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Autore: effe_95    27/06/2015    4 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 

15. Film, Pizza e Cioccolata.


Novembre
 
Il primo giorno di Novembre venne un freddo tremendo.
Catena se n’era accorta durante la notte, la temperatura era calata così drasticamente da costringerla ad alzarsi alle quattro del mattino alla ricerca di un piumone più pesante.
Ottobre era stato così insolitamente caldo, che quel gelo improvviso aveva colto tutti impreparati. Infilandosi il piumino pesante, Catena cercò di fare il prima possibile e scendere immediatamente giù al palazzo, dove Oscar la stava aspettando per il loro primo appuntamento. Si diede un’occhiata allo specchio, strinse un po’ più il codino che chiudeva la treccia, e afferrata la borsa si affrettò a scendere velocemente le scale.
Oscar la stava aspettando seduto comodamente su un paletto un po’ incrinato e scolorito, aveva un giubbotto pesante nero, la sciarpa arancione avvolta intorno al collo e le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
Catena lo trovò bellissimo in quella posizione un po’ raccolta, e come ogni volta che lo guardava, il cuore le balzò nel petto senza troppo ritegno. Lui si aprì in un meraviglioso sorriso quando scorse la figura minuta di Catena oltre il vetro del portone.
La sciarpa che le copriva la bocca la faceva sembrare ancora più minuta di quanto già non fosse in realtà, Oscar allungò immediatamente le braccia e le porse le mani, ancora calde per tutto il tempo che erano state segregate in quelle tasche.
Catena gliele strinse con titubanza e imbarazzo, erano così grandi che le sue scomparivano completamente.
<< Che mani fredde che hai >> Commentò Oscar sciogliendo il silenzio con un caldo sorriso. Catena trovava estremamente piacevo la voce roca di Oscar.
<< Mani fredde cuore caldo, no? >> Si limitò a replicare, continuando a guardare quegli occhi color cioccolato con insistenza, Oscar ridacchiò e le appoggiò un braccio intorno alla spalla, stringendola con possesso.
<< Nel tuo caso è assolutamente vero, sai? >> Catena sollevò il viso sorpresa nel sentire quelle parole, Oscar approfittò di quel gesto per baciarla. Le rubò prima un bacio a timbro, vedendola arrossire fino alla radice dei capelli, poi le afferrò il viso con due dita e pretese un bacio molto più profondo, che Catena ricambiò dopo un po’ di imbarazzo.
Per raggiungere il cinema presero la metropolitana, quella sera era particolarmente affollata e furono costretti a fare tutto il viaggio incollati l’uno addosso all’altra, Catena era così imbarazzata che tenne lo sguardo basso per tutto il tempo, Oscar invece non la smetteva di sorridere ogni volta che la vedeva in difficoltà perché non sapeva dove volgere lo sguardo.
Una volta scesi dal mezzo apprezzarono molto l’aria fresca della sera, l’afa che si era andata a creare in quell’ammasso di corpi era stata fastidiosa per entrambi, sospirarono rincuorati e si tennero per mano lungo tutto il tragitto verso il cinema.
Oscar non aveva proprio idea di quale film sarebbero andati a vedere, ma sperò intensamente non si trattasse di un film erotico, di guerra o d’azione, Catena l’avrebbe preso per uno sfacciato in tutti e tre i casi. I biglietti glieli aveva presi suo cugino, ma la colpa sarebbe stata sua se la situazione fosse diventata imbarazzante, dopotutto avrebbe dovuto controllare ed essere meno pigro.
Fu visibilmente sollevato quando si accorse che si trattava di una commedia romantica.
<< Prendiamo un cestello di popcorn da dividere? >> Chiese il ragazzo dopo essersi tranquillizzato, Catena stava guardando distrattamente i biglietti che stringeva tra le mani e annuì automaticamente, lasciandosi trascinare verso il bancone.
<< “Ti ho trovato”, mai sentito. Sai di cosa parla questo film? >>
La domanda ingenua e curiosa di Catena mandò Oscar nel panico più totale, il ragazzo sorrise con un certo imbarazzo e si affrettó a pagare i popcorn e le due bottigliette d’acqua.
<< Ecco prendi … >> Disse passandole la sua bevanda, Catena la prese continuando a fissarlo negli occhi, in attesa di una risposta << Beh, è una storia d’amore! >> Replicò Oscar grattandosi la nuca, aveva sempre amato gli occhi intelligenti di Catena, ma quella volta non ne fu per nulla entusiasta, sembravano due radar rivela bugie.
<< Questo l’avevo capito da sola Oscar >> Brontolò Catena spostando lo sguardo con fare un po’ imbronciato, Oscar trovò quel gesto talmente tenero che gli spuntò nuovamente il sorriso. Afferrò Catena per la vita e la trascinò verso la sala numero otto.
<< Ma se ti dico la trama non c’è più nessun gusto nel guardare il film poi, no? >>
Catena si girò a guardarlo con le guance un po’ arrossate.
<< In effetti … >> Oscar scoppiò a ridere e le scombinò un po’ i capelli.
 
