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Autore: bibersell    29/06/2015    6 recensioni
Una calda sera di Maggio Abigail Jensen, la figlia diciottenne di uno dei più importanti giudici di pace dell'intera Washington, viene rapita da Storm, il quale è pronto a correre qualsiasi rischio pur di assecondare il suo folle e sconsiderato piano. Sarà proprio questa stessa follia che porterà Abby e il suo carnefice su una strada piena di sorprese e colpi di scena.
Il giudice è pronto a tutto pur di riavere indietro la sua bambina, ma riuscirà a tradire la giustizia pur di salvarla?
Storm riuscirà a rinunciare a quella ragazza dal viso d'angelo che giorno dopo giorno si insinuerà maggiormente nella sua testa?
Ed Abby riuscirà mai a perdonare sia il padre che Storm?
Dal nono capitolo:
"Per la prima volta riuscii a vederlo. Vederlo veramente. Senza apparenze e inutili maschere.
Se ne stava lì con le spalle leggermente ricurve come se il peso morale che si portava sempre dietro lo avesse piegato definitivamente al proprio volere. Le labbra erano chiuse e totalmente inespressive, ma gli occhi brillavano di una luce nuova. Sembravano essersi accessi e persi in una valle di ricordi felici fatti di gioia e spensieratezza.
Era totalmente immobile, eppure si muoveva".
Storia in revisione.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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VIII

Cheikh



Abigail’s point of view

Cheikh continuava a canticchiare una canzone africana di cui non capivo nemmeno una parola.
Storm se ne stava appollaiato nell’angolo di quel puzzolente camion come se nulla lo perturbasse, come se non si sentisse quella tanfa insopportabile. Con le braccia chiuse attorno alle gambe piegate e gli occhi chiusi sembrava la persona più tranquilla di questo mondo che dormiva nel suo lettino. Ma lui non stava dormendo. E non aveva nemmeno abbassato la guardia. Uno come lui non lo faceva mai, questo lo avevo imparato a mie spese.
Io ero rimasta in piedi rifiutando di sedermi per terra in quel veicolo tutto sporco. Era buio ma con la luce che entrava dai fori nella portiera si riuscivano ad intravedere delle macchie d’olio.
«Dovresti sederti». La voce di Loran –mi faceva un certo effetto pensare a lui con quel nome- risuonò.
Mi voltai verso di lui e vidi che aveva ancora gli occhi chiusi.
«Non ci tengo, grazie» risposi poggiandomi con la schiena alla parete di ferro cercando di mantenermi come meglio potevo. Sarebbe andata meglio se alla guida ci fosse stato qualcuno che la patente se l’era veramente meritata.
«Quando cadi non urlare. Mi fa male la testa» mormorò il ragazzo portandosi una mano alla testa e massaggiandosi le tempie.
Quanti giorni erano che non mi facevo una bella dormita? Da quella maledetta sera della festa a casa di Constantine Storm non aveva smesso un attimo di guidare non l’avevo visto nemmeno una volta chiudere gli occhi.
Una brusca sterzata mi fece perdere l’equilibrio e cadere a terra.
«Ahi!» mi lasciai sfuggire un lamento quando il mio sedere toccò terra seguito da un sonoro tonfo. Non alzai nemmeno la testa per vedere l’espressione di Storm che Cheikh fece una brusca frenata che sballottolò a destra e a sinistra anche il corpo di Storm.
«Scusate ragazzi, colpa mia» sentii la voce gioviale di Cheikh provenire dalla parte anteriore del camion. «Posto di blocco a cento metri. Non fiatate» proseguì lui con la solita calma nella voce. Calma che era sparita in Storm che si era seduto dritto e con la schiena tesa come una corda di violino.
Lì dentro era buio e non riuscivo a capire dove ci trovassimo e se avevamo già superato la volante della polizia. L’aria era talmente tesa che si poteva tagliare con la lama di un coltello.
Aprii la bocca per rilasciare un urlo. Magari mi avrebbero sentito. Forse avrebbero fatto fermare quel camion della spazzatura totalmente insospettabile per perquisirlo o per chiedere i documenti a Cheikh. Ma non accadde nulla di tutto questo. In me che non si dica mi ritrovai la bocca tappata dalla mano di Storm e la testa contro il suo petto mentre con l’altra mano mi teneva bloccata la testa in quella posizione.
«Non ti azzardare, bambolina» soffiò sul mio orecchio e una scarica di brividi mi percosse. Cavolo ero terrorizzata.
Non volevo sentire altro dolore, per quella sera avevo già preso abbastanza pugni e cadute. «Non ti permetterò di rovinare tutto, chiaro?» continuò lui sussurrandomi quelle minacce all’orecchio con tale naturalezze che sembrava mi stesse rassicurando.
Annuii non potendo fare altro nella speranza che lui mi lasciasse libera. Ma non lo fece, almeno non finchè Cheikh ci dicesse di aver superato la volante.
Il resto del tragitto fu abbastanza tranquillo.


