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Autore: LadySJones    05/07/2015    3 recensioni
"Emma era il lieto fine di Killian, lo era per davvero. E Jennifer? Cos’era Jennifer per Colin? Quel dannato irlandese che si era silenziosamente insidiato nella sua vita, sconvolgendogliela però nella maniera più intensa e rumorosa possibile..."
Colin O’Donoghue e Jennifer Morrison. Una chimica come poche, un’amicizia oltre i confini, due anime gemelle destinate ad incontrarsi troppo tardi. Una FF nata semplicemete dall’amore folle e sviscerato che nutro per questi due splendidi e adorabili individui.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NEVER KNEW I COULD FEEL LIKE THIS.

 
 



 
*COLIN
 
 
“Cazzo! E adesso?!” - esclamò incredulo, passandosi la mano tra i capelli, per poi dare nervosamente un colpo allo sportello dell’auto.

Rimase a fissare quella ruota per un tempo indefinito.


Non ne aveva una di scorta con sè, e casa sua distava ancora troppo per giungervi a piedi, per lo più faceva un freddo cane.

Avrebbe potuto fare un colpo di telefono a Sean ma, vista l’ora - quasi le 2 - non se la sentì proprio di scomodarlo.

Era un pò bastardo a volte, sì, ma non a certi livelli.

Iniziò a piovere.

“Fantastico..” - sbufò.

Entrò quindi in macchina, infilandosi il giubbotto di pelle per scaldarsi un pò.

L’unica soluzione sarebbe stata quella di dormire lì, o almeno, provarci.

Abbassò il sedile e vi si sdraiò col braccio sotto la nuca, tenendo lo sguardo fisso su un semaforo che lampeggiava a scatti poco più avanti.

Una finestra di un palazzo lì vicino lasciava intravedere un mix di luci e colori.

Qualcuno stava dando sicuramente una festa o un qualche evento simile.

Fu giusto quella finestra a destarlo dalla posizione supina in cui si trovava, riportandogli alla mente che casa di Jen stava proprio dietro l’angolo, a due passi da lui.

Se ne era completamente dimenticato.

D’instinto, nonostante la pioggia battente, scese dall’auto e si avviò a passo spedito verso l’edificio.  

Alzò di nuovo lo sguardo: la finestra della camera di lei era buia, esattamente come l’aveva vista qualche minuto prima che bucasse.

“Ma che diamine sto facendo?! Che pensavo di fare? Che razza di coglione...”- disse, quasi burlandosi di se stesso.

Non fece neanche in tempo a distogliere lo sguardo che tutt’a un tratto quella finestra s’illuminò.

Per chissà quale ragione si era svegliata.

Non sarebbe mai e poi mai andato a bussarle senza preavviso, per lo più a quell’ora, l’avrebbe spaventata a morte.

Si avviò  così di corsa verso il portone principale che, stranamente, era aperto, poi salì le scale.

Jen stava al terzo piano.
 

 
 
*JENNIFER
 
 
Come da copione, non era riuscita a prender sonno neppure quella notte.

Aveva trascorso la serata in compagnia di Rose, e poi guardando un vecchio film, solo lei e Ava.

Sua sorella Julia, invece, era partita poco dopo cena.

Si alzò dal letto e diede una rapida occhiata dalla finestra. Stava piovendo a dirotto.

Percorse poi scalza il breve corridoio che separava la sua camera dalla cucina.

Aveva proprio bisogno di una dose massiccia di caffè bollente dato che il pensiero di lui non smetteva di tormentarla, sopratutto dopo l’ultimo episodio mattutino fuori gli studi.

Prese il caffè, la sua solita tazza gialla e preparò la macchinetta, ma prima di metter tutto sul fuoco tornò rapidamente in camera sua a prender vestaglia e ciabatte.

Non indossava un piagiama molto pesante, e i riscaldamenti stavano spenti da qualche ora, ragion per cui la temperatura in casa era scesa un pochino.

In più, fuori si gelava non poco.

Ava stava ancora sul letto e giocava a mordicchiare il lembo del suo cuscino.

Jen mise su la vestaglia, infilò le ciabatte e fece per riavviarsi in cucina, quando sentì il suono di un sms in entrata.

Si fermò, stranita nel buio del corridoio. Chi poteva essera a quell’ora?

Prese il cellulare, ed ebbe quasi un colpo quando vide che il mittente era lui.
 
