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Autore: giulji    10/08/2015    1 recensioni
*Storia corretta e rivisitata nei primi capitoli, in modo tale che adesso, anche a coloro che non hanno letto la saga di Hunger Games, risulti una lettura comprensibile*
Questa fanfiction, ambientata in un survivial game, avrà come protagonisti la maggior parte dei personaggi presi dalla saga dello zio Rick, ricollocati sotto forma di tributi/sacrifici.
Il tutto averrà attraverso più punti di vista (POV).
Chi sarà il vincitore finale ? Chi morirà durante i giochi ?
In che circostanze ? Quali saranno le alleanze ?
Dal testo :
"... Nonostante la sua enorme voglia di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo, affogando in un sonno privo di memorie, che lo avrebbe momentaneamente esonerato dalle tenebre che gli offuscavano perennemente il cuore, Nico non era invece riuscito ad addormentarsi nemmeno per un ora di seguito e le occhiaia violacee che gli contornavano lo sguardo già corrucciato ne costituivano una prova.
Sapeva che quella mattinata, non rappresentava infatti, l'inizio di un giorno comune, bensì quella maledetta giornata portava con se la consapevolezza che di li a poche ore ci sarebbe stata la fatidica mietitura per il distretto 13 dello stato di Panem..."
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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WILL

Will Solace in quel momento continuava a stropicciarsi la sfarzosa camicia di pelle per il nervosismo.

Solamente il giorno prima avevano finalmente dato i risultati ottenuti al test, i punteggi dati dagli strateghi per le loro probabilità di resistenza nei giochi.

Lui tutto sommato non era andato male, ma anzi aveva ottenuto un discreto otto.

Durante quell'esame aveva dato prova prevalentemente delle sue buone capacità d'arciere.

Non era stato troppo difficile, d'altronde da prima che lui partecipasse agli allenamenti per i giochi si trovava perfettamente preparato in questo campo.

Suo padre era morto durante una delle edizioni degli Hunger Games quand'era ancora giovanissimo, perciò lui aveva sempre ritenuto opportuno tenersi allenato per ogni evenienza, e sfortunatamente le circostanze avevano dato i meriti alla sua prudenza.

Will Solace aveva sempre avuto il presentimento che quest'ignobile destino prima o dopo sarebbe giunto pure su di lui, non sapeva come spiegarlo agli altri e la maggior parte dei suoi amici lo prendevano in giro assicurandogli che la sua fosse solo paranoia, ma in effetti alla fine aveva avuto ragione lui.

Molti credevano che la sua ansia e le sue sensazioni a riguardo fossero dovute, per l'appunto, al trauma che aveva immagazzinato quando aveva scoperto il vero motivo dell'assenza del suo genitore.

Mentre rifletteva su questi argomenti stava aspettando dietro le quinte che venisse annunciato il suo nome per l'intervista.

Era consapevole che quella che stavano per fargli non era una semplice serie di domande, bensì sarebbe stata la sua ultima tappa prima di venir spedito negli Hunger Games, quindi la sua ultima possibilità di mostrarsi brillante per gli sponsor, ed era proprio per questo motivo che stava tremando dalla preoccupazione. Temeva di non riuscire a fare una bella impressione al pubblico, ciò nella sua situazione sarebbe equivalso ad avere maggiori probabilità di morire.

Non aveva ottenuto un volto troppo alto, bensì mediocre e non aveva dimostrato segni particolari, l'unica cosa che gli rimaneva era il fascino estetico ed il carisma, ma temeva che non sarebbe bastato per spiccare sugli altri.

In quell'attimo, mentre cercava di liberare la mente dai pensieri negativi, gli tornò in mente il momento in cui la madre gli aveva rivelato l'esistenza degli Hunger Games e della morte di suo padre, non certo un ricordo troppo rilassante.

A quel tempo, lui era abbastanza piccolo, aveva circa sette anni ed i suoi ricordi riguardo quell'occasione erano molto vaghi e frammentati, nonostante ciò l'espressione abbattuta di sua madre ed il tono aspro ed amareggiante delle sue parole erano impresse a fuoco nei suoi ricordi. Quel dì era appena rientrato dalla scuola d'infanzia e si era diretto, come sempre in solitudine, verso l'ospedale del distretto, luogo in cui la madre lavorava come infermiera.