Zosimo aveva sempre pensato che sorridere fosse il rimedio migliore contro tutti i mali del mondo. Quella era diventata la sua filosofia di vita da quando all’età di otto anni aveva perso sua madre a causa di una malattia, era diventata la sua filosofia di vita perché era stato proprio sua madre ad insegnarglielo. Zosimo ricordava molto poco di Emilia, a distanza di dieci anni dall’accaduto, i lineamenti del suo viso e la sua fisionomia erano diventati ombre evanescenti nei suoi ricordi, se non fosse stato per le foto l’avrebbe dimenticata del tutto.
Il suono della voce però, tutte le ninna nanne che gli cantava, le mani callose, le carezze gentili, tutte quelle sensazioni erano così palpabili che a volte a Zosimo bastava chiudere gli occhi per ricordarsele.
Aveva pianto solo una volta per lei, immediatamente dopo la notizia del decesso, stretto tra le braccia di suo padre. Arturo Marino era sempre stato un buon padre per Zosimo, gli aveva fatto sentire la mancanza di Emilia relativamente e insieme se la cavavano bene.
Suo padre era un insegnate di pianoforte al Conservatorio, casa loro era continuamente invasa da spartiti musicali, Zosimo aveva imparato a leggere le note musicali ancor prima di farlo a scuola, anche se non gli era servito a granché, perché non suonava nessun strumento.
Aveva imparato ad addormentarsi con la musica di suo padre, ostinatamente attaccato a quel pianoforte fino a notte fonda, e aveva anche imparato a fare molte cose da solo, perché spesso il padre dava lezioni private fino a tardi e non aveva molto tempo per lui.
Zosimo non si era mai lamentato e non sentiva la necessità di farlo.
Anche quella sera era uno di quei casi, suo padre non c’era, il frigorifero era vuoto e così aveva pensato bene di andare a prendere una pizza, avrebbe potuto farsela portare a casa, ma voleva un po’ sgranchirsi le gambe.
La pizzeria era abbastanza affollata quella sera, prima di lui c’erano altre quattro persone che aspettavano la pizza da asporto, l’orologio segnava le venti e trentacinque ed il locale era già stracolmo. Zosimo guardò con scarso interesse la partita di calcio trasmessa sul grande schermo e spostò la sua attenzione altrove, era totalmente distratto quando la porta del locale si aprì nuovamente, portando con se le risate gioiose di alcuni ragazzi.
<< Zosimo? Ehi, ma sei tu? >> Nel sentirsi chiamare il folletto sollevò lo sguardo, e non poteva essersi sbagliato, perché era piuttosto sicuro che il suo nome fosse abbastanza obsoleto perché qualcun altro lo portasse, sarebbe stata una coincidenza pazzesca.
<< Aleksej e Gabriele? >> I due cugini lo guardavano sorpresi, come se non si sarebbero mai aspettati di trovarlo in un posto del genere, i ragazzi erano in compagnia di altre quattro persone. Zosimo li aveva riconosciuti tutti, erano Alessandra, Katerina, suo fratello gemello Jurij e Ivan, il fratello quindicenne di Aleksej.
<< Oh, per un momento vi avevo scambiato per dei fantasmi della neve, siete tutti così biondi e altri e freddi, beh questo perché venite da fuori, e poi avete quegli occhi chiarissimi e … >> Cominciò a blaterale Zosimo una volta che gli altri lo ebbero raggiunto, Gabriele gli mise una mano sulla spalla e scoppiò a ridere.
<< Cosa ci fai qui? >> Zosimo non trovò molto intelligente la domanda di Gabriele, dopotutto si potevano fare davvero poche cose in una pizzeria, tuttavia, preferì non farglielo notare.
<< Mio padre stasera lavora fino a tardi. Ero solo a casa e il frigorifero era vuoto. Mi prendo una pizza e mi piazzo sul divano a guardare un bel film >> Spiegò il folletto, distogliendo lo sguardo perché Alessandra lo stava fissando con curiosità, scrutando intensamente ogni suo movimento. Zosimo non avrebbe mai ammesso di avere una cotta per lei da più o meno un anno, da quando l’aveva vista splendente e felice il primo giorno di scuola fare il suo ingresso nel mondo del liceo.
<< Che coincidenza, anche noi stavamo per fare la stessa cosa >> Commentò sorpresa Katerina, passandosi distrattamente una mano tra i capelli biondo platino.
Zosimo aveva sempre trovato quella ragazza un vero maschiaccio, si vestiva come un uomo, aveva modi brutali, utilizzava il più delle volte un linguaggio scurrile, eppure era di una bellezza sconcertante. Probabilmente Katerina non si rendeva nemmeno conto di quanto attirasse il genere maschile con quei suoi modi di fare.
<< Già, perché non ti unisci a noi Zosimo? Dopotutto non si può passare il sabato sera da soli >> Replicò allegramente Gabriele, dandogli una pacca un po’ troppo affettuosa sulla spalla. Zosimo sorrise forzatamente, massaggiandosi l’arto indolenzito, lui era del parere che si potesse passare il sabato sera da soli, ma non pensò fosse cortese dirlo in quel modo.
<< Ecco … mi farebbe piacere, ma ho avvisato mio padre che sarei rimasto a casa. Non risponde mai al cellulare quando lavora, quindi adesso è un po’ tardi per cambiare i miei piani >> Replicò il folletto, facendo un gesto vago con le mani.
La fila davanti a lui si era improvvisamente sfoltita, mancava solo una persona perché arrivasse il suo turno, Zosimo pensò che fosse il caso di sbarazzarsi di Aleksej e Gabriele in quell’esatto momento, ma il suo piano fallì miseramente.
<< Beh, allora vorrà dire che verremo noi da te, no? I nostri non dicono nulla, e tu hai casa libera. Inoltre, abbiamo noleggiato un film dell’orrore davvero niente male, ti piacerà >>
Zosimo aveva sempre adorato la sfacciataggine di Gabriele, soprattutto quando la metteva in atto a scuola contro qualche professore malefico, ma in quel momento avrebbe voluto tappargli la bocca con molto, moltissimo nastro adesivo.
<< Oh, ma è una bellissima idea! Facciamolo dai! >> Alessandra accolse quella notizia con somma gioia, battendo le mani entusiasta, Zosimo la trovò tremendamente carina con quelle guance arrossate dal caldo del locale. I suoi occhi verde-dorati erano luminosi per la contentezza, Zosimo si morse più volte il labbro inferiore in preda all’indecisione.
Alessandra gli stava sorridendo.
<< Per me va bene >>
Passare qualche ora con quella ragazza gli andava più che bene.
 
