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Autore: Borange    16/07/2015    2 recensioni
È tutto un inferno qui.
Le fiamme mi stanno rodendo la pelle.
La depressione, la tristezza e la solitudine mi corrodono da dentro.
La mia anima bruciata mi squarta il petto e lenta fuoriesce, un dolore assurdo, un dolore ingiustificato, un dolore così forte mai provato prima; costante e crescente.
Tu, mia cara e bellissima Granger, mi hai stravolto; mi hai travolto; mi hai scomposto:
non so più cosa farne della mia vita.
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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CAPITOLO 14- Un dolore che non conosce cura.

“La notte parla di te e mi farà soffrire.
La notte parla con me, ma riuscirò a capire?”
-En?gma, Pezzi di me.

~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~  ~ ~  ~

 
Draco era nel maniero della sua famiglia.
Seduto sulla poltrona in pelle scura, alla destra dell’enorme camino che padroneggiava nella grande sala.
Dal soffitto pendeva un maestoso lampadario, formato da centinaia di piccole candele.
Al suo fianco il carrello degli alcoolici.
In mano, il classico bicchiere di scotch whisky.
Silenzio.

Il suo orologio punta 00.35.
Fuori è buio pesto.
La notte scorre lenta, molto lenta.
E non c’è  assolutamente nessuno con lui.

Solo.
Ancora una volta.


“Dove sei Hermione?” – Disse a bassa voce, quasi sconsolato, sperando in una risposta.
Nella sua mente ricorrevano le immagini di qualche attimo prima.
Andrew che la teneva in quel modo, che le faceva quelle cose.

“Come ha osato anche solo toccarla!?
Come ha potuto farle questo!?
La MIA povera Hermione.
E io.. io che dovevo prendermi cura di lei.. dove cazzo ero quando aveva bisogno di me!?” –
disse alzando sempre di più il tono.
Silenzio.
Silenzio anche nella sua mente.


“PORCO SCHIFOSO! GIURO CHE T’AMMAZZO!” – ora urlava, il veleno fuoriusciva dalla sua bocca come una serpe pronta ad attaccare.

Lui era pronto ad attaccare.

Scagliò a terra il bicchiere che aveva in mano, che andò deliziosamente in frantumi. Lo guardava, immaginando che Andrew fosse quel bicchiere.


La mia dolce Hermione, così piccola, amorevole. Eppure così forte, orgogliosa.
Una leonessa.
Non si arrende mai. Non getta mai la spugna. Non cade mai così in basso.
– pensò.





Scese la scale con furia.
Doveva scappare via da lì, doveva andarsene alla svelta e molto lontano da quella prigione.
Aprì il portone d’entrata.
Era fuori.. libera.
Si fermò per un secondo a prendere fiato, aria pulita le invase i polmoni. Il senso di libertà la invase, la travolse e non fece altro che farsi trasportare e cullare da quella dolce sensazione.
Alzò lo sguardo al cielo. Era scuro.
Era notte fonda… quell’orco l’aveva tenuta fra le sue grinfie per ore, invece  a lei era sembrato fosse successo tutto così molto in fretta.
Ora quello che importava era fuggire da lì, il prima possibile.
Si soffermò un secondo a pensare attentamente e poi ebbe un lampo di genio.
Si smaterializzò.





Andrew si svegliò in quella casa così poco familiare.. aveva un male cane alla testa.
Si guardò intorno con la sensazione che gli mancava qualcosa.
Non riusciva a capire cosa gli fosse successo.
Provò ad alzarsi, senza riuscirci. Era completamente senza forze.  
“Ma cosa cazz…” – esclamò, stupito, accorgendosi poi di essere nudo.
Distrutto.
Avevo dolori allucinanti per tutto il corpo.
Gli facevano male le ossa.
Sembrava quasi che un tir gli fosse passato sopra e fosse sopravvissuto per miracolo.
Prese fiato.
Provò ad alzarsi facendo un enorme forzo e lasciandosi scappare un urlò di dolore.
Niente, non riusciva a stare in piedi.
Si vergognava.
Cosa ci faceva lì, in quel modo?
Riuscì a stento a ricoprirsi.
Cercò di urlare aiuto.
Ma niente si mosse, nessuno lo sentì, il nulla lo circondava.
Sentiva troppo dolore, paura, agitazione.
Preso dal panico svenne.  





