Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Lukeee    27/06/2015    3 recensioni
Se un fiore può crescere e sbocciare tra i sassi, può un amore sopravvivere a intrighi e guerre?
Dal testo:
“Sei pronta a seguirmi? Sarà una via oscura e…e molto difficile. Sei pronta a mettere in gioco tutta te stessa?”
Per un istante che durò millenni si fermò.
“Noi…noi danzeremo coi draghi”
Non sapeva se prenderla come un’affermazione o una domanda. Ma era sicura della scelta che aveva preso. E decise che era la seconda opzione.
Trovò la forza di parlare, mentre il cuore accelerava.
La notte era oramai scesa e le stelle assistevano a quello che forse sarebbe stato ricordato come il principio di una nuova era.
Lei gli sorrise sinceramente. E poi, lentamente, le sue labbra articolarono poche ma inequivocabili parole.
“Yes Trystane. We will dance with dragons”
- Myrcella Baratheon - Trystane Martell - Aegon VI Targaryen - Arianne Martell - Jon Snow - Cersei Lannister - Jaime Lannister - Tommen Baratheon - Howland Reed - Daenerys Targaryen - Mark Ramius (New) - Stone Temple/Jon Connington - Daario Naharis/Euron Greyjoy - Tyrion Lannister
Storia che rende giustizia a una delle tante inutili vittime del finale di stagione.
Ora e sempre, long live the lioness
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Myrcella Baratheon, Nuovo personaggio, Trystane Martell, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 3
Long live the lioness







“Tearing me apart with words you wouldn’t say…”

Final Masquerade, Linkin Park






Approdo del Re, qualche giorno dopo




Da quando le piaceva così tanto il rumore dell’acqua? Non ne aveva idea…
I pensieri iniziarono ad affollarsi nella sua mente. Forse erano stati i giardini di Dorne? O forse…
Non aveva importanza. Non in quel momento almeno.
Sospirò. Allontanò con la mano i capelli bagnati dal viso. Odiava quando si incollavano alla pelle, dandole quella interminabile sensazione viscida che tanto detestava. Decise che ora di porre fine a quel bagno, forse era in acqua da fin troppo tempo.
Uscì dalla vasca alzandosi lentamente, prese l’esagerato telo che era stato appoggiato su uno sgabello, lo usò per avvolgersi e andò a sedersi alla finestra, a guardare le prime luci del sole che tornava a splendere su Approdo del Re.
L’aria fresca del mattino la fece rabbrividire, bagnata com’era, ma non abbastanza da permetterle di rinunciare a quel momento.
Poteva finalmente abbandonare tutti i pensieri e le preoccupazioni, stare da sola.
Aveva bisogno di momenti come quelli, specie dopo quei giorni di estenuanti formalità e assurdità di corte. Probabilmente nessuno alla Fortezza Rossa aveva sentito la sua mancanza, eppure erano tutti così ansiosi di salutarla, di rivederla.
Che si fottessero tutti quanti, dal primo all’ultimo, lord, cavalieri, dame, scudieri che fossero. A lei non importava niente di loro e a loro niente di lei.
Un insistente rumore proveniente dalla porta la distrasse da quei pensieri.
Di nuovo qui a tormentarmi” pensò. Sembrava che una forza superiore ci si fosse messa davvero d’impegno per rendere la sua vita impossibile, trasformare il suo ritorno in un inferno.
Non sopportava quella cameriera, che pensava solo ai formalismi, a dettagli irrilevanti, a rimproverala per il minimo errore. Avrebbe potuto lamentarsi e mandarla via, liberarsi di lei. “Ci fosse ancora Joffrey avrei la sua testa su una picca in mezz’ora”. Sorrise amaramente nel pensare questo.
Scosse la testa come per allontanare quei pensieri e si diresse verso la porta, che sembrava dover venir giù a momenti dall’insistenza con cui la serva bussava.
Senza troppa tatto le ordinò di andarsene e quella di certo non la prese bene.
