali che siano mai stati assegnati dai Giorni Bui, Finch Crossly sente scaricato su di sé il futuro di Panem e dei suoi cittadini, e ciò invece di spaventarla le dà la forza per diventare la vera eroina celata dietro falsi amori.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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– Buongiorno, tributo! – la voce di Darla è fastidiosa già normalmente, figuriamoci di prima mattina, quando tu sei ancora perso nel bellissimo sogno in cui sei a casa con la tua famiglia. L'esuberante ragazza apre le finestrelle della mia stanza facendo trapelare un po' di luce, e vedo riflettersi sulla parete di fronte colori che si susseguono velocemente, dal blu all'azzurro al giallo. Il treno corre veloce sulle rotaie, eppure pare di stare fermi. Un po' come sta facendo il tempo in questi due giorni. L'accompagnatrice mi guarda con un largo sorriso rosso acceso stampato in volto e sfrega le mani -probabilmente una specie di tic, penso- e saltella fino al mio letto, scoprendomi completamente dalle coperte candide. Mi rannicchio istintivamente su me stessa, anche se non fa freddo. – Che ore sono? – chiedo stanca, nonostante abbia dormito più di otto ore, cosa insolita. Il sole non è nemmeno sorto del tutto, costato guardando fuori dalla finestra. Darla guarda l'orologio sul suo polso e d'un tratto la sua espressione si fa preoccupata. – Perbacco! – trilla facendomi dolere le orecchie – Sono già le sei meno un quarto. Su, in piedi, Algar è ormai sveglio da un pezzo ma, in effetti, Lonald è un tipo mattiniero. – Sei meno un quarto? Ora capisco la mia stanchezza, probabilmente non ho dormito nemmeno quattro ore. E pensare che Algar è già sveglio da un pezzo, o per lo meno così ha detto Darla. Mi raddrizzo sul letto, fissando per un po' la ragazza che si osserva intorno con un sorrisetto soddisfatto. Forse è allegra del fatto che non abbia mosso niente, limitandomi a mettermi a letto. Non ho nemmeno aperto i cassetti per vedere che cosa ci sia dentro, o se ci sia qualcosa dentro. Meno dispongo delle cose che mi offre Capitol City, meglio sto con me stessa. – Darla – la chiamo. La ragazza torna alla realtà con un’espressione sbigottita. Non sarà abituata ad essere presa in considerazione dai tributi. – Sì, tesoro? – chiede lei addolcendo un po' la voce e sedendosi ai piedi del letto. Tesoro... Nemmeno Shauna mi ha mai chiamato tesoro, chissà se tutti quelli dei distretti più ricchi si prendano la briga di chiamarsi tesoro tra loro anche agli Hunger Games. Ne uscirebbe qualcosa tipo "Ehi, tesoro, ti dispiace se ti uccido un secondo?" "Oh, no tranquillo, lo capisco. Ma, tesoro, per favore scusa se cercherò di ucciderti a mia volta". Sarebbe esilarante. Comunque non so effettivamente cosa dire a Darla, ho semplicemente voglia di parlare a qualcuno di qualcosa che non sia strategia, per quello ci accompagna Lonald, ma Darla che non ha un ruolo ben preciso in questo viaggio non credo si prenderà la briga di dirci come uccidere qualcuno. In fondo lei cosa ne può sapere? Lei appartiene alla capitale, non ha mai dovuto uccidere qualcuno.
– Sai cosa mi vuole dire Betherloff? – chiedo ricordandomi all'improvviso quel "Tu ed io domani dovremo parlare". La mia accompagnatrice assume un'aria scossa e seria, mi poggia una mano sulla gamba. Sì, lo sa, e probabilmente non sarà niente di buono. – Beh – dice dopo un po', abbandonando completamente il suo solito tono allegro – Ti posso dire solo che spero di affezionarmi a te, a voi, il meno possibile. –

Moriremo, lo so che moriremo.
Cos'altro potrebbe dirmi? Come moriremo? Come morirò?


Appena mi sono svegliata ho fatto una doccia fredda e ho indossato gli abiti di ieri, nonostante l'armadio sia pieno zeppo di abiti bellissimi. Darla mi ha detto che non posso andare avanti così, che appena saremo nella capitale un team di stilisti si prenderà cura del mio aspetto con o senza il mio consenso, ma per ora preferisco arrangiarmi così. Stavo per vomitare solo all'idea di usare uno shampoo che mi mette a disposizione il Presidente Snow. Ora mi dirigo verso il vagone principale, quello con i divanetti e i vassoi imbanditi di cibo e mi permetto un caffè per non dover correre il rischio di addormentarmi durante il viaggio.
