Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: bibersell    13/07/2015    7 recensioni
Una calda sera di Maggio Abigail Jensen, la figlia diciottenne di uno dei più importanti giudici di pace dell'intera Washington, viene rapita da Storm, il quale è pronto a correre qualsiasi rischio pur di assecondare il suo folle e sconsiderato piano. Sarà proprio questa stessa follia che porterà Abby e il suo carnefice su una strada piena di sorprese e colpi di scena.
Il giudice è pronto a tutto pur di riavere indietro la sua bambina, ma riuscirà a tradire la giustizia pur di salvarla?
Storm riuscirà a rinunciare a quella ragazza dal viso d'angelo che giorno dopo giorno si insinuerà maggiormente nella sua testa?
Ed Abby riuscirà mai a perdonare sia il padre che Storm?
Dal nono capitolo:
"Per la prima volta riuscii a vederlo. Vederlo veramente. Senza apparenze e inutili maschere.
Se ne stava lì con le spalle leggermente ricurve come se il peso morale che si portava sempre dietro lo avesse piegato definitivamente al proprio volere. Le labbra erano chiuse e totalmente inespressive, ma gli occhi brillavano di una luce nuova. Sembravano essersi accessi e persi in una valle di ricordi felici fatti di gioia e spensieratezza.
Era totalmente immobile, eppure si muoveva".
Storia in revisione.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Banner fatto da me con Photoshop CC

XV
Confidenze alcoliche
 


Abigail's point of view
 
Il sapore della sconfitta mi stava logorando l'anima. In macchina era sceso di nuovo un silenzio imbarazzante che rendeva l'atmosfera sempre più tesa, però questa volta non avevo intenzione di fare nulla per cambiare le cose. Mi accoccolai sul sedile mangiucchiando silenziosamente il mio dolce al cioccolato mentre Storm guidava e sgranocchiava delle patatine facendo rumore.
Crick crock.
Era l'unica cosa che si sentiva. L'unico suono a tenerci compagnia dopo che lui aveva spento la radio.
Diversi muniti di puro silenzio dopo suonò il cellulare di Storm. Lui lo cacciò dalla tasca dei jeans e si portò il telefono all'orecchio senza permettermi di leggere il nome sullo schermo.
«Dimmi» rispose in tono atono. Non potei sentire la risposta dell'interlocutore ma capii che non doveva aver dato una cattiva notizia al ragazzo al mio fianco che si limitò ad annuire.
«Va bene» disse semplicemente «D'accordo ti tengo informato»
Dopo un altro assenso con la testa fece per posare il telefono ma si fermò.
«Cheikh» pronunciò facendomi venire un colpo al cuore «Vai a trovarle. Se le serve qualcosa, qualsiasi cosa, provvedi» Dalla sua espressione tesa e concentrata si capiva quanto quell'argomento fosse importante per lui. Aveva parlato di andare a trovarle. Si riferiva a delle persone a cui evidentemente teneva molto e mi chiesi per chi potesse provare dell'affetto e, soprattutto, se lui riuscisse a provare amore per un altro essere umano.
Ero tentata dal chiedergli di chi stesse parlando ma mi trattenni restando nel mio mutismo.
«Okay. Tienimi aggiornato» agganciò rimettendosi il cellulare in tasca e tornando a guidare con entrambe le mani.
Ormai il sole batteva alto nel cielo surriscaldando quella città. Mi passai una mano tra i capelli e li tirai su legandoli con un fermaglio.
«Era Cheikh?» chiesi senza riuscire a stare zitta. Sia maledetta la mia boccaccia e la mia dannata curiosità.
«Che domanda stupida» sbuffò cambiando marcia per poi abbassare il pedale dell'acceleratore «Ho detto il suo nome, è ovvio che fosse lui»
Non risposi in malo modo a quella sua frase sapendo che non ne valesse la pena.
«Dov'è adesso?» domandai senza nemmeno voltarmi nella sua direzione.
«A casa».
Come suo solito non si prolungò con ulteriori informazioni e io continuai con le mie domande.
«Nell' Idaho?»
Lui sembrò colpito e gli occhi presero a brillargli di stupore ma qualche secondo dopo ritornò normale. «Te l'ha detto Cheikh?» domando arricciando le labbra in una smorfia. «Mannaggia a quella boccaccia che si ritrova»
«Si, me l’ha detto lui» risposi «E non c'è nulla di male»
Lui rise fintamente muovendo le dita sullo sterzo.
«Oh certo» disse sarcasticamente.
Abbandonai la testa contro il sedile lasciandomi andare ad un lungo sospiro.
«Dove stiamo andando?» chiesi non aspettandomi una risposta.
«Bellingham» disse contro ogni mio prognostico.
Quel nome mi fece accapponare la pelle. La mia mente fu riportata a quella camera d'albergo, a quella prima sera. La stessa sera in cui Storm aveva tentato di strangolarmi e aveva chiamato mio padre.
Deglutii visibilmente. «Il luogo dello scambio?» la voce mi uscì bassa e flebile.
«Proprio quello» rispose sorridendo sornione. «La data si avvicina»
Quattro giorni. Mancavano solo quattro giorni. Sarei dovuta essere felice, saltare dalla gioia perché quel giorno avrebbe rappresentato la fine della mia prigionia. Eppure non potevo non sentire quel magone che avevo allo stomaco, quell'ansia e quel terrore che aumentavano col passare delle ore. Per i prossimi quattro giorni sapevo cosa aspettarmi, cosa sarebbe successo e con chi sarei stata. Ormai Storm non mi faceva paura e stavo imparando a gestirlo, ma non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe accaduto allo scadere di novantasei ore.
Mi chiedevo se sarei uscita viva da quello scambio, se Storm ne fosse uscito vivo e quale ragione lo spingesse a fare tanto. Avevo così tante domande e pochissime risposte. Se ci fosse stato ancora Cheikh con noi l'avrei chiesto a lui anche se dubitavo che mi avesse risposto.
Restammo in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri.


