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Autore: VahalaSly    19/07/2015    1 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Breathe Into Me

Capitolo Ventunesimo:
Meglio Tardi Che Mai

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 Quando l’insistente risuonare della sveglia strappò Amanda dal mondo dei sogni, la tentazione di gettarla fuori dalla finestra fu forte. Tastò il comodino alla ricerca del telefono, ancora semi-addormentata, grugnendo infastidita quando non riuscì a trovarlo.

“Mi sa che è il mio” brontolò una voce accanto a lei, seguita poi dal fruscio di coperte. Finalmente l’allarme venne spento, e Amanda si voltò verso il centro del letto, tornando felicemente ad accoccolarsi tra le braccia di Alessandro.

“Devo andare a scuola”, mormorò dopo qualche secondo, sbadigliando.

Sentì Alessandro annuire. “Anche io”.

Nessuno dei due si mosse di un millimetro, se non le braccia dell’uomo, che la strinsero ancora più a sé.

“Dobbiamo alzarci”, riprovò lei.

“Mhm-mhm”.

“Arriveremo in ritardo”.

“Oppure potremmo restare a letto”.

Amanda socchiuse appena un occhio. “Chi sei, il mio personale diavoletto tentatore?”

“Ora che l’abbiamo appurato torniamo a dormire?”.

Amanda scosse la testa ma non replicò, troppo assonnata per riuscire ad opporglisi. Chiuse gli occhi quasi involontariamente, e in pochi secondi si riaddormentò. Si risvegliò qualche ora più tardi, sentendo la mano di Alessandro accarezzarle dolcemente il volto.

“Se mi bocciano sarà tutta colpa tua” fa la prima cosa che borbottò, aprendo lentamente gli occhi.

L’uomo ridacchiò. “Posso giustificarti io”.

“Sono convinta che saranno entusiasti di sapere che non sono andata per rimanere a letto con te”.

“Magari vorranno condividere”.

Amanda si sollevò di scatto, fissando Alessandro con occhi spalancati. Quest’ultimo aprì gli occhi a sua volta, appena in tempo per vedere un cuscino diretto verso la sua faccia.

“Che schifo!” esclamò Amanda, colpendolo ancora. “Che orrore, che orrore, che orrore!”

“Intendevo condividere me! Me!” disse lui, ridendo. “Giuro che non ho intenzione di condividerti con nessun professore!”.

“Anche se,” aggiunse non appena Amanda si fermò, “La professoressa Marini, con tutti i suoi sessanta-tre anni…”.

“Ahh! No! Nooo!” esclamò Amanda, ricominciando a sbattergli il cuscino addosso. “Perché mi metti queste immagini nella testa?! Hai preso lezioni da Giulia o che?!”.

Alessandro continuò a ridere incontrollatamente, cercando di sfuggire ai colpi di Amanda. Alla fine fu costretto ad alzarsi dal letto, e Amanda poté ammirarlo in tutto il suo splendore.

Guardandolo così, alla luce del sole, quasi non poteva credere di aver… beh, fatto quello che aveva fatto. Il ricordo era sfocato, confuso, ma le emozioni erano ancora tutte lì, vivide come se non fosse passato nemmeno un istante.

“Hai fame?” domandò Alessandro di punto in bianco, afferrando una maglietta del comò e infilandosela. “Pensavo di andare a comprare qualcosa”.

Amanda sbadigliò, stiracchiandosi. “Vengo con te, devo comprarmi un paio di cose pure io”. Fece per alzarsi, rendendosi poi conto di essere lei stessa completamente nuda. Fu tentata di afferrare il lenzuolo e coprirsi, ma si obbligò a non farlo. Dopotutto, Alessandro non aveva forse detto che la trovava bellissima?

Così sì alzò, sussultando appena quando l’aria fredda le sfiorò la pelle nuda, e si diresse con passo deciso verso il bagno.

Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che lo sguardo di Alessandro la seguì fino alla porta.

