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Autore: Mordreed    22/07/2015    4 recensioni
COLIN O'DONOGHE- JENNIFER MORRISON
Due perfetti sconosciuti che si incontrano per caso, anni prima che il destino li unisse in una nuova esperienza lavorativa. Un incontro dimenticato, un nuovo inizio. Una storia d'amore tormentata, intesa e proibita che sconvolgerà la vita di entrambi. La passione incontrollabile e sventurata, di due amanti clandestini e maledetti.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA

Salve a tutti,
eccomi qui con il nuovo capitolo.
Vi ringrazio per la pazienza e per le recensioni che leggo sempre con piacere.

Ecco il link con la canzone da ascoltare durante la lettura: http://www.jango.com/music/Taylor+Swift?l=0

Hope you like it!





Quando sentì  bussare alla sua porta in piena notte, pensò sicuramente ad un errore del servizio in camera.
Perciò sospirò pigramente e si alzò dalla moquette dove era seduto a guardare la tv e andò ad aprire.
Per un attimo si chiese se stesse per caso sognando, se fosse tutto un equivoco o uno strano scherzo.
La osservò a lungo, mentre lei sembrava confusa e alquanto persa.
Non era più la ragazza del bar che aveva conosciuto la prima sera, né tanto meno l’attrice ordinata e meticolosa che incontrava ogni giorno sul set.
Era una Jennifer diversa.
E non era solo il suo look alquanto discutibile, che lui comunque apprezzò, era la fragilità che le si leggeva in volto.
Non le chiese nulla, ma fu lei la prima a parlare.
“Mi dispiace… mi dispiace..”
Ripeté sentendosi libera di piangere.
Fu un attimo, poi lui l’attirò verso di se in un abbraccio, realizzando solo in quel momento quanto avesse desiderato farlo.
Lei pianse un po’ contro la sua spalla, lui cercò di tranquillizzarla massaggiandole dolcemente la schiena.
Era così che si confortava una persona, no?
Non ricordava l’ultima volta che gli era toccato farlo.
Da una camera li vicino, una signora sulla 50ina, uscì di soppiatto affacciandosi per controllare l’intero corridoio.
Lui e Jen si voltarono per osservarla ed entrambi notarono dietro la signora, un uomo di mezza età ancora mezzo nudo.
Capirono al volo.
Si guardarono e trattennero le risate, mentre lui le fece cenno di entrare per evitare che la signora in questione si accorgesse di loro due.
Jen entrò nella sua camera, si fermò imbarazzata pochi passi dopo la porta.
Lui gettò un’ultima occhiata ai due amanti clandestini, il tempo di vedere la donna raggiungere di corsa l’ascensore mentre l’uomo richiudeva la porta.
Sorrise un’ultima volta e poi chiuse anche lui.
Si voltò a guardarla e si accorse che lei stava fissando, parecchio a disagio, la camera in cui alloggiava.
“Beh.. è sempre più ordinata della mia roulotte”
Si giustificò lui mentre lei indugiava sui vestiti gettati un po’ ovunque e i copioni sul letto ancora intatto.
“Ma tu la notte non dormi mai?”
Chiese curiosa.
Lui sorrise.
“Non è in cima alle cose che amo fare di notte”
“Ecco spiegato il motivo di tutti quei caffè al mattino..”
Lui alzò le spalle come a dire: ‘che ci vuoi fare’.
“Se non dormivi che stavi facendo… insomma, prima che..”
Non continuò la frase, sembrava a disagio e Colin si chiese se per caso stesse già rimpiangendo la sua decisione di essere andata a trovarlo nel cuore della notte.
“Oh, c’è The Walking Dead in tv”
Lei corrugò la fronte.
“Quel coso sugli zombie?”
“Quel coso?”
L’apostrofò lui sbalordito.
Lui amava quello show.
Lei ridacchiò di fronte alla sua reazione.
“Si insomma, non sono una grande fan del genere e poi… zombie? Dai alla tua età..”
“Alla mia età?”
Le fece eco lui divertito.
“.. è poco realistico”
“disse la figlia di Biancaneve e del principe azzurro”
Lei spalancò la bocca per replicare, colpita, ma non ci riuscì.
“Ma.. è totalmente diverso. Once lancia un messaggio ben preciso, questo The Walking Dead insegna alla gente come uccidere zombie”
“Non hai mai visto un episodio, non puoi saperlo”
“Beh, vediamo allora”