– Prima o poi il lusso di non usufruire di ciò che Capitol City ti mette a disposizione non te lo potrai più permettere, Crossly. –
A quanto pare al mio mentore piace arrivare alle spalle della gente.  Prendo una lunga sorsata dalla tazza bianca, il caffè di Capitol City è sicuramente diverso dall'orzo cui siamo abituati noi, è più forte e amaro. Costato che non mi piace e appoggio la tazza sul tavolino di fronte al divanetto rosso sul quale mi siedo. Lonald si accomoda di fronte. Ha un'aria riposata, nonostante si sia alzato prima di me e sia andato a letto più tardi, probabilmente c'è abituato.
– Beh, Betherloff – rispondo cercando di apparire anch’io lucida come lui, nonostante non lo sia – Fino a quando mi sarà concesso, mi godrò anche quest'ultimo lusso. –
Sbuffa, o meglio, si svuota di tutta l'aria che c'è in lui e fa una strana espressione che mi fa pensare che forse non è poi così riposato, sembra anche più stanco di me.
– Comunque – riprendo prima che possa aggiungere altro – ieri mi hai detto che oggi mi avresti dovuto parlare, quindi eccomi. –
– Già, allora Finch... – non sa da dove iniziare, ma come? Lui è sempre così distaccato dai suoi tributi. – Tra poco andrai nell'Arena. Voglio che tu sopravviva il più a lungo possibile – dice, con una strana risolutezza nella voce, come se mi trovassi ad un colloquio di lavoro.
– Che sopravviva più a lungo possibile? Non preferiresti se vincessi? Dopotutto vinco io, vinci tu. – Mi guarda intensamente, sento i suoi occhi castani quasi pesare su di me, e sento come se il suo sguardo potesse leggermi nella mente. Non che ci troverebbe altro oltre che disprezzo e rabbia, ma d'altronde non è proprio vero che l'ultimo lusso che mi è concesso è quello di scegliere se usare o meno ciò che mi offrono loro. Il mio ultimo lusso, l'unico che mi rimarrà sempre, sarà quello di pensare liberamente, di avere un posto tutto mio, di cui solo io conosco il contenuto, un posto in cui rifugiarmi io ed io solamente, e proprio non mi va di essere privata anche di questo lusso, di questo diritto.
– No. – risponde secco dopo un po'. – No, voglio che tu sopravviva quanto basti per assicurarti che un'altra persona resti viva, voglio che tu usi tutto il tuo potenziale per tenere in vita un'altra persona, la quale dovrà vincere al posto tuo. –
Sento il sangue gelarsi nelle mie vene e gli occhi offuscarsi da rabbia e confusione. Vogliono che tenga in vita Algar? Non trovo un singolo motivo per cui dovrei farlo. Non lo farò. Con quale arroganza quest'uomo può chiedermi di morire per portare alla vittoria un'altra persona, con quale coraggio mi sta chiedendo di abbandonare i miei cari?
– Non terrò in vita Algar. – rispondo, meglio chiarire subito. Lonald strabuzza gli occhi e mi guarda esterrefatto. Chissà che si aspettava.
– Algar? Algar può anche morire al bagno di sangue per quanto mi riguarda, ma tu no. Vedi Finch, tu sei più preziosa di quanto non possa immaginare. Non ti chiederò di sacrificare la tua intelligenza e il tuo coraggio per qualcuno che non frutterà niente a questo mondo. Finch, questi giochi sono diversi da tutti gli altri, diversi fin dal primo istante. Forse non ti sembrerà, ma è così e... – la porta del vagone ristorante che si attiva, lo fa sobbalzare e svegliare da quella trance in cui era caduto, e, per la prima volta, stacca gli occhi dai miei. – Plutarch ti spiegherà meglio appena arriveremo. – dice infine frettolosamente.