**
Prima che il camion si fermasse avevo sentito il tipico rumore che fanno gli pneumatici quando schiacciano i sassolini. Poco dopo Cheikh venne ad aprire lo sportello posteriore del camion e Storm saltò giù come una molla. Il ragazzo coi dread mi porse la mano e io l’accettai riluttante atterrando con le ginocchia piegate e le gambe doloranti per l’ulteriore sforzo.
«Qui sarete al sicuro. Nessuno vi troverà» disse Cheikh sorridendoci in modo rassicurante, come se quella fosse la nostra maggiore preoccupazione. Forse lo era per Storm, ma non di certo per me.
Io pregavo ogni secondo che mio padre o la polizia mi trovasse riportandomi a casa.
Mi guardai attorno e nonostante la notte e la strada priva di luminarie riuscii a scorgere una casa enorme dai colori chiari. Dal grosso portone strombato e totalmente in legno massello dotato di due grandi maniglioni in ferro battuto si poteva intuire il lusso di quell’abitazione. Contai le finestre che si susseguivano una sopra l’altra e notai che la struttura era a cinque piani. Dire che quella era una villa era poco. Era più simile ad una regia.
«Entriamo» continuò il ragazzo dando una pacca sul braccio di Storm e superando un lungo fiale con lunghe falcate dirigendosi verso la maestosa porta della casa.
«Muoviti»
Questa volta fu Storm a parlare vedendo che non mi muovevo. Mossi lentamente i miei piedi in piccoli passi. Con calma percorsi quel lungo viale ciottolato che divideva in due quel prato fresco di rasatura. Davanti alla porta c’erano due grandi leoni imponenti che emanavano potere e incutevano paura allo stesso tempo.
«Di chi è questa casa?» chiesi senza pensarci non sapendo nemmeno io a chi dei due ragazzi mi stessi riferendo. Non credevo che quella grande e bellissima villa fosse di proprietà di uno dei due.
«Di un certo Signor Traynor» blaterò Cheikh muovendo la mano davanti al suo viso. «O almeno credo si chiami così. Poco importa il suo nome» sorrise tranquillamente.
«Non capisco» mi lasciai sfuggire. Mi sentivo stordita, stanca e non avevo voglia di altri misteri.
«E infatti tu non devi farlo» Storm era sempre così rude nei miei confronti e quella volta non fu certo da meno, ma il suo amico sembrava molto più gentile e ben disposto a scambiare quattro chiacchiere.
«Dai Loran» intervenne Cheikh «È giusto che lei sappia»
Io annui vittoriosa mentre Storm sospirava sconfitto.
«Il signore e la signora Traynor sono in vacanza in qualche isola paradisiaca da ricconi e a me dispiaceva tanto lasciare la casa vuota. Non era un peccato, Loran?» chiese retoricamente e l’amico non gli rispose nemmeno.
Mi stava dicendo che si erano introdotti furtivamente in quell’abitazione mentre i proprietari erano fuori città?
«Ma una casa del genere dovrà pur avere degli allarmi o delle telecamere» ribattei sconcertata ma il motivo per cui lo fossi non lo sapevo. Del resto mi trovavo in compagnia di due criminali, cosa potevo mai aspettarmi?
«Oh, questa è l’ultima cosa di cui ti devi preoccupare bambolina. Cheikh è il genio dei computer» disse Storm accomodandosi sul divano e poggiando i piedi sul tavolino davanti a sé.
«Vero, nessun sistema operativo è al sicuro con me nei paraggi» si atteggiò accomodandosi anche lui sul divano. Io rimasi in piedi rifiutandomi di sedermi su quella poltrona che era di un’altra persona.
«Non fare la schizzinosa» disse Storm rompendo il silenzio «Fa finta di essere a casa di una di quelle tue amiche ricche e spocchiose» continuò lui e mi stupii delle sue parole. Che mi si leggesse in faccia quello che stessi pensando?
«Le mie amiche non sono spocchiose» ribattei.
«E non lo saresti nemmeno tu, vero bambolina?» controbatté lui.
«Smettetela voi due» si intromise Cheikh ponendo fine a quel dibattito. «Abby va sopra e riposati. Sei stanca come tutti noi. Credo che un po’ di riposo non faccia male a nessuno»
Riluttante e senza dire un’altra parola salii le scale e andai al piano di sopra.
Aprii la prima porta che incontrai lungo il corridoio e sperai che non fosse la camera da letto dei coniugi Traynor. Fortunatamente non lo era, o almeno credevo. Le pareti erano di un giallo pallido e rilassante. Un grande letto era posizionato al centro della stanza con numerosi cuscini fiorati posizionati sopra. Un tappeto verde con tulipani gialli era poggiato ai piedi del letto e un piccolo armadio a quattro ante era addossato alla parete. Sembrava una tranquilla e lussuosa stanza per gli ospiti.
Lentamente entrai nella stanza. Mi muovevo di soppiatto come se qualcuno mi potesse scoprire da un momento all’altro. Mi sentivo a disagio a camminare tra quelle mura. Stavo -stavamo- violando la privacy di sconosciuti. Non era bello quello che stavamo facendo. Era un reato. Quei due ragazzi non solo erano dei criminali ma anche degli arroganti irrispettosi.
Appena mi sedetti su quel letto morbido crollai irrimediabilmente in un sonno profondo senza precedenti. Quella fu una notte asettica e priva di sogni.
Quando mi svegliai il sole batteva alto nel cielo e lo stomaco brontolava. Stavo morendo di fame.



