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Autore: Himenoshirotsuki    27/07/2015    13 recensioni
[Fantasy Steampunk]
La Dogma e la Chiesa, le colonne portanti di questo mondo. L'una che agisce con il favore dell'ombra, chiamando a raccolta i suoi cacciatori, gli Slayers, per combattere i mostri; l'altra che muove le sue armate di luce contro le vessazioni e i miscredenti in nome di un dio forte e misericordioso.
Luce e ombra, ying e yang che si alleano e si scontrano continuamente da più di cinquant'anni.
Ma è davvero tutto così semplice? La realtà non ha mai avuto dei confini netti e questo Alan lo sa. In un mondo dove nulla è come sembra e dove il male cammina tranquillo per le strade, il cacciatore alla ricerca della sua amata si ritroverà coinvolto in un qualcosa di molto più grande, un orrore che se non verrà fermato trascinerà l'umanità intera nel caos degli anni precedenti l'industrializzazione. Perchè, se è vero che la Dogma e la Chiesa difendono gli umani dai mostri, non è detto che non sarebbero disposte a crearne per difendere i loro segreti.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Slayers '
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Slayers
Act. 1 - Headache




- Quindi mi sta dicendo che questo non è il primo omicidio qui in città? -
- No, purtroppo no. -
Alan osservò attentamente Griffon Clerk per cercare di capire se stesse mentendo o meno. Era un uomo che avrebbe potuto avere tra i trenta e i cinquant'anni, ma la barba incolta, accompagnata dalle pelle color cuoio, non lo aiutava a stabilirne l'età esatta. Non che la cosa gli importasse granché. A giudicare dal tono dimesso e dagli occhi pieni di timore, non sembrava stesse cercando di ingannarlo. Ad ogni modo, quel Griffon era l'unico che conosceva i fatti e si era reso disponibile per parlare con lui, visto che, dopo lo spettacolino con il dottor Mercer, tutte le persone coinvolte avevano preso a scansarlo come un appestato, sottraendosi agitati ai suoi approcci per ottenere qualche informazione in più su Angelika e sulla testa che proteggeva ossessivamente.
- Si spieghi meglio. - lo invitò.
Griffon abbassò lo sguardo e rimase per alcuni istanti in silenzio, mordendosi il labbro inferiore e tormentandosi le mani.
- Sa, io sono solo un povero contadino. Non sono un uomo dotto, ma sono un gran lavoratore e, quando ne ho avuto l'occasione, sono venuto a vivere qui per fare un po' di fortuna. Iadera è sempre stata una cittadina tranquilla e il dottor Mercer ha sempre amministrato la giustizia come solo un uomo di legge del suo livello può fare. -
Alan inarcò un sopracciglio, ma non commentò. Il suo sguardo corse alle spalle di Griffon, sulla panca dove stava seduta Angelika, con ancora stretta al petto la testa mozzata che ormai cominciava a puzzare. Mentre si dirigevano lì, aveva notato che zoppicava vistosamente.
- Immagino quanto sia ligio al dovere il vostro sindaco. -
Griffon osservò di sottecchi la ragazza con una smorfia disgustata: - Ma lei è una straniera. Il suo è stato un trattamento di favore in confronto a quello che il dottore ha riservato ai Sangue Sporco come lei. Sono sicuro che se l'avessimo bruciata prima, non sarebbe accaduto nulla. -
Lo Slayer tacque e l'uomo lo prese come un invito a continuare. Aveva una chiostra di denti marci e un alito che sapeva di vino acido insozzava l'aria.
- E' arrivata un giorno, sbucata dal nulla, vestita con solo una tunica leggera e un mantello di puro cotone, ma noi abbiamo subito capito che non era umana. Insomma, con quegli occhi da cerbiatta e quei capelli quasi bianchi era chiaro come il sole che era la figlia bastarda di una qualche driade, che siano maledette! Quegli esseri aprono le gambe a chiunque e poi mollano i loro figli mezzo sangue a noi. Io l'ho sempre detto che dovremmo incendiare la foresta, ma tutti tremano e voltano le spalle al problema. -
- Credo abbiano cara la vita, signor Griffon. -
- Cara la vita, le mie palle! - sbottò, - E' tutta colpa di questi esseri qui! Se non esistessero, il nostro mondo sarebbe sicuramente più sicuro e i boscaioli potrebbero andare a fare il loro lavoro in santa pace, ma nessuno fa nulla e voi cacciatori continuate ad arricchirvi a spese di noi povera gente. - vomitò astioso.
