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Autore: moira78    24/01/2009    2 recensioni
Una storia triste e drammatica, fa parte anch'essa del passato. Un'idea che ho tentato di rendere nel modo più delicato possibile.
Edit del 25/02/2009: ff interamente revisionata e corretta da Tiger eyes.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo V

UNA SPERANZA PER AKANE




Ucchan udì i rumori provenire dal piano inferiore e scese spaventata. Erano le due del mattino e se non erano i ladri, era di sicuro quella matta di Shampoo con un nuovo incantesimo o quell’imbranato di Ryoga che si era perso. Si preparò mentalmente a ogni eventualità, gettandosi una coperta sulle spalle, e fu sorpresa di vedere Ranma davanti alla sua porta.
"Ran… Ranchan?!" Corse ad accendere la luce e lo vide a testa china tormentarsi le mani e cercare di parlare.
"Scusami per l’orario… è che… Akane…" Singhiozzò e Ukyo ebbe la terribile certezza che Akane fosse morta. Sapeva che era malata da tempo e temeva che non ce l’avesse fatta. Nonostante fosse sua rivale, si ritrovò il respiro pesante e le mani gelide.
"Ranchan… cosa è successo ad Akane? È…"
"Sta morendo, Ucchan, e io non so più cosa fare."
Lei tirò un mezzo sospiro e senza riflettere sul vantaggio che poteva trarre dalla situazione, volendo solo il bene di Ranma, lo abbracciò forte e pianse con lui, addolorata per colei che, ora lo sapeva, era sempre stata sua amica.

Il tè fumante rinfrancò Ranma dal freddo pungente di quella notte d’autunno e Ukyo ascoltò con orrore il calvario di quella malattia che Akane aveva ereditato da sua madre e contro cui stava lottando e perdendo.
"Volevano farle un trapianto di midollo, per compensare l’anomala produzione di le… leuco… insomma, i globuli bianchi che le impediscono di avere un sangue buono. Hanno provato su Nabiki e Kasumi, per vedere se erano compatibili, ma pur essendo sue sorelle non lo erano. Allora hanno provato con Soun, ma neanche lui…"
Ukyo gli prese le mani in un gesto di conforto. "E questo cosa vuol dire, Ranchan?"
"Che Akane ha perso ogni speranza di guarire."
"Oh Ranchan… ma la medicina ha fatto miracoli! Possibile che…"
Ranma scosse la testa, frantumando ogni speranza in lei. Amava Ranma e non sopportava di vederlo soffrire. In quel momento avrebbe dato un braccio per guarire Akane e rendere felice l’uomo che amava. Ma stavolta neanche la buona volontà di tutti quanti, lei, Shampoo, magari Ryoga e quel matto di Kuno, sarebbe servita a salvare la vita di colei per cui Ranma viveva. Non c’era da sconfiggere qualcuno come Collant Taro su una montagna in riva all’oceano, stavolta c’erano la vita e la morte, il dolore e la malattia, poste sul piatto di una bilancia mal calibrata. E loro non potevano farci niente. Si sentì impotente per la prima volta in vita sua, ma capì di dover infondere coraggio in Ranma e cercare di prepararlo al peggio nella maniera più dolce possibile.
Gli prese le mani nelle proprie, frenando con un grande sforzo le lacrime che minacciavano di tornare, e parlò piano nella notte crescente.
"Ranchan, ora ascoltami. Voglio che tu le stia vicino finché puoi. Non ti dico di avere delle speranze inutili, ma… non arrenderti mai del tutto, lei non lo farebbe. Sii pronto a tutto e dalle…” Ukyo prese un respiro, sforzandosi di dire le parole che andavano dette. “Dalle tutto il tuo amore… So che ti sembrerà strano detto da me, ma non sono cieca, Ranchan. Dimostrale che l’ami e qualunque cosa accada, so che sarà felice e serena. Io mi sentirei così se stessi per… se fossi malata e ti avessi accanto."
Ranma inghiottì duramente, schiarendosi la gola.
"Io le avevo giurato che sarebbe guarita, ma stavolta non posso mantenere la promessa."
"Non sei un dio, Ranchan, non hai potere sulla vita e sulla morte." Bisbigliò Ukyo guardandolo dritto negli occhi. Lui le accennò un sorriso e la ringraziò di cuore.
"Grazie, Ucchan. Avevo bisogno di sfogarmi, di sentire una voce amica, e tu lo sei stata. Ti voglio bene, piccola Ukyo." Con quest’ultima frase, le pose un bacio lieve sulla fronte e uscì facendo un vago cenno di saluto.
Lei lo guardò andare via e si sentì svuotata. Ora sapeva che lo avrebbe perso per sempre, perché se anche Akane fosse morta, lui l’avrebbe amata per il resto della sua vita e lei sarebbe rimasta solo la sua più grande amica.