 

“Oh, i Cheerios sono in offerta!” esclamò Amanda con entusiasmo, afferrando la preziosa scatola e lanciandola nel carrello. “Roberta me li chiede da settimane”.

Alessandro posò le bottiglie che aveva in mano, fermandosi ad osservare i vari cereali esposti: “Io mi sa che punterò su quelli rossi. Ehm, no” disse quando Amanda fece per prenderli, “quelli sotto”.

“Questi?”

L’uomo annuì, osservando la confezione più da vicino. “Non sono rossi?”.

“Arancioni, ma ci sei andato vicino”.

“Amanda?”, chiamò una voce alle loro spalle, facendola voltare. Aveva la riconobbe immediatamente, ma finché non posò lo sguardo sull'uomo credette di essersela immaginata. E anche dopo averlo fatto, faticò a credere ai propri occhi.

“Papà?!” domandò incredula, lanciando una veloce occhiata ad Alessandro. “Che ci fai qui?”.

Lui si avvicinò, facendo il gesto di abbracciarla, ma Amanda fece un passo indietro. “Dovresti essere a Vancouver”.

Lo sguardo di Luigi ne tradì il dolore, ma l’uomo non commentò il gesto della figlia. Sotto quell’aspetto erano sempre stati simili.

“Sono tornato la settimana scorsa. Ho avuto la possibilità di riflettere e… Sofia, ti prego, ti chiedo scusa. Non sarei mai dovuto partire”.

“Sei qui da una settimana?”.

Luigi annuì. “Sono venuto a cercarti a casa, ma tua madre non ha voluto dirmi dove fossi”.

“Ti avevo detto che non potevo tornarci” disse Amanda, stringendo i denti nel tentativo di mantenere la calma. “E sai bene perché”.

“Sì, lo so”, mormorò l’uomo, abbassando lo sguardo. “E mi dispiace anche per quello”.

“Sei tornato solo per scusarti?”.

Luigi scosse la testa, osservando poi la figlia con maggiore interesse. “Volevo assicurarmi che stessi bene, che Roberta si fosse ripresa. Lei come sta?”.

Amanda dovette sforzarsi per non voltarsi e andarsene. “Sta bene”.

“Sa di… di me?”.

“Intendi se sa che non sei il suo padre biologico, o se sa che hai deciso di non essere suo padre in ogni senso?”.

“Non ha mai smesso di essere mia figlia, e questo lo sai bene”.

Amanda arcuò le sopracciglia. “Lo so? Perché l’ultima volta mi pare avessi detto una cosa ben diversa”.

Il padre sembrò essere preso alla sprovvista, quasi non ricordasse le sue stesse parole. Amanda scosse la testa, incredula.

“Sa che non sei il suo vero padre, e sa che le manchi”.

“Come l’ha presa?”.

La ragazza scosse le spalle. “Non le importa. Per lei tu sei suo padre, e non ha senso dire il contrario”. Vedendo che l’uomo si era fatto silenzioso, prese e afferrò il carrello. “E ora che ti sei assicurato che stiamo bene, direi che puoi tornare in Canada con la coscienza pulita”.

“Non ho intenzione di tornare in Canada. E anche se volessi, non potrei. Ho rinunciato al lavoro”, disse lui, sorridendo malinconico. “Ho intenzione di diventare più presente, da adesso in poi. So che sono stato spesso assente, ma-”

“Assente? Sei letteralmente scappato!” Amanda era incredula. Dal modo in cui si stava comportando, sembrava quasi si stesse scusando per essere arrivato tardi a cena.

“Io... “ si interruppe, scuotendo la testa. “Mi dispiace averti lasciato da sola. Non ho idea di come tu sia riuscita a badare sia a te stessa che a Roberta, con la scuola e tutto”.

Amanda fece una smorfia “Ho avuto chi mi ha aiutato” disse, ricordandosi finalmente della presenza di Alessandro, e guardandolo dritto negli occhi. L’uomo ricambiò il suo sguardo, sorridendole incoraggiante.

