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Autore: GReina    15/07/2015    5 recensioni
Cosa succederebbe se due semidei vedessero che la loro è solo una delle tante realtà? Cosa accadrebbe se capissero che il loro, non è l'unico mondo da scoprire? Vedremo Percy e Annabeth proiettati in un nuovo mondo a loro sconosciuto con mostri del tutto diversi da quelli che conoscono.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Percy/Annabeth
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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11. ISCRIZIONE

Furono svegliati da Victiore che li scuoteva. La colazione era finita, e la Sala Comune era vuota. La streghetta gli disse che li avevano lasciati dormire, per quando fosse stato difficile con i compagni del settimo anno che facevano strane insinuazioni a voce fin troppo alta. Teddy aveva Trasfigurazione con la preside a prima ora, quindi non poteva rischiare di arrivare tardi ed era toccato a Victoire salire a svegliarli rischiando il ritardo. 
L'idea di iscriversi al torneo la mattina prima delle lezioni era saltata. Così lo facero nella pausa pranzo.

Avevano appena finito di pranzare. E si separarono dai loro nuovi amici con la scusa di dover andare a fare una ricerca in biblioteca. Lo sbaglio fu che fu Percy a trovare quella scusa. Teddy era molto furbo, e a quelle parole gli aveva lanciato uno sguardo sospetto. Come se avesse già capito che quella frase non si addiceva molto al semidio. Certo non ci vuole un genio per capirlo.
Il Calice si trovava in un salone al quarto piano. Era tutto ciò che sapevano. Quindi ovviamente si persero un paio di volte. Alla fine fu Sir Cadogan ad indicargli la strada. Dovevano proprio essere messi male per dar retta al cavaliere. 
Trovarono la stanza ed entrarono a passo spedito. Al centro del salone sorgeva un piedistallo. Su di esso vi era il Calice sovrastato dalle fiamme blu che avevano già visto il primo giorno e che erano l'unica fonte di luce all'interno del salone. Alla destra e alla sinistra del Calice magico trovarono due file di panche piene di studenti. La stanza era talmente affollata che erano più quelli che stavano in piedi che quelli che videro seduti. Per ogni coppia che bruciava il biglietto nel fuoco scoppiava un applauso. Avvicinandosi al centro, videro anche quello che sembrava un cerchio disegnato con un gessetto blu-fosforescente sul pavimento ad accerchiare il piedistallo. 
I due semidei non esitarono. Avevano discusso delle prove che avrebbero trovato, e non c'era nulla che non fossero in grado di fare o che non avessero già fatto. 
Superarono la linea tracciata a terra e Annabeth buttò il bigliettino all'interno del calice. Come per tutti, esplose un grande applauso. Solo due ragazzi non applaudivano. Era difficile distinguere la loro espressione nella penombra blu. Sembravano contrariati, quasi delusi. Poi gli occhi iniziarono ad abituarsi a quel buio e Percy vide chiaramente i loro volti. Erano Teddy e Victorie
***
La campana suonò in quell'istante. Dovevano affrettarsi a raggiungere l'aula di Difesa contro le Arti Oscure, ma invece di correre verso la classe, seguirono Teddy e Victoire. Stavano attraversando con passo svelto il corridoio dietro i richiami dei due semidei e non accennavano a rallentare. Victorie, con i libri stretti al petto, si girava ogni tanto a guardarli per poi dire qualcosa all'amico. Erano troppo lontani per capire di cosa parlassero, ma Teddy non sentiva ragione. Continua imperterrito ad avanzare senza voltarsi mezza volta. 
Il figlio di Poseidone iniziò a correre e li raggiunse. Afferrò il polso di Teddy da dietro che fu costretto a girarsi. I suoi occhi trasparivano solo rabbia. Non lo avrebbe perdonato tanto facilmente. Percy si chiese perchè lo turbasse così tanto ciò che pensava di lui un ragazzino di tredici anni. Lui e Annabeth avevano buone ragioni per iscriversi al torneo, e non dovevano nessuna spiegazione al piccolo maghetto. Ma lui e Victiore erano stati così gentili con loro, che non poteva non provare a spiegare.
''Teddy lascia che ti spieghi'' iniziò il semidio
''non ce n'è bisogno'' rispose il mago a labbra strette e mascella serrata ''devo andare a lezione'' fece, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo più grande che non aveva intenzione di mollare
''aspetta solo un momento'' fece lui portandoselo più vicino ''abbiamo una valida ragione per-''
''Certo come tutti!'' lo interruppe l'altro sempre più arrabbiato ''Gloria Eterna'' continuò apostrofando quelle due parole come fossero cibo marcio restato nel frigo troppo a lungo 
''Teddy non per quello che-''
 ''non mi interessa!'' non lo lasciò finire ''Laciami o farò tardi'' si liberò il polso e senza aspettare Victiore girò le spalle e sparì dietro la curva.
''Non avercela con lui'' era Victoire a parlare. Era calma, negli occhi la preoccupazione e il dispiacere per l'amico dalla testa blu ''lo scorso torneo ha portato al ritorno di Voldemort. Attribuisce parte della colpa per la morte dei suoi genitori anche a questo'' concluse con una vena di tristezza 
''Credici Victoire'' continuò Annabeth ''ci siamo iscritti per una buona ragione, non ci interessa la gloria'' 
''Lo so'' rispose l'altra ''dobbiamo solo farlo capire a Teddy''.
Ovviamente arrivarono in tempo a lezione per un pelo. Entrarono in aula poco prima del professor Finnigan. 
Difesa contro le Arti Oscure. Quella lezione avrebbe anche potuto essere utile a Percy, ma non riusciva a smettere di pensare all'espressione di Teddy Lupin: arrabbiata, infuriata, amareggiata, delusa. 
All'ora di pranzo si sedettero al solito posto: circa alla metà del tavolo. Victoire li raggiunse sedendosi di fronte a loro. Teddy non arrivava. Iniziarono a mangiare titubanti e preoccupati. Erano arrivati alla fine del secondo quando Teddy varcò l'enorme porta della Sala Grande scrutando i tavoli. Percy alzò la mano per farsi vedere, ma il mago gli rifilò un'occhiataccia e si sedette all'estremità del tavolo, il più vicino possibile al portone. 
''Io...'' iniziò Victoire ''vado da lui'' continuò titubante ''vedrete che gli passerà, ha solo bisogno di un po' di tempo per sbollire. Ci vediamo stasera ok?''
''Si certo, vai da lui. A stasera'' rispose tranquilla Annabeth.