**
Erano le sei di quell'afoso pomeriggio e la tensione si faceva sentire sempre più forte. Eravamo tutti e due esausti e affamati. Non ce la facevamo più a restare in quella macchina calda e impregnata della puzza di sudore. Avevamo finito quasi tutte le buste di patatine e mi ero bevuta due bottigliette d'acqua che adesso volevano essere cacciate dal mio corpo. Dovevo assolutamente andare in bagno.
«Fermati» dissi accavallando le gambe per trattenere i miei bisogni fisiologici.
«Perché?» chiese Storm voltandosi per guardarmi.
«Devo andare in bagno» cercai di essere il più discreta possibile ma certi argomenti proprio non lo permettevano.
«Ne vedi forse uno in giro?» ribatté lui.
«Spiritoso» sibilai «Quanto dista l'aria di servizio?» mi informai speranzosa. Proprio non mi andava di farla in mezzo alle piante.
«Qui non ci sono» rispose lui difatti annullando ogni mia minima speranza.
«Io devo fare pipì» dissi non avendo il coraggio di guardarlo in volto «Fammi scendere»
Con mio stupore decelerò e inchiodò nel bel mezzo della strada desolata. Aprii lo sportello e scesi immediatamente respirando quell'aria afosa.
Sentii un altro sportello chiudersi e vidi Storm venirmi incontro.
«Scegli» disse allargando le braccia «Dove vuoi farla?»
Quelle parole pronunciate da lui sembrarono disgustose, volgari e di cattivo gusto. Senza nemmeno degnarlo di una risposta mi addentrai nella foresta, tra quegli alberi che ci circondavano.
I piedi schiacciavo le foglie ormai secce e riproducevano un piacevole suono quando incontravano la suola delle mie scarpe. In lontananza vidi un albero dal tronco abbastanza grosso da nascondermi e mi avvicinai. Quando lo raggiunsi sentii il rumore di foglie schiacciate provenire da dietro si me.
«Che fai?» domandai furiosa a Storm portandomi entrambe le mani sui fianchi.
«Credevi che ti lasciassi da sola?» rispose con un'altra domanda.
«Non puoi restare qui. Devo fare pipì» gli spiegai come se non fosse già abbastanza ovvio. Mi stava mettendo in imbarazzo e il nervoso non faceva che aumentare.
«Non preoccuparti bambolina, non hai nulla che io non abbia già visto» ribatté con quella gran faccia tosta che si ritrovava.
«Storm!» lo rimproverai con uno sguardo di fuoco. «Vattene via»
Lui alzò le mani come per dichiararsi innocente. «Mi metto lì» concedette indicando un albero distante che sperai gli togliesse la visuale. Si incamminò e quando arrivò all'albero da lui indicato si voltò a guardarmi.
«Voltati» gli urlai per farmi sentire.
«Quanto sei pesante, Jensen» si lamentò ma si girò lo stesso.
Velocemente mi abbassai i pantaloni e mi liberai di quel peso. Qualche minuto dopo ero di nuovo in ordine e mi diressi sul ciglio della strada intravedendo il crossover bianco e sentendo Storm camminare dietro di me. Salimmo in macchina senza dire una parola.
Quando gli sportelli furono richiusi, il motore acceso e lo stereo in funzione Storm parlò. «Bel culetto»
«Bastardo» dissi furiosa dandogli un leggero buffetto sull'avambraccio. «Hai guardato»
Mi resi conto troppo tardi di quello che avevo fatto e me ne pentii immediatamente.
Complimenti Abby, sei proprio brava a metterti nei casi e a farlo incavolare.
Contro ogni mia aspettativa lui rise rimanendo tranquillo. «Sono un uomo. Noi maschietti abbiamo la vista a raggi X per certe cose». Strizzò l'occhio nella mia direzione ed affondò in piede sull'acceleratore sgommando e producendo un forte stridore di pneumatici.