 

 
***
 

 
-Sei sveglia?- le aveva scritto, mentre attendeva sulla porta standosene impalato a pochi metri da lei. 

Jen indietreggiò a piccoli passi e si mise a sedere sul letto, lentamente, senza staccare lo sguardo dal display.

Rimase a fissare quelle due parole pietrificata, imbambolata.

 Non tardò comunque a rispondere, e lo fece di getto:

-Sì ma.. perchè me lo chiedi? E' successo qualcosa?-

Invio.

Attesa.

Colin, dall’altra parte, lesse e sorrise.

Ancora attesa.

Nuovo messaggio: -Apri la porta e scoprilo da sola-

Jen sgranò gli occhi, alzò la testa e guardò incredula verso il corridoio.

“Ma che diavolo...?”

Corse velocemente all’ingresso e guardò dallo spioncino.

Era davvero lui, stava davvero lì! Sì sentì il cuore in gola.

Cercò rapidamente di sistemarsi al meglio quei ciuffi ribelli che schizzavano dalla sua acconciutura semi raccolta. Si chiuse la vestaglia, fece un bel respiro, poi aprì.

Ed eccolo là, bello come non mai, bagnato, infreddolito e con l’aria un pò stanca.
 
“Colin! Ma che ci fai qua? Che è successo?” domandò piuttosto stordita.

“Hey, scusa l’ora... ma è successo un casino e...”

“Non ti preoccupare.. - lo interruppe subito - ...vieni dentro intanto, così mi racconti e ti asciughi, stavo giusto mettendo su il caffè.” - e così dicendo, lo invitò a togliersi il giubbotto umido e ad accomodarsi in cucina, mentre corse in bagno a prender su un’asciugamano.

Si guardò allo specchio e fece per darsi nuovamente una rapida sistemata ai capelli.

Si sentiva davvero nervosa.

Trovarselo lì in casa così all’improvviso, nel cuore della notte, era decisamente l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettata.

Rientrò in cucina, porgendogli l’asciugamano.

“Grazie, mi ci voleva proprio...”

“Figurati.” - sorrise, per poi sedere faccia a faccia con lui al tavolo, in attesa che il caffè uscisse.

Colin si sfregò quel panno sui capelli piuttosto vigorosamente, per poi passarselo sul viso e poi sul collo.

“Allora... che hai combinato?” - proseguì Jen, guardandolo sott’occhio mentre sistemava le due tazzine sul vassoio.

Era tremendamente bello con quei capelli umidi e sparati un pò ovunque.

“Ho bucato... - replicò lui.

“Hai bucato?”

“Sì.. tornavo da casa di Sean quando proprio all’incrocio qui vicino..la ruota, boom, è andata.”

 “Quindi... ti è venuta la brillante idea di venirmi a svegliare perchè ti serviva una ruota di scorta...” - lo burlò lei, afferrando la zuccheriera.

Colin esitò un istante prima di risponderle:

 “Non stavi dormendo. Ho visto la luce accesa della tua stanza prima di contattarti... non mi sarei mai permesso altrimenti..” - e alzò il solito, insolente sopracciglio, porgendole l’asciugamano.

Hook again.

 “Ah beh, in questo caso..." - Jen ricambiò lo sguardo, per poi spostarlo nuovamente sulla zuccheriera.

“Lo preferisci dolce o amaro?” - riprese, come a voler cambiare per un attimo discorso e scollarsi da quegli occhi magnetici.

 “Prendiamo il caffè insieme quasi ogni giorno e ancora me lo chiedi?”

 Adorava stuzzicarla.

“Dolce al punto giusto, comunque. Spero che d’ora in avanti te lo ricorderai..” - concluse, continuando a sorriderle senza staccarle gli occhi di dosso.

“La vita notturna ti rende particolarmente spiritoso, vedo...”

Colin le lanciò un sorriso ancora più sfrontato.

Quelli erano i tipici suoi atteggiamenti che, in un modo o nell’altro, finivano sempre per renderla tremendamente vulnerabile.

Quell’aria da dolce bastardo che ogni tanto mostrava anche lui, e non solo il personaggio che interpretava, aveva uno strano effetto su di lei.
 
Il soffio della macchinetta interruppe quel vivace scambio di battute e li avvertì che il caffè era pronto per essere servito.

