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Autore: Tatan    16/01/2009    1 recensioni
Fissai per un’ultima volta ciò che rimaneva di quello stupendo affresco, e con mano tremante mi avvicinai per sfiorarlo...Della Dama non rimaneva che una mano e un lembo di veste, mentre il Cavaliere era stato privato del cavallo e di una gamba [...] STORIA ABBANDONATA
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Storico
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fame pittore Adrien

Casa del Sole non era mai stata così affollata come quella sera. Tutta S. Monica, o meglio, tutta la nostra S. Monica, si era riunita in quel tugurio che puzzava di sudore e fatica, per assistere al battesimo del figlio di Paul; un modo come un'altro per sottrarsi alla noia e alla fame novembrina.
Io, Miquel e Carlos eravamo seduti fuori a fumarci una sigaretta, mentre Jean finiva la cerimonia accompagnato da gran battimani. Tra poco sarebbe iniziato il tradizionale banchetto, e non volevamo certo perderci l'occasione di mangiare a sbafo.
Ormai non sentivo più nessun tipo di vergogna nel partecipare a tutte le feste e sagre della città, con lo scopo di mangiare il più possibile.Mangiare, mangiare se ancora mangiare...finoa  scoppiare.
 Il cibo era un pensiero fisso,  forte quasi quanto la mia passione per la pittura. Era due cose che andavano pari passo, più tempo passavo a dipingere nel Templo ( come chiamavamo affettuosamente l'antico casale dove trascorrevamo i nostri pomeriggi)  più la morsa della fame stringeva il mio stomaco, fino a stremarmi e ad illuminare i miei occhi di una luce malsana. Un urlo continuo, che non si spegneva mai. Un bisogno che diventava ogni giorno più potente, un impulso che metteva a tacere il mio orgoglio con sorprendente facilità.
 Eppure, sebbene non fossimo ricchi, non eravamo neppure tra i più poveri...No di certo. Riuscivamo sempre e comunque a mettere qualcosa in tavola, e non dovevamo nemmeno piegarci a lavori troppo umili.
Io però non smettevo di avere fame. Mai. Con Miquel e Carlos era diverso, loro erano grandi e grossi e il loro appetito era senza dubbio normale.
Ma io?? Io dipingevo, e mi consumavo ad ogni pennellata. Ero alto, ma ormai potevo contare le ossa del mio costato. Ed il colore della mia pelle! Bianco, latteo come la luna, quasi trasparente. Il sangue  che palpitava sotto era fin troppo visibile, le vene troppo sporgenti. Gli zigomi pronunciati sul volto scavato, le labbra chiare, gli occhi troppo scuri per essere sinceri, i superstiziosi dicevano che i demoni si erano insediati nel mio corpo. Demoni a cui avevo donato la carne in cambio dell'arte che mi aveva reso celebre nella periferia della Comarca. Sciocchezze per giustificare il mio innegabile talento...e la mia immodestia.
Fatto sta, che dormivo sempre di più e non c'era cibo che potesse saziarmi.

Ma...ci sono altri tipi di fame.* La fame di lei, per esempio. Che era altrettanto potente ed inestinguibile di quella che devastava il mio stomaco.
La guardavo, la spiavo, e non riuscivo a togliermela dalla testa...E non mi aiutava di certo.
Non avevo potuto vedere la sua reazione al dragone immmortalato sul muro di casa, ma riuscivo benissimo ad immaginarla e ad indovinare ogni sua emozione, ogni suo comportamento...E la avevo vista due tre volte. Ed ero riuscitoa terrorizzarla con una sola parola. E lei non sapeva nemmeno il mio nome.
Ma io sapevo chi era lei. La conoscevo, non come Miquel o Carlos o Paul o Dolores, ma come conoscevo me.
Io ero lei. E averla lontana era una tortura che non potevo sopportare. Il mio cuore era con lei, e io non potevo vivere senza il mio cuore.
E lei non sapeva nemmeno il mio nome.