Restò ad aspettare nella piccola sala d'aspetto all'interno di questa struttura per diverse orette, in attesa che lei uscisse dalla sala operatoria in cui stava dando una mano per venirgli incontro ed accompagnarlo a casa per il pranzo.

Tecnicamente sia Will che sua madre avrebbero dovuto trovarsi tutti i giorni fuori dall'ospedale per andare a mangiare insieme, dopo di ciò la madre avrebbe dovuto accompagnare suo figlio a casa per poi ritornare quasi immediatamente nella clinica.

Sua madre non gli permetteva mai di recarsi a casa sua da solo, in quanto la sua zona era esplicitamente “poco raccomandabile” , infatti era risaputo che intorno a quei luoghi del distretto si riunissero le persone meno affidabili per discutere su affari in nero che spaziavano dall'acquisto illegale di cibi od altri materiali dalla provenienza estranea dal loro luogo natio fino a diversi tipi di farmaci o nel peggiore dei casi di droghe.

Malgrado questo Solace era sempre cresciuto come un bambino autonomo e responsabile, ascoltava sempre le raccomandazioni della madre, rispettava le regole e sapeva valutare autonomamente diverse situazioni che per un ragazzino della sua età erano considerate molto impegnative e mature. Questo era dovuto anche al fatto che la madre non si potesse permettere di essere molto presente nei suoi confronti in quanto i medici e gli infermieri in quel piccolo ospedale del distretto erano veramente scarseggianti e la donna era perciò costretta ad essere quasi sempre impegnata al lavoro.

Comunque Will non se n'era mai lamentato e capitava che molte volte i medici gli permettessero di assistere ed aiutare la madre, per quanto nel suo piccolo potesse cimentarsi, con qualche innocua mansione come trasportare medicinali da una stanza all'altra o magari visualizzare lo stato di un paziente incosciente ed avvertire in caso di ripresa.

Lui era sempre stato molto affascinato dal mondo della medicina e per questo gli piaceva veramente trascorrere tutto quel tempo in quel luogo.

Molti dei suoi compagni di scuola lo prendevano in giro sostenendo che l'ospedale fosse un posto negativo e triste, che puzzava di morte e vecchiaia e dalla quale era ampiamente consigliato stare alla larga.

Lui invece trovava onorevole tutto ciò che riguardava il mestiere del medico, in quanto esso permettesse di salvare delle vite umane o di migliorane la qualità, quasi come un vero e proprio supereroe, lo apprezzava tanto che aveva deciso che la sua massima aspirazione da grande sarebbe stata quella di diventare un bravo chirurgo.

Un po' tutti i dipendenti lo conoscevano ed il piccolo Will era una specie di mascotte dell'ospedale del 10, perciò capitava anche che quando la madre era occupata in operazioni più importanti, che non le permettevano di uscire nell'orario precisato per la pausa pranzo, come per esempio il ruolo d'assistente del neurochirurgo in caso di assenza di suoi colleghi, lui dovesse rimanere ad attenderla per il tempo che sarebbe servito, possibilmente nell'atrio.

La maggior parte delle volte correva incontro ad Iris o ad altre simpatiche infermiere con cui aveva fatto “amicizia” a furia di frequentare quel posto e magari provava ad intrattenere breve conversazioni o cercava di rendersi utile, ma quel giorno decise di restare seduto nelle logore e verdi poltroncine d'attesa a riflettere su una questione che lo aveva costantemente tormentato.

La maggior parte dei suoi compagni di classe l'aveva sempre preso in giro per via della giovinezza eccessiva di sua madre, secondo loro, o meglio secondo quanto riferissero a loro le proprie arcigne e malevole madri, ma sopratutto per il fatto che lui non avesse mai avuto un padre.

Quel giorno era capitata un ennesima volta che calcassero su quel secondo argomento per coltivare il suo dispiacere, prima che come tutte le volte le maestre li fermassero e li sgridassero intimandogli di non fare commenti riguardanti questi argomenti delicati.

Per quanto riguardava le offese per l'età di sua mamma, Will, era sempre rimasto indifferente, in quanto la ritenesse perfetta così e pensasse che le derisioni dei suoi compagni fossero dettate solamente dalla gelosia da parte loro e delle loro famiglie.