Nell'ora buca del pomeriggio decisero di andare nel cortile con il lago. Si sedettero sul prato abbastanza vicini all'acqua da sfiorarla con i piedi scalzi, con la piovra gigante che sbucava a galla ogni tanto a spruzzare gli studenti più vicini. Iniziarono a chiacchierare del più e del meno. Si chiesero come se la stessero cavando Jason, Piper e tutti gli altri. Si domandarono anche se quello  valesse come anno scolastico, all'università di Nuova Roma, o se per essere ammessi lì dovevano prima frequentare l'ultimo anno di liceo in una scuola mortale.
''Hai mandato quel gufo a tua madre alla fine?'' disse a un tratto la figlia di Atena
''Ecco io'' iniziò il semidio diventando sempre più piccolo sotto lo sguardo della ragazza ''potrei averlo dimenticato''
''Perseus Jackson'' riprese la semidea. Brutto segno quando veniva chiamato con il nome completo ''Quella povera donna ti ha creduto morto per ben due volte! Non puoi esserti dimenticato di mandarle qualche tua notizia!''
''La McGranitt ha detto che mia madre e tuo padre sono al corrente della nostra posizione'' ribattè lui in sua difesa
''Non è una buona scusa!'' gli rispose lei cocciuta.
''Ti prometto che scriverò la lettera appena tornati in Sala Comune d'accordo?''
''D'accordo'' si arrese l'altra ''che cosa facciamo con Teddy?''
''Victoire ha ragione: facciamolo sblollire un po', sono sicuro che ci ascolterà prima o poi'' gli occhi di Annabeth erano grigio-tempesta, ogni volta che li guardava Percy si perdeva in essi. La sua ragazza aveva l'espressione concentrata o accigliata in cerca di una soluzione la maggior parte delle volte. Ma lui aveva imparato a sue spese che non puoi chiedere a una figlia di Atena di rilassarsi. Con la divisa di Hogwarts era irresistibile. Con la minigonna e la camicetta leggermente bagnata dagli spruzzi del calamaro rapì Percy per la milionesima volta. Si sporse verso di lei e mettendole una mano sulla guancia e l'altra appoggiata sul prato la baciò. Lei ricambiò il bacio intrecciando le sue dita tra i capelli del fidanzato.
Era sempre così, la campanella della scuola doveva rovinare i momenti più belli. Sembrava lo facesse apposta. Così iniziarono a rientrare, mano nella mano.
   
 
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