Sentì imprecazioni sommesse dall’altra parte della porta. La megera pestò ancora qualche volta ma poi, dopo aver capito che non avrebbe ottenuto nulla, si rassegnò. Myrcella udì i passi di lei che si allontanava e riuscì finalmente a calmarsi.
Non è possibile dover lottare così ogni giorno per poter vivere” pensò sconsolata.
Si girò e il suo sguardo spaziò inconsapevolmente su tutta la stanza. Ripensò al suo ingresso qualche giorno prima, a quanto fosse rimasta sconcertata. La stanza era rimasta identica in ogni dettaglio a come l’aveva lasciata anni prima. Non un particolare era cambiato, tutto era uguale in un atmosfera fuori dal tempo. E questo l’aveva lasciata senza fiato, non credeva potesse essere vero. Le era sembrato di rivedere sé stessa anni prima girare per quella stanza, una sorta di fantasma. Aveva quasi pianto, ma poi era stata risoluta. Il passato era passato. E non voleva rimanerci imprigionata. “Portate tutto via”. Questo aveva detto ai servitori. Ora niente di tutto ciò era rimasto, a parte i muri. Mobili, bauli, sedie, letto. Un letto che ora poteva accogliere lei e non solo.
Sospirò e iniziò a prepararsi. Era sì presto, ma sapeva che ci avrebbe messo molto. Finì infatti quando il sole ormai era già alto e segnava quasi la metà della mattina. Era riuscita a nascondere i segni della profonda stanchezza che si portava dentro e appariva esattamente come al solito. Forse anche meglio del solito.
La aspettavano ore di noia mortale nella sala grande. Era la prima volta che Tommen riuniva il concilio ristretto da quando Trystane aveva ottenuto il seggio che era stato di suo zio. Avrebbe fatto bella figura quel giorno? Se lo augurava.
Uscì dalla stanza. Sapeva di essere in anticipo e sedere ad aspettare nella galleria, da sola o peggio, non era certo un idea piacevole. Decise di allungare la strada.
Percorse a lungo, a vuoto quegli interminabili e spogli corridoi che un tempo erano stati la sua casa. E che lo sarebbero stati di nuovo a quanto pareva.
La priorità era quella di sposarlo. E poi…e poi…
Non fece tempo a terminare il discorso.
Una mano le afferrò da dietro un angolo il braccio, trascinandola in un buio corridoio secondario.
Fu colta di sorpresa e, in preda al panico, stava per urlare.
Ma poi vide il suo aggressore.
Un sorriso divertito e arrabbiato allo stesso tempo le si impresse sul volto. Scosse la testa.
“Trystane...” cominciò a dire, guardandolo in faccia. “Non dovresti essere...”
Ma non poté finire la frase. Lui le prese le braccia. Le sorrise.
E poi, lentamente, come solo lui sapeva fare, si avvicinò a lei. Le posò una mano sul collo. Poi la baciò.
Lei chiuse gli occhi, ricambiando il suo gesto. Non avrebbe dovuto, una parte di lei doveva parlare al suo uomo. Ma del resto quel discorso poteva anche aspettare qualche minuto.
Continuarono a baciarsi nella penombra di quell’angolo dimenticato della Fortezza.
Soli, finalmente.
Poi lei si staccò. Lo prese da parte con parole che non avrebbe mai voluto dire.
“Trystane…”
Lui la interruppe sorridendo.
“We can’t…not yet?” disse con un tono interrogativo che non riusciva per niente a nascondere l’ironia. Lei quasi si arrabbiò. Ma del resto non poteva avercela con lui. Quelle parole le aveva pronunciate lei stessa qualche settimana prima. A ripensarci sembravano passati anni… “No, stai perdendo ancora il filo. Concentrati” si ordinò mentalmente.
“Sto parlando sul serio. Ascoltami, mio lord.”
Nello sguardo di lui ogni traccia di divertimento si spense e stette immobile ad ascoltarla.
“Sai benissimo ciò che provo per te. Non voglio certo nascondermi dietro un dito…
E comportarci così, amarci in segreto, è stato stupendo.”