Quando cominciò a piovere, Ryoga fu svelto ad aprire l’ombrello. Sarebbe stato un vero guaio arrivare al dojo bagnato fradicio… e maialino. O forse no? Avrebbe potuto infilarsi nel letto di Akane direttamente e salutarla di persona dopo una calda notte di sonno. Certo, Ranma avrebbe fatto il diavolo a quattro, ma lui l’avrebbe domato e Akane gli avrebbe rifilato un paio di pugni sulla sua testa dura. Bene bene…
"Ma guarda un po’, parli del diavolo…" Lo vide nella sua forma femminile camminare curvo sotto la pioggia mattutina e si accigliò. Che cavolo aveva da essere così depresso? Che Akane lo avesse mollato?
Ranma sentì la mano sulla sua spalla e trasalì. Quando alzò lo sguardo vide Ryoga e non si preoccupò delle proprie lacrime, la pioggia le avrebbe mascherate bene.
"Ranma Saotome! Cosa fai sotto la pioggia con quella faccia?!" Esclamò Ryoga allegramente.
Ranma-chan gli volse le spalle. Ryoga allora si impuntò e lo girò violentemente afferrandolo per il bavero e alzandolo da terra.
"Sei diventato anche vigliacco adesso?!" Gli urlò in faccia.
"Akane…" Mormorò come in trance. "Oh, Ryoga!"
Senza alcun preavviso, Ranma premette i pugni contro il petto dell’amico e vi poggiò la testa piangendo, in un disperato abbraccio. Lui sgranò gli occhi, allarmato, e allontanò la ragazza da sé con uno spintone.
"Cosa…?! – ansimò – Cosa hai fatto ad Akane?!"