Jen riempì prima la tazza di Colin, poi la sua, e si rimise a sedere.

Bevvero lentamente, scambiandosi occhiate furtive ma silenziose.

“E comunque... - riprese lui, addolcendo la voce e tornando serio - ... la ruota di scorta mi servirebbe sul serio, Jen. Te ne ritrovi una? Così mi rimetto in strada subito.”

Per poco non le andò un sorso di traverso:
“Scherzi!? Non puoi tornartene a casa adesso, sono quasi le 2 e mezza, hai visto che tempo?! Non dire assurdità..”

“A dire il vero non muoio proprio della voglia di dormire in macchina col freddo che c’è là fuori, quindi.. se puoi farmi questa cortesia...”

“Dormiresti qua, genio.. - ribattè lei, senza rendersi conto di averlo detto sul serio.

“Allora è vero che senti la mia mancanza..” - disse, continuando a provocarla.

 “Piantala di fare lo scemo. E’ solo perchè.. non ce l’ho una ruota di scorta. Domani vedrò di chiamare un’amico e sistemiamo tutto...”

“Tranquilla, non scomodarti. Lo chiederò a Josh, lui l’avrà sicuramente..”

“Come preferisci... - concluse lei, alzandosi e riponendo le tazze nel lavandino.
 
Calò un silenzio improvviso tra i due.

Nella stanza echeggiava solo il ticchettìo del grande orologio da parete e lo scrosciare dell’acqua corrente con cui Jen era intenta a pulire la macchinetta del caffè.

La lavò più e più volte, nonostante fosse già pulita.

Quell’atmosfera la fece sentire ancora più nervosa.

E anche se stava dandogli le spalle, avvertiva ugualmente gli occhi di Colin addosso.

“Ti diverti proprio, eh?” - disse lei ad un certo punto, rompendo il silenzio, ma senza scollarsi dalla sua posizione.

“Se ho capito che intendi, diciamo che mi piaci di più quanto ti arrabbi, Swan...”.

Jen continuò a restare di spalle: “Che idiota che sei...”.

Sorrisero entrambi.

“...Sicuro non disturbo?” aggiunse poi serio.

“Certo che no... ma dovrai accontentarti del divano.”

“Ohhh non potrei chiedere di meglio! Tutto pur di evitarmi un nottata gelida in auto, guarda. Se poi, in caso, avrai bisogno di compagnia..."

 “-Scemo. Dai vieni, che ti prendo una coperta così ce ne andiamo a dormire...”.

E gli fece strada in salotto.
 
 
***
 
 

“Ecco qua.” - disse Jen, entrando e poggiando la coperta sul divano dove stava seduto lui.

“Grazie. E’ un problema se tolgo le scarpe..?” - chiese.

“Ma no figurati, fai pure. Allora buonan-...”

“-Aspetta.” - la fermò alzandosi e afferrandola per un braccio.

“Che c’è?” - esclamò stranita.

“Concedimi altri due minuti, dobbiamo parlare.”

Il cuore riprese a batterle all’impazzata.

Il salone era appena illuminato dalla luce che proveniva dal corridoio, ma ciò non le impedì di notare quanto gli occhi di lui fossero diretti e sinceri.

“Parlare di cosa?”

“Di stamattina e del perchè mi stessi evitando.”

Jen si sentì lì per lì smascherata. Tuttavia, fece il possibile per non far trasparire dal suo volto la minima emozione.

“Evitando? Ma che dici?”

“Quello che ho detto.”

“E perchè mai avrei dovuto?”

“Ah non so, dimmelo tu.”

“Colin, per favore... - sospirò - ...ti avevo detto che ero solo un pò stanca per via del- “

 “-Non me la bevo Jen, mi spiace.” - la interruppe senza mezzi termini.

“...Liberissimo di non crederci, allora.”

“Infatti non ci credo.”

“Ma cos’altro vuoi che ti dica?!”

“La verità.”

“La verità su cosa? Ma che t’importa?!” - sbottò lei, a quel punto.

Fu allora che la girò di scatto verso di sè, afferrandole anche l’altro braccio.

“M’importa perchè tengo troppo a te da farmi prendere in giro così! - alzò un pò il tono di voce - ...è da qualche settimana ormai che non sei più la stessa... mi eviti... e non sono stupido!”

Jen si limitò a guardarlo senza aprir bocca.