Replicò lei con semplicità, sedendosi a gambe incrociate sulla moquette davanti alla tv.
Lui andò al frigo bar e prese due lattine di coca e un paio di barrette alle noccioline.
Tornò con il piccolo bottino verso di lei che lo guardò a metà tra l’incredulità e il divertimento.
“Quanti anni hai? 12?”
Lo apostrofò mentre lui tornava indietro a cambiare la ‘spesa’.
Tornò con quattro bottigliette campioncino di tequila.
Lei approvò con un sorriso.
Si sedette accanto a lei e le passò una bottiglietta.
Entrambi la stapparono e brindarono con uno sguardo.
“Se continua così.. tra poco cambiamo canale”
Sentenziò lei particolarmente disgustata dalla scena trasmessa.
“Non ti facevo un fan dello splatter”
“E che pensavi guardassi?”
“Non lo so..”
Disse lei sorseggiando pensierosa.
“.. qualcosa con modelle stupide, tette e videogiochi”
“Tette e videogiochi?”
Rise lui.
“Si.. insomma, un po’ nerd lo sei”
“Quanti stereotipi”
“Ehy, non ho nulla contro i nerd”
Si difese lei.
“Beh.. non si direbbe”
Si voltò a guardarlo.
“Che intendi dire?”
“Non c’è nulla di nerd in te.. nè tantomeno nella persona con cui stai..”
Colta alla sprovvista da quella affermazione, si abbandonò ad una sonora risata.
Lui continuò.
“… insomma, lui sembra più un tipo fisico.”
Continuò a ridere, perciò non doveva essersi offesa.
“No, non siamo già a quel punto”
“Quale punto?”
“Quello in cui tu torni a psicanalizzarmi e ad esprimere giudizi sulla mia vita”
“Perché no? E’ notte, la tequila l’abbiamo.. manca solo il juke box”
Commentò lui rievocando il loro primo incontro, quella notte in cui lui le aveva che dava l’impressione di essere triste e sola.
Lei colse a volo e scosse la testa.
“Non sono venuta qui per questo”
“E per cosa, allora?”
La curiosità ebbe la meglio e alla fine non poté più aspettare a chiederglielo.
L’atmosfera nella camera cambiò.
Si fissarono in silenzio, entrambi seri e attenti.. beh, lei un po’ più a disagio di lui.
Adesso che l’allegria e il divertimento di poco prima erano spariti, sembrava difficile continuare.
“Volevo… ringraziarti”
Lui annuì.
“Non c’è di che… adesso puoi andare”
“Come?”
Lei restò del tutto sbalordita.
“Si insomma, sei venuta qui… tutto questo era solo un contentino. Un premio perché il ragazzo eroe ti ha salvata dal mostro cattivo. Questo non cambia le cose, no?”
“Dio mio come sei stronzo”
Replicò lei incurante di abbassare la voce.
Si alzò infuriata.
“Lo aggiungo alla lista, devo dire che è abbastanza dolce come insulto.. insomma, dopo avermi dato dello psicopatico.. sarà difficile per te battere quel record, sempre se non hai voglia di controllare nell’armadio o sotto il mio letto e vedere se sono anche un serial killer.”
In un attimo lei capì il perché del suo comportamento.
Era stata dura, l’aveva ferito.
Come aveva potuto pensare che dietro quelle azioni orribili che le erano accadute, ci fosse lui?
“Ok, ho sbagliato, mi dispiace. Non avrei mai dovuto dirti… quello che ti ho detto. Sono stata una stupida.”
“Ed anche parecchio stronza.”
Aggiunse lui.
Lei soffocò una bestemmia di fronte alla sua espressione divertita.
“Si, anche una stronza”
Ammise infine.
“Non basta”
“Oh dio, ma che vuoi? Una lettera di scuse ufficiali?”
“No, voglio che ci siano altri momenti come questo…”
Aprì le braccia per indicare la stanza in cui si trovavano.
“… che da domani le cose cambieranno e non tornerai a trattarmi come se fossi il teppista dell’ultimo banco che infastidisce continuamente la reginetta del ballo.”
Jen soppesò con attenzione il senso delle sue parole ma era parecchio arrabbiata.
Messa alle strette e dopo tutto quello che era accaduto, decise di dargli una possibilità.
Di abbattere quel confine che aveva costruito per tenerlo distante.
“Va bene”
Concluse infine orgogliosa.
Lui si rilassò, sorridendo vittorioso.
“Bene”
Si sedette di nuovo sulla moquette e batté con la mano di fianco a sé per farla riaccomodare.
Lei roteò gli occhi ma non protestò.
Passarono il resto del tempo a guardare la tv in silenzio.
 