Aprì nuovamente la bocca per aggiungere altro, ma quando si rese conto di aver alzato un po' troppo la voce, tossicchiò e inspirò profondamente. Alan lo fissava impassibile, sempre in completo silenzio.
- Comunque... quella lì è sempre stata una ritardata. Si vede che suo padre era uno senza cervello. Quindi, non potendo mandarla a lavorare nel bordello, l'hanno affidata a me. Ero a corto di braccia, perciò l'ho messa a pascolare il bestiame, ovviamente dopo averle rotto in anticipo una gamba per non farla scappare. Ci ha provato una volta, ma l'ho acciuffata prima che fosse troppo lontana. Sa, il dottor Mercer mi ha chiesto di assicurarmi che non le saltasse più in mente di dileguarsi e io ho fatto del mio meglio. L'abbiamo trattata come una proprietà comune qui, anche se quando il nostro gentile sindaco chiede di lei ci adoperiamo per fargliela trovare libera. -
- Capisco. -
- Andava tutto a meraviglia. Angelika si è sempre occupata del bestiame, gli animali le obbediscono senza problemi grazie al suo sangue da selvaggia e il sindaco e noi altri potevamo usufruire delle sue grazie quanto volte volevamo. Poi, però, è rimasta incinta. Non eravamo sicuri di chi fosse il figlio, ma Angelika ha indicato Peter, il figlio del mugnaio. Ora, io non so come abbia fatto quello squattrinato anche solo ad avvicinarsi a lei, ma fatto sta che lei ha insistito a dire fosse suo e lui non l'ha negato, anzi, si è messo a dire qualcosa sul fatto che non potevamo trattarla così, che era una persona. Si è addirittura spinto a dire che l'amava. Insomma, era completamente uscito di senno. Il dottor Mercer è rimasto scandalizzato da queste parole tanto quanto me e mi sono stupito che non abbia provato a fare qualcosa. Non è intervenuto perché tutti sanno che costringere una col sangue di driade a interrompere la gravidanza porta solo sciagura. Alla fine, questa qui ha tenuto il marmocchio, però poi quando ha partorito è nato morto. Credevamo che ci saremmo dovuti tenere un altro Sangue Sporco, ma la natura ha impedito un simile abominio. -
- E quando sono cominciati gli omicidi? - lo interrogò Alan.
- Ecco, è proprio qui che volevo arrivare. - si sfregò le mani e occhieggiò la ragazza alle sue spalle, per poi allungarsi verso di lui, - Gli uomini del villaggio hanno iniziato a morire esattamente il giorno dopo che abbiamo lanciato nel fiume il cadavere del marmocchio. Me lo ricordo perfettamente. Erano i primi di settembre. Da quel momento, sono morti uno dietro l'altro e fino ad oggi abbiamo scavato più di dieci fosse nel cimitero cittadino. Peter è solo l'ultimo di una lunga serie. Sono deceduti tutti in modo orribile, mi creda. Quando li ritrovavamo, c'era sempre un sacco di sangue. All'inizio pensavamo fosse stata lei, ma il dottore ci ha rassicurato, non era opera di quella Sangue Sporco. So anche che il nostro amato sindaco ha mandato la richiesta alla Dogma per un intervento tempestivo, ma ad oggi sei l'unico Slayer che abbia mai visto. -
Alan disegnò il profilo del bicchiere con aria meditabonda. La luce del sole di mezzogiorno si rifletteva sul vetro sporco, evidenziando le macchie di latte e i rimasugli di foglie essiccate attaccate sul fondo. Sì, a Iadera la pulizia era un bene raro.
