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Autore: mizuriko    28/07/2015    1 recensioni
-Avanti, fallo, dimostrami che ho ragione-
Soffiò sulle labbra sottili del detective che intanto si era perso nei suoi pensieri mentre pian piano si ritrovò a sfiorare le labbra di Sara con le sue, nessun contatto diretto, solo una continua agonia. La bruna inclinò la testa con fare interrogativo, sfiorandolo nuovamente.
-Perché rendi le cose così difficili? Lo hai fatto anche tempo fa, accettalo, ti sei innamorato del lupo e ora non sai come fuggire, cappuccetto rosso- disse lei assottigliando gli occhi ambra.
-Non sono io che le rendo in questo modo, sei tu che non smetti un attimo di provocarmi. Io rispondo solo alle tue provocazioni, Sara. Sai benissimo che sono infantile ed odio perdere e tu sei una continua sfida per me e lo sei sempre stata-
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Il caso è ad un punto morto, per questo L deciderà di chiedere aiuto ad una sua vecchia nemica che lui stesso aveva arrestato. In cambio cosa otterrà? La libertà ma soltanto una volta che Kira verrà condannato.
Genere: Erotico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non gli era mai capitato di non riuscire a risolvere un caso, anzi, di non riuscire neanche a pensare ad una possibile pista da seguire. Kira era astuto e si stava prendendo gioco di lui, se lo sentiva. Se ne stava tutto il giorno seduto nella sua solita posizione, osservando più e più volte il monitor del computer. Aveva imprigionato Light Yagami e Misa Amane per più di cinquanta giorni perché pensava davvero che loro fossero i responsabili degli omicidi, in verità, era sicurissimo che fossero loro e aveva la netta sensazione che fossero riusciti a fargliela sotto il naso. In qualche modo gli omicidi erano ripresi e questo scioglieva, almeno in parte, tutti i sospetti che nutriva sugli indiziati. “Proprio nel momento in cui sono stati isolati, gli omicidi sono aumentati, distruggendo in poco tempo tutte le mie teorie. C’è qualcosa che mi sfugge” pensò tra sé e sé.
I capelli corvini gli ricadevano davanti agli occhi, completamente scarmigliati. Il pollice era costantemente premuto sulle sue labbra e le sue pozze nere erano contornate da occhiaie sempre più accentuate, soprattutto in quei giorni. Non aveva la voglia e la forza di dormire, il caso Kira lo andava a trovare anche nel sonno, non lo lasciava respirare. Proprio quando pensava di essere riuscito a rilassarsi, eccolo che ricompariva e lo lasciava sveglio notti e giorni interi.
Subito dopo aver liberato Light e Misa, comparve un nuovo Kira che poi si scoprì essere Kyosuke Higuchi, un uomo troppo occupato a far salire le azioni della sua azienda per accorgersi che ormai, la Task Force, lo aveva intercettato. Prenderlo non era stato facile ma con un piano ben studiato, riuscirono comunque ad arrestarlo.
“Avremmo potuto estorcergli ogni tipo di informazione utile al caso, peccato che sia morto così in fretta. Ma , dopotutto, non è andata così male, ora siamo a conoscenza del mezzo con il quale, Kira, riesce a commettere quegli omicidi”.
Era riuscito a parlare con lo Shinigami Rem ma non aveva ancora scoperto se quella maledettissima regola dei 13 giorni fosse vera oppure no. Sarebbe bastato venire in possesso del secondo quaderno e una volta confrontate le regole di entrambi, il caso sarebbe stato risolto in men che non si dica.
“E invece siamo ad un punto morto. Non so che pesci pigliare e non mi resta che una cosa da fare …”
Prese il cellulare nella sua tasca.
-Watari … contatta il carcere di massima sicurezza di Tokyo … sì, neanche io vorrei ma è l’ultima carta che mi resta da giocare .. domani stesso, grazie.
***
Il carcere puzzava, un odore stagnante di sudore che emanavano i condannati, eppure lei non si trovava così male. Ovviamente cercava in tutti i modi di fuggire da quella lugubre cella. La divisa non le dispiaceva, diciamo che le avevano riservato un trattamento speciale. Tutti gli altri erano costretti a dormire sopra delle brande scricchiolanti e scomode mentre per lei era stato portato a posta un comodissimo materasso francese da una piazza. Le era permesso fumare in cella e le sigarette le erano procurate tutti i giorni dalla guardia carceraria di turno.
Era sdraiata sulle coperte maculate mentre aspirava la sua chesterfield blu, il sapore dolce amaro del tabacco la distraeva e le faceva distendere i nervi. Le sue “vicine” erano quiete ultimamente ma non era sempre stato così. Appena arrivata in carcere avevano cercato di ammazzarla un paio di volte, il lupo perde il pelo ma non il vizio ma lei era riuscita ad ottenere il loro rispetto e il loro timore, come? Aveva riempito di botte il “capo” della banda, le aveva infilzato un braccio con una forchetta e spento una sigaretta proprio in mezzo alla fronte.