**
La sera era calata e anche quel quarto giorno era giunto al termine. La luna era piena in quel cielo gremito di stelle. La strada era sprovvista di luminarie e i fari della macchina erano spenti e quella scarsa- o meglio nulla- luce artificiale permetteva alle stelle di essere visibile nel loro massimo splendore.
La temperatura si era abbassata e un leggero venticello rinfrescava quella landa desolata.
Le dieci erano rintoccate diversi minuti prima e Storm aveva sbadigliato già una ventina di volte. Era visibilmente stanco e gli occhi si erano arrossati per lo sforzo. La schiena era rigida come un fuso e sembrava pronto a scattare sull’attenti. «Dovresti riposare» dissi scostando una ciocca di capelli sfuggita dal codino per guardarlo meglio.
Lui si voltò per guardarmi con quei suoi occhi impassibili e chiarissimi.
«Bellingham è parecchio distante e ci restano pochi giorni per raggiungerla. Non posso fermarmi» rispose in tono tranquillo senza aggredirmi o farmi sentire indesiderata. Era talmente stanco che non aveva nemmeno la forza di trattarmi male.
Sorrisi per l’amarezza della situazione. Doveva stancarsi per trattarmi un po’ meglio. «Una breve sosta non cambierà molto»
Non sapevo perché gli stessi dicendo quelle cose né sapevo perché mi stessi preoccupando per il suo sonno. Le parole uscivano semplicemente dalla mia bocca in modo spontaneo come il corso naturale di un fiume. Se c’era una cosa che avevo imparato da quell’esperienza era di non sopravvalutare il futuro, era troppo fragile per poterci costruire qualcosa di solido. Molto meglio vivere il presente senza restrizioni e troppe domande.
Storm non mi rispose e continuò a guidare, ma quando mezz’ora dopo avvistammo un’aria di servizio lungo la strada lui si fermò spegnendo l’auto a bordo strada.
Scese e passò tutta la roba che c’era sui sediolini posteriori nel cofano per poi tornare con in mano una birra. Si risedette al posto del guidatore ed abbassò il sedile fino a farlo cozzare con quegli posteriori. Feci lo stesso col mio credendo che di lì a pochi minuti ci si sarebbe steso sopra e addormentato profondamente, ma contro ogni mia previsione scese nuovamente dall’auto e si sedette sul cofano spalmano la schiena contro il parabrezza.



Storm’s point of view

Mi sedetti sul cofano del crossover sentendolo bollente sotto il sedere. Ero tentato di alzarmi e tornare in macchina, ma ero stufo di stare su quel sediolino richiuso in quel quadrato di spazio. Era tutto il giorno che guidavo e avevo davvero bisogno di una pausa.
E di un bel Big Mac.
Appena tutta quella storia fosse giunta al termine mi sarei gustato un bel panino in un altro continente con Lizzie al mio fianco. Ancora non sapevo come dirlo a Jack e come affrontare l’argomento ma speravo che lui capisse. Le probabilità che ciò accadesse erano alquanto ridotte ma la speranza era l’ultima cosa che mi rimaneva.
Stappai la birra con un paio di botte sul cofano e dopo aver gettato il più lontano possibile il tappo mi portai la bottiglia alle labbra godendomi la sensazione di quel gustoso liquido inumidirmi il gola e scendere dritto nel mio stomaco vuoto. Era calda ma mi accontentai. Era pur sempre meglio di niente.
Mentre bevevo anche una seconda sorsata sentii lo sportello dell’auto aprirsi e poi richiudersi. Non mi voltai nemmeno a vedere Abby pararsi di fianco a me e arrampicarsi sul cofano di quel crossover troppo alto per lei.
Nascosi un sorriso divertito con una terza sorsata. Mi ero già scolato mezza bottiglia in nemmeno cinque minuti, e se non mi fossi dato una calmata sarei finito ubriaco in un niente avendo lo stomaco vuoto.
Portai una mano dietro la testa osservando quel cielo stellato sopra di noi e sentendo in sottofondo il suono della natura che ci circondava: il fruscio degli alberi mossi dal vento, in canto di qualche uccellino e il corso di una cascata.
Socchiusi gli occhi godendomi quei pochi attimi di pace.
Quando gli riaprii la prima cosa che vidi fu la maglia nera di Abby che se ne stava seduta sul cofano a gambe incrociate e spalle ricurve mentre si toccava le punte dei lunghi capelli biondi.
Dovevo ammettere, almeno a me stesso, che quella ragazza mi aveva riservato tantissime sorprese e non sapevo se quella cosa mi piacesse o meno. Era talmente impertinente da farmi innervosire fino a perdere il controllo come non mi era mai successo. Però era anche molto buffa e così ingenua da farmi desiderare di spazzare via quella bontà e quella dolcezza degna di una bambolina.
Restai a fissarle la schiena svuotando la mente di qualsiasi pensiero osservando solo quella ragazzina fissare le lucenti stelle.