- Perché il dottor Mercer mi ha detto che secondo lui era stato un orso? -
- Il sindaco è una persona rispettabilissima, ma è troppo attaccato alla logica, secondo me. Per lui tutto è spiegabile, ogni domanda può trovare una sua risposta nella scienza, ma non ha ancora capito che in questi territori di confine i mostri ci sono ancora. Angelika è una Sangue Sporco, eppure lui non crede abbia alcun potere, sebbene sia risaputo che le driadi possono influenzare la mente delle bestie. -
Alan osservò nuovamente la ragazza che, in quel momento, stava accarezzando i capelli incrostati di fango e sporcizia di Peter. Aveva ancora gli occhi arrossati per il pianto e tutto il suo corpo non riusciva a smettere di tremare, forse per la paura, o forse per la rabbia o la disperazione. Un singulto le scosse il petto e un attimo dopo strinse la testa, affondando il giovane viso in quella zazzera sporca.
- Penso sia stata la Morte in persona. - concluse Griffon, con un leggero tremolio nella voce che ad Alan non sfuggì.
Il cacciatore rimase perplesso ad osservare il viso smunto del contadino. Si ricordò del vociare che aveva udito in piazza quella mattina e si rese conto che quell'ometto viscido e insignificante non era l'unico ad essersi convinto che gli omicidi non fossero stati opera di un semplice orso. Si appoggiò allo schienale e lo fissò intensamente.
- Signor Griffon, ammetto di non essere ai livelli più alti della Dogma, ma posso assicurarle che entità come la Morte non esistono, è un'invenzione puramente umana. -
- State forse dicendo che a portarci all'altro mondo non è la falce della Dama Nera? -
- Devo dire che ha una mente acuta. - un sorriso sgradevole gli arricciò le labbra, - La Morte, con mani scheletriche e ammantata da una veste nera, non esiste. Come le divinità nascono quando l'uomo ha fede, così la figura della Morte nasce per dare significato alla paura. E' l'incarnazione della paura stessa. Se ci pensa, la Vedova delle Ossa non è altro che un capro espiatorio per convogliare tutti i timori dell'umanità. -
Il contadino rimase con gli occhi spalancati per alcuni istanti, ma subito scosse la testa e gli rivolse un'occhiata sprezzante: - Voi Slayers non sapete di cosa parlate. -
- Immagino dovrò prendere lezioni da lei, un giorno. - lo sbeffeggiò sarcastico Alan, alzandosi. 
Ma evidentemente il signor Griffon non percepì il tono beffardo nella sua voce, perché aggiunse: - Sarebbe anche ora che vi cominciaste ad ascoltarci, cacciatori. I nostri insegnamenti, che vi ostinate a scambiare per stupida superstizione, potrebbero salvarvi la pelle. -
Alan fece spallucce e con noncuranza si rimise addosso il logoro soprabito. 
- La ragazza viene con me, comunque. -
- Cosa?! No, Angelika deve rimanere qui a far pascolare le mie mandrie e... -
- Credo che le sue mucche dovranno aspettare, signor Griffon. Ho bisogno di lei per le indagini e voi volete che il colpevole venga trovato, giusto? - sibilò e ridusse le pupille a fessure verticali. 
Il contadino si mise a tremare e indietreggiò fino a quando non andò a sbattere contro il tavolo. Il bicchiere cadde a terra, rompendosi in mille pezzi, ma non parve nemmeno accorgersene. Il baluginio ferale in fondo a quelle iridi verdi gli aveva gelato il sangue e lo faceva sentire inerme, indifeso come un animale braccato. Alan sentiva il tanfo della sua paura trasudare da ogni poro.
- V-va... va bene. - balbettò, deglutendo sonoramente.
- Sapevo che sarebbe stato ragionevole. - gli occhi tornarono normali e un sorriso beffardo gli arcuò le labbra. 
Poi si caricò in spalla la spada e la balestra e, con un piede già oltre la soglia della piccola dimora, fece cenno ad Angelika di seguirlo. Lei ubbidì docilmente, la testa sempre al riparo tra le sue braccia magre. Quando uscirono, il solito triste paesaggio li accolse, lo stesso che li aveva accompagnati durante il tragitto verso la casa, con i suoi campi appena arati e i prati dove pascolavano mucche ossute e dal muso smunto. Osservò la ragazza con la coda dell'occhio e vide che gli sorrideva con uno sguardo pieno di gratitudine. Alan sospirò esasperato e si avviò sulla stradina di terra battuta che conduceva a Iadera. 