"Grazie Nabiki." Mormorò infelicemente dopo che la seconda delle sorelle Tendo gli ebbe versato l’acqua del bollitore sulla testa. Ryoga era stato accompagnato in infermeria, scosso e piangente, e Ranma stesso volle abbandonarsi alla disperazione. Ma sapeva di non poterlo fare, perché doveva stare accanto ad Akane, così si impose la calma.
"Di nulla, Ranma." Rispose Nabiki con una voce insolitamente cupa.
"Ho paura." Disse lui improvvisamente.
"Ma non mi dire. Il grande Ranma Saotome che ha paura!" Esclamò senza allegria.
"Credi che… che lei ne abbia?"
Gli occhi di Nabiki si fecero di fuoco e Ranma vi lesse una nota di follia, la stessa che aveva visto in sua sorella quando aveva saputo della propria malattia.
"Qui nessuno ha paura – ringhiò – tantomeno mia sorella! Lei ha sempre lottato e non avrà bisogno di avere paura di morire, perché lei non morirà! Non anche lei!"
Ranma osservò con terrore le lacrime represse di Nabiki e corse fuori dalla stanza in preda al panico. Magnifico, si disse, colei che doveva mantenere la calma sopra a tutti era crollata e ora chi faceva coraggio a lui?
Nel corridoio incontrò Kasumi e le intimò di raggiungere la sorella minore, incapace di fare altro per colei che sarebbe diventata sua cognata se solo… Scosse vigorosamente la testa e si impose di nuovo la calma. Quando entrò in camera di Akane, trovò una sorpresa: attorno al letto, circondato di macchinari, c’era un folto gruppo di persone.
"Ni-hao, Lanma! Sei arrivato finalmente!" Lo salutò Shampoo.
"Ciao, futuro marito!" Fece eco Obaba.
"Bentornato dalla tua fidanzata, Saotome" Disse Mousse.
"Ciao Ranchan, ti sei bagnato con la pioggia?" Domandò Ucchan.
"Ranma Saotome, ne devi avere di coraggio per lasciare Akane Tendo da sola con la sua malattia!" Dichiarò Kuno da un angolo.
"Ranma, tesoro, siediti qui accanto a me!" Cinguettò Kodachi.
Ranma li fissò sbalordito, si comportavano come al solito, come se non si rendessero conto della figura esile e pallida che giaceva nel letto attaccata alle macchine per vivere. Sul capo aveva il cappellino che avevano comprato assieme qualche giorno prima e un sorriso lieve le increspava appena le labbra.
"Ciao, Ranma."
"Ciao, Akane." La salutò e avvertì il gelo nel cuore: quelle parole risuonarono alle proprie orecchie come un addio.
"Come mai siete tutti qui?" Voleva aggiungere. E come mai voi, Shampoo, Ukyo e Kodachi non mi siete saltate al collo come sempre? Ma tacque saggiamente.
"Siamo venuti a trovare il maschiaccio violento naturalmente, per farle coraggio a combattere contro la malattia più violenta di lei stessa!" Disse l’amazzone allegramente.
"Deponiamo l’ascia di guerra, Saotome, e vegliamo la guarigione della nostra Akane. Come disse il grande Buddha…" Kodachi interruppe il sermone di suo fratello con una delle sue folli risate.
"Ma è ovvio! Che gusto c’è a conquistare il cuore del mio adorato Ranma se la mia nemica più valente è fuori uso! Ma non illuderti troppo, Akane Tendo, io ti batterò di nuovo!"
Lei rispose con un vago sorriso. "Non contarci troppo, Kodachi Kuno." Mormorò debolmente.
Ranma sedette accanto a lei e le parlò cercando di simulare disinvoltura.
"Ryoga verrà presto a trovarti. Quello scemo si è perso non appena abbiamo messo piede in ospedale!" Mentì. In quella entrò proprio Ryoga e tutti si volsero a guardarlo.
"Ehm, io… – balbettò tormentandosi le mani – come… come stai Akane-chan?"
Lei gli fece un debole sorriso e qualcosa in lui si sciolse. "Bene, ti ringrazio."
"Io volevo… dirti che… se c’è qualcosa che posso fare…"
"Grazie Ryoga, ma non puoi fare nulla, non stavolta. Questa battaglia è solo mia e anche se non dovessi vincere… saprò di avercela messa tutta anche grazie a te."
Calò il silenzio nella stanza. Ryoga rimase sulla porta, con gli occhi lucidi, e Ranma fissava Akane che tratteneva eroicamente un attacco di depressione. Shampoo si mordicchiò un’unghia e diede il gomito a Mousse.
"Andiamo al Nekohanten. Oggi siamo aperti anche di sera, vero bisnonna?"
Obaba guardò la nipote con occhi enigmatici, ma si affrettò a rispondere. "Si nipote, sarà meglio andare."
Kodachi si esibì di nuovo in una delle sue risate e girò il nastro spargendo petali neri ovunque.
"A presto, Akane Tendo, sappi che vincerò!" E saltò dalla finestra. Kuno si portò una mano alla tempia.
"Sarà meglio che la segua, prima che si metta nei guai” Porse ad Akane un mazzo di rose rosse. “Per te, mio bocciolo di rosa. Guarisci presto e sanerai anche le ferite del mio cuore."
Ukyo sospirò forte. "Beh, Akane, Kodachi Kuno non è difficile da battere, ma io sì. Perciò ti prego, guarisci presto, così che io possa sfidarti e offrirti una lotta decente. A presto, Ranchan!" Facendogli l’occhiolino uscì dalla porta ancheggiando, la lunga spatola che le ciondolava sulla schiena.
"Beh – fece Ryoga dal suo cantuccio – sarà meglio che me ne vada anch’io, così potrai ripos…"
"No, non andare!" Esclamò lei con voce urgente, facendolo sussultare. "Voglio dire… – riprese con voce più calma – resta, ti prego. Vorrei parlare un po’ con te."
Ranma si alzò in piedi. "Io vado giù al bar, voi parlate pure tranquillamente." Scoccò un’occhiata alla sua fidanzata e in un istante passarono mille mute comunicazioni tra di loro. Lei gli stava dicendo grazie e lui presto le avrebbe detto addio.
Si chiuse la porta alle spalle e vi si poggiò contro. Si portò le mani al viso, strinse forte le tempie e finalmente riprese il controllo delle proprie emozioni. Senza perdere tempo, andò allo studio del dottor Tofu.