– Oh, buongiorno Finch – Algar entra nel vagone con in mano quello che sembra l'ultimo pezzo rimasto di un pasticcino che ben presto finisce nella sua bocca. Lui evidentemente non segue il mio stesso principio non-userò-ciò-che-offre-il-nemico ed indossa dei vestiti nuovi di zecca, vestiti che nel nostro Distretto possiede solo il sindaco. Camicia bianca perfettamente stirata e pantaloni di quella che sembra seta, blu, gli ricadono morbidi lungo le gambe per poi stringersi sulle caviglie. Ai piedi non porta che delle calze bianche. Non è elegante, ma ha un qualcosa di raffinato, vestito così e con i capelli biondi perfettamente spazzolati. – Giorno – rispondo il più naturalmente possibile, riuscendo anche a sforzare un sorriso. Algar prende una tazza e si versa anche lui del caffè e, subito dopo averne bevuta una lunga sorsata, assume un'espressione disgustata, corrugando le sopracciglia e strizzando gli occhi, come se avesse appena bevuto del concentrato di limone. Non riesco a sopprimere una risata. – Mammoletta – ride Lonald – Se ti disgusta tanto un po' di caffè forte nell'Arena, dove chissà cosa dovrai mangiare, non durerai nemmeno un giorno, ammesso che non muoia prima per chissà cos'altro. – Algar, che evidentemente non trova la situazione esilarante quanto noi, tira fuori la lingua nel disperato tentativo di togliersi l'amaro di bocca e si versa dell'acqua nel bicchiere bevendola tutta d'un fiato. – C'è del caffè d'orzo? – chiede lui ed il mentore gli indica la porta da qual è entrato, senza togliersi quel sorrisetto sbilenco che lo fa sembrare ancora più giovane di quanto in realtà non sia. Quando partecipò alla sua edizione degli Hunger Games aveva quindici anni, e considerato che dai sessantanovesimi Hunger Games sono passati sette anni, ora ne ha ventidue. Solo cinque anni di differenza e già così tante differenze. L'unica cosa che ci accomuna è che entrambi dobbiamo badare alla sopravvivenza di altre persone, io della mia famiglia, tutti i giorni, e lui di due tributi, una volta l'anno. Ma, d'altro canto, il suo è un lavoro e se non fosse per la fama che gli porta, dubito che gli importi più di tanto la vita di un tributo. Mentre io, pur di assicurare la sopravvivenza della mia famiglia, rinuncerei ai miei viveri, alla mia stessa vita. Algar ringrazia e si dilegua nel vagone bar.
Nello stesso istante in cui la porta si chiude sia io che Lonald torniamo serissimi e di scatto ci guardiamo in faccia e senza perdere altro tempo gli chiedo – Chi è Plutarch? –
– Uno stratega – risponde lui immediatamente. Uno stratega? Che cosa può volere un capo stratega da me? – E quando lo incontrerò? – Lonald mi guarda quasi aspettandosi una mia reazione ma resto ferma e risoluta come lo ero qualche istante prima. – Oggi stesso, appena arriveremo alla capitale. – Rimango immobile il più possibile cercando di non apparire spaventata o confusa. So che con il mio mentore non c'è bisogno di attuare una strategia, ma preferisco mantenere questa facciata fino a quando non sarò morta. Chiunque potrebbe essere un potenziale nemico, soprattutto se il mio mentore è amico di uno stratega. – So – aggiunge Lonald un po' titubante – che sei estremamente acuta, ma so anche che hai solo diciassette anni. –
– Non m’importa – lo interrompo – se devo morire per qualcuno, pretendo di saperne il motivo. – Lonald annuisce come se già avesse saputo la risposta che gli avrei dato e un brivido freddo mi attraversa la schiena all'idea che una persona che conosco da un giorno possa immaginarsi le mie mosse. Agli Hunger Games meno mi mostrerò agli altri tributi meglio sarà. – Se dopo tutto ciò ti sentirai scaricato addosso il peso di Panem, non ne rimarrei stupito, anzi. – e così s’interrompe perché la porta alle nostre spalle si apre ancora una volta per fare entrare Algar, con la bocca sporta di quella che sembra panna.
– Ehm... Algar – cerco di restare più seria possibile. Sapevo che Algar Cyah fosse un ragazzo molto spiritoso e simpatico, ma non che rasentasse la soglia della demenza... –Hai la bocca tutta sporca di... panna? –, Algar annuisce e si pulisce la bocca con un pollice.
È affascinante quando qualsiasi altra persona sembrerebbe parsa ridicola.