Prese un lungo respiro.
“Ma non siamo più a Dorne, non siamo più liberi di nasconderci, liberi di fare ciò che vogliamo. Lì era tutto permesso, tutto accettato.”
Sorrise con amarezza.
“Qui è diverso. Tanto tempo fa una persona mi disse che la Fortezza Rossa ha occhi e orecchie. Occhi pronti a spiarci. Orecchie pronte a origliarci. Ma soprattutto è piena di persone pronte a giudicarci. Il male di questa città sono le parole che scorrono sullo sfondo, senza quasi permetterti di accorgertene. Dico quasi perché te ne puoi accorgere, ma solo quando è troppo tardi.”
Sentiva la gola stringersi sempre di più in una morsa letale.
“Non posso e soprattutto non voglio veder circolare cattiverie e verità distorte su noi due. Qui purtroppo una parola può diventare tradimento, un incontro segreto una cospirazione, un bacio…scandalo
Lo guardava con gli lucidi di lacrime pronte a scorrere.
“Vogliamo davvero questo? Lo so, non è affatto giusto. Non smetterò mai di chiedermi perché non ci lascino liberi di fare ciò che vogliamo, ciò che sentiamo. Non capirò mai perché non ci permettano di amarci. Ma dobbiamo farlo.”
Cercò una reazione in lui, ma tutta la sua attenzione era focalizzata sulle sue parole.
“Dovremo indossare una maschera. Una maschera per lord, lady, guardie, servitori, cortigiani. Per loro. La potremo togliere solo quando saremo davvero soli. Ossia molto raramente. Questo è l’unico modo. Altrimenti i fiumi sotterranei di parole si ingrosserebbero fino a farci annegare. Se tutto andrà bene e con un pizzico di fortuna potremo porre fine alla farsa quando saremo sposati, quando non saremo più possibili interessanti argomenti per pettegolezzi. Ma fino ad allora…”
Aveva oramai le lacrime agli occhi
“Fino ad allora dovremo nasconderci, come dei criminali
Sentì le braccia di lui cingerle le spalle e allora si lasciò andare.
Mentre lui la abbracciava trovò la forza di pronunciare quelle domande.
“Trystane, sei disposto a farlo? A indossare con me questa maschera?”
Lui lasciò passare qualche secondo, accarezzandole i capelli, e poi le rispose.
“Se sono disposto a farlo? Se potrei nascondere ciò che provo per te per mettere a tacere i luridi sussurratori di questa città? Non vorrei, non voglio farlo. Noi vogliamo vivere, ma qui siamo costretti a sopravvivere. Ma hai ragione, non abbiamo altro modo. Sono pronto a farlo. Per noi. Per il nostro futuro.”
Sentì Myrcella sciogliersi tra le sue braccia.
Riprese a parlare con una voce carica di ironia e malizia.
“Ma non sarà affatto facile. E io esigo una ricompensa. Una ricompensa che solo tu puoi darmi…”
Lei si sciolse dall’abbraccio, con un rinnovato sorriso sul volto.
Un Lannister paga sempre i propri debiti…
Poi lo baciò ancora.
Tornarono a guardarsi negli occhi, ma un rumore sempre più vicino interruppe quel momento magico.
“È già ora di indossare la maschera…” disse lei, con voce carica di amarezza.
Un guizzo momentaneo le illuminò gli occhi, segno inconfondibile che la sua mente aveva appena concepito un’idea, un piano. Riprese a parlare.
“Sarà senz'altro una guardia, dille che ti sei perso e che ti deve portare nella grande sala. Io prendo un’altra via e con un po’ di fortuna nessuno potrà mai pensare che eravamo qui.”
Lasciò le sue mani e scivolò nell’ombra, verso la fine del corridoio.
Sentì Trystane andare incontro al soldato e chiedergli con falso imbarazzo “Ehm dovrei prendere parte al concilio del re. Ma credo di aver sbagliato strada…”
I loro passi si allontanarono. Uscì guardinga dall’ombra, imboccò il corridoio in direzione opposta e fece di tutto per sembrare normale.