Invece per quanto riguardava la questione di suo padre era da sempre rimasto turbato, non sapeva per quale motivo ma, sentiva dentro di se come un vuoto, una mancanza colmabile solo da una verità a lui sconosciuta.

Si era sempre chiesto perché lui a differenza degli altri non avesse mai visto suo papà a casa sua, si chiedeva perché i genitori dei suoi coetanei erano due e si chiedeva perché tutti e due venissero a prenderli a scuola mentre lui era da sempre abituato a tornarci da solo.

Però sapeva perfettamente che non era diverso, infatti in realtà un padre l'aveva anche lui, tutti i giorni riguardava la sua foto, che era da sempre posta in bella vista nel comodino della madre.

Si trattava di un giovane e bellissimo, dai capelli mossi e biondi e da uno smagliante sorriso splendente.

Quando si guardava allo specchio sapeva per certo di assomigliare a quella foto per via dei suoi boccolosi capelli chiari, per via della stessa carnagione abbronzata e per via della stessa dentatura perfetta, tratti completamente differenti da quelli di sua madre.

Oltre questo lui non sapeva concretamente chi fosse quest'enigmatica figura di cui sentiva parlare di tanto in tanto sua madre e che aleggiava nella sua vita sotto forma di entità fantasma.

Le ore passarono velocemente mentre si tormentava con queste questioni ed appena sua madre lo raggiunse ancora in camicie con quella sua aria dolce ma stanca, lui decise che quel giorno avrebbe preteso spiegazioni su suo padre una volta per tutte.

In genere aveva sempre evitato di domandare di questo fantomatico genitore, in quanto sua madre occasionalmente decideva di parlargliene di sua iniziativa e quando lo faceva lui notava che puntualmente una virgola di tristezza e nostalgia si palesava nella voce e negli occhi chiari di Donna, sua mamma, perciò per evitare di darle quel senso di sconforto evitata puntualmente di parlare dell'argomento.

Ovviamente quando la madre parlava di quel ragazzo biondo di cui Will rimirava spesso la foto, raccontava di piccoli stralci della sua vita insieme a lui, gli aveva raccontato di una volta che erano andati a fare un pranzo all'aperto di nascosto all'entrata del bosco, gli aveva raccontato di come a scuola fosse eccellente nel comporre poemi e poesie che spesso erano dedicate a lei, gli aveva raccontato della sua incredibile mira con l'arco e le frecce, ma non gli aveva mai spiegato il perché lui non fosse mai con loro, seppure amasse sua madre così tanto come lei narrava.

Quindi quella volta pose la fantomatica domanda :

“Mamma, perché io non ho mai visto mio papà? Dov'è adesso? Quando potrò conoscerlo?”.

L'espressione sul viso della madre si fece improvvisamente abbattuta, gli occhi le divennero lucidi e il respiro si fece più pesante.

Lo prese per mano in silenzio e cominciò a dirigersi verso casa sua con la testa bassa, cercando di trattenere il pianto, e solo a metà strada cominciò a parlare.

Donna spiegò con un tono disapprovante l'esistenza dei giochi della fame al suo figliolo, lui si ricordava di averli visti proiettare qualche volta nella piazza, ma non aveva idea del che cosa consistessero esattamente ed ora che l'aveva appreso ne era terrorizzato.

Quando poi gli rivelò la morte di suo padre nella lontana edizione delle gare, Will sentì improvvisamente montare la rabbia dentro di se.

Trattenne per qualche minuto la madre stretta in un abbraccio, mentre entrambi cercavano di darsi un aria controllata, poi Donna lo salutò con il solito bacio sulla fronte e corse in ospedale senza voltarsi indietro, lasciandolo dentro casa, dove ormai erano giunti.

Will quel pomeriggio lo passò piangendo davanti alla foto di quel vivace ragazzo biondo, sussurrando parole di sconforto e diversi “Mi dispiace” rivolti all'immagine statica di quel viso. Lentamente la tristezza si mutò in rabbia, era inconcepibile che per colpa di quello stupido gioco organizzato dal governo suo padre fosse morto, era ingiusto il fatto che sua madre e lui fossero costretti a stare soli dentro le mura di casa propria mentre tutti gli altri bambini avevano con se due persone al loro fianco, era intollerabile il fatto che lui non fosse l'unico in quella situazione ,ma che centinaia di famiglie ogni anno perdevano loro cari in quei giochi sanguinari.