Luigi notò lo scambio, voltandosi a sua volta verso Alessandro.

“Immagino di doverti ringraziare, allora” disse, tendendo la mano. Alessandro fece per afferrarla, ma improvvisamente lo sguardo di Luigi si fece confuso.

“Per caso noi ci conosciamo?” domandò, strizzando gli occhi nel tentativo di riconoscerlo.

Amanda capì immediatamente il suo errore.

“Sono sicuro di averti già visto, magari all’istituto di mia figlia? Sembri un po’ grandicello per andare ancora al liceo”.

Alessandro scosse nervosamente il capo, cercando inutilmente di fingere indifferenza. “Non credo proprio di averla mai incontrata, mi dispiace. Forse mi sta confondendo con qualcun altro?”.

“Ma certo, non ti ho forse incontrato il giorno dei colloqui? Insegni filosofia, dico bene?”. Il voltò di Luigi si oscurò. “Cosa ci fai qui con mia figlia?

“Ci siamo incontrati qui per caso”, disse Amanda, scuotendo le spalle. “Niente di più”.

Luigi tornò a concentrarsi su di lei, lo sguardo severo che non indossava più da molti anni. “Non prendermi per un idiota, Sofia. Voglio sapere cosa sta succedendo, e spero non sia quello che penso”.

Amanda arcuò le sopracciglia, incrociando le braccia al petto. “Quello che sta succedendo non ti riguarda”.

“Me ne sono andato credendoti una ragazza responsabile. Invece…” lasciò scivolare via la frase, spostando lo sguardo su Alessandro. “Amanda torna a casa con me”.

“Puoi scordartelo!” esclamò la ragazza, osservandolo incredula. “Come ti permetti di-”

Luigi le afferrò l’avambraccio, tirandola a sé: “Ho intenzione di essere un padre migliore, Amanda. E ho intenzione di iniziare subito”.

Alessandro fece un passo verso di loro, lo sguardo puntato sulla mano di Luigi ancora stretta attorno al braccio della figlia. Amanda tuttavia lo fermò con un gesto della testa, poi si allontanò dal padre con uno strattone deciso.

“Hai smesso di essere mio padre nel momento in cui te ne sei andato. Ho diciotto anni, e non devo più avere niente a che fare né con mamma, né con te”.

“Alessandro” continuò, “mi ha aiutato quando non sapevo a chi rivolgermi, quando avresti dovuto esserci TU ad occuparti di me. Quindi ora non osare, non osare pretendere di avere un qualunque ruolo nella mia vita. Tu per me non sei nessuno, e così vale la tua opinione ”.

Luigi abbassò lo sguardo, poi dopo qualche secondo cominciò a frugare nella tasca della giacca. “Lascia almeno che ti dia queste”, disse, porgendole un piccolo mazzo di chiavi. “Ho pensato che avrebbero potuto servirti. Sono di un appartamento in centro, ho concluso l’acquisto in tuo nome un paio di giorni fa. E’ un ottimo posto, una delle nuove costruzioni, già arredato. Ti manderò per e-mail tutte le informazioni e i documenti. Ho anche depositato una piccola somma sul tuo conto, per qualunque eventualità”.

Amanda osservò le chiavi tra le sue mani, sentendo un misto di emozioni. Si sentiva grata al padre per il suo gesto, ma allo stesso tempo lo odiava ancora di più per aver impiegato così tanto a ricordarsi di avere una figlia. Decise di non dire nulla, limitandosi ad infilare le chiavi nella tasca dei jeans e annuendo appena, evitando lo sguardo dell’uomo.

“Tutto ciò che mi interessa è che tu sia al sicuro” mormorò, voltandosi quando non ricevette risposta e fissando un’ultima volta Alessandro prima di allontanarsi, dirigendosi con le spalle curve verso l’uscita.

Quando finalmente le porte automatiche si chiusero dietro di lui, Amanda si voltò verso Alessandro, ritrovando in lui lo stesso sguardo incerto che era sicura aleggiasse nei suoi occhi.