-Statemi a sentire, troglodite che non siete altro, sono molto più scaltra, intelligente e pericolosa di tutte voi messe insieme, quindi da oggi in poi non mi darete noia, in caso contrario, vi conviene cominciare a mangiare con le mani se non volete ritrovarvi con una forchetta in mezzo agli occhi.
Da quell’episodio nessuno provò più ad ucciderla, né tantomeno ad infastidirla.
I lunghi capelli castani e ricci erano legati in una morbida coda alta, i grandi occhi ambra osservavano il soffitto. I suoi pensieri vennero interrotti da passi lontani che pian piano si fecero più vicini.
-Numero 7560, hai visite.-
La guardia si scostò e rivelò un ragazzo curvo e magro, le mani pallide nelle tasche dei larghi jeans, la maglietta bianca era di almeno tre taglie più grandi, i capelli scarmigliati e gli occhi neri contornati da profonde occhiaie. Trascinò le scarpe logore, fino ad arrivare davanti alle sbarre.
Gli occhi ambra della donna lo studiarono a fondo, buttò fuori il fumo della sigaretta e inclinò gli angoli della bocca in un sorriso divertito.
-Grazie, ora può andare-
-Sì, mi chiami per qualsiasi cosa-
Così dicendo la guardia carceraria si allontanò, lasciando i due giovani, soli. La bruna si alzò di scatto dal morbido materasso, spense la cicca sotto le scarpe di gomma e si avviò verso le sbarre con fare sicuro.
-Davvero un gesto premuroso da parte tua portare il tuo culo pallido qui, caro il mio L - sputò fuori con fare provocatorio.
-Anche per me è un piacere rivederti, Sara- disse con la sua voce atona.
-Non ti è bastato smascherarmi e mandarmi in galera? Sei anche venuto a trovarmi, che c’è? Non puoi starmi lontano piccolo bastardo?-
I suoi occhi erano fissi in quelli del moro.
-Non sono venuto ha trovarti, mi serve il tuo aiuto per risolvere un caso ma di questo ne parleremo dopo-
-Tu mi sbatti al fresco e io dovrei aiutarti?-
-Sara, sai anche tu che dovevo farlo, il tuo fidanzato non si è squartato e sotterrato sotto la tua casa da solo-
-Questo lo dici tu- disse lei sprezzante.
Si avvicinò sempre più alle sbarre e ne afferrò una con la mano sinistra mentre con la destra afferrò il colletto di L, portandolo più vicino alla cella. I loro occhi erano come incatenati, lo erano sempre stati dopotutto. Gli angoli delle labbra carnose di Sara si inclinarono nuovamente, stavolta in un sorriso strafottente.
-Dì la verità, L, avevi preso il mio caso così seriamente solo per potermi studiare da vicino, non mi hai creduta neanche per un secondo, non perché non fossi sincera ma perché non ti piaceva affatto vedermi come la donzella malmenata dal proprio ragazzo che era riuscita a liberarsi. A te piaceva vedermi come l’assassina che aveva ucciso brutalmente e nascosto sotto le fondamenta della propria casa il suo uomo. Ti piaceva l’idea di essere il buono e di esserti innamorato della cattiva ragazza, non è vero?-
Si era avvicinata ancora un po’ al viso del moro che non aveva distolto lo sguardo dai suoi occhi neanche per un momento. Poi sorrise, anche se impercettibilmente. Era rimasto nella stessa posizione precedente e il lembo stropicciato della sua maglia bianca era ancora nella forte morsa della mano ambrata della donna.
-Non darti tante arie, non essere così sicura di te, se ti ho sbattuto dentro è solo perché te lo meritavi, non avrei voluto, è vero, ma dovevo. Se adesso sono qui è solo perché ammetto che hai un’ intelligenza molto elevata che mi sarà utile nel nuovo caso, tutto qua. Inoltre la tua collaborazione sarà ripagata-
-Con cosa?-
-Se mi darai una mano con le indagini, al termine, sarai rilasciata. Ma non elettrizzarti troppo, non solo ci vorrà molto tempo prima che accada ma la tua fedina penale resterà comunque sporca-
-Accetto-
-Ora esci di lì, so che hai una copia della chiave della cella nelle scarpe-
La donna lasciò andare il collo della sua maglia per poi alzare le spalle e sorridere con fare innocente.
-Non so di cosa tu stia parlando, piccolo bastardo-
L le lanciò uno sguardo gelido e un brivido attraversò la schiena della bruna. Si abbassò e estrasse le chiavi dall’interno della scarpa destra, le infilò nella serratura ed uscì.
-Contento?- disse lei sgranchendosi le braccia.
-Molto, hai dimostrato che non mi sbagliavo e mi basta, ora andiamo ma prima di tutto cambiati, non puoi uscire così-
Sara osservò l’uniforme arancione e sorrise.
-Ma come? Non sai che è un capo d’alta moda?-
Lo sentì ridere silenziosamente e prendere il cellulare dalla tasca.
-Watari, sono con lei … portale tutto-
***
Dopo aver indossato un paio di shorts strappati, una maglia bianca a maniche lunghe ed un paio di anfibi neri, la donna si guardò allo specchio del bagno del carcere.