Una forte folata di vento ci colpì gonfiando i capelli di Abby che prontamente se li scostò da viso. Poco dopo scese dell’auto.
«Il vento è troppo forte» disse accarezzandosi le braccia puntellate da numerosi brividi. «Entro in macchina»
Annuii e mi portai una birra alle labbra finendola in una sola sorsata. Pochi minuti dopo mi alzai anch’io gettando la bottiglia di vetro lontano per poi sentire il rumore il vetri frantumati interrompere la quiete di quel luogo.
Salii in macchina inserendo le chiavi nel quadro e notando i numeretti luminosi che segnavano l’ora. Erano le undici e cinquantanove. Un minuto e il quarto giorno sarebbe definitivamente giunto al termine. Anche Abby notò l’ora e sospirando si abbandonò al sediolino chiudendo gli occhi.
Proprio quando stavo per togliere le chiavi dal quadro scattò la mezzanotte.
«Domenica» dissi a voce bassissima. «É appena arrivata la domenica» Tolsi le chiavi e le infilai della tasca posteriore dei mie pantaloni e mi stesi mettendomi su un fianco rivolto col viso verso Abby che aveva ancora gli occhi aperti. «Mancano ufficialmente tre giorno allo scambio» rispose guardandomi da sotto le ciglia chiudendo leggermente le palpebre.
«E tu hai ufficialmente una nuova domanda da farmi» parlai chiudendo gli occhi e cambiando posizione mettendomi steso di schiena.
«Posso farla anche adesso?». Il suono della voce di Abby mi arrivò attutito, come se avesse parlato con qualcosa davanti alla bocca.
«Se ne hai già una, si» sospirai arricciando le labbra e preparandomi alla sua prossima domanda che come al solito mi avrebbe scombussolato.
«Ho tantissime domande da farti» rispose.
«Ma me ne puoi fare solo una al giorno» chiarii «Spara»
«Prima, quando hai parlato al telefono con Cheikh hai detto di andare a trovarle» parlò. Mi ricordavo perfettamente a quale parte della telefonata si riferisse. «Di chi parlavi?»
Ed eccola sganciata la bomba che non mi avrebbe fatto fare sogni tranquilli. Pensavo a loro due in ogni momento, erano costantemente nei miei pensieri, eppure rivelare i loro nomi ad Abby mi faceva contorcere le budella.
«A due donne» iniziai non essendo esatto nella definizione delle mie ragazze «Parlavo di Rute e..» mi fermai per prendere fiato «Lizzie».
Gettai via quella parola rimanendo con la bocca secca e piena di amarezza che il solo pronunciare quel nome sapeva darmi.


 

Note
Salve ragazze, sono stata di parola, ecco qui l'aggiornamento del giorno. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che questi momenti di botta e risposta tra i due non vi abbiano stancato. Come avevo già anticipato in precedenza questi capitoli saranno quasi, se non del tutto, privi di azione e corse contro la polizia. Spero non vi annoino. Appena supereremo questo momento di stallo ci scontreremo con la parte più movimentata della storia e da lì in poi sarà tutto un susseguirsi di momenti caotici e l'azione non mancherà di certo. 
Come sempre spero di non avervi deluso e ringrazio di cuore tutte le ragazze che perdono il loro prezioso tempo per lasciarmi una recensione e permettermi di conoscere il loro parere su Oblio.
Un grazie va anche a le lettrici silenzione che aumentano sempre di più e inseriscono questo delirio tra i preferiti/seguiti/ricordate.
Non mi dilungo molto con le note perchè devo uscire, ma spero di trovare tante recensioni e anche visini nuovi.
Un bacione e alla prossima
-B

 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: bibersell