 

 

Quando l’ultima campanella scolastica dell’anno risuonò per le classi ed i corridoi, qualcuno con un ottimo udito avrebbe facilmente potuto riconoscere il suono di un centinaio di adolescenti (e non solo) rilasciare un profondo sospiro di sollievo. Amanda non aspettò più di un istante prima di sollevarsi dalla sedia, salutando Paolo con un veloce abbraccio e raggiungendo Giulia, impegnata a digitare sul telefono.

“Hai intenzione di restare qui fino a settembre?”

Giulia ripose con candida innocenza il cellulare in una tasca, per poi alzare lo sguardo verso l’amica. “Sarebbe di sicuro un bel risparmio di tempo, ma credo che per quest’anno passo”.

Si incamminarono insieme verso il corridoio, aspettando che l’enorme fila verso il portone si dissipasse. Giulia continuava a tirare fuori il cellulare, controllando lo schermo e sbuffando.

“Hai fretta?”, domandò Amanda piuttosto divertita. L’amica scosse la testa, lisciandosi la maglietta.

“Chi, io? No, sto solo aspettando un messaggio. Da Lorenzo”, precisò notando l’espressione curiosa dell’altra. “Nulla di importante”.

Amanda lasciò correre, capendo che Giulia non aveva voglia di parlare di qualunque cosa stesse succedendo. Si concentrò invece sulle macchine parcheggiate davanti alla scuola, cercando di scorgere una familiare Jeep gialla. Quando finalmente la vide salutò velocemente Giulia, correndo verso Alessandro. Si controllò freneticamente attorno prima di entrare nella vettura, terrorizzata che qualcuno riconoscesse l’autista. Sapeva che teoricamente da quel momento in poi non stavano facendo niente di male - la scuola era finita e con essa anche il ruolo di professore di Alessandro - eppure voleva evitare qualunque possibile problema.

“Ehilà”, la salutò lui, sorridendole. Amanda sorrise a sua volta, sentendosi immediatamente a casa. Un braccio le si strinse attorno al collo, seguito da una piccola testa bionda. “Andiamo a vedere la casa nuova!”, esclamò felice Roberta, rischiando di strozzare la sorella. “Posso scegliere la mia camera, vero?”.

Amanda ridacchiò, voltandosi verso di lei mentre Alessandro metteva in moto. “Non sappiamo ancora quante stanze ci sono, però. Forse dovremo condividerla”.

L’entusiasmo di Roberta non scemò minimamente. “Allora sarà ancora più bella”, decise, tornando ad accarezzare Flash sistemato accanto a lei.

Arrivarono all’appartamento dopo pochi minuti. Il quartiere era molto simile a quello della casa dei loro genitori - d’altronde non erano nemmeno particolarmente lontani, ma qui i palazzi erano chiaramente nuovi, con la vernice ancora perfetta e i vari cartelli delle compagnie di costruzione che annunciavano la vendita di appartamenti a prezzi tutt’altro che modesti.

Mentre salivano le scale, Amanda continuò a giocare con le chiavi di quella che, teoricamente, ora era casa sua. Si era detta che aveva aspettato così tanto per andare a vederla per via della scuola, ma la verità era che ancora non era completamente sicura di voler accettare qualcosa da suo padre. Era come se in quel modo stesse invalidando tutto quello che gli aveva detto; tuttavia non aveva intenzione di continuare a gravare così sulle spalle di Alessandro, soprattutto ora che avevano ufficialmente iniziato una relazione, perciò non aveva avuto molta scelta.

“Pronta?” chiese Alessandro quando si fermarono davanti alla porta. Amanda guardò l’espressione entusiasta di Roberta, poi infilò la chiave. Il suono della serratura che scattava sembrò accendere un interruttore nella testa di Amanda, che si rese per la prima volta davvero conto che quell’appartamento era suo. Suo. Aprire quella porta voleva dire diventare ufficialmente un’adulta, qualcuno che non solo avrebbe dovuto badare a se stesso in maniera autonoma, ma anche ad una bambina di sette anni.