“In che razza di situazione mi sono andato ad infilare...” 
Angelika gli saltellò vicino e la puzza di putrefazione che ormai tutta la sua figura emanava gli provocò un conato di vomito. 
- Ascolta... - inghiottì l'acido della bile e cercò di mantenere un tono di voce pacato, - Non so cosa fosse per te quel ragazzo di cui ti ostini a portarti dietro la testa, ma non può rimanere così. Le cose sono due: o la seppellisci da qualche parte, opzione che ti consiglio caldamente... -
La ragazza scosse il capo con veemenza e poggiò il naso contro la fronte di Peter, con gli occhi già velati di lacrime.
- ...oppure andiamo a farlo imbalsamare. - concluse lo Slayer. 
Dall'espressione di gioia di Angelika, capì cosa avesse scelto. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, maledicendosi di nuovo per essersi fermato in quella cittadina di merda.
Camminarono per circa una buona mezz'ora in perfetto silenzio e, quando videro le prime case all'orizzonte, affrettarono il passo. A quell'ora non c'erano molte persone in giro, probabilmente alcuni si erano rintanati in casa per sfuggire al caldo, ma Alan sapeva dove si erano recati i più. Percorsero la via principale del paese, per poi imboccare le labirintiche e claustrofobiche viuzze laterali. Poco a poco le stradine cominciarono a ripopolarsi e l'aria si colmò di voci, odori e schiocchi metallici. Alan camminava spedito, stando bene attento a passare inosservato, zigzagando tra la folla col cappuccio calcato sulla testa, mentre Angelika si guardava intorno con la bocca socchiusa e un'espressione sorpresa. Guardava le bancarelle addossate alle pareti dei vecchi edifici, incantandosi ad ammirare le componenti meccaniche, le armi a lungo e corto raggio e le protesi in rame e ferro ossidato che i mercanti esponevano sotto le tende sudice dei banchi. Più di una volta Alan dovette tornare indietro a recuperarla, ma la ragazza sembrava in un altro mondo, meravigliata da quella parte della cittadina così piena di vita e ignara delle occhiate che la gente le rivolgeva. Per lui, invece, l'unica cosa che trovava sopportabile di quel posto era la varietà di spade che i venditori offrivano a prezzi stracciati. In fin dei conti, erano pochi quelli che ancora le usavano.
Sperava di cavarsela in fretta, ma evidentemente la sua compagna non era della sua stessa idea. Così, quando Angelika si fermò per l'ennesima a volta a contemplare il motore a scoppio di una macchina, Alan perse definitivamente la pazienza. Le artigliò il braccio in modo sgarbato e la trascinò via, nonostante i suoi mormorii di protesta. Si infilarono in un vicolo alla loro sinistra, dove i raggi obliqui del sole illuminavano le figure riverse a terra dei tossici storditi dall'Akosmia. L'odore dolciastro della droga aleggiava nell'aria, impregnava i muri di mattoni e trasudava dal terreno come un miasma putrido. Angelika, alla vista dei corpi, sussultò appena, ma Alan procedette a passo sicuro, incurante dei lamenti indistinti che a volte gli giungevano all'orecchio: era uno Slayer, non un medico di buon cuore. Infine entrarono in un palazzo semidistrutto e subito vennero accolti da una cacofonia di urla, odori e colori. 
Angelika lo fissò, stralunata e confusa. Alan allentò la presa attorno al suo braccio e le fece cenno di seguirlo.
- Questo è il mercato nero di Iadera. - spiegò, per poi cominciare a girare per le bancarelle guardando con interesse critico le merci esposte.