Ma niente avrebbe potuto toglierle quel leggero ma sincero sorriso dal volto.



-    -    -    -



L’udienza era esattamente come se l’era immaginata. Una noia mortale. Non che Tommen ci mettesse scarso impegno, ma sentir discutere di tasse non pagate, castelli da ricostruire e altre mille cose del genere la annoiava a morte.
Guardò il fratello seduto sul massiccio, e secondo lei orrendo, ammasso di spade contorte. Solo un folle avrebbe potuto amare una sedia del genere. Del resto, era stato un Targaryen a costruirla…
Non credeva ancora che Tommen fosse diventato re. Non le sembrava possibile…
Ma del resto era passato così tanto tempo. Così come era cambiata lei quasi sicuramente era cambiato lui. Eppure…
Il suo sguardo cadde sulla donna seduta di fianco a sua fratello. “Eccola dunque”. Quella che sua madre odiava tanto. La puttanella Tyrell. Lei non aveva idea di chi fosse, e la cosa era reciproca. Si chiese se fosse il caso di conoscerla…
Lasciò lo sguardo vagare per la sala.
Il tizio al centro catturò all’improvviso la sua attenzione. Era impossibile non riconoscerlo: mantello, giubba, pantaloni, cintura, elsa, pelliccia, stivali erano di un unico colore. Nero. Il guardiano della notte aveva chiesto udienza al re ed era lì per essere ascoltato.
Guardò per un attimo il lungo tavolo del concilio ristretto. Tutti parevano distratti o assenti. Trystane sembrava pensieroso, ma non troppo distaccato. Pregò ancora che andasse tutto bene.
Il confratello iniziò a parlare, con una voce profonda e rauca. Era abbastanza sgradevole, ma almeno si capiva ciò che diceva.
“Vostra Maestà, grazie di avermi concesso questa opportunità. Non sono qui per perdermi in idiozie senza fine. Vengo a portarvi un messaggio molto importante.”
“Non potevate mandare un corvo?” urlò qualcuno dalla platea, seguito da risate sommesse. Il guardiano della notte non stette ad ascoltarlo. Il tono della sua voce si fece più cupo, come se volesse rendere più terribile ciò che stava per dire.
“Ciò che più temevamo è realtà. Ciò che fino a ieri erano solo storie di vecchie per bambini esiste tanto questa sala.”
Squadrò i presenti.
Dall’alto della galleria Myrcella era concentrata ad ascoltare ciò che quell’uomo stava dicendo e non si accorse delle espressioni spaventate che le altre donne si scambiavano.
“La morte marcia sulla barriera.”
Il suo tono era freddo e tragico ma risoluto, come se volesse dire questa è la realtà, non giriamoci attorno. Riprese a parlare
“L’inverno è arrivato, la lunga notte anche. E con loro i morti. Gli estranei marciano verso sud con un esercito di morti. Il loro numero non è misurabile. Secondo alcuni confratelli sono cinquantamila, secondo altri duecentomila, c'è chi sostiene un milione di soldati, perché uomini non si possono più chiamare. E di certo noi, da soli, non potremo fermarli.”
Il silenzio più assoluto era calato sulla sala. Ma ben presto fu rotto da un vociare sottile, parole sussurrate sottovoce da chi era scettico.
“Se desideri vedere delle prove, ho qui fuori corpi di morti che abbiamo visto camminare. Carne senza più sangue né vita, che però non marcisce e si muove. Vasi con dentro mani mozzate che continuano ad agitarsi senza sosta.”
Lanciò altre occhiate, forse per capire come stavano reagendo i suoi uditori.
“I guardiani della notte giurano di proteggere i domini degli uomini. Lo faremo. Ma non siamo abbastanza numerosi né forti. E soprattutto non abbiamo un mezzo per sconfiggere gli estranei.”
La voce di Tommen ruppe il silenzio.
“Dunque cosa proponi di fare? Cosa domandi al tuo re?”