Alla fine a Catena ed Oscar il film era piaciuto moltissimo.
Ne avevano parlato durante tutta la cena, sistemati in un caldo locale dall’aria rustica che serviva panini con i nomi di scrittori italiani del passato.
Catena aveva appena finito di mangiare un Machiavelli, mentre Oscar si era fatto portare un Guicciardini e un Ungaretti. I due ragazzi avevano riso sfacciatamente quando si erano accorti dell’ilarità della situazione, era una cosa che avrebbero raccontato per il resto della vita. Quando lasciarono il locale verso le dieci di sera, l’aria si era fatta ancora più fredda e il respiro si disperdeva nell’aria sottoforma di volute bianche.
Catena si attaccò automaticamente al braccio di Oscar nascondendo entrambe le mani come meglio le riuscì, rabbrividì per il vento gelido che le lambì le gambe coperte solamente da un paio di calze nere e si strinse al fianco del fidanzato.
Oscar trovò quel gesto estremamente piacevole, la sensazione del corpo caldo di Catena premuto sul suo gli faceva venire il desiderio di stringerla sempre di più.
Era da molto tempo che non provava una sensazione come quella, dopo ciò che gli era successo, non avrebbe mai creduto di poter ritrovare quelle emozioni.
<< Che freddo! >> Si lamentò Catena, nascondendo quanto più possibile il viso nella sciarpa.
Oscar le passò un braccio introno alle spalle e se la strinse al petto, facendole percepire il suo odore di menta e dopobarba.
<< Sai che facciamo adesso? Ti ho portata in un posto bellissimo!  Guarda? >> Oscar le pizzicò affettuosamente una guancia e la fermò nel bel mezzo del marciapiede.
Sollevando lo sguardo, Catena si imbatté nel negozio più carino che avesse mai visto, non conosceva bene quella parte della città perché era piuttosto in centro, ma era sicura di non aver mai visto niente di così carino.
Era una sorta di cioccolateria-bar arredata in stile vittoriano, i profumi che venivano da quei luoghi si estendevano lungo tutta la strada, e l’arredamento esterno delle vetrine e quello interno visibile tramite il vetro sottile, invogliava tantissimo le persone ad entrarvi.
<< Che ne dici di una cioccolata calda? Qui la fanno davvero buona >>
Oscar era entusiasta dell’espressione contenta di Catena, che se ne stava ancora incollata al suo braccio senza nemmeno farci caso, perché aveva preso calore.
<< Come fai a conoscere un posto del genere? >> Domandò, osservando i perfetti e immacolati cupcake nella vetrina. Oscar distolse lo sguardo e lo puntò sul vetro.
<< Mi ci ha portato una persona … un po’ di tempo fa >>
Catena percepì qualcosa di strano nella voce del ragazzo, si girò a guardarlo, ma prima che potesse dire qualcosa, lui la trascinò nel locale facendo tintinnare una piccola campanella attaccata alla porta color ottone.
 All’interno gli odori la colpirono ancora di più, il locale non era pienissimo, c’erano altre persone che occupavano dei tavolini, ma il brusio delle chiacchiere era piacevole.
I due ragazzi si avvicinarono al bancone, dove a servirli si avvicinò una signora anziana dal sorriso gentile, aveva l’aria di una persona che faceva quel mestiere da tutta la vita.
<< Cosa posso servirvi miei cari? >> La donna aveva la voce gentile e vellutata, era elegante proprio come il suo locale ed emanava un piacevole profumo di cannella e arancia. Catena pensò che le sarebbe piaciuto diventare così una volta avuti i capelli bianchi.
<< Due cioccolate calde, una aromatizzata all’arancia e l’altra … >> Cominciò a parlare Oscar, poi si girò verso di lei, incitandola a continuare.
