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Autore: MadAka    11/07/2015    3 recensioni
Matthew Evans – il principe della situazione – è un celebre giocatore di rugby riconosciuto a livello internazionale.
Danielle Philips – la Cenerentola di turno – è una delle donne di servizio dello stadio in cui lui gioca insieme alla sua squadra.
A fare da sfondo Cardiff e il Galles, per una stessa passione raccontata da due punti di vista diametralmente opposti.
Genere: Commedia, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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– Otto –

 

Danni

 

 

Osservo ancora un po’ la schiuma della mia birra, le cui bollicine crescono e scoppiettano qua e là. Fra poco scompariranno del tutto, mostrando in superficie il liquido dorato che ora stanno coprendo. Anche se il boccale è ghiacciato continuo a tenerlo in mano, guardando distrattamente il suo contenuto e pensando a tutt’altro. Chissà se ho fatto bene a lasciare Jamie con Shane; non è che non mi fidi del ventiduenne, sembra un bravissimo ragazzo, è solo che non mi piace non avere mio nipote sott’occhio quando dovrei essere io a badare a lui, la cosa mi agita. E, come se non bastasse, ad agitarmi ulteriormente c’è il fatto che la birra che ho in mano – da cui ho appena bevuto un gelido e squisito sorso – mi è stata offerta da Matthew Evans in persona. Se Jenna fosse qui impazzirebbe; devo assolutamente ricordarmi di dirle quello che sta succedendo, appena recupero Jamie. Se non dovessi farlo anche questa volta la ragazza mi potrebbe certamente riservare lo stesso trattamento di martedì sera, facendomi la predica puntandomi contro oggetti contundenti.

Alzo lo sguardo su Matthew, intento a parlare con il barista; dopo tutti i terzi tempi trascorsi qui dentro mi pare più che normale che i due si conoscano. Il giocatore è stato davvero gentile ad offrirmi da bere, nemmeno ci conosciamo. Ha detto che avremmo dovuto aspettare insieme il ritorno di Shane e Jamie, perché l’irlandese avrebbe cercato lui per riuscire a trovare me. Tutto questo mi fa uno strano effetto. Innanzitutto perché per me è già strano essere qui, e poi perché devo praticamente rimanere in compagnia del capitano gallese. Devo assolutamente evitare di fare brutte figure; non sarà semplice, se mi agito sono un disastro. Matthew non si è ancora accorto del fatto che sono imbambolata a fissare il suo profilo, ma è più forte di me. A guardarlo più da vicino mi accorgo che ha qualche lentiggine sul viso, una piccola cicatrice rosata al lato sinistro del labbro inferiore e le sopracciglia abbastanza folte che, nonostante siano chiare, ne caricano l’espressività. Ma per il resto sembra uscito da uno di quei sogni proibiti per single affamate di telefilm. Ha un profilo perfetto, la mascella leggermente accentuata, il sorriso sicuro e luminoso e ha uno dei tagli d’occhi più bello che abbia mai visto. Il tutto coronato da corti e spettinati capelli biondo cenere dove, qua e là, spunta inaspettata qualche ciocca rame. Ringrazia il barista quando quest’ultimo finisce di preparargli la birra e si volta verso di me. Ci guardiamo un momento e vedo che ha gli occhi azzurri, di una bellissima sfumatura celeste. I contorni delle iridi sono blu e sfumano fino a scomparire nel mare colore del cielo che le ricopre. Solleva il suo boccale di birra e mi sorride; io faccio lo stesso, ma, come mi rendo conto della situazione in cui mi trovo, sento il mio imbarazzo crescere terribilmente.

«Grazie per la birra» tento di dire, provando a non lasciarmi condizionare dalla timidezza.

«Non c’è problema. Almeno ci beviamo qualcosa mentre aspettiamo Shane e Jamie»

Saluta un suo conoscente con la mano e riprende a parlare:

«Quel bambino ha una gran energia, ho visto. Mi piace»

«Sì, è un demonietto. Non riesce a stare fermo un minuto» rispondo.

Lui sorride e fa segno di sì con la testa, come a farmi capire che ha inteso:

«È tuo fratello?» mi chiede poi.