Insieme alla rabbia in lui montò la paranoia, sentiva dentro il suo cuore che anche lui sarebbe stato chiamato, ne era sempre stato certo ma non era mai riuscito a capire, così dal giorno dopo aver scoperto quelle cose, Will cominciò ad allenarsi con l'arco e con le frecce ed a mantenersi costantemente in forma e preparato per le peggiori evenienze.

Credeva che in realtà fosse stato un frammento dell'anima del padre che viveva nel suo cuore ad innalzare un campanello d'allarme per donargli la salvezza, ed ora che le sue paure si erano concretizzate ne era convinto.

Pian piano i compagni di distretto smisero di prenderlo in giro per via della sua forza e della sua abilità che cresceva ed anche per la sua innata piacevolezza. Quando era stato chiamato alla mietitura, tutto il distretto ne era rimasto sconfortato, sopratutto i membri dell'ospedale che vedevano in lui un perfetto futuro medico.

La persona che probabilmente aveva sofferto più di tutte era stata proprio Donna, che aveva dovuto vedere un ennesimo pezzo di cuore portato via da Capitol City, come le era stato profetizzato da Will stesso.

Comunque il ragazzo non aveva la minima intenzione di perdere ed era più che determinato ad imporre una lezione a quelli del governo, anche se non sapeva in che modo.

Mentre era ancora immerso nei suoi pensieri il suo nome venne annunciato dall'altoparlante in sala, e lui neppure se ne accorse.

Ci volle uno spintone della sua compagna di distretto, Rachel Elizabeth Dare, per farlo risvegliare. Si affrettò ad entrare in sala con il sorriso e la camminata più allegra che gli riusciva, ammiccando verso la platea che dopo aver rimirato la sua teatrale entrata in scena scoppiò in un applauso.

Salutò con una stretta di mano l'egocentrico presentatore Cesaer che lo invitò presto ad accomodarsi sulle poltrone dorate e terribilmente pacchiane dello studio televisivo in cui si trovava.

“Allora, benvenuto Will! Devo ammettere che sei davvero uno schianto vestito in questo modo. Sappiamo che tu vieni dal 10, il distretto degli allevamenti e del bestiame, com'è che sembri così terribilmente elegante?”.

Will simulò una risata alla fredda frecciatina dell'arrogante Cesaer e si affrettò a rispondere in maniera simpatica:

“Beh, in realtà non me lo spiego tanto neppure io. In genere a noi del 10 vengono assegnati dei terribili costumi da mucca che fanno veramente rabbrividire, diciamo che sono stato fortunato o che forse probabilmente le persone del mio distretto non avevano intenzione di sprecare una mucca per farmi dei vestiti a tema. Sai nel 10 le vacche sono considerate praticamente animali sacri. Non mi sorprenderei se fra qualche anno arrivassimo a venerarle.”

Annunciò il biondino roteando gli occhi e simulando uno sguardo interdetto al presentatore, scatenando l'ilarità del pubblico in sala.

In effetti il suo vestito era veramente elegante e particolare, gli avevano cucito una lunga tunica di pelle di capra che arrivava fino alla ginocchia cosparsa da pom-pom bianchi e contornata da ricami cuciti a mano con fantasie dorate che ritraevano piccoli simboli antichi ma molto sofisticati.

In più gli avevano posizionato sul capo una corona d'alloro interamente dorata che faceva risaltare la splendida chioma del ragazzo, inutile dire che era stato tutto merito di Cassandra, la sua simpatica stilista.

“Ho saputo che il tuo voto d'ammissione è stato otto, non c'è che dire, sei sempre stato un ottimo scolaretto, vero?” proseguì il presentatore lanciando un cenno del capo al ragazzo.

“Oh, ti ringrazio! In effetti a scuola non sono mai stato bravo, possono confermare le maestre che non sono impazzite a causa mia nel distretto, ma questa volta diciamo che mi è andata meglio, forse è stato grazie agli insegnamenti degli allenatori per i giochi, sono stati molto utili!” rispose con la solita aria spensierata e felice Will, quando in realtà sentiva il suono troppo rapido del suo cuore rimbombare nelle orecchie.

“Oh, immagino che saranno contenti gli allenatori, di rado li si cita durante queste interviste. Ma ora passiamo alle domanda un tantino più serie, come hai reagito quando hai compreso di esser stato scelto quest'anno? Hai lasciato qualcuno d'importante a casa?”.