L’uomo fece per rispondere.
“Sono qui per annunciare ciò che accade a nord della barriera. E per domandare aiuto. Uomini, cavalli, cibo, spade, armature, operai, vettovaglie, tutto sarà ben accetto. Ma non sarà sufficiente. Ciò di cui abbiamo bisogno è un arma. Un modo per sconfiggere il più grande dei nostri nemici. Noi non abbiamo trovato una risposta. Vengo a chiedere a voi, sperando che possiate darmela.”
Tommen si alzò in piedi, chiaramente trascinato dalla foga di quella discussione. Probabilmente era riuscito a cogliere quanto fosse grave la situazione e pretendeva di risolverla velocemente. "In questo assomiglia tanto, forse troppo, a Joffrey" pensò lei.
“Qualcuno qui dentro ha per caso un’arma che uccida gli estranei?” urlò.
Il silenzio assoluto calò sulla sala, mentre il re rimaneva in piedi sulla sommità della gradinata.
Quel silenzio faceva male alle orecchie e pareva non avere fine.
Ma poi, all’improvviso si udì uno schianto.
La porta della grande sala era stata sbattuta con violenza inaudita, come a voler richiamare l’attenzione. E se quello era lo scopo, era stato raggiunto alla perfezione. Tutti si voltarono verso l’ingresso.
Un giovane stava ritto sulla soglia. Dimostrava circa vent’anni, era alto e aveva un corpo slanciato e robusto, con spalle larghe. Un portamento a dir poco regale.
L’armatura che portava scintillava di acciaio lucente e pietre preziose e al suo fianco aveva un gigantesco fodero che celava una spada altrettanto lunga.
Il suo volto era celato da un ampio cappuccio rosso scarlatto che lasciava intravedere solo la bocca.
Mentre avanzava lungo la sala la folla radunatasi si aprì in due ali per lasciarlo passare.
L’uomo si fermò a circa dieci metri dalla gradinata, in modo che tutti potessero vederlo e sentirlo.
Guardò per alcuni istanti Tommen e poi, rompendo un’atmosfera che era quasi divenuta sovrannaturale, parlò.
“Io”
Lo sconcerto era già grande e, a questa parola, aumentò ancora.
Il re lo guardò perplesso, quasi irritato.
“Cosa dici, chi sei e come osi interrompere così un’udienza reale?”
Il giovane sorrise e riprese a parlare.
“Mi sembrava doveroso rispondere alla domanda fatta ai presenti…”
Tommen lo squadrava, sorpreso e sospettoso.
“Non hai forse domandato chi avesse un’arma per uccidere gli estranei?”
Si guardò attorno.
“Mi pare di essere l’unico a possederla qui dentro… e sembra che ne abbiate un gran bisogno, oppure ho capito male?”
Il misterioso nuovo arrivato spostò lo sguardo sul guardiano della notte. Questo era sorpreso e non nascondeva una certa fiducia, mista però a una buona dose di sospetto.

“Quale sarebbe quest’arma straniero?” chiese Tommen con incredulità mista a timore.
Il ragazzo sogghignò.
“Calma, calma. Qui corriamo decisamente troppo. Come ho detto ho un’arma in grado di uccidere un estraneo. Ma nessuno mi ha obbligato a venire qui. Quindi voglio qualcosa in cambio di quest’arma” aggiunse lui, con un tono perentorio che non lasciava spazio a repliche
“Il tuo re ti ordina di mostragli quest’arma” rispose Tommen, sempre più arrabbiato.
“Ho mai detto di averla con me?” disse lo straniero ironicamente.
Il re sbuffò spazientito “Parla straniero. Cosa vuoi in cambio? Terre? Titoli? Denaro?”
Al tavolo del consiglio i lord si scambiavano sguardi raggelati, che svelavano tutta la loro preoccupazione per il comportamento avventato del re.
Il giovane rialzò lo sguardo e tornò a parlare “Nulla di tutto ciò”
Nella sala si diffuse un sommesso mormorio.