Harrison’s point of view

Guardavo quel dettagliato resoconto dell’accaduto con occhi sgranati e incapaci di comprendere anche una singola parola scritta su quel foglio.
I due poliziotti che avevano inseguito con la volante mia figlia avevano fatto rapporto e mi avevano descritto nei minimi particolare i due ragazzi: Abby e quel giovanotto dai capelli scuri.
Lineamenti decisi, capelli e occhi scuri, non molto grosso. Alquanto affascinante.
Quella era stata la descrizione del poliziotto che non era alla guida e la sua ultima affermazione mi aveva infastidito. La cosa che più mi aveva colpito, tuttavia, era che quella descrizione assomigliava tanto a quella di Anna, la signorina che era presente alla festa di Constantine.
«André, devi indagare sulla vita privata di Jack Tyrell. Devo sapere se ha fratelli, se è sposato. Voglio conoscere tutto su di lui. Cercate foto o video» ordinai al giovanotto che se ne stava seduto al tavolo in soggiorno poco distante da me. Lui si mise immediatamente a lavoro.
«Il ragazzo della festa, quello che sembra essere sparito nel nulla, è coinvolto nel rapimento» dissi poggiando una mano con rabbia sulla foto sfuocata che avevano scattato Anna e la sua amica. «Deve esserlo» vociferai a denti stretti.