– Sì. Anche se il caffè fa decisamente schifo, il cappuccino è buonissimo! Dovresti provarlo – sorride amichevole. No, mai. – Certo, magari più tardi – mento, e Lonald mi lancia un'occhiata strana. Per tutta risposta alzo le spalle.
– Bene, – riprende Cyah – non sono venuto qua per mostrarvi i miei baffi fai-da-te, ma per parlare degli Hunger Games – il sangue pare trasformarsi in melassa. Lonald lo guarda, io guardo Lonald, Algar guarda Lonald. Per un attimo mi sembra di non centrare niente con questi discorsi, ma poi mi accorgo che non sono un'accompagnatrice o una semplice comparsa, mi ricordo che anch’io devo entrare in quell'Arena.
Lonald gli fa cenno di accomodarsi vicino a me e Algar, come mosso da una forza invisibile, si fionda al mio fianco tanto rapidamente da venirmi a sbattere contro la spalla, poi si scusa e si sposta quel tanto che basta per permettere alle nostre braccia di non toccarsi. Il nostro mentore si sfrega le mani e alza le sopracciglia con fare interrogativo verso Algar. – Tattiche basilari per sopravvivere. – taglia corto. Lonald alza le sopracciglia ancora di più, evidentemente stupito. – Di solito mi chiedono come padroneggiare un'arma, ma hai ragione, per le armi imparerete al centro di addestramento. Quindi – soffia grattandosi la fronte – Tenetevi a distanza dagli altri tributi, fate pretendere ogni traccia di voi. Non ci sarà un dipartimento bar in cui magicamente i giochi si annullano e potrete bere o mangiare, no. Dovrete trovarvi cibo e acqua da soli. Sceglietevi accampamenti piccoli vicino a torrenti o fiumi o qualsiasi cosa che produca acqua h24. Più nascosti siete più sicuri rimarrete. Posizionate trappole o rubate, senza mai farvi scovare, le risorse degli altri tributi di modo da penalizzare loro e avvantaggiare voi stessi. Meno conosceranno la vostra posizione e la vostra tattica e meglio sarà per voi. Accendere un fuoco nelle ore buie porterà i tributi a voi e sarà una vera e propria condanna a morte. Se dovete riscaldarvi usate i sacchi a pelo che sicuramente troverete negli zaini vicino alla Cornucopia. –
– Se non dovessimo trovare cibo con le trappole e non riuscissimo a rubare le provviste degli altri? – chiede Algar interrompendo Betherloff.
– Staremo a digiuno – mi affretto a rispondere io – Un giorno a digiuno non ci ucciderà, ma se uscissimo per cercare cibo quando gli altri tributi fanno lo stesso sì, quello sì che ci ucciderà. – Betherloff mi punta un dito contro continuando a guardare il tributo di fianco a me. – Esatto. Crossly ha ragione. Tuttavia, l'attività fisica che farete nell'Arena non vi permetterà di rimanere senza cibo tanto a lungo, quindi limitate la corsa, gli spostamenti effettuateli solo se sarete trovati o se qualcuno si accampa vicino a voi. Evitate i combattimenti corpo a corpo. Nell'Arena ci sono molti ibridi-pianta pericolosi e letali che, se sfruttati correttamente, faranno fuori i tributi uno ad uno. –
– E come dovremmo usarli? – chiede Algar. Possibile che questo ragazzo non abbia un minimo d’inventiva?