Mi sbrigo a rispondergli:

«No, no. È mio nipote. Jamie è il figlio di mia sorella maggiore»

«Ah, ho capito. Sospettavo non fossi sua madre, saresti troppo giovane»

«Sì, beh, avrei dovuto partorire a quindici anni»

Mi rendo subito conto di quello che ho detto e mi maledico per averlo fatto. Sto davvero parlando di gravidanze precoci con quest’uomo? Mi sento avvampare e spero vivamente che lui non se ne accorga. Invece si mette a ridere, lasciandomi vagamente perplessa:

«Non saresti stata la prima, però» dice.

Gli do ragione annuendo con la testa, ma poi non so che altro aggiungere. Siamo arrivati al punto morto in cui ho sempre paura di finire; principalmente perché non so mai come venirne fuori. Invece, ora, eccoci qui: lui che beve un altro sorso della sua birra e io che mi guardo intorno, chiaramente imbarazzata.

«Ah, che stupido» lo sento dire.

Mi volto a guardarlo, convinta che stia per dirmi qualcosa sul fatto che deve incontrare assolutamente un suo amico e che quindi mi lascerà sola. Tuttavia mi accorgo che mi sta tendendo la mano.

«Matt» dice, appena l’afferro.

Sento come un brivido scuotermi dentro quando le nostre mani si toccano. Deve sicuramente essere colpa dell’assurdità del momento; stento ancora a credere che stia succedendo veramente tutto questo.

«Lo so» mi viene spontaneo dirgli.

Lui sorride:

«Lo immaginavo, ma è comunque buona educazione presentarsi» risponde.

Anche io gli sorrido, trovando il suo gesto davvero carino.

«Io sono Danielle»

Le nostre mani si separano soltanto ora.

«Ah, allora è per questo che Jamie ti chiama Danni» dice, spettinandosi i capelli già sufficientemente scompigliati e non ancora perfettamente asciutti, sicuramente per colpa della doccia che deve essersi fatto a fine partita.

«Sì, è per questo. I miei amici mi chiamano Danni dalle scuole elementari»

«La stessa cosa vale per me. Sono Matt, da sempre, per tutti. A volte anche i giornalisti mi chiamano così» Allarga le braccia: «Ma lo preferisco. Matt suona molto meglio di Matthew»

Nuovamente torna il silenzio fra noi, ma per poco. Questa volta sono io a interromperlo; voglio sfruttare appieno l’occasione che mi si è presentata di poter conoscere un giocatore della squadra per cui tifo, e non uno qualsiasi, ma Matthew Evans.

«Non sono mai venuta al terzo tempo, sai?»

Lui mi guarda, sorpreso:

«Sul serio? E come mai?»

La risposta è semplice: perché sono una stupida e ho sempre temuto di venire derisa per il mio lavoro appena posato piede qui dentro. Ma non rispondo così, anzi, scuoto appena la testa e dico:

«Non lo so»

Un po’ è vero. Non so perché sono sempre stata tanto stupida. Mi sono sempre e solo creata da sola più problemi di quanti in realtà ne ho incontrati. E ora mi viene spontaneo chiedermi per quale motivo io abbia sempre rinunciato all’occasione di passare così piacevolmente il mio tempo dando, invece, retta a tutti i miei “problemi”. Se non mi fossi mai fermata troppo a preoccuparmi di quello che la gente avrebbe potuto pensare di me, forse questa che ho in mano non sarebbe la prima birra offertami da Matt. Tutte le persone che sono qui dentro sono qui per lo stesso identico motivo: festeggiare e coronare al meglio un pomeriggio di buon rugby. A nessuno di loro importa se sono una delle donne di servizio, è già tanto se a qualcuno interessa sapere di me. La verità è che le mie insicurezze mi hanno sempre sconfitta finora, ma non accadrà più.

«E questo primo terzo tempo ti piace?»

Matt mi risveglia dai miei pensieri con questa domanda. Ogni volta che lo guardo, che penso al fatto che si sta rivolgendo davvero a me, quasi non mi sembra vero. Se non sto sognando devo ricordarmi di ringraziare Jamie e Jenna, perché è decisamente merito loro. Da sola non ce l’avrei di certo fatta, mi sarei sabotata molto prima.