Abigail’s point of view

Quando aprii gli occhi il sole già batteva alto nel cielo. I rumori della grande metropoli erano ben lontani dalle mie orecchie. Mi aspettai di sentire il cinguettare degli uccellini, ma forse era già troppo tardi per poterli sentire.
Mi alzai subito dal letto gettando i piedi a terra e infilando le scarpette la ginnastica che la sera prima mi ero sfilata. Non ero mai stata una di quelle persone che amava poltrire nel letto, una volta che mi ero svegliata tanto vale mettere il naso fuori dal letto.
Con leggerezza e spensieratezza e soprattutto ben riposata scesi le scale dirigendomi in cucina e solo quando vidi la schiena nuda di un ragazzo muscoloso e con lunghi dread che gli ricadevano sulle spalle mi resi conto che quella non era casa mia. Che in cucina non c’era mia madre. Che né André né Anthony stavano girando per casa alla ricerca di mio padre. In un attimo i miei muscoli si tesero e il mio sguardo si fece attento.
«Sto preparando le uova» disse Cheikh senza voltarsi e restando rilassato davanti ai fornelli. «Ne vuoi un po’?»
Era gentile. Niente in lui faceva intendere che era un criminale e un mago dell’informatica. A vedersi sembrava uno studente un po’ strambo di un’accademia d’arte. Era gentile e dai modi affabili.
Senza che potessi controllarlo il mio stomaco brontolò.
«Lo prendo per un si» disse lui voltandosi e rivolgendomi un sorriso smagliante.
Le mie labbra si tesero in una specie di sorriso anche se avevo l’impressione che somigliasse più ad un ghigno. Poco dopo prese due piatti e li riempì di uova e bacon. Sul bancone c’era anche una brocca con del succo che sembrava d’ananas. Mi riempii il bicchiere di quel liquido giallo. Cheikh si sedette di fronte a me e mi porse il piatto. Mangiai subito una forchettata di uova e mi sentii subito meglio. Erano davvero squisite.
«Non sono un granché in cucina, le uova sono l’unica cosa che mi riescono bene» Cheikh parlò con la bocca piena di uovo sputacchiando un po’ e quel gesto mi fece sorridere.
Se la situazione fosse stata diversa avrei potuto anche considerarlo un simpaticone. E anche un gran chiacchierone.
«Sono davvero buone» dissi sorridendo a mia volta e decidendo di approfittare della sua gentilezza e porgli una serie di domande a cui Storm non avrebbe mai risposto.
«Allora, come vi conoscete tu e lui?» dissi non avendo nemmeno il coraggio di chiamarlo per nome. Mi sentivo un po’ come quelle studentesse di Hogwarts che avevano paura di pronunciare il nome di Voldemort. L’avevo sempre trovata una cosa stupida eppure era la stessa cosa che stavo facendo io in quel momento.
«Con Loran, intendi?» chiese e non sembrava affatto infastidito dalla domanda.
Annuii.
«Siamo cresciuti nello stesso quartiere. Abbiamo fatto le stesse scuole» disse continuando a mangiare. «Sono sicuro che anche tu sarai cresciuta con qualche tua vicina»
«No, non ho mai legato non le figlie dei vicini» dissi in tono atono. Lui mi guardò con fare incredulo e io feci spallucce. «Dove siete cresciuti?» chiesi vogliosa di venire a conoscenza di informazioni, non che potessi fare granché ma almeno soddisfacevo la mia curiosità.
«Pendleton, nell’Idaho» disse per poi bere l’intero bicchiere di succo in un’unica sorsata.
Non ero mai stata in quello stato. In realtà non ero mai uscita dallo stato di Washington.
«E del fratello, invece, cosa mi dici?» chiesi alzandomi e poggiando il piatto nel lavello.
«Scusami, ma non sono scemo» disse Cheikh alzandosi a sua volta. «Non ti dirò nulla su Jack» Non sembrava arrabbiato o corrucciato, aveva semplicemente rifiutato di rispondere alla mia domanda.
Se avessi chiesto una cosa del genere a Storm mi sarei già ritrovata contro il muro con le sue mani alla gola.
«Partitina a carte?» chiese e io accettai immediatamente.