In quel posto, inondato dalle urla dei venditori e gremito di cittadini e forestieri, si poteva trovare qualsiasi cosa. D'altronde, quella città di frontiera dimenticata da Dio era il cuore pulsante del contrabbando, il punto nevralgico di una fitta rete di mercanti di tecnologia rubata o, più spesso, proibita. Chi non poteva permettersi di comprare fucili o cercava nuovi prototipi si recava lì, nella speranza di scovare ciò che cercava. Tuttavia, non era raro che tra i fumi di quel vecchio palazzo senza soffitto si vedessero camminare anche uomini di alto lignaggio e nobildonne travestiti da contadini, col cappuccio calato sulla fronte, che procedevano a testa bassa fino alla tenda rossa del trafficante di schiavi. Spesso Alan era passato lì davanti, osservando i volti di uomini, donne e bambini in catene, mentre Bohr, il grasso e flaccido mercante della contea di Morristan, ne elogiava i pregi ai clienti. Più volte aveva avuto la tentazione di intervenire, ma poi la rabbia e l'indignazione venivano immediatamente placate dalla consapevolezza che, anche se avesse provato ad opporsi, nessuno lo avrebbe aiutato: la schiavitù, soprattutto quella dei mezzi sangue e dei bambini, fruttava molto e, in quelle città dove quasi ogni settimana veniva scavata una buca nel cimitero, era stata accettata come un fatto normale, necessario.
“La fame divora anche gli ideali dell'uomo più retto.”
Sospirò e si avvicinò alla bancarella che gli interessava, non più di un pezzo di legno dove erano state disordinatamente appoggiati cavi di rame, accumulatori e arti meccanici nuovi di zecca. Con aria annoiata si rigirò tra le mani un occhio con circuito neuronale impiantabile, nell'attesa che l'ometto stempiato dietro il bancone di accorgesse di lui. Però, a giudicare dall'intensità con cui fissava il metronomo che stringeva tra le dita, Alan capì che avrebbe dovuto attendere molto più tempo di quello che aveva preventivato, dato che il vecchio Bacht diventava isterico se qualcuno lo interrompeva mentre aggiustava qualcosa. Stava già per andarsene, quando udì un urletto di gioia alle sue spalle e voltandosi scorse il cacciavite nella cassetta degli attrezzi ai suoi piedi.
- Sì, l'ho aggiustato! Non mi hai fatto dormire per giorni, ma sapevo che eri recuperabile. - il mercante sfoggiò un sorriso vittorioso e saltò giù dallo sgabello, - Ero sicuro! Ti hanno trattato male, vero, piccolo? Chissà chi era il tuo vecchio proprietario... -
- Ciao, Bacht. -
L'ometto sussultò e solo in quel momento sembrò accorgersi di lui. Lo squadrò per alcuni secondi, mentre la lente cristallina dell'occhio destro si rimpiccioliva per mettere a fuoco la sua figura. 
- Ah, Alan, sei tu! - 
- Sì, sono io. - confermò con tono vagamente irritato.
- Oh, che bella sorpresa averti qui! - gli rivolse un sorriso gentile e, zoppicando sulla gamba meccanica, tornò ad accomodarsi sulla solita sedia vicino al bancone. 
Dalle piccole canne di rame ai lati della protesi fuoriuscirono sbuffi di vapore.
- Allora? Come mai qui? -
- Nulla di che. Sono capitato qui per caso. -
- Mai che tu venga a farmi una visita. - borbottò fintamente offeso, - Sempre in giro per il mondo e poi ricompari come un fungo dal nulla. Mi fai preoccupare, sai? Non ho più l'età. -
- Risparmiami la paternale, Bacht. L'unico motivo della tua angoscia è collegato ai soldi che ti entrano ogni volta che ci vediamo. -
- Sempre a vedere il pelo nell'uovo. - sghignazzò e nell'occhio cieco brillò un baluginio opalescente, - Ma dimmi, se non è la gioia di rivedere un vecchio amico cosa ti porta a Iadera? Per di più in compagnia di una dolce fanciulla. - chiocciò insinuante.
Alan si girò appena e intravide il viso di Angelika tra quelli delle clienti ammassate al banco delle stoffe. Le donne attorno la fissavano con una faccia inorridita, ma lei non sembrava nemmeno rendersene conto. 