«Sì, molto. Mi stavo giusto chiedendo perché ho aspettato tanto a decidermi a venirci»

Si mette a ridere e io rimango imbambolata a guardarlo mentre si ricompone. Mi rendo conto che quando ho pensato che Matthew Evans mi affascina, ho pensato solo la verità. Ora che gli sono davanti, che l’ho visto in più occasioni interagire con Jamie, che lo vedo socializzare con le persone e con me, ammetto che è davvero un ragazzo interessante. È completamente diverso da come il gossip lo dipinge: non è affatto sfuggente, né di poche parole. È proprio vero che i giornali rigirano le cose come vogliono loro.

Matt beve un altro sorso di birra, dopodiché appoggia il boccale al bancone e io lo imito. Si passa nuovamente una mano fra i capelli:

«Mi fa piacere saperlo. Allora significa che comincerai a venirci più spesso?» mi chiede.

Lo guardo, leggermente sorpresa. Mi sento vagamente arrossire perché i suoi occhi celesti sono lì ad osservarmi:

«Direi di sì» rispondo, fingendo nonchalance.

Pare aver funzionato e, prima che lui possa dire qualcos’altro, approfitto della mia finta tranquillità per continuare:

«Complimenti per la partita, comunque»

Sorride, distogliendo un momento lo sguardo:

«Grazie»

«Hai giocato davvero bene, sul serio. Scommetto che te lo hanno già detto praticamente tutti, ma il placcaggio che hai fatto all’ultimo è stato provvidenziale»

Sento che il mio fiume di parole è appena straripato. Alle volte mi capita, sempre quando c’è di mezzo il rugby. Attacco a parlare più rilassata che mai e riuscire a fermarmi mi è quasi impossibile.

Incomincio ad analizzare alcuni dettagli della partita appena trascorsa e Matt continua ad ascoltarmi, sempre con il sorriso in volto. La cosa che più mi sorprende, però, è che pare davvero interessato a quello che sto dicendo. Credo sia sul punto di pronunciare qualcosa, ma sento il mio nome esclamato a gran voce e qualcuno afferrarmi per la vita: è Jamie. Poco dopo di lui ricompare anche Shane e io torno a ricordarmi di essere alla cittadella di Arms Park in mezzo a centinaia di persone e non sola con Matt chissà dove.

«Rieccoci» dice Shane come ci raggiunge.

«Ho conosciuto un sacco di giocatori, Danni, sai?» esclama Jamie, lasciandomi libera e fermandosi fra me e l’irlandese.

«Sul serio?» gli chiedo, felice nel vederlo così allegro.

Annuisce energicamente e comincia ad elencarmi i nomi dei giocatori in cui si sono imbattuti. Lo interrompo:

«Calma, calma. Perché non me li dici stasera, quando incontriamo tuo padre?»

Il piccolo mi dà ragione, dopodiché vedo Shane richiamare l’attenzione di Matt dandogli un leggero colpo sulla spalla.

«Ho incontrato Aaron. Mi ha chiesto di te» gli dice.

Matt alza gli occhi al cielo:

«Cavolo, è vero. Vado subito a salutarlo» Poi si rivolge a me: «È stato un piacere conoscerti»

«Anche per me» rispondo.

«Ci vediamo, Jamie» saluta anche il più piccolo, che risponde con un “Ciao” e la mano alzata.

Guardo Matt allontanarsi e successivamente poso lo sguardo su Shane, che mi sorride.

«Vado anche io» mi dice.

«Ah, sì. Grazie di tutto» rispondo.

Lui alza le spalle:

«Ci mancherebbe. Alla prossima»

Saluta sia me che Jamie e si immerge fra la folla.

Ora che tutto è finito mi sento strana, devo ammetterlo. Ho parlato con Matthew Evans, sono riuscita a rimanergli vicina e a non farmi influenzare dall’imbarazzo che ho provato. Sento un sorriso comparirmi in volto, uno di quelli che non si riesce in alcun modo a fermare. Non vedo l’ora di raccontarlo a Jenna; so che mi dirà che sapeva sarebbe successo un giorno e che se mi fossi sbrigata prima sarebbe stato meglio, ma posso sopportare di sentirglielo dire. Gliene voglio assolutamente parlare, devo parlarne con qualcuno. Più ci penso, più tutto mi sembra ancora più incredibile.

 

  
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