Tre ore dopo…
 

C’era un rumore strano, come quello di un insetto che ronza pigro in una giornata primaverile, e andava avanti da un po’.
No, non era solo un insetto… sembrava c’è ne fossero di più, come uno sciame d’api furioso.
Allarmata da quel pensiero, Jen si svegliò, confusa e spaventata.
Aprì gli occhi e ancora assonnata non riconobbe lo schermo piatto ancora acceso, che mandava immagini confuse di una telepromozione di attrezzi ginnici.
Il collo era indolenzito e qualcosa premeva insistentemente contro la sua tempia.
Si voltò per controllare e trovò la testa di Colin appoggiata alla sua.
Si erano addormentati lì, su quel pavimento, le teste una contro l’altra, poggiate contro il letto.
“Mio Dio”
Jen scattò in piedi e Colin finì completamente sul pavimento.
Anche lui si svegliò bruscamente, spaventato da quell’improvviso cambio di posizione.
“Che.. che succede?”
Si stropicciò gli occhi mettendosi a sedere.
Jen corse verso il comodino, prendendo il telefono di lui che continuava a vibrare.
Era la sveglia.
“Oh dio.. oh dio… le 5.30.. è tardissimo, devo correre a casa.. Seb andrà a correre tra poco e se non mi trova…”
Era visibilmente agitata.
Cercò il suo di telefono per vedere se c’erano chiamate e messaggi.
Colin si alzò, osservò i primi raggi dell’alba entrare nella stanza e mostrare i dettagli del suo disordine cronico.
“Merda.. è scarico”
Colin andò verso l’armadio, lo aprì e prese una camicia e un paio di pantaloni.
“Che stai facendo?”
Chiese lei furiosa.
Possibile che non capiva la gravità della situazione?
“Mi sto vestendo.. ti accompagno a casa”
“No, posso prendere un taxi”
Replicò lei stizzita.
“Se vuoi arrivare prima che lui si svegli, dobbiamo fare a modo mio”
Jen batteva freneticamente il piede sul pavimento mentre decideva.
“E va bene”
Sbottò infine a voce troppo alta.
“Shhh..”
Fece lui portandosi un dito sulle labbra e intimandole di fare silenzio.
“… dormono ancora tutti, non vorrai farmi ricevere un reclamo dalla direzione”
Lei sorrise sprezzante, infastidita per essere stata ripresa da lui.
“Va a cambiarti in bagno”
Tentò di rimproverarlo lei.
Lui la guardò con una strana espressione.
“Mi pare ovvio.. non vorrei mai aggiungere anche ‘nudista’ alla lunga lista di insulti”
Commentò divertito.
Si avviò verso il bagno e disse:
“Chiudo anche la porta”
Jen capì che la stava prendendo in giro e questo non fece che accrescere la sua rabbia verso se stessa.
‘Vatti a cambiare in bagno’
Si ripeté nella mente.
Ma che frase del cavolo.
Cosa pensava facesse?
Che si spogliasse lì davanti a lei?
Decise di calmarsi e restare in silenzio per il resto del tempo, perché a quanto pareva, la combinazione di ansia e rabbia a prima mattina la rendevano particolarmente stupida.
 