<< … con granelli di nocciola, grazie. >>
L’anziana signora sorrise e si mise subito all’opera, incitandoli a sedere ad uno dei tavoli perché avrebbe consegnato le bevande personalmente.
Oscar e Catena si sistemarono accanto alla vetrina, sotto il quadro di una giovane ragazza del diciannovesimo secolo, che li scrutava severi. Oscar si sfilò velocemente la giacca e la abbandonò sulla sedia, poi si passò distrattamente una mano tra i corti capelli castani e lasciò vagare lo sguardo con aria assorta. Catena osservò quei gesti molto attentamente, ma non sapeva come interpretarli.
<< Ehi Catena, ti spiace se vado un attimo al bagno? >> Quella domanda la colse alla sprovvista perché era sovrappensiero, quindi si ritrovò gli occhi di Oscar puntati nuovamente su di se, sperò di non arrossire troppo ed annuì il più in fretta che le fu possibile. Lui si alzò e le passò affettuosamente una mano sui capelli, sorridendole.
Catena lo seguì con lo sguardo finché non sparì oltre la porta del bagno, era stata davvero bene quella sera, la sensazione costante di benessere che aveva provato stando accanto a quel ragazzo era stata una conferma per i suoi sentimenti.
<< Uffa Miki, ma perché diamine siamo venute in un posto del genere!? >>
Quella lamentela fu accompagnata dallo scampanellio dell’aprirsi della porta, Catena era sicura di aver già sentito quella voce nasale e lagnosa, e quando sollevò il viso, si rese conto di avere ragione, perché Miki e Sonia stavano ricambiando il suo sguardo.
Catena strinse forte la sciarpa tra le mani, aveva sempre trovato Miki una brava ragazza, ma non avrebbe mai voluto incontrare Sonia, la rabbia le montava dentro senza sosta.
<< Oh, ma guarda un po’. >> Esclamò Sonia a voce troppo alta, facendo un passo verso il suo tavolo, Miki tentò di trattenerla per la manica della giacca, ma il lembo le scivolò dalle dita, quella sera la sua pazienza aveva quasi raggiunto il limite di sopportazione << Cosa ci fa la piccola Catena in un posto così … beh, in effetti è proprio da te >>
Catena detestava con tutto il cuore quel sorriso sfrontato che accarezzava le labbra carnose e rosse come il fuoco della sua compagna di classe, i capelli ricci e neri erano più ribelli del solito e le conferivano un’aria ancora più cattiva. Sonia, le si avvicinò maggiormente, probabilmente con l’intenzione di mettersi seduta e darle ancora più fastidio, ma quando fece per spostare la sedia, sotto lo sguardo accigliato e preoccupato di Miki, si accorse del cappotto di Oscar. Alzò lo sguardo su Catene e sollevò un sopracciglio.
<< Oscar è qui con te dunque? >>
<< Smettila Sonia, andiamocene >> Intervenne prontamente Miki, afferrandole saldamente il braccio, Sonia si scrollò come se fosse stata una mosca a darle fastidio.
<< Beh, non fare la smorfiosa Catena, se state insieme dopotutto lo dovete a me >>
Catena trovò profondamente fastidiosa quella frase, Sonia non aveva fatto altro che metterla in imbarazzo da sempre, dal primo anno di liceo non c’era stato anno in cui non le aveva fatto un dispetto o combinato qualcosa a suo danno. Catena non avrebbe tollerato che infangasse l’unica cosa bella che era riuscita a conquistare con le sue sole forze.
<< Lo dobbiamo a te?! Tu non sei nient’altro che una vipera piena di veleno Sonia! >>
Catena inchiodò il suo sguardo a quello dell’altra ragazza, Sonia vi lesse così tanto disprezzo che il sorriso ironico le morì sulle labbra, sostituito da uno sguardo di stizza.