“Sì”, rispose, aprendo la porta, “sono pronta”.


L'appartamento si rivelò essere ben oltre le aspettative di Amanda, ma d'altronde a Luigi era sempre piaciuto strafare. La porta di ingresso apriva direttamente sul salone, completamente arredato con moderni mobili bianchi. La cucina era alla loro sinistra, mentre a destra stava un corridoio con tre stanze e un bagno. Roberta, entusiasta, scelse immediatamente la propria, affacciandosi all'enorme finestra accanto al letto.

“Si vede il parco!” esclamò. Indicandolo agli altri due. “E lì sta la casa di mamma e papà”.

Amanda annuì, sforzandosi di non storcere il naso: non era la più grande fan di quella vicinanza.

“E lì c'è la mia”, aggiunse Alessandro, indicando la palazzina appena oltre il parco e sorridendo ad Amanda. “Credo che possiamo definirci praticamente vicini di casa”.

“Uhm, vorrà dire che saprò da chi andare quando ci finisce lo zucchero” disse lei, facendo ridere gli altri due.

La seconda stanza si presentava come uno studio, anche se il divano-letto sistemato sul fondo suggeriva un possibile secondo utilizzo. Amanda immaginò fosse un modo non troppo subdolo con cui il padre si era creato uno spazio dove dormire dopo qualche eventuale visita.

Dopo aver controllato il bagno, piccolo ma ben arredato, fu il turno della camera da letto padronale. Amanda aprì la porta con sospetto, quasi temesse che Luigi, tentando di mandare un altro messaggio, vi avesse messo un letto singolo. Si trovò tuttavia davanti ad uno spettacolo piuttosto piacevole: la camera era grande, con un semplice letto matrimoniale al centro, due armadi, una libreria vuota e perfino un piccolo televisore sistemato sopra al comò.

“Tuo padre è un fanatico del minimalismo, vedo” disse Alessandro, osservando la camera con sguardo perplesso. “E del bianco”.

Amanda annuì, sorridendo. “Vorrà dire che gli daremo noi gli ultimi ritocchi”.

Roberta a quelle parole quasi saltò dalla gioia.

 

 

“Ehm, Alessandro?”, disse Amanda, richiamando l'attenzione dell'uomo alla guida, “questa non è la strada di casa”.

Alessandro non rispose, sorridendo enigmatico. Avevano lasciato l'appartamento di Amanda qualche minuto prima, dopo aver fatto della spesa e aver rifornito il frigorifero, e in teoria a quel punto sarebbero dovuti andare a casa di Alessandro a recuperare le valigie. Chiaramente l'uomo aveva altro in mente.

Gli si avvicinò, sussurrandogli piano nell'orecchio così da non farsi sentire da Roberta: “Non stai per portarci in un campo abbandonato per assassinarci, vero?”.

L'uomo ridacchiò. “Come facevi a saperlo?”, chiese, e proprio in quel momento svoltò in una stradina di campagna.

Amanda lo adocchiò confusa, tuttavia decise di fidarsi. Questo non le impedì di continuare ad osservare i dintorni con sospetto.

Si fermarono pochi minuti dopo, parcheggiando davanti ad un piccolo canale circondato da una piccola distesa di verde. Non appena scesero dalla macchina, Roberta corse verso un gruppo di gente seduta attorno ad una tovaglia da picnic, sistemata strategicamente sotto l'ombra di un albero. Amanda fece per richiamarla, ma improvvisamente riconobbe una delle persone lì sedute. Poi le riconobbe tutte.

“Cosa?...” domandò, incredula, voltandosi verso Alessandro. “L'hai organizzato tu?”.

Lui scosse la testa, indicando Giulia, che ora stava venendo in contro ad Amanda; questa le si piazzò davanti, sorridendo a trentadue denti: “Benvenuta alla nostra piccola festicciola”.