 
5 minuti dopo, lui uscì dal bagno vestito di tutto punto.
Jen tirò un sospiro di sollievo, finalmente potevano andare.
Lui raccolse le sue chiavi, il telefono, indossò il suo giubbotto di pelle nera e ne prese uno anche per lei.
Lei accettò senza fare storie ed entrambi silenziosamente si avviarono fuori dalla camera.
Raggiunsero l’ascensore, Colin inserì la combinazione per accedere al garage sotterraneo.
Le porte si chiusero.
Di nuovo si ritrovavano soli in ascensore, ma questa volta c’era qualcosa di diverso dalle altre volte.
Jen lo osservò, mentre lui giocherellava con le chiavi davanti a lei dandole le spalle.
Sembrava rilassato.
Questo aiutò anche lei a rilassarsi… ma solo un po’.
In meno di dieci minuti furono fuori, nel primo traffico mattutino di una città che faceva fatica a svegliarsi.
In moto Jen si godette il viaggio, anche se quell’ansia perenne di arrivare in ritardo le premeva continuamente come un cappotto troppo stretto di cui non riusciva a liberarsi.
“Stringimi più forte, tento un sorpasso”
Urlò lui, la voce ovattata dal casco ingombrante.
Jen aumentò la presa sui suoi fianchi.
Osservò Colin spostarsi rapidamente verso la corsia affianco, superare cinque macchine che procedevano pigre e poi rientrare poco prima che una macchina imboccasse la loro stessa corsia, rischiando un incidente.
Impaurita e accaldata, Jen si ritrovò eccitata da quell’improvvisa scarica di adrenalina.
“Wao”
Commentò sottovoce, così che lui non potesse udirla.
 
Arrivarono a casa sua in tempi record.
Colin aveva ragione: se avesse chiamato un taxi, adesso probabilmente sarebbe ancora bloccata nel traffico.
Nessuno è così pazzo da tentare un sorpasso del genere o scivolare per le strade con una tale sorprendente rapidità.
Scese dalla moto, velocemente gli consegnò il casco e il giubbotto che lui sistemò nell’apposito vano sotto il sedile.
“Allora… grazie”
Disse guardandolo di sfuggita.
L’ansia di essere scoperta tornò a farle visita prepotentemente.
“Di nulla”
Replicò lui con semplicità.
Si rimise il casco e montò in sella.
“Ci vediamo in giro”
La salutò e sfrecciò via verso il sole che diveniva sempre più accecante.
 
Rientrò in casa di soppiatto, cercando di fare il minor rumore possibile.
Per un attimo si sentì una liceale che torna a casa tardi dopo una notte fuori e cerca di non farsi beccare dai suoi.
Salì le scale al piano di sopra e le sembrò che alcuni gradini cigolassero più del dovuto.
Arrivò in camera da letto, la porta era socchiusa.
Nel letto Sebastian dormiva ancora profondamente.
Tirò un sospiro di sollievo mentre ringraziò di cuore la sua buona stella.
Entrò e cominciò a spogliarsi lentamente, nascondendo la roba, piegata a casaccio, nell’armadio.
Ora arrivava la parte più difficile: entrare nel letto senza svegliarlo.
Un operazione complessa che richiese interi minuti particolarmente.
Si adagiò lentamente sotto il lenzuolo, ma.. Sebastian si mosse voltandosi verso di lei.
Con gli occhi ancora chiusi, mugugnò qualcosa cercando a tentoni con le braccia il suo corpo.
Jen chiuse gli occhi velocemente e restò immobile.
Era un’attrice, poteva fingere di essersi appena svegliata.
Ma ciò che non era in suo potere era rallentare i battiti del suo cuore e il rossore sulle guance, a causa dell’adrenalina del momento.
Sperò che lui non se ne accorgesse.
Le sue mani la raggiunsero cingendole i fianchi.
Jen si lasciò abbracciare e sentì chiaramente l’erezione del ragazzo contro il suo fondoschiena.
“Buongiorno”
Disse Sebastian con voce roca dandole un bacio sulla tempia.
Tempia particolarmente sensibile quella mattina dopo aver passato ore a fare da cuscino alla testa dura dell’irlandese.
“Buongiorno”
Lo salutò lei con la voce più roca e assonnata che riuscì a fare.
Forse per quella mattina non si sarebbe ribellata a una sveltina mattutina.
Aver passato la notte fuori, avergli mentito inconsapevolmente, la fece sentire parecchio a disagio.
Doveva farsi perdonare.
Fu lei a fare il primo passo, mentre si voltava verso di lui e lo sorprendeva con un bacio particolarmente accogliente. 



   
 
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