– Ci fabbricheremo una cerbottana e useremo le piante in natura velenose o le intingeremo in del veleno, proprio come ha fatto Maysilee Donner, del Distretto 12, nella seconda Edizione della Memoria. Oppure metteremo bacche velenose nelle loro provviste. – Lonald assume un'aria acconsenziente e annuisce silenzioso, con gli indici ai lati delle tempie e gli occhi chiusi. Sembra più vecchio di quanto non sia, con le rughe tra le sopracciglia e l'aria stanca. Algar mi guarda e sorride divertito, poi dice: – Mi farebbe comodo averti come alleata agli Hunger Games. – Lonald apre improvvisamente gli occhi e ci scruta ad entrambi, soffermandosi su Algar per qualche istante, poi, dopo averci osservati per qualche istante, si alza dal divanetto e si dirige verso il vassoio per prendere del caffè. Se ne riempie una tazza fino all'orlo, poi si dirige di nuovo verso di noi, piano, attento a non far cadere nemmeno un goccio del liquido nerastro che contiene la tazza. Appoggia prima questa sul tavolo, poi si siede e lo attira verso di sé e la tiene stretta tra le mani. Guardo assopita il fumo che sale dalla bevanda e che non mi permette di vedere il mio mentore, poi lo beve tutto con una lunga sorsata. Appena appoggia la tazza sul tavolino, questa è vuota, e lui strizza gli occhi e schiocca la lingua sul palato, poi riprende a parlare. – Tutto il tempo che trascorreremo al campo di addestramento vi servirà per allenarvi nelle tecniche di caccia, di mimetizzazione e di sopravvivenza, quindi parliamo subito di cose che gli istruttori non potranno aiutarvi a decidere: vi alleerete tra voi o con altri, sceglierete un branco o preferirete fare i lupi solitari? – Algar mi guarda e capisco subito che vorrebbe un cenno di consenso o che dica prima di lui che voglio allearmi con lui, che da sola non potrei farcela un giorno e, se non fosse che ho una missione da portare a termine, anche se non so ancora bene quale, probabilmente sarebbe così, ma non voglio prenderlo in giro. So che Betherloff non invierà ad entrambi le stesse provviste, le stesse medicine, gli stessi aiuti, e so che a me troverà più sponsor disposti a tenermi in vita e che forse questi sponsor potrebbero essere proprio tra gli strateghi. A quanto pare a nessuno importa molto di Algar, nemmeno al suo gemello che è rimasto impassibile guardandolo mentre saliva sul palco. Ed io di certo non ho intenzione di salvargli la vita solo per qualche risata che mi ha strappato. – Io ho intenzione di giocare da sola. – Algar pare sgonfiarsi come un palloncino bucato e un po' mi dispiace, quindi aggiungo – Se arrivassimo tra gli ultimi due, poiché entrambi abbiamo buone possibilità, proprio non mi andrebbe di ucciderti, Algar. Appena entreremo là tutte le chiacchierate a scuola o queste non varranno più nulla. Se uno vuole vivere, deve assicurarsi che l'altro sia morto. – Lonald guarda verso di me palesemente sollevato dalla mia risposta, e Algar che pare aver capito il concetto annuisce, bofonchiando un "Sì, hai ragione" appena udibile.
Lonald si sfila dalla tasca un pacchetto di sigarette e un accendino e inizia a fumare offrendone prima una a Lonald, che rifiuta con un cenno, e poi fa per offrirla a me, ma si ferma prima, intuendo che non fumi, e ha ragione. Non credevo che sui treni si potesse fumare, ed evidente non sono l'unica, perché Darla appena entra nel vagone arriccia il naso e assume un'aria sbigottita, quasi offesa.
– Ancora? Betherloff, quante volte ti ho detto che qua sopra non si fuma? – Lonald accenna un sorrisetto beffardo e aspira a lungo dal filtro arancione della sigaretta per poi sputare fuori tutto il fumo in direzione dell'accompagnatrice.
– Andiamo, ho vinto gli Hunger Games, esiste davvero qualcosa che non possa fare? –
– Abolire gli Hunger Games stessi – dico senza pensarci due volte, e subito dopo me ne pento vedendo l'espressione del mio mentore indurirsi. Tutti vorrebbero abolire questi Giochi, che in realtà giochi non sono. I bambini non giocano a uccidersi, i bambini giocano con le bambole di pezza, giocano a nascondino, non ad ammazzare altri loro simili. I Giochi della Fame non sono giochi, sono una punizione che non finirà mai, una punizione che dobbiamo pagare per la ribellione dei nostri antenati, che volevano la libertà della generazione futura ma questa ribellione ha portato ad un genocidio annuale. Famiglie distrutte, vite spezzate, povertà assoluta, paura. Terrore. Questa non è vita, questa è un'esistenza fatta di terrore e sudore. Tutti vorrebbero abolire gli Hunger Games, ma nessuno ne ha il potere o il coraggio. Si rischierebbe ad andare incontro a una seconda parte dei Giorni Bui con una povertà ancora più devastante e con l'ennesima decimazione dei Distretti. Si andrebbe incontro ad altri Hunger Games, o forse qualcosa di peggio. Il presidente Snow ci fa vivere nel terrore per controllarci, per rimanere ai comandi di questa immensa sceneggiata, perché ora che ci penso tutti potrebbero porre una fine a questa pazzia, ma nessuno ha abbastanza forza, nessuno ha abbastanza spirito di sacrificio. Forse nemmeno io.