Il volto di Will s'inscurì per un frammento di secondo, poi tornò rapidamente sereno cercando di nascondere la sua rabbia e la sua malinconia.

“In realtà non posso dichiarare che per me sia stata una sorpresa, mio padre è morto quand'era giovanissimo durante un edizione di questi giochi, ed io ho sempre sentito dentro di me, che avrei avuto la sua stessa sorte. Naturalmente ho lasciato mia madre, nonché la persona più importante per me, e mi dispiace veramente tantissimo, è una donna fantastica e ne approfitto per rivolgerle un altro saluto, ti voglio bene!” annunciò fissando dritto l'obbiettivo della telecamera.

Il pubblico ammutolì per qualche istante e poi applaudì convinto, vedeva addirittura qualcuno tirare su con il naso o scacciare via le lacrime di commozione per il suo annuncio leggermente drammatico e ne fu alquanto irritato.

“Dispiace anche a me caro! Ma ora dimmi, giusto per rallegrare un po' l'atmosfera. Cosa ne pensi degli altri tributi? C'è qualcuno che hai trovato particolarmente preparato o favorito per creare un alleanza con te?”.

Will indugiò per qualche istante sulla risposta, cercando di moderare le parole al fine di non offendere nessun partecipante, poi riprese convinto:-

“Penso che tutti i tributi di quest'edizione siano dei veri e propri ossi duri e ne ho trovato alcuni più pericolosi di altri, ovviamente, ma non intendo sottovalutare nessuno perché apparentemente meno forte. Devo ammettere però, che mi sta molto simpatico Nico, il ragazzino del tredici, ed anche la sua compagna di distretto, non mi spiego bene il perché ma penso che potremmo creare una buona squadra insieme!”.

Le persone in sala, come Ceasar rimasero un po' sorprese da quell'annuncio, ma non sembravano comunque deluse dalle sue parole, anzi.

Will non lo poteva sapere ma anche Di Angelo era rimasto sbalordito dalla sua dichiarazione, era stato tutto il tempo intento a guardare nervosamente la diretta di Solace e quando aveva udito quell'annuncio era quasi caduto dalla sedia.

Comunque Will era semplicemente stato sincero, lui non avrebbe mai scelto di unirsi con persone che seppur fortissime, come per esempio Clarisse, non erano capaci di farlo sentire protetto e non gli davano possibilità di potersi fidare di loro.

La cosa più importante per lui era da sempre stata la fiducia, e a lui Nico, quanto la piccola Hazel ed altri ragazzi quali Valdez, anche se quest'ultimo appariva un po' folle, sembravano i più onesti e raccomandabili tra i partecipanti, e dal momento che riuscivano a donargli questa sensazione, pensava di poter creare un buon gruppetto di sopravvivenza basato sulla lealtà, per quanto gli fosse effettivamente possibile.

Dopo aver risposto ad altre indiscrete domande da parte del falso conduttore si alzò dalla comoda poltrona e si recò nuovamente nel retro delle quinte.

Salutò affettuosamente le persone in studio lanciando baci ed occhiolini e scatenando gli urletti emozionati della platea.

A quanto pareva il suo mentore aveva avuto ragione quando gli aveva detto che puntare sul carisma sarebbe stata la cosa migliore per il personaggio che si stava creando agli occhi degli sponsor. Inizialmente Will aveva creduto che sarebbe stata una trovata piuttosto stupida dal momento che nell'arena avrebbero visto quello strabiliante individuo vivace trasformarsi in uno spietato assassino davanti ai loro occhi, ma a quel punto si rese conto che compiacere gli spettatori non sarebbe più servito a niente.

Arrivato in quella situazione si sarebbe trattato solamente di sopravvivenza, una lotta tra la vita e la morte, un combattimento che lui, che per tanto tempo aveva avuto l'aspirazione di diventare medico, conosceva perfettamente.

Valutare la giustizia ed il valore di una vita piuttosto che un altra, era questo il vero problema.

A quale morte avrebbe ceduto Will? Alla sua o a quella di altri innocenti essere umani?

Raggiunse la sua compagna di distretto concentrato su questo fondamentale quesito, continuando ad ostentare un falso sorriso verso le telecamere.

   
 
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