<< Sai … non credevo che ti avrebbe portata proprio in questo locale >> Sonia si guardò attorno con aria circospetta, battendo le unghie fastidiosamente sul bordo della sedia, Catena contrasse le sopracciglia a quelle parole, avrebbe voluto ignorarle, ma il comportamento strano di Oscar la fece tentennare.
<< Basta Sonia! >> Intervenne nuovamente Miki, strattonandola con più forza.
<< Che cos’ha che non va questo locale? >> Domandò Catena spazientita, guardando le due ragazze negli occhi, Sonia sfoggiò un sorriso sadico, mentre Miki alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto, stanca di lottare contro un muro.
<< Davvero non ti ha detto nulla? Sei l’unica che non lo sa? >> Sonia arpionò il bordo della sedia con entrambe le mani e si protese in avanti, avvicinando il viso a quello di Catena, che indietreggiò sbattendo con la schiena. << Sei sicura di conoscere il ragazzo che hai accanto Catena? >> La ragazza non rispose, trattenendo il respiro, riuscì a sostenere lo sguardo di Sonia facendo appello a tutta la sua volontà, era turbata, ma non gliel’avrebbe fatto capire.
Fortunatamente per lei, l’anziana signora proprietaria del negozio portò le due cioccolate proprio in quel momento, così Sonia fu costretta a spostarsi e liberarla da quella tortura.
<< Andiamocene Miki, mi è passata la voglia di dolce >>
Prima di lasciarsi la porta alle spalle, Sonia le lanciò uno sguardo così soddisfatto che Catena si sentì prudere le mani, rimase immobile come una statua a guardare la sua bellissima cioccolata fumare, fino a quando non tornò Oscar, con un bel sorriso sfregandosi le mani.
<< Oh, sono già arrivate, che belle! Devi proprio assaggiarle Catena sono … ehi, va tutto bene? >> Catena sussultò quando Oscar gli afferrò una mano, doveva avere gli occhi un po’ lucidi ma cercò di nasconderlo in tutti i modi, sorrise leggermente e afferrò la sua tazza di cioccolato caldo.
<< Si, scusami ero un po’ sovrappensiero >> Commentò la ragazza sorridendo, aveva stretto talmente forte le mani che erano diventate bollenti, si era scottata sicuramente.
<< Sei sicura? >> Insistette Oscar, guardandola negli occhi, Catena annuì, cercando di fare il sorriso più sincero che le fosse possibile.
Sorseggiarono in silenzio la cioccolata, senza guardarsi negli occhi e con lo sguardo perso nei propri pensieri, quando Catena ebbe finito di bere, stava scoppiando dalla tensione e non riuscì a trattenersi.
<< Senti Oscar c’è … c’è qualcosa che devi dirmi? Qualcosa che non mi hai detto e che … >>
Il ragazzo la guardò come se gli avessero tirato un pugno in pieno stomaco.
<< P- perché questa domanda? >> Chiese, aggrottando le sopracciglia, Catena scosse freneticamente la testa, strinse forte le mani.
<< Niente, una curiosità. Torniamo a casa? >> Oscar annuì, la cioccolata gli era rimasta sullo stomaco, proprio come quei ricordi. 



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Effe_95

Buonasera a tutti :)
Sapete, sono un po' titubante per quanto riguarda questo capitolo. 
Ultimamente non sono affatto soddisfatta di quello che sto scrivendo, quindi vi chiedo scusa se non dovesse essere all'altezza delle vostre aspettative. Vi chiedo scusa anche se dovessero esserci degli errori, ho fatto una correzione veloce per mancanza di tempo, e probabilmente mi è sfuggito qualcosa. 
Il segreto di Oscar è sempre più vicino, e spero vi sia piaciuto il piccolo approfondimento che ho fatto di Zosimo.
Grazie mille a tutti come sempre.

 
  
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