Mi riscosi dai miei pensieri: qualcuno mi aveva chiamato.
Girai la testa, e vidi Miquel indicare una figura ammantata immobile in mezzo alla strada.
Una donna, a giudicare dal profilo. Ci fissava, ascoltando il chiasso della festa all'interno...Avevano iniziato il banchetto.
Le oscurità della sera non mi permettevano di vederla con chiarezza, ma era facile intuire i brividi che le attraversavano tutto il corpo. 
Non si muoveva, continuava a tremare, aspettando probabilmente che qualcuno le rivolgesse la parola.
Nonsotante la mia pancia gridasse di voltarmi e di seguire il soave profumo della carne d'agnello comprata per l'occasione,  il mio istinto e soprattutto l'educazione che avevo un tempo ricevuto mi disse non solo di restare fermo, ma di avvicinarmi a lei.
Sarò stato a meno di due metri di distanza, quando il cappuccio scivolò, lasciando comparire una nube di seta nera acconciata con eleganza, le gote arrosate, un paio di occhi spalancati che avrei riconosciuto ovunque.
Il mio cuore prese a correre, impazzito, e il sollievo che mi travolse mi lasciò senza respiro. Stavo soffrendo, e nessuno a parte lei poteva guarirmi.
Prima che potessi dire qualcosa, salutarla, presentarmi finalmente, lei alzò una mano e veloce come un lampo mi colpì il viso, in uno schiaffo che fece male solo alla mia vanità.
Dalle risate dietro di me, mi accorsi che anche i miei amici la avevano riconosciuta. Rivolsi un sorriso di scherno a lei, che mi guardava piena di frustrazione e paura, e lancia un'occhiata assassina agli altri due, che con molta saggezza si dileguarono.
C'eravamo solo lei ed io. Non ebbi nemmeno il tempo di assaporare questa certezza, che Dalila si mise ad urlare, concitata: " Tu! Proprio te, cercavo!
Come..co-come ti sei permesso di fare una cosa simile??? Con quale diritt-to?? Mia... zia è quasi morta di infarto! Non ne avevi il diritto! E però hai osato lo stesso...tu, tu, brutto straccione figlio del diavolo! Pe-perchè a ME poi...che ti ho fatto?"
Arrossiva ad ogni parola, a tratti urlava, e a tratti balbettava, pestava i piedi e non riusciva a guardarmi negi occhi.
Era tanto buffa, anche così arrabbiata, che mi misi a ridere di gusto, senza staccare lo sguardo dal suo viso.
Lei rimase interdetta, accaldata e imbarazzata.
" M..-mi trovi divertente? Sei solo uno sbruffone..signor..."
" Adrien Lovagos al vostro servizio, signorina Dalila."
" Signor Lovagos, anzi no,  non signore. Tu sei tutto, forchè un signore! E faresti meglio a non ridere così sguaiatamente con una come me!"
" Perchè signorina Dalila? Cosa farebbe se continuassi?? Mi picchierebbe? Di nuovo? "
Si morse il labbro, calmandosi. " Suppongo di sì. O direi a mio zio che sei tu il colpevole di quella bestia sul muro..."
" Non avete nessuna prova che sia stato io!"
" Ah davvero?? E l'orecchino??"
" Potrei non essere stato io a rubarvelo...Tanto, ora voi ne siete di nuovo in possesso"
Rimase di stucco.
" E tu come lo sai? Ti sei tradito da solo, furbone!"
Mi azzittii, guardandola negli occhi e  costringendo anche lei a fare los tesso.
" Una mente sagace ed un fare investigativo come il vostro, signorina Dalila, sarebbero degni di lavorare per l'ispettore Tanelito.!
Non disse nulla.
" Davvero mi denuncereste, Dalila?"
Nulla. Mi guardava, provando disperatamente ad abbassare lo sguardo.
" Davvero ne sareste capace?"
Potevo perfino sentire il battito del suo cuore.
" No."
Mi avventai sulle sue labbra, sapendo che me ne sarei pentito, e sapendo che una volta toccato il cielo, non avrei più potuto scendere.



Grazie moltissime ad alilah e a stellina93 per le recensioni...Sono contenta che vi piaccia la storia!
Ditemi cosa pensate di questo chap..e alla prossima ù__ù

P.S. Bestemmiare gentilmente è impossibile naturalmente, stellina. é un modo di dire proprio per sottolineare la frequenza delle bestemmie stesse è__è








  
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