**
Quel ragazzo era un asso con le carte. Temevo che stesse barando ma non riuscivo a scorgere nessun movimento sospetto. Se nella truffa era bravo come con le carte allora capivo perché non l’avessero mai preso.
«Sicura di non voler giocare a Strip Poker?» chiese sorridendo in modo furbetto.
«No grazie» rifiutai «con la fortuna che mi ritrovo finirei in mutante nel giro di un paio di mani»
Lui rise e quel suono allegrò risuonò nella sala contagiandomi. Erano giorni che non ridevo così e mi stupivo di me stessa nel rendermi conto di quello che stavo facendo e delle circostanze in cui mi trovavo, ma era così facile essere allegri e spensierati con Cheikh nella stanza. Non riuscivi a rimanere col muso lungo.
«Cerchi di fare colpo coi trucchetti che ti ho insegnato?» ci pensò la voce dura e fredda di Storm a riportarmi alla realtà facendomi perdere il sorriso.
«Ehi, ben svegliato amico» esordì Cheikh più felice che mai. «Giusto in tempo per il pranzo»
In quel momento mi resi conto di due cose che prima non avevo notato. Primo, erano le due del pomeriggio e il mio stomaco stava prendendo a brontolare nuovamente. Secondo, presi coscienza dell’aspetto di Storm solo in quel momento. Indossava i jeans scuri del giorno prima slacciati sul davanti e la maglietta stropicciata gli lasciò scoperto un lembo di pelle mente era intento a stiracchiarsi. Tuttavia la cosa che mi stupì di più fu il suo viso con le guance segnate dal cuscino e gli occhi semi aperti che viaggiavano ancora nel mondo dei sogni. Le labbra erano secche e leggermente dischiuse in un’espressione di pura tenerezza.
Si portò la mano alla bocca e si lasciò andare ad un enorme sbadiglio e un gemito di sollievo. Sembrava più rilassato. Quella dormita aveva fatto bene a tutti e due.
«Novita?» chiese sedendosi sul divano e allungando le gambe sul tavolino.
«Nessuna» rispose Cheikh facendosi serio in un attimo «Tutto sotto controllo»
Loran annui semplicemente per poi sbadigliare di nuovo. Mi andai a sedere sulla poltrona, proprio di fronte a lui, sentendomi di peso a stare impalata sulla porta del soggiorno.
Storm alzò lo sguardo e mi penetrò con gli occhi facendomi sentire giudicata sotto la sua scrupolosa osservazione. Ogni volta che mi guardava in quel modo mi sentivo fuori posto e sporca nell’anima, come se avessi qualcosa da nascondere. Mi rannicchia in me stessa senza nemmeno rendermene conto.
«Allora, Abby» pronunciò il mio nome con sarcasmo e un ghigno gli comparse sulle labbra mentre gli occhi si assottigliarono a due fessure più simile a quelle di un gatto che a quelle di un umano. 
«Pronta a parlare col paparino?»

 
Note
Perdonatemi per l'immenso ritardo. Sono stata travolta dalla lettura di un libro che mi ha completamente risucchiata tra le pagine e le mille parole. Questo romanzo mi ha sconvolta a tal punto che una volta aver girato l’ultima pagina mi sono sentita svuotata da ogni tipo di emozione.
Ci ho messo un po’ a riprendermi ma eccomi qui con questo capitolo che non è niente di che, ma spero lo stesso che abbiate apprezzato.
Esultate con me perché abbiamo sconfitto con me la maledizione del sette (non ho mai portato le storie originali oltre i sette capitoli). Dico abbiamo perché con il vostro supporto sono riuscita a trovare la giusta motivazione per continuare a scrivere questa storia.
Ci tengo a ringraziare quelle dolcissime ragazze che puntualmente mi lasciano una recensione che come sempre sono felicissima di leggere. Mi piace stabilire un contatto con tutti voi.
Ringrazio anche le lettrici silenziose che leggono i capitoli e aggiungono questo delirio tra i preferiti/seguiti/ricordate. Grazie di cuore. Tornando alla storia, cosa ve ne pare di questo capitolo? Voglio sapere le vostre impressioni su Cheikh. Ve lo aspettavate così? Non ve lo aspettavate così? Voglio sapere le vostre sensazione e i vostri pareri su come crediate che la storia evolverà.
Come sempre lascio il solito annuncio aperto a chiunque se la sente di fare banner o trailer per la storia.
Se voleva parlare con me vi basta lasciarmi un messaggio e io vi risponderò molto volentieri.
Un bacione e alla prossima
-B
  
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