Sospirò e tornò a rivolgere l'attenzione al commerciante: - Ho un lavoro da commissionarti, in più devo chiederti delle informazioni. -
A quelle parole, Bacht si sfregò le mani eccitato, sentendo già profumo di soldi, e si allungò verso di lui: - Dimmi, dimmi, sono tutto orecchie. -
Alan fece un cenno ad Angelika e la ragazza trotterellò da lui. Non appena il mercante vide la testa mozzata strabuzzò gli occhi, più per la sorpresa che per la paura.
- Oh... inquietante. -
- Puoi imbalsamarla? Anche se non sembra, non è stata staccata da troppo tempo. - indagò lo Slayer, per nulla turbato.
- Immagino sia il caldo a farla puzzare così tanto. - commentò l'altro. 
Osservò l'oggetto della discussione con espressione critica mentre si lisciava i baffetti, affatto infastidito dal fetore che la testa emanava.
- Che dici? - tornò alla carica Alan.
- Sì, non è poi tanto più difficile che imbalsamare quella di uno Sventratore o di un grifone. Più che altro... non credevo fossi anche un mercenario. Da quello che so, voi Slayer cacciate solo mostri, non uomini. -
- E' una storia lunga. -
- E immagino non si possa raccontare davanti a tutti. -
Alan annuì. Bacht lo fissò, poi si alzò in piedi e accennò col capo verso l'interno del tendone. Un attimo dopo un ragazzo sporco di grasso, con il viso spruzzato di lentiggini e i capelli rossi tirati all'indietro da un paio di occhiali da aviatore, uscì allo scoperto.
- Kyle, tieni d'occhio la merce mentre faccio questo lavoro. -
Il giovane annuì, ma non appena vide Alan, Angelika e la testa fare il giro e avvicinarsi alla tenda, si affrettò a prendere posto sullo sgabello di Bacht. Alla vista della sua espressione disgustata, lo Slayer non riuscì a trattenere un ghigno divertito. 
L'interno non era altro che un piccolo spazio angusto dove regnava il caos più assoluto. Sul tavolo mangiato dai tarli erano sparpagliate cianfrusaglie di vario genere, assieme a pergamene e libri dalle pagine ingiallite. Nell'angolo, ricoperti da una leggera patina di polvere, languivano eliche, motori e fili silicici di vario spessore.
- Scusate il casino, ma, da quando mia moglie è passata a miglior vita, non c'è più nessuno che mi aiuta a tenere pulito questo posto. Il ragazzino qui fuori ci mette del suo. - tossicchiò, togliendo una pila di volumi da una sedia e poggiandoli direttamente a terra, - Mi dispiace soprattutto che una signorina debba vedere tutto ciò. -
Alan inarcò un sopracciglio e lanciò un'occhiata ad Angelika, che sembrava molto più interessata alle viti nella cassetta degli attrezzi piuttosto che alle scuse di Bacht. Il mercante rimase interdetto da quel silenzio, poi incuriosito seguì il suo sguardo e sorrise. Zoppicando le si fece vicino e, non appena le porse una vite, la ragazza l'afferrò senza esitare, gli occhi che brillavano di meraviglia. L'uomo le accarezzò la testa intenerito.
- Che bambina... sembra una piccola driade. Dove l'hai trovata? Per stare con uno come te deve avere pazienza da vendere. - scherzò.
- Non stiamo insieme. - lo freddò, ignorando la frecciatina.
- Sicuramente. -
- Bacht. -
- Sì? -
- No. -
Il mercante sbuffò scocciato e borbottò qualcosa che Alan preferì non ascoltare. Subito dopo si sedette e, dopo aver tirato fuori unguenti e arnesi del mestiere da una piccola scatola di legno, cominciò a imbalsamare la testa. L'aria stantia della tenda si riempì del forte odore di arsenico e battericidi.
I tre rimasero in silenzio per alcuni minuti, tutti immersi nei propri pensieri a parte Angelika, che non smetteva di rigirarsi tra le dita la piccola vite argentea.
- Allora... - cominciò Bacht, tanto per spezzare la tensione, - di chi è la testa di questo povero figliolo? -
Alan si sedette per terra a gambe incrociate e appoggiò la schiena all'enorme motore alla sue spalle.
- Di un certo Peter, un contadino del posto. -
- Ah, capisco. C'è stato un po' di trambusto anche qui, ma non ci ho fatto molto caso. Credevo fossero i soliti quattro idioti mentecatti che si ostinano a vedere nella morte di una mucca l'approssimarsi dell'Apocalisse. Che brutta fine, porca miseria. -
- Già. Lo conoscevi? - sfoderò la spada e osservò la lama fregiata di rune sovrappensiero, annotandosi mentalmente di dover andare al più presto da un fabbro.
- No, non l'ho mai visto qui. Anche se a Iadera vengono anche persone da fuori, non mi pare di aver mai scorto il suo viso. Non che sia una faccia che attiri l'attenzione, si intende. E poi, se era un contadino come dici, non avrebbe avuto alcun motivo per venire a un mercato come questo. -
- Beh, da quello che so era l'amante squattrinato di Angelika, nonché padre di suo figlio. -
Bacht fischiò: - Non ricordavo che i giovani fossero così... promiscui. -
- La ragazza è una Sangue Sporco. Nelle sue vene scorre il sangue delle driadi. -
- Ah, adesso è tutto chiaro. Quando gli abitanti di questa città si sono accorti delle sue origini, le avranno impedito di fuggire e poi se la saranno ripassata per bene, tanto a nessuno importa nulla dei bastardi come lei. Se fosse stata una mezza drago, probabilmente l'avrebbero impiccata ancor prima che arrivasse alle porte della città. -
Alan annuì e, per un attimo, il suo sguardo si adombrò.
- Meno male, credevo ti fossi dato alla caccia di uomini. - esalò sollevato e gli rivolse un sorriso quasi sincero.
Quasi.
“Se potessi, avrei infilato la spada nella pancia di figli di puttana come te e Griffon molto tempo fa.”
Lo Slayer ricambiò con una smorfia sgradevole e un'occhiata ancor più sprezzante. I due si misurarono con lo sguardo e la tensione nell'aria divenne quasi palpabile. Bacht tentò di rimanere impassibile, ma gli occhi di brace di Alan lo mettevano a disagio, facendogli tremare le dita in modo incontrollato, e questo il cacciatore lo sapeva, traendone un insano godimento. Alan strinse la spada e ne percorse il filo con i polpastrelli senza smettere di scrutare il mercante, mentre un ghigno si allargava sul suo viso. Quando Bacht tornò a concentrarsi sul suo lavoro, schioccò appena la lingua, compiaciuto della paura che sapeva incutere negli altri. Ci prendeva sempre gusto a vederli pisciarsi sotto.
- Comunque... - riprese Bacht, schiarendosi la voce, - Non credo tu sia venuto qui per discutere della morale della gente di questo paese. -
- No, infatti. Volevo sapere se eri a conoscenza di qualche dettaglio a proposito delle morti che hanno avuto luogo a Iadera. Griffon mi ha riferito che Peter, il proprietario della testa, è solo l'ultimo di una lunga serie. -
- Uhm... è da un po' che non vengo qui. Ho trovato un'ottima clientela nella contea di Phantomshire, quindi manco da un paio di mesi, ma ora che mi ci fai pensare durante la strada ho sentito alcune voci. -
- Ho parlato col sindaco e con uno degli abitanti e mi hanno riferito che il Dottor Mercer crede siano dovuti all'attacco di orsi. -
- Ma tu non ne sei convinto. - concluse l'ometto.
- No, per niente, non ha minimamente senso. Per quanto gli Orifax siano feroci, la foresta di Brunne dista più di tre miglia. Nessuno di quegli orsi troppo cresciuti si avventurerebbe fino a un villaggio umano, nemmeno per cacciare. Le vittime, da quello che so, sono state tutte uccise in modo piuttosto violento, ma non reputo credibile accusare gli Orifax delle loro le morti. -
- In effetti hai ragione. Anche perché gli Orifax sono dotati di denti e artigli. -
Vedendo la faccia accigliata di Alan, Bacht gli fece cenno di avvicinarsi.
- Vedi qui? - gli indicò la pelle lacerata del collo, - E' un taglio troppo regolare, sembra inferto da una lama. In che stato è il resto del corpo? -
- Non lo so, non so nemmeno dove si trovi e se ci sia un resto. - 
Bacht alzò un sopracciglio e lo fissò con aria critica: - Sei davvero un pessimo investigatore. Ora capisco perché sei uno Slayer di classe B. -
Alan fece spallucce: - Dopo che avrai finito, mi farò portare da Angelika sul luogo del delitto. La ragazza ha lasciato una copiosa scia di sangue venendo qui, sono sicuro che il signor Dumbar e i suoi uomini saranno riusciti a trovare il cadavere. -
A sentir pronunciare quel nome, il mercante sputò per terra, un'espressione disgustata tirata sulle labbra sottili: - Quell'uomo... che la morte se lo porti nella tomba! Sempre a mettere il naso dappertutto e a rompere il cazzo alla brava gente, mai che riesca a fare il suo dovere senza aprire quella fogna. -
- Amici per la pelle, eh? -
- Nessuno può avere simpatia per quel leccaculo di Dumbar. Quell'uomo, anzi, mezz'uomo, da quando ha ricevuto la stella da Guardiano, crede di essere chissà chi. Bei tempi quando c'era ancora Jacob e noi poveri mercanti potevamo esercitare senza problemi. E diavolo, puzza peggio di un porco! -
- Non che gli altri profumino di acqua di rose. -
- Sì, ma lui di più. Sembra che abbia mangiato un cadavere. -
- Oh, beh, dovresti esserci abituato ormai. Comunque, quanto tempo pensi di metterci? -
- Credo almeno altre due o tre ore. Purtroppo imbalsamare una testa non rientrava nelle mie specialità nemmeno quando esercitavo come medico legale. -
- Giusto, giocavi al piccolo sarto richiudendo i cadaveri dopo aver rubato loro gli organi. - rispose caustico.
- Dettagli, dettagli. - borbottò e cosparse il viso di Peter con un altro po' di arsenico, - Puoi aspettare qui, basta che non tocchi nulla. -
Alan si girò a guardare Angelika e vide che aveva lasciato perdere la vite per giocare con dei cavi di rame e, giudicare dall'attenzione che vi stava dedicando, non sembrava intenzionata a muoversi di lì. Lo Slayer sospirò rassegnato, prese uno dei libri dall'enorme pila e fece per andarsi a sedere, quando dall'esterno della tenda udì un gran trambusto. Senza perdere tempo compì qualche passo verso l'uscita e da dietro il bancone vide un omone che sbraitava contro una bambina, minacciandola a gran voce. La piccola, vestita con un abito lacero e due scarpe diverse ai piedi, tremava come una fogliolina, scongiurandolo di perdonarla. 
- La prego, signore, io... io... -
- Signore un cazzo! Mi hai fatto cadere tutta la roba, hai idea di quanto ho speso? Ma adesso mi occuperò io di te. -
Sotto gli occhi indifferenti dei presenti alzò un braccio per tirare un pugno alla bambina. Alan scattò verso di loro, ma prima che riuscisse a intervenire una voce alta e imperiosa vibrò nell'aria.
- Fermo. -
Dalla folla avanzò una figura a dir poco bizzarra. Era un uomo alto, tanto che Alan calcolò che lo superasse di almeno due teste, e indossava un frac interamente nero, con una tuba lucida calcata in testa dalla quale spuntavano delle sparute ciocche bianche. Camminava con tranquillità, osservando gli astanti con sufficienza, appoggiandosi a un bastone lucido laccato di rosso. Sul naso sottile portava un paio di semplici occhiali dalla montatura argentata. Dire che un'eleganza del genere in quella città era fuori luogo era un eufemismo.
- E tu chi cazzo sei? - sbraitò l'omaccione che stava per colpire la bambina.
Tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di lui. Il nuovo arrivato sorrise appena e sul viso affilato emerse una piccola ragnatela di rughe, specialmente sulla fronte e agli angoli della bocca.
- Sono la Giustizia. A sua disposizione, messere. - rispose teatrale.

 
  
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