– Comunque, Betherloff – dice Darla, interrompendo il mio galoppo al pensiero, ed è una delle poche volte che la sua voce mi trae in salvo – se fossi così gentile da seguirmi, parliamo un po' in privato. –. Lonald si alza di malumore dal divanetto spegnendo la sigaretta sul tavolo, lasciando un cerchietto di cenere nero e la raggiunge, ed insieme si dirigono verso il vagone notte. Mentre la porta scorrevole si chiude alle loro spalle, riesco ad intravedere Darla che si mette le mani tra i capelli blu e scuotere il capo.
Nel vagone siamo rimasti solo io e Algar, e poche volte mi è capitato di star da sola con lui. Non mi mette a disagio, spero solo che non inizi a parlare, vorrei solo rimanere in silenzio a godermi il veloce spettacolo che s’intravede da fuori l'enorme oblò. Probabilmente siamo già a Capitol City, perché le catapecchie grigiastre e gli edifici di marmo bianco dei Distretti hanno lasciato il posto ad una moltitudine di abitazioni dai colori vivaci, alcune molto alte, altre molto basse ma comunque larghe, grandi come non ne avevo mai viste. Ci sono prati d'erba davanti a quasi tutte le case e tutte sono verniciate alla perfezione. Da alcune finestre aperte, benché il treno sfrecci velocissimo, si riescono ad intravedere donne e uomini capitolini che si accingono a farsi belli per l'arrivo dei tributi alla capitale. Il treno rallenta e riesco a vedere chiaramente una bambina che, con quello che sembra un pennarello fine dalla punta sottile, si disegna dei simboli oro vicino agli occhi, esageratamente truccati per un adulto, figuriamoci per una bambina.
Algar si alza di scatto, schiacciando tutto il volto contro il vetro del finestrino che ad ogni suo respiro si appanna sempre di più. Il suo volto diventa rosso fuoco ed un sorriso gli si stampa sul volto. Stacca la faccia dal vetro e mi fissa incredulo, poi alza un dito, senza dire una parola, puntandolo verso ciò che ha visto. Mi alzo a mia volta curiosa, e guardo in traiettoria del suo indice. Un altissimo, imponente e moderno edificio si staglia su una piccola penisola al centro di un grosso lago che nasce proprio al centro del paese. Ha una forma cilindrica, a ogni piano ci sono grossi finestroni, anche se non mi è possibile vedere ciò che c'è dentro. Dapprima penso che sia una centrale idroelettrica rivoluzionaria, poi ricordo che quelli di Capitol non hanno bisogno di lavorare, e che quel grosso edificio grigio e blu dev'essere qualcos'altro. Qualcosa come il centro d'addestramento.
– Wow – sussurra Algar. Già, wow, non c'è miglior parola per descrivere come mi sento ora. Mi sento wow. Sto davvero per entrare nel centro addestramento? Questo viaggio non è mai stato reale, è sempre parso un sogno, un brutto sogno ma ora lo vedo bene. Si staglia proprio davanti a me mentre il treno sta andando a rallentarsi via via sempre di più, fermandosi definitivamente ad una stazione modernissima.
Lonald ci raggiunge e si sfrega le mani sorridendo eccitato – Bene bene, sono pronto a presentare a Capitol i miei tributi. –

 

Nota autore.

Cambio idea più di quante volte cambi colore di capelli (il che è un record). Sì, anche questa volta ho deciso di pubblicare il capitolo prima, siccome di dividere il capitolo in due parti. Ma giuro che per il quarto... Okay, non giuro più niente. Non ho molto da dire su questo capitolo. Ah già! Avrete notato che c'è un nome conosciuto. Spero di non rovinare la bellezza e l'intelligenza del suo personaggio con questa FanFiction, anzi, mi piacerebbe far capire quanto stima io provi nei confronti di Plutarch, per questo ho deciso di assegnargli uno dei ruoli principali anche in questo libro/FanFiction - siccome di Plutarch si parla da Hunger Games- La ragazza di fuoco -. 
Che dire, buona serata. La storia delle recensioni continua a valere e varrà per tutti gli altri capitoli. 
Alla prossima, Angelica.
  
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