Fu tipo una doccia fredda, quelle parole l’avevano un attimo destabilizzata.

Ed era forse la prima volta che lo vedeva tanto coinvolto.

Avrebbe voluto urlargli che aveva ragione, che era proprio come diceva lui, che lo stava evitando perchè non era più capace di gestire la sua vicinanza.

“Puoi lasciarmi? Mi stai facendo male...” - disse, con gli occhi socchiusi e con voce esitante.

Colin non si era affatto reso conto di aver forzato un pò troppo la presa e si allontanò di colpo.

Si mise nuovamente seduto sul divano, mentre con la mano si copriva la bocca, come a vergognarsi del gesto appena compiuto.

Rimasero per l’ennesima volta in silenzio.

Lui, con lo sguardo fisso sul pavimento.

Lei, che aveva girato leggermente il capo per non farsi accorgere, nonostante la poca luce, dei suoi occhi lucidi.

Silenzi che stavano diventando fin troppo frequenti e difficili da sopportare.

Il tonfo di un tuono si unì al rumore della pioggia che ancora continuava a venir gù incessante.

Jen riprese a guardarlo con la coda dell’occhio e non potè fare a meno di notare quanto fosse pensieroso.

Aveva entrambi i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani congiunte in avanti.

Continuando a rimanere in silenzio, si voltò con lentezza e fece per andarsene.

Spense la luce del corridoio - che rimase comunque leggermente illuminato per via del barlume di un lampione che entrava dalla grande finestra posta in fondo ad esso - quando si sentì nuovamente afferrare e in men che non si dica si trovò fra le braccia di lui.

“Scusami...” - le sussurrò con le labbra poggiate sui suoi capelli.

Jen rispose per istinto, abbracciandolo a sua volta.

Rimasero stretti e in silenzio per qualche secondo, prima che lei scoppiasse a piangere.

Era l’ultima cosa che voleva fare, ma non riuscì a trattenersi.

Sentendola in lacrime,  Colin si staccò da lei e le afferrò il viso con entrambe le mani.

 “Stai piangendo? Perchè?” - le chiese preoccupato, mentre con i pollici asciugava delicatamente le lacrime dalle sue guance.

Jen non rispose.

“Che cos’hai? Parlami per favore... Jen..” - insistette lui, avvicinandosi ancora di più al suo viso, sfiorandole naso e fronte.

Jen continuò a fissarlo tentando di bloccare i singhiozzi.

“Baciami..” - disse poi lei all’improvviso, con la voce bassa e rotta dal pianto.

Colin non potè credere a ciò che aveva appena sentito.

“C- cosa..” - il suo fu un filo di voce. E le mani, che ancora le contornavano il viso, finirono per cedergli sulle spalle di Jen.

“Baciami..” - ripetè lei, con lo stesso tono di prima.

Lui non riuscì a dir nulla, non si mosse di un centimetro.

Quella richiesta così inaspettata l’aveva lasciato del tutto incredulo e incapace di reagire.

Jennifer, da parte sua, sospirò un pò sconsolata e forse anche un pò pentita per ciò che aveva appena detto.

Sempre in lacrime, prese quindi le mani di lui e le mise giù piano, per poi voltarsi e lasciarlo lì nel semi buio del corridoio, mentre fece per dirigersi in camera sua.

Ma ancora, puntualmente, per la seconda volta, lui la rincorse, le afferrò il braccio e la girò verso di sè, guardandola con due occhi talmente profondi da far male.

Ora fu lei che non riuscì a muoversi, completamente gelata da quello sguardo che, nonostante la luce fioca, pareva tenerla sotto incantesimo.

Senza distogliere i suoi occhi da quelli di lei, lentamente la fece indietreggiare, spingendola con la schiena alla parete.

Poi le prese le mani, intrecciò le sue dita alle sue e le alzò le braccia ad altezza delle spalle, come per disarmarla.

Jen potè sentire il suo respiro affannoso sulle sue labbra.

Continuò a fissarla intensamente senza dire una parola, poi la baciò.
 
Un bacio dapprima delicato, ma che divenne poco a poco sempre più vigoroso.

Un intreccio di lingue, di sapori, di respiri. Un’esplosione di passione, di desiderio.

Quel desiderio represso e reciproco  di esser finalmente uno tra le braccia dell’altra, non solo dietro un copione.