La natura l’accolse e l’abbracciò come meglio sapeva fare.
L’aria decisamente più fredda rispetto alla città, le accarezzava la pelle nuda.
La terra era umida e morbida sotto di lei. Piano i suoi occhi si abituarono al buio ma… era tutto così buio.
I raggi lunari illuminavano appena il paesaggio attorno a lei.
I rumori della natura la circondavano. Grilli, cinguettii, e anche ululati lontani. Ma non aveva paura, non quella notte, non in quel momento.
Il fiume era in piena, scendeva maestoso, forte, facendosi largo fra la selva tutto intorno. Ma straripava anche.
Le piogge estive che si erano andate susseguendo in quei giorni aveva alzato di molto il suo livello facendo sbalzare anche l’andamento naturale.
Ma ad Hermione non importava.

La bellezza del paesaggio che aveva davanti la stava letteralmente corteggiando.
La stava rapendo.
Era nel posto giusto.
Inspirò profondamente.
Sentiva il suo cuore battere, battere forte. Nessuno era la causa della sua pacatezza in quel momento; nessuno, se non lei stessa.
La calma la invase.
Si appoggiò ad un quercia e fissò il fiume.
Chiuse gli occhi.
E li rivide.

Gli occhi rabbiosi di Andrew, pieni di astio, odio, rancore. Scosse il capo. “No” – disse, quasi come un ordine. Non voleva più rivederli.

Cos’è successo prima?
Poteva ancora sentire quelle mani invadenti su di lei.
Si odiava maledettamente.
Poteva ancora sentire qui grugniti di piacere.
Glielo aveva permesso.
Poteva ancora provare quel dolore.
Non ha lottato abbastanza.


Le lacrime gli scendevano violentemente sulle guance.
Si accasciò a terra.

“Perché mi hai fatto questo Andrew?” – sussurrò singhiozzando.
“PERCHE’? PERCHE’ MI HAI FATTO QUESTO!? TU! TU CHE DICEVI DI AMARMI, PERCHE’!” urlava. Urlava, si disperava, piangeva, sbatteva i pugni a terra.
Un dolore che non conosce cura.
 
 
Draco appoggiò le mani sul davanzale del camino.
Pensava.
Sopra al camino era riposto un enorme specchio, sul davanzale c’erano tante fotografie di famiglia.
Prese una foto della madre e la osservò attentamente.
Raffigurava la madre, seduta in una posizione elegante, sorrideva. Sembrava così felice.

“Che devo fare?” chiese, alla foto, come se ella potesse rispondergli.
“Ti prego, dimmelo, dimmelo tu… che devo fare?” singhiozzava.
“Ti prego Mamma, dimmelo! Devo ucciderlo?” scoppiò in un pianto dolce e sincero.
“Devo ucciderlo” ripeteva molte volte, fra un singhiozzo ed un altro. 
“DEVO UCCIDERLO” urlò ancora, convinto di quel che doveva fare.
Alzò lo sguardo dalla foto, la ripose nuovamente al suo posto e si guardò nell’enorme specchio.
Nelle sue orecchie risuonava la voce di Hermione che gli diceva “Non farlo, non puoi farlo
O forse era solo la sua coscienza che gli parlava, e a lui piaceva pensare che fosse Hermione a farlo.
Avrai grossi guai, Draco non farlo
Iniziò a sentirsi debole, sudava freddo, la vista si appannava.
Al cospetto della voce nella sua testa però, quella invece era presente, sempre più alta, quasi assordante.
Si accasciò a terra e si raggomitolò.
La solitudine gli penetrava dentro, sotto la pelle,  fin dentro le ossa.
Piangeva.
Lacrime di rabbia, lacrime amare, più velenose del veleno di una serpe.
Stava diventando pazzo, ma non gli importava.
Se questo era il prezzo da pagare, non gli importava.
Se diventare pazzo significava avere la voce della donna che più amava al mondo nella sua testa, non gli importava di niente. La pazzia sarebbe diventata la sua nuova amica. Ci avrebbe convissuto volentieri.
Ma era comunque doloroso, molto, forse fin troppo.
Un dolore che non conosce cura.
 