“Ciò che voglio è qualcosa di molto antico. Penso non venga fatto da decenni. Ma era una grande tradizione di chi sedette tempo fa su quella sedia.”
Fece una breve pausa per prendere fiato.
“Voglio il Giuramento di Baelor. Voglio che giuri davanti agli dei che, qualunque cosa io dica o faccia, non potrò essere perseguito, che tutto quello che ho fatto non valga più nulla, che io sia totalmente immune dalla giurisdizione reale.”
Nella sala esplosero le grida. Le cappe dorate le calmarono rapidamente agitando le picche.
Il gran maestro salì la scalinata dal lato e porse un rotolo al re.  Tommen lesse la pergamena contenete il testo del giuramento che gli era stata portata. Scosse la testa, contrariato. “Solo una marea di vuote parole” pensò. Del resto quel tizio prometteva un’arma in grado di risolvere quel nuovo e terribile problema. E, nella sua ingenuità non ancora del tutto estinta, sentiva di doversi fidare di lui. Non aveva nulla da perdere, solo un mucchio di parole da dire.
“Vuoi questo straniero?” aggiunse con una voce che voleva sembrare calma, ma che trasudava impazienza.
“Sì. Il tuo impegno davanti agli dei e agli uomini. E sappi che quando quel giuramento è stato infranto, il traditore è sempre morto per cause mai scoperte. Gli dei non amano i traditori.” Il tono del misterioso uomo era solenne, duro, perentorio. Di certo non stava mentendo.
“E se non lo facessi? Del resto cosa so di te e di cosa vuoi fare? Perché dovrei concederti questa immunità totale?” Queste parole rispecchiavano alcuni dubbi che avevano iniziato ad affollarsi nella sua mente.
“Fai come vuoi…nel caso però, tanti auguri con gli estranei.”
Si voltò e iniziò a camminare verso l’uscita.
Tommen fu in preda per un attimo alla paura più totale. Stava lasciando andare l’unica speranza di salvezza per il regno. Come aveva fatto a essere così stupido? Decise di fidarsi del tutto di quell’uomo tanto misterioso quanto convincente.
“Aspetta.” Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un ordine, ma tutti udirono una richiesta disperata.
Il giovane si fermò, senza però girarsi.
“Avrai quello che chiedi. Ma poi voglio quella maledetta arma.”
Il cavaliere misterioso tornò sorridendo al posto di prima.
Aveva ottenuto ciò che voleva.
“Certo, l’accordo è questo. Che gli dei mi maledicano se non lo manterrò”
Tommen, soddisfatto per il risultato ottenuto, prese nuovamente la pergamena e lesse ad alta voce il giuramento.
“Io Tommen Baratheon, primo del mio nome, Re degli Andali e dei Primi Uomini, mi impegno davanti agli dei e agli uomini di difendere sempre e comunque quest’uomo, di concedergli l’immunità totale da ogni mia forma di giustizia, di non nuocere a lui o a suoi protetti e compagni. Possano gli uomini tradirmi, non obbedirmi, imprigionarmi, uccidermi se violerò questo giuramento. Possano gli dei maledirmi, possano rendere la mia vita breve e dolorosa, possano spargere sale sulla mia famiglia e discendenza, possano condurre alla rovina me e chiunque a me è legato se non manterrò fede a questa promessa.”
Un sorriso compiaciuto comparve in faccia al re dopo aver pronunciato quelle che lui riteneva banali parole.
Lo straniero appariva davvero soddisfatto.
“Bene. Ora l’arma.” La voce di Tommen era carica di impazienza.
Il giovane schioccò le dita.
Due uomini avanzarono dal fondo della sala reggendo due scrigni in mano e li posarono sulla scalinata.
Poi anche lui venne avanti ed estrasse dal fodero la spada. Quella scintillò alla luce che entrava dalle finestre, rivelando un filo perfetto e un arma a dir poco incredibile. Lentamente la appoggiò sui gradini, in mezzo ai due scrigni.
Alcuni uomini iniziarono a scambiarsi sguardi sospettosi.