Con le bocche che sempre continuavano a gustarsi all’unisono, slegarono le dita per possedersi a vicenda anche con le mani.

Quelle di lei navigavano tra il petto e i capelli di lui; quelle di lui perlustravano minuziosamente sotto la sua canotta ogni centimetro di schiena e fianchi.

Quando Colin si fermò un istante, potè sentire lei respirare quasi a fatica.

Le passò con dolcezza l’indice della mano sulle labbra, poi le tolse delicatamente la vestaglia, poi la canotta, finite entrambe sul pavimento.

“Dio quanto sei bella..” - le disse con voce bassa e roca mentre osservava quei seni nudi e perfetti.

Lunghi brividi la percorsero dalla testa ai piedi.

Poi riprese a divorarla con un bacio ancora più energico, mentre lei si ancorava con le dita e le unghie alle sue spalle quasi come a non volersi più staccare da lui.
 
Scese poi a baciarle l’incavo del collo e poi i seni, trasportandola nel paradiso dei piaceri.

Stava accadendo per davvero, non era un sogno. Lui era lì con lei, a baciarla e a toccarla nella maniera più perfetta possibile.

Erano solo lei e lui, nessun’altro.

Sentiva il cuore scoppiarle nel petto.

La mano di Colin finì per scivolarle nel pantalone del pigiama per poi giungere nella sua intimità.

Jen emise un gemito, poi un altro, poi un altro ancora, ma improvvisamente un piccolo barlume di lucidità la costrinse di colpo a fermarlo.

“Basta, non possiamo..” - esclamò lei, afferando la vestaglia da terra e coprendosi.

“Ma certo che possiamo..” - replicò lui, riavvicinandosi e riprendendo a baciarla.

Ma lei lo scostò di nuovo: “No.. no Colin...fermo, no! - e scappò via nella sua stanza.

Quella porta si chiuse davanti ai suoi occhi.

Lui rimase lì fermo in piedi, immobile.

 



 
*JENNIFER


Poggiata di spalle alla porta, cercò di dar tregua al suo cuore impazzito.

Rimise indosso la vestaglia, per poi accovacciarsi a terra, nuovamente in lacrime.

Ma fu un pianto silenzioso questa volta, non voleva assolutamente che lui la sentisse.

Aveva desiderato quel momento da tanto, troppo tempo, ma non era riuscita ad andare oltre, a lasciarsi andare completamente.

Era una donna con troppo buon senso per finire a letto con un uomo sposato e con un figlio, per giunta.

Sarebbe stata una notte indimenticabile, ma per quanto avesse voluto farlo, preferì seguire l’istinto e dire no.

Se ne sarebbe pentita? Sicuramente, ma ormai non poteva più tornare indietro.

Piombò sul letto, dove Ava era rimasta per tutto il tempo accucciata tra le sue lenzuola.

Continuò a piangere, pensando a lui, soffocando le lacrime nel suo cuscino e crollando solo alle prime luci dell'alba.

 



 
 
*COLIN
 
 
Dopo essere rimasto per un bel pò impalato nel corridoio, era ritornato in salotto.

Non riusciva a smettere di pensare a Jen, a quanto fosse stato tutto così inaspettato ma allo stesso tempo meraviglioso, nonostante poi fosse fuggita via senza avergli dato modo di reagire o dire nulla.

Si levò le scarpe, si buttò sul divano e tirò su la coperta che lei gli aveva gentilmente destinato.

Poi iniziò a tormentarsi, chiedendosi più e più volte se fosse stato forse troppo inopportuno tornando a baciarla e insistendola a continuare dopo che l’ebbe allontanato la prima volta.
 
Ma conosceva Jen fin troppo bene per non sapere il perchè avesse reagito a quel modo.

Il pensiero di finire a letto con lui da un parte, unito a quello di Helen e del piccolo Evan dall’altra, l’avrebbero annientata.

E avrebbero dovuto annientare soprattutto lui.

Infatti, era pienamente consapevole di che gran bastardo fosse, che la sua famiglia non meritava dei comportamenti tanto meschini da parte sua, ma era altrettanto consapevole, anche troppo forse, di non poter stare lontano da Jennifer.

Quella donna lo aveva stregato, aveva l’abilità di confonderlo anche solo guardandolo a distanza.