"Ryoga, siediti qui, per favore." Disse Akane seria facendolo accomodare accanto a lei sul letto.
Il ragazzo arrossì visibilmente e si accorse per la prima volta di quanto lei faticasse a respirare, a parlare… a vivere. Sentì le lacrime salirgli agli occhi e scosse forte la testa per scacciarle.
"Akane-chan, ti prego… io tornerò tra qualche giorno, tu starai meglio, e allora parleremo…"
Lei fece un sorriso triste e incatenò gli occhi ai suoi.
"Ryoga – lo ammonì – lo sai che non c’è nessuna certezza…"
Ryoga scosse di nuovo la testa e si tappò le orecchie.
"Zitta, Akane! Non dire niente! TI PREGO!"
Lei fece un sospiro, sperando di non cominciare a frignare proprio ora, e gli prese le mani nelle proprie, comunicandogli un brivido.
"RY-OGA" Sillabò per costringerlo ad ascoltare. Lui si arrese e lasciò luccicare le lacrime negli occhi.
"Akane-chan…"
"Ssst! Se mi fai piangere ora non smetterò più, perciò ti supplico, lasciami finire." Ryoga annuì. "Tu sei l’amico più caro che io abbia mai avuto. Per questo volevo salutarti in maniera particolare. Non so se domani… o dopodomani… non ho idea di quando sarà finita, di quanto tempo io possa avere a disposizione, perciò finché sono lucida voglio ringraziarti di tutto cuore per quello che hai fatto per me durante questi mesi. Nessuno mi aveva riempita di regali come fai tu al ritorno dai tuoi viaggi, nemmeno Ranma! Mi sei sempre stato accanto, sempre disponibile quando si trattava di aiutarmi e io non lo scorderò mai. Ti voglio bene, Ryoga Hibiki." La sua voce si spezzò su quell’ultima frase e di slancio i due si abbracciarono, singhiozzando piano.

"Ranma, ascolta – stava dicendo il dottor Tofu cercando di essere conciliante – casi come questo, si verificano molto raramente. Non voglio che si creino false speranze. Sono distrutto quanto voi, anche se non lo do a vedere, ma sono anche un medico e devo guardare in faccia la realtà, per quanto crudele e spietata possa essere. Akane sta morendo, Ranma, e se avessi potuto provare un trapianto di midollo su di lei, Buddha solo sa se l’avrei fatto subito! Ma se anche tu, per puro caso, dovessi risultare compatibile con lei, operarla a questo stadio della malattia sarebbe letale al novanta per cento."
Ranma scosse il capo, cocciutamente. "Io devo sapere se anche stavolta posso fare qualcosa per lei. Da quando sono arrivato a casa Tendo ho cercato sempre di aiutarla per compensare tutti gli insulti che le rivolgevo, ma non ho mai ammesso apertamente che quello che facevo lo facevo per lei. Non credo che avrò mai il coraggio di dirle che quella volta che mi misi il body per lottare contro Kodachi era per non vederla sconfitta… o che quando mi trasformai per tifare quell’idiota di Kuno era perché la sua avversaria l’aveva fatta piangere e io non lo sopportavo… o che ho cercato disperatamente di diventare un ragazzo normale solo per lei… Perciò dottore, mi provi che stavolta non posso davvero aiutarla, o non avrò mai pace!"
Ranma ormai era sull’orlo delle lacrime, all’apice dell’esasperazione, e avvertì vagamente la mano del dottor Tofu posarglisi sulla spalla.
"Va bene Ranma, ora calmati. Ti farò un prelievo veloce ed esaminerò il tuo midollo osseo. Poi si vedrà."
Lui annuì, asciugandosi rabbiosamente gli occhi col pugno.
"Sono pronto."
   
 
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