Il giovane aprì gli scrigni.
“Questa è la mia arma. Questo è il modo in cui ritengo di sconfiggere gli estranei”
Tommen appariva furioso alla vista di quello che gli era stato posato davanti.
“Un libro, un’ampolla, una spada? Mi prendi in giro?”
La voce dello straniero risuonò potente e regale per tutta la sala.
“Quello non è un libro, è magia dell’antica Valyria. Quella non è un’ampolla, è altofuoco, respiro di drago. Quella non è una spada.”
Prese un lungo respiro.
“Quella è Blackfyre”
Sguardi raggelati volarono tra i più anziani, ma Tommen non parve accorgersene. Era come estraniato in un dialogo a due con il misterioso uomo, il resto della sala non esisteva per lui. Non colse il significato di quelle ultime parole e, in preda all’ira più totale, iniziò a gridare.
“Per i sette inferi, chi diavolo sei straniero?!”
Per tutta risposta quello rise leggermente.
La mano del giovane si portò sul lungo cappuccio e con un gesto lentissimo lo scostò dalla testa.
Tutti i presenti rimasero senza fiato.
La sua bellezza era indescrivibile, inaudita, inumana.
Il volto aveva lineamenti regali, gli occhi brillavano di un intenso color ossidiana, i capelli splendevano nel loro bianco platino.
Molte dame rimasero senza fiato, e Myrcella era una di loro. La bellezza di quell’uomo l’aveva letteralmente fulminata, non le pareva possibile. Si chiese ancora chi diamine fosse quel cavaliere. Altri però erano come pietrificati, come se il loro sangue si fosse congelato nelle vene. Come se non volessero credere a ciò che stavano vedendo.
Tommen non aveva ancora idea di chi fosse l’uomo davanti a lui e stava per ripetere ancora quella domanda, sempre più fuori di sé, ma il cavaliere lo precedette.
La sua voce era chiara e forte e nessuno poté astenersi dall’ascoltarsi.
“Aegon della casa Targaryen, sesto del mio nome, signore di Roccia del Drago, figlio di Rhaegar Targaryen e Elia Martell, sangue del drago, discendente dell’antica Valyria e di Aegon il Conquistatore.”
La sala parve diventare un unico insieme di statue. Myrcella sentì un brivido di terrore risalirle la schiena e rimase immobile, come pietrificata. Non era possibile. Le avevano ripetuto una infinità di volte che i draghi erano morti. Eppure uno di loro era lì, davanti a lei, in tutta la sua sfolgorante bellezza.
Sul viso di Aegon si allargò un sorriso che ben esprimeva tutta la soddisfazione raccolta da quella reazione. I sui occhi d’ossidiana brillavano nella sala. Lentamente raccolse la sua spada, mentre centinaia di occhi erano fissati su di lui.
Poi rialzò la testa. E ghignando, con un tono provocatorio e autorevole, aggiunse.
“E anche legittimo proprietario di quella sedia di ferro.”







Note dell’autore:

avevo promesso colpi di scena e così è stato…e di certo non mi fermerò qui.
Piccola nota che si ricollega allo sfogo che ho scritto all’inizio: non so quanti di voi l’abbiano visto, ma HBO mette sempre un video su Facebook con i “migliori” momenti della puntata, commentati da Benioff e l’altro tizio. Il commento dell’autore sulla scena di Myrcella e Jaime è a mio parere bellissimo…viene però da pensare "Perché diamine hai scritto così la scena?!?"…davvero io sono ancora senza parole, non so cosa passi per la testa agli autori.
Ultima cosa: scusate per la formattazione che continua a cambiare, ma certi font che avevo usato non mi convincevano appieno e sopratutto sto continuando a provare nuovi programmi e ancora non ne ho trovato uno che mi va a genio al 100%.
Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno letto i primi due capitoli e spero che anche questo vi possa piacere.
Che dire, fatemi sapere le vostre opinioni.
Come sempre stay tuned e long live the lioness














   
 
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