Sentiva proprio il desiderio irrefrenabile di averla accanto sempre, di ridere con lei, di stare con lei.
 
Guardò l’orologio: le 3:25.

L’idomani sarebbe stato uno zombie. Sarebbero tornati sul set non prima di una settimana, e considerate le circostanze, pensò fosse un bene.

Si portò poi una mano fra i capelli e sospirò nervoso.

Sapere di avere Jennifer a pochi metri da lui lo fece sentire strano.

Avrebbe tanto voluto andare da lei, stringerla, coccolarla, rassiccurarla, ma aveva anche un enorme timore che non avrebbe voluto vederlo nè parlarlo, almeno non nell’immediato, e questo lo avrebbe fatto stare ancora più male.

Quindi, stette al suo posto, provando ad addormentarsi con ancora in mente il profumo e il sapore della sua pelle.



 
***
 

L’indomani mattina Jen fu svegliata da Ava che continuava a leccarle viso e naso.

“Mmmh- dai piccola, mi fai il solletico..” - mormorò, con la voce ancora cupa dal sonno.

Con gli occhi ancora socchiusi guardò la sveglia: le 8:10.

“..Cavoli!” - esclamò d’un tratto e alzandosi dal letto con un sobbalzo.

Si era ricordata che Colin era lì a casa sua.

Aveva pianto per tutta la notte ma ora si sentiva decisamente meglio.

Sarebbe stata finanche pronta ad affrontare l'argomento con lui, se fosse stato necessario.

Corse ad aprire la porta della sua camera e diede una rapida occhiata al corridoio.

“Colin...?” - chiamò. Nessuna risposta.

Si avviò verso il bagno, lo richiamò ma ancora niente.

Stranita, entrò in salotto e notò che la coperta che gli aveva prestato era perfettamente raccolta.

Andò in cucina ma non stava neppure lì.

“Forse sarà uscito presto a fare due passi..” - disse tra sè e sè.

Le cadde l’occhio sul tavolo. Vide un biglietto sotto la sua tazza gialla.

Era di lui, ovviamente, e recitava così:
 
Con la ruota è tutto a posto, ho chiamato Josh che si è gentilmente offerto di venire qui a portarmene una.
Nel dubbio che tu stessi ancora dormendo ho preferito non svegliarti.
PS: ti ho preparato il caffè, devi giusto metterlo sul fornello.

PPS: Sappi che non ho fatto altro che pensare a te e a stanotte per tutto il tempo, anche se sei fuggita via da me.
A presto, Colin.

 
Jen sorrise, il suo voltò si illuminò.

Quelle ultime righe le permisero di affrontare i giorni a seguire lontana da lui con tutt’altro spirito.


 
***

 
Tra giornate piene e impegni vari sia per lui che per lei, la settimana trascorse in fretta.

Nel frattempo, la moglie di Colin era arrivata a Vancouver...












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A.D.A: Ciaoooo! Oddio, avrei dovuto pubblicare molto prima ma alla fine il ritardo è stato colossale!!!! Fra università e preparativi per Parigi la situazione mi è sfuggita di mano, sorry sorry! :( Btw, mi sono accorta che questo terzo capitolo mi stava risultando lunghissimo, per cui ho dovuto modificare leggermente la mia tabella di marcia, lol.  Le vicende, a mio parere, più interessanti arriveranno nei capitoli seguenti, tuttavia spero che questo possa piacervi ;) E...sì, mi piace farmi del male con sti due! xD Maledizione a me e al mio amore sviscerato per l'angst... Grazie a tutte le ragazze che hanno lasciato il loro commento finora, it's very very appreciated *CUORICINO*
Un bacione, e a presto col continuo :3

PS: LA CON DI PARIGI E' STATA MERAVGLIOSA! E INCONTRARE E ABBRACCIARE COLIN E JEN DAL VIVO E' STATO UN QUALCOSA CHE NON SI PUO' DESCRIVERE A PAROLE... SONO LA PERFEZIONE FATTA UOMO E DONNA. CHE DIO LI BENEDICA.. I MIEI BIMBI :'))) E QUANDO LUI CANTA, SI VOLTA A GUARDARLA E LEI SI ALZA E BALLA?? E QUANDO LE TENDE LA MANO? *piange e vomita cuoricini*

ps: il titolo del capitolo è tratto dalla mia amata "Come What May" *_* xoxo, Rox
   
 
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