Amanda scosse la testa, incredula. Attorno alla tovaglia sedevano Paolo, Stefano, Lorenzo – il ragazzo di Giulia- e perfino Michael; non furono loro tuttavia quelli su cui si concentrò Amanda. Insieme a loro, anche Michela sedeva a terra, e le sorrideva emozionata.

“Cosa si festeggia?” fu tutto ciò che riuscì a chiedere. Giulia sollevò le braccia al cielo con fare drammatico, poi spostò lo sguardo su tutti i presenti, Flash compreso, e se possibile il suo sorriso si allargò ancora di più.

“La felicità”, disse, “che tende ad essere sempre piuttosto ritardataria, ma alla fine arriva sempre. Un po' come la fine della scuola, insomma.”

Amanda ridacchiò, poi, prendendo la mano di Alessandro nella sua, andò anche a lei ad aggiungersi ai suoi amici, incapace di smettere di sorridere.

Quel pomeriggio sarebbe per sempre rimasto nella memoria di Amanda come uno dei più belli della sua vita. Michela non aspettò un secondo prima di lanciarlesi al collo, stringendola a sé e chiedendole scusa per quello che era successo; Amanda la fermò, scuotendo la testa. “Sono io a dovermi scusare: non avrei dovuto tagliarti fuori in quel modo. Sono stata un'idiota”.

“Forse un po'”, concordò l'amica, posando lo sguardo su Alessandro, “ma fortunatamente ci ha pensato qualcun altro a fornirmi i dettagli”. Amanda si voltò a sua volta verso l'uomo, guardandolo con un misto di incredulità e gratitudine, poi verso Giulia, sapendo bene che, probabilmente, anche quello era stato parte del suo piano.

Passarono il resto del tempo mangiando e chiacchierando, mentre Flash e Roberta correvano su e giù per il prato come se non avessero mai fatto nulla di più divertente; quando Michael tirò fuori un frisbee dalla sua macchina, anche gli altri si unirono a loro, finché sedute a terra non erano rimaste che Giulia ed Amanda.

“Hai notato”, domandò la prima, sdraiata a terra, “che di cinque ragazzi qui presenti, quattro sono stati almeno una tua cotta?”.

Amanda storse il naso. “Sì, la cosa non mi era sfuggita”.

“Per caso sei innamorata di Lorenzo?”.

“Che? Sei impazzita?”.

Giulia sbuffò. “Peccato, avrebbe chiuso il cerchio”. Amanda preferì non commentare.

Il sole era quasi tramontato quando decisero di andarsene, tutti estremamente sudaticci ma con un enorme sorriso stampato in faccia. Passarono una buona mezz'ora a cercare Stefano e Michael, che sembravano essere spariti nel nulla, finché Alessandro non tornò da dietro una siepe spingendo via l'amico con fare impaziente, immediatamente seguiti da Michael, rosso come un peperone.

Giulia guardò l'espressione vittoriosa di Stefano con la bocca spalancata, voltandosi verso Amanda. “E' appena successo quello che credo sia appena successo?”.

L'amica era altrettanto esterrefatta, e Stefano dovette notare la sua espressione, perché passandole accanto le diede dei colpetti sulla spalla, sussurrando: “Bisessuale”, per poi lasciarsi trascinare via da Alessandro.

Giulia li osservò allontanarsi verso la macchina, chinandosi leggermente verso Amanda. “Ti prego, dimmi che gli proporrai un threesome. Ti prego”.

Amanda fu quasi tentata di annuire.

 

 

 

Squillano le trombe. Ho aggiornato signori e signore. Incredibile, lo so. So anche di essere una brutta persona, non preoccupatevi. Ringrazio come al solito tutte le persone che mi sostengono e mi scrivono nonostante i tempi vergognosi con cui ho aggiornato questi ultimi capitoli. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che vi piacerà anche il prossimo, che sarà l'epilogo.

Siete tutti meravigliosi <3

A presto!

  
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