Dove vado ora? – pensò Hermione.
Il momento di gloria e liberazione era ormai passato e un peso enorme le ricadde sulle spalle.
La sua testa era piena di domande, così assordanti.
Non riusciva più a sentire la natura intorno a lei, non riusciva più a vederla, ne a toccarla.
Buio attorno a lei, il vocio costante nella sua testa.
Le sembrava di impazzire.
Urlò, urlò più forte che poteva, un urlo che la liberava dalle sue paure, dalle sue angosce, dai suoi tormenti. Perché era quello che le aveva insegnato la sua mamma: nei momenti difficili, sfoga la tua rabbia urlando, zittisci il mondo, fatti sentire, chi dovrà ascoltarti, se pur distante.. ti sentirà.
Di nuovo quel senso di liberazione, di nuovo quel silenzio.

Hermione si alzò, si avvicinò a quel fiume, totalmente sbizzarrito.
Quelle acque così nere, sussurravano il suo nome dolcemente, la chiamavano, l’attiravano.
Le guardò intensamente. Doveva farlo.

Una scarica di adrenalina immensa la fece agire impulsivamente.
Le bastò un piccolo slancio e un respiro profondo e si gettò in quelle acque.
L’acqua gelida le penetrava la pelle, quasi da immobilizzarla.
Era profondo, molto più di quanto si aspettava.
Era totalmente immobile e si lasciò cadere lentamente.
Toccando quasi il fondo, nel posto più ostile e avverso in cui lei potesse mai essere.. si sentiva a casa, si sentiva come se non esistesse nessun altro posto in cui essere.
Riusciva a sentire solo i battiti del suo cuore che forte, fremeva nel suo petto.
Riusciva a sentire solo i battiti della notte, una sinfonia angusta, inquietante, opprimente.
Il fiato iniziava a mancare, le forze a cedere.
Sentiva che il suo corpo non combatteva più, i sensi non rispondevano.
Il suo corpo quasi adagiato al suolo, voleva solo lasciarsi andare.
Voleva farla finita, quale posto migliore?

Voleva solo smettere di respirare.
Scomparire del tutto.
Abbandonarsi a se stessa.
Chi avrebbe sentito la sua mancanza?

Mamma, papà, vi chiedo scusa. Non potete capire. Non capirete mai.
Voi, così ingenui e distanti, così comprensivi e protettivi che per quanto vi  sforzate .. non mi capirete mai.
Harry, Ron, Ginny.. mi dispiace.
Mi dispiace per i segreti che vi ho tenuto nascosto.
Mi dispiace per il mio allontanamento.
Mi dispiace per non avervi resi partecipi alla mia vita, ma so che, non m’avreste mai capita.
E quindi, forse, è andata bene così. Alla fine, questo è il finale migliore.
E tu, Draco.. povero ingenuo.
Sei stato così stupido.
Il mio cuore ti apparteneva. Ti è sempre appartenuto.
Ma non l’hai mai visto.
Non hai mai capito che, fin dal primo momento nostro, fin dal primo sguardo, fin dal primo sorriso, fin dal primo.. bacio, il mio cuore ha sempre battuto per te.

Non mi ha capita nessuno.
Nessuno non si è nemmeno sforzato di capirmi.
Ma va bene così.


Il monologo si concluse con una dolce lacrima, che se non fosse stata in acqua, lenta e calda sarebbe scesa sulla sua guancia, sul suo collo, sul suo petto.. arrivando al suo cuore.


 
   
 
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