“Questa è l’ultima volta che vedrò questo posto di merda”
Fece un grande respiro ed uscì, trovandosi davanti il detective nella sua solita posizione ingobbita.
-Bene, ora possiamo andare-
Lei annuì seguendolo in silenzio. Lo stava osservando in modo scrupoloso da quando si era presentato davanti alla sua cella. Era cambiato, certo, l’aspetto era sempre lo stesso, a parte le occhiaie ancora più accentuate e le spalle leggermente più larghe. Era molto più sicuro di sé e lo si notava anche dal modo tagliente in cui le aveva risposto.
Si fermarono davanti ad una limousine nera e Watari aprì loro la portiera. Prima di entrare in macchina, L le fermò la mano e con un gesto fulmineo le attaccò un bracciale nero con un piccolo sensore sopra.
-Cerchi di conquistarmi con questi gingilli? Ti facevo meno romantico, Ryuzaki- disse la mora sorridendogli maliziosamente.
-Oh, so bene che non sei una che ama queste sciocchezze. Comunque, aspetto a parte, questo è tutto fuor che un semplice bracciale. All’interno c’è un cip che mi permette di sapere dove sei in qualunque momento e inoltre, ho fatto installare un allarme che è collegato direttamente al mio portatile, se proverai a togliertelo e a scappare, lo farai scattare e io verrò a riprenderti-
-Hai pensato proprio a tutto è?-
-So che sei furba e anche una stronza quindi mi sembrava il minimo. Ah e se stai pensando di fulminarlo immergendolo nell’acqua, sappi che è a prova di proiettile e solo io ho il telecomando per spegnerlo-
La mora alzò le mani in segno di resa.
-Mi hai beccata, allora non sei così inetto-
L ghignò appena e le fece segno di salire in auto.
Durante il tragitto le spiegò il caso, quello che aveva scoperto e infine i due indiziati. Sara in cambio analizzò ogni parola.
-Comunque, prima di dire la mia vorrei conoscere da vicino questi Light e Misa-
-Li incontrerai molto presto, al momento ci stiamo dirigendo al quartier generale, siccome non ho stanze da darti, vivrai con me-
-Per me non ci sono problemi-
All’improvviso l’auto si fermò.
-Watari, va pure, noi vi raggiungeremo tra poco-
Così dicendo, l’anziano scese dall’auto, lasciando soli i due giovani.
L si volto verso la bruna, aveva le ginocchia raccolte al petto e la guardò negli occhi.
-Se proverai a scappare, non esiterò a sbatterti in carcere-
Lei sogghignò e si avvicinò alle labbra pallide del moro.
-Ma smettila, tu vuoi sbattermi e basta-
Prontamente il ragazzo le afferrò con una mano il viso portandolo vicino al suo, i loro respiri erano diventati affannosi e bollenti. I loro occhi si guardavano con lussuria e l’uno bramava il corpo dell’altra.
-Avanti, fallo, dimostrami che ho ragione-
Soffiò sulle labbra sottili del detective che intanto si era perso nei suoi pensieri mentre pian piano si ritrovò a sfiorare le labbra di Sara con le sue, nessun contatto diretto, solo una continua agonia. La bruna inclinò la testa con fare interrogativo, sfiorandolo nuovamente.
-Perché rendi le cose così difficili? Lo hai fatto anche tempo fa, accettalo, ti sei innamorato del lupo e ora non sai come fuggire, cappuccetto rosso- disse lei assottigliando gli occhi ambra.
-Non sono io che le rendo in questo modo, sei tu che non smetti un attimo di provocarmi. Io rispondo solo alle tue provocazioni, Sara. Sai benissimo che sono infantile ed odio perdere e tu sei una continua sfida per me e lo sei sempre stata-
-Quindi baciarmi sarebbe una sconfitta?-
-Esattamente, vorrebbe dire che mi sono arreso all’idea di amarti e in tal caso, tu mi avresti in pugno e avresti vinto-
Così dicendo si allontanò e aprì lo sportello dell’auto, facendole segno di seguirlo. Entrarono all’interno dell’enorme edificio in vetro e salirono nell’ascensore. L’atmosfera era più che tesa, Sara se ne stava con un piede e con la schiena poggiati su una parete di esso e con le braccia incrociate al petto. Lo sguardo fisso sulla schiena di L che intanto non le rivolgeva neanche uno fugace sguardo.
“Che piccolo bastardo, prima mi chiede di aiutarlo e poi mi ignora”.
Le porte dell’ascensore si aprirono e fecero ingresso all’interno di un ampio piano tappezzato di monitor, con luci a led che davano alla stanza un non so che di sterile. Seduti alle loro postazioni c’erano i componenti della Task Force ed un giovane ragazzo dai capelli castano chiaro.
-Benvenuta al quartier generale, Sara-
-Grazie, Ryuzaki-.
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Angolo autrice:
Salve! Questa è la mia prima FF in questa sezione. Mi sono messa alla prova e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere se ci sono eventuali errori, in modo da poter migliorare.
